NOTIZIE CESVAM
Convegno sul MIlite Ignoto Relazione
Milite Ignoto: la Dignità e gli Onori ai soldati caduti in guerra
di
Valentina Trogu
Oggi,
dopo quasi cento anni dalla sepoltura del Milite Ignoto, il monumento continua
ad essere un simbolo fondamentale della memoria collettiva ossia di uno dei più
potenti fattori di solidarietà sociale. All’interno della società, infatti,
ricostruire una memoria, individuale o collettiva, significa selezionare,
interpretare e modellare i contenuti del passato secondo un’immagine ben
definita fornendo una rappresentazione di ciò che è stato che serve, nel caso
del Milite Ignoto, a non dimenticare una parte importante della nostra storia
come Italiani.
“Si bagnava di
lacrime la rena, si bagnavano le armi degli uomini, tanto valoroso era il
guerriero che quelli piangevano”.
Il canto di lacrime dell’Iliade dedicato alla commemorazione di Patroclo si
rivela essere uno specchio dell’importanza che il mondo miceneo attribuiva alla
consacrazione dei propri guerrieri morti per servire la patria. Esempi della
necessità di lasciar riposare i soldati combattenti tra gloria e onore si
ritrovano in ogni epoca storica, in ogni società e cultura; pur differendo
nelle motivazioni e nelle modalità alla base di una degna sepoltura i popoli di
ogni era e luogo avvertivano e avvertono tuttora il bisogno di collocare la
morte all’interno della società compiendo riti e comportamenti socialmente
condivisi che possano elogiare la vita terrena del defunto mentre lo si
accompagna in quella ultraterrena. Il saluto con onore si rende ancora più
indispensabile se a morire è stato un eroe della collettività, un combattente a
cui è stato chiesto (o imposto) di trascurare la propria individualità per
abbracciare l’interesse comune a difesa della patria.
L’attenzione
viene immediatamente posta al ruolo dato ai valori del nazionalismo e del
patriottismo intesi non nel senso negativo che li associa all’etnocentrismo,
all’ostilità verso un nemico esterno e diverso e alla ricerca di una violenza
senza limiti per esaltare la propria grandezza rispetto ad un’altra civiltà, ma
concepiti come sentimenti tra i più nobili in quanto riflettono valori positivi
come l’eroismo, la lealtà e il sacrificio personale. La sociologia applica una
distinzione tra i termini patriottismo e nazionalismo identificando il primo
con l’attaccamento al proprio paese e il secondo come valore che invoca
sentimenti di superiorità nazionale e il desiderio di esercitare un controllo e
un potere nazionale. In questo modo si sottolinea la presenza di una
correlazione tra i due valori ma nello stesso tempo si esclude il combaciare
dei termini dato che le funzioni e le conseguenze sono differenti; nello
specifico il tratto distintivo per eccellenza è l’attaccamento positivo che
contraddistingue il patriottismo.
In
questa ottica, è la componente nazionalistica a risultare maggiormente legata
alle politiche militaristiche e orientate alla guerra ma ciò non esclude che
sia la combinazione dei due valori a guidare i soldati nei conflitti e a
determinare, così, la necessità di elogiare e ricordare il sacrificio dei
combattenti che hanno perso la vita mentre dimostravano l’attaccamento alla
Patria cercando di impedire al nemico di infliggere una sanguinante ferita al
proprio Paese.
Indipendentemente dalle motivazioni
alla base del conflitto e dalle reali percezioni della necessità della guerra,
qualunque sia il risultato raggiunto, l’epoca, le nazioni coinvolte e il numero
di vittime, a prescindere dalle trasformazioni economiche, politiche, sociali
subite, ogni società forte del proprio senso di appartenenza ad un gruppo
riconosce i diversi ruoli assunti nella difesa del proprio Paese e dà la giusta
rilevanza a chi ha combattuto in prima persona per difendere il gruppo stesso
da una minaccia alla sua sicurezza.
Per
un lungo periodo storico l’Italia si è dimenticata di elogiare adeguatamente i
propri caduti; si era forse in attesa di quella evoluzione ideologica e
simbolica che solo in seguito alla Prima Guerra Mondiale gli italiani hanno
raggiunto e che ha permesso di creare fonti normative a sostegno della memoria
dei caduti. Il nuovo fenomeno se da un lato riguardava la memoria, il
sentimento, il ricordo, l’intento commemorativo e celebrativo dei soldati
dall’altro ha saputo mettere in atto un processo generale che ha coinvolto le
istituzioni e l’opinione pubblica. La richiesta di dare la giusta dignità e gli
onori ai soldati caduti in guerra è partita proprio dal popolo e dalle
amministrazioni comunali, ha coinvolto artisti e letterati umanistici per
arrivare, poi, in ambito legislativo con l’istituzione nel 1919 di una Commissione per onorare la memoria dei
soldati d’Italia e dei paesi alleati morti in guerra presso il Ministero
dell’Interno.
Il
desiderio collettivo di riconoscimento nasce da un lutto comune, da una
condivisione del dolore che elimina stratificazioni sociali, ruoli comunitari e
responsabilità individuali e crea una rete sociale di empatia che ha la massima
espressione nella volontà di dare degna sepoltura ai piccoli e grandi eroi di
guerra.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale
si è fatto strada il forte desiderio di elogiare coloro che avevano perso la
vita sacrificando sé stessi in nome della patria e sacrificando la propria
identità dato che, in molti casi, non è stato possibile associare un nome al
corpo riverso nel terreno e privo di segni di riconoscimento. Da qui l’idea del
Generale Giulio Douhet di scegliere uno di questi anonimi giovani soldati caduti
con armi in pugno per onorarlo tra applausi e lacrime in nome di tutti gli eroi
di guerra.
Il 1921 è stato l’anno della scelta del
combattente che avrebbe dovuto rappresentare il sacrificio dei seicentomila
italiani, decisione lasciata a Maria Bergamas di Trieste, una popolana madre di
Antonio, soldato che aveva disertato dall'esercito austriaco per arruolarsi
nelle file italiane ed era morto combattendo senza che il suo corpo fosse identificato.
Davanti ad undici bare chiuse, la donna cadde in ginocchio vicino ad una di
esse e così fu scelto il Milite Ignoto, l’eroe simbolo di coraggio, orgoglio,
sacrificio e devozione che sarebbe stato tumulato con tutti gli onori il 4
novembre 1921 nel sacello posto sull’Altare della Patria.
“…bisogna aver coraggio e porre un limite al dolore per
quanto possibile, e ricordarsi non solo della morte di coloro che sono caduti,
ma anche dell'esempio di eroismo che hanno lasciato. Se infatti hanno sofferto
cose degne di lamenti, d'altra parte hanno compiuto cose degne di grandi
elogi”. Recita così Iperide nell’Elogio per i
caduti della guerra Lamiaca, una guerra combattuta da una coalizione di polis
sotto la guida di Atene contro il Regno di Macedonia per la riconquista della
libertà perduta, e le sue parole risultano essere senza tempo, valide nel 323
a.C. come nel 1453 d.C., anno conclusivo della Guerra dei cento anni tra
Francia e Inghilterra, e nel 1763 d.C. alla fine della Guerra dei sette anni
combattuta tra Prussia e Inghilterra contro Austria, Francia, Svezia e Russia.
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