Cerca nel blog

venerdì 30 luglio 2021

Copertina

   




                                                      QUADERNI ON LINE









                                                   Anno LXXXII, Supplemento on line, VII 2021, n. 67

      Luglio 2021
valoremilitare.blogspot.com
www.cesvam.org

giovedì 29 luglio 2021

Editoriale. Continuare ad essere volterriani

Il Presidente Nazionale ha ritenuto opportuno fare un cenno, seppur breve e sintetico, al fatto che alcuni consiglieri nazionali abbiamo tranciato con parole decise, nella discussione del Bilancio, il Cesvam, chiedendo di sopprimerlo. Alcuni componenti hanno anche avanzato la proposta, che è allo studio, di adottare come Motto del CESVAM le trancianti parole utilizzate, di cui sopra. Altri come spunto per una tesi di Master di approfondimento su come oggi è lo stato dell'Associazionismo Militare, il suo essere e la sua funzione, e sui risvolti di un militarismo che si ispira a modi e orientamenti del secolo passato.  

Noi  abbiamo in sommo grado recepito uno dei cardini del pensiero di Voltaire, ed è bene specificare che costui è stato un filosofo di fine settecento che aveva in somma considerazione il rispetto dell'opinione e del pensiero altrui. Questo nella condizione che tale opinione e tale pensiero fosse emendato dalle miserie della vita umana, scevro di ogni impurità, e sopratutto motivato in ogni suoi dettaglio. Nel caso che fosse inficiato di tutto questo, tale opinione e tale pensiero, nella nostra interpretazione di essere volterriani ispirati alla Ragione ed ai Lumi, ci consiglia di rifugiarci nel silenzio e sopratutto nella indifferenza, per un rispetto della dignità umana, che ha le sue debolezze. Aperti ad ogni indicazione, critica, sollecito e suggerimento, ma fermi nel respingere qualsiasi cosa che ci trascini nella palude delle debolezze umane. 

Il Presidente Nazionale, fra l'altro ha fatto notare che nel 2020 e nel 2021, mentre per la pandemia tutto il mondo dell'Istituto, ad eccezione di Antonio Daniele che è riuscito a far giungere il Periodico a tutti i soci, si è fermato, il CESVAM non solo ha continuato a svolgere la sua attività, ma ha potenziato i suoi interventi. Gestione di tre master post universitari, con il corollario di sostegno economici-finanziario all'Istituto, pubblicazione di 6 numeri della rivista universitaria di terza fascia QUADERNI, aggiornamento "ad horas" del Sito del Nastro Azzurro, aggiornamento ed implementazione della Piattaforma CESVAM, Edizione giornaliera della rivista Quaderni on line, pubblicazione mensile di INFOCESVAM, bollettino informativo sulle attività progettuale, pubblicazione di otto volumi  ognuno di oltre 250 pagine come da pianificazione 2020 e 2021(la Collana I Libri del Nastro Azzurro,  ha superato i quaranta titoli), e l'aggiornamento decadale dei blog storici e geografici a sosteno  delle attività di ricerca.  

Ma tutto questo non è significativo ed ha una valenza di contorno rispetto a quello che noi riteniamo essenziale: la realizzazione di tutto questo è frutto di rispetto reciproco, spirito di sacrifico, dedizione, espressione dei valori in cui crediamo e soprattutto di amicizia senza riserve, alcune delle quali datano da oltre cinquanta, quaranta e trenta anni. Potremo anche cancellarlo e sopprimerlo, non per altro come già più volte annunciato ed anche detto e spiegato in Consiglio Nazionale che sono pronte tutte le carte e le procedure per chiudere il CESVAM in due settimane, azzerando ogni  cosa a cominciare dagli aspetti economico-finanziari, ma le belle cose realizzate, i bei momenti trascorsi insieme, l'amicizia ed il cameratismo esistente, l'allegria e la serenità che ci hanno dato le cose realizzate, il sorriso di tante persone che ci seguono e ci stimano, tutto questo rimane e non potrà mai essere cancellato. Potremo cambiare, ma, come è già successo, troveremo altri luoghi e ripartiremo. 

Per chiudere, però, è bene ribadire che gli oltre cento componenti il CESVAM e tutti gli amici gravitanti su di esso non hanno nessuna intenzione di smettere, ma  credono che sia il caso, a cerchi concentrici, come quelli creati del sasso lanciato nell'acqua limpida, di continuare ed allargare sempre più questo modo di interpretare la vita collettiva e comunitaria, che è il nostro modo di  diffondere nella società in tutte le sue componenti il retaggio della eletta schiera  dei nostri Padri, Decorati al Valore Militare, in quel solco volterriano che abbiamo indicato. 

 (massimo coltrinari)

mercoledì 28 luglio 2021

Funerali di Francesco Baracca III Parte

 ARCHIVIO

FUNERALI DI FRANCESCO BARACCA A QUINTO (tv) 
FOTOGRAFIE RESTAURATE IN DIGITALE DA PAOLO GAGLIARDI
 FONTE:WWW.SNBR.IT











martedì 27 luglio 2021

FUnerali di Francesco Baracca II Parte

ARCHIVIO

FUNERALI DI FRANCESCO BARACCA A QUINTO (tv) 
FOTOGRAFIE RESTAURATE IN DIGITALE DA PAOLO GAGLIARDI
 FONTE:WWW.SNBR.IT





 segue

lunedì 26 luglio 2021

Funerali di Francesco Baraccata I parte

ARCHIVIO

 Sequenza del Funerale di Francesco baracca a Quinti (Treviso)
fotografie restaurate in digitale da Paolo Gagliardi

 fonte www.snbr.it







Segue

 

domenica 25 luglio 2021

Quesiti sulla morte del Maggiore Francesco Baracca


 

Maria Luisa Suprani Querzoli

Quesiti sulla morte del Maggiore Francesco Baracca.

 

 

Il mistero continua tuttora ad avvolgere le dinamiche che determinarono la scomparsa del Maggiore il 19 giugno 1918 durante l’infuriare della battaglia sul Montello. Sarà interessante soffermarsi ed analizzare alcuni punti per diradare, nella misura in cui ciò è possibile, le incertezze alla base dei quesiti rimasti irrisolti.

 

a.      Il presupposto. «[T]utti gli autori danno per scontato che il corpo di Baracca sia stato sbalzato fuori dalla carcassa dello SPAD a causa della violenza dell’urto. Questo però potrebbe non essere affatto vero. Nel caso del sergente Nava infatti, è noto che le cose non sono andate in quel modo. Il suo cadavere si presentava discosto dai resti del proprio aereo perché gli Arditi del XXVII Reparto d’Assalto lo avevano spostato»[1]. Si può ipotizzare, non in assenza di argomentazioni, che siano stati gli Austroungarici a liberare il corpo del Maggiore Baracca dalle cinture: ciò potrebbe trovare conferma nella dichiarazione dell’identità del nemico abbattuto sul Bollettino di Guerra austroungarico del 20 giugno 1918, diffuso immediatamente dalla stampa locale[2].

b.      La versione italiana (morte per fuoco nemico da terra), giustificatissima sul piano bellico e politico data la criticità del momento, dal punto di vista storico mostra fragilità evidenti: le testimonianze dell’Osservatore austroungarico a cui è stata attribuito l’abbattimento del velivolo del Maggiore (integrate con le testimonianze raccolte da Olindo Bitetti e non più riprese dagli anni Venti) presentano infatti elementi degni di interesse.




c.       L’ipotesi del suicidio. Ferruccio Ranza fu il primo che, comprensibilmente vinto dall’emozione di fronte al ritrovamento del corpo del Comandante, palesò le intenzioni manifestate a suo tempo da quest’ultimo in caso di abbattimento. Ne diede notizia Garinei sul «Secolo» del 26 – 27 giugno 1918 riportando le parole dello stesso Ranza. Dal  «Secolo», l’ipotesi rimbalzò su un importante giornale straniero[3] e anche su alcuni quotidiani italiani di provincia prima ancora che i funerali avessero avuto luogo, tanto da suscitare il dolore e lo sdegno di un lontano parente del Maggiore che si attivò per confutare l’ipotesi ingloriosa[4].

Molto probabilmente, le parole a caldo pronunciate dal componente della Squadriglia e le dimensioni della ferita permisero il delinearsi dell’ipotesi del suicidio. In occasione del Cinquantesimo, il Generale Ranza rilasciò un’intervista – che è stata rimossa recentemente dalla rete – in cui indica il punto esatto della ferita presente sul capo del Maggiore[5].

d.      La ferita. È opportuno soffermarsi sulle dimensioni della ferita più che sull’ipotesi del suicidio. Può essere effettivamente stato l’Osservatore austroungarico a sparare.

Il 25 giugno 1918 il «Corriere Mercantile» scrive: «Gli aviatori Osnaghi [sic] e Ranza della sua squadriglia, con il quale si trovava il collega Raffaele Garinei, hanno trovato i resti di un apparecchio italiano bruciacchiato tra la terza e la seconda strada del Montello. Fra i rottami era il corpo del glorioso cacciatore del cielo, che aveva abbattuto 34 aeroplani nemici. Dall’esame medico è risultato che ha alla tempia una piccola ferita di pistola, che si giudica la prima causa della morte. Così Baracca avrebbe tenuto fede alla sua parola tante volte espressa, di uccidersi cioè piuttosto che cadere nelle mani del nemico».

e.      L’arma. Chi propende verso la tesi del suicidio sostiene che la pistola sia un calibro 6.35[6]. Rimane il dubbio sulla compatibilità dell’arma ipotizzata con quella trovata accanto al corpo del Maggiore. Su questa pistola estranea è possibile formulare un’ipotesi circa una non improbabile sottrazione (seguita da sostituzione) della pistola piccola (Mauser 6.35) che era appannaggio degli Ufficiali (e che quindi poteva essere in possesso di Baracca) da parte di uno dei soldati austroungarici che liberò il corpo dalle cinture[7]. Risulta chiaro che dalla pistola trovata accanto al corpo il colpo non partì. Agli inizi, comunque, si insistette su ferita procurata da proiettile di piccolo calibro.

f.        La relazione medica. È opportuno soffermarsi sulla relazione ufficiale del Medico, contestualizzandola. È importante premettere che il dottor La Corte, medico che compì una semplice ricognizione del corpo e non l’esame autoptico di prassi, intratteneva rapporti cordiali con il Maggiore Baracca[8]. Non è improbabile che, per indicazioni ricevute e per solidarietà personale, il dottor La Corte abbia optato per una rapida ricognizione, senza soffermarsi specificatamente sugli elementi capaci di avvalorare, seppur indirettamente, l’ipotesi del suicidio. Risulta a tal proposito del massimo interesse l’esame ufficioso di un altro medico, precedente la ricognizione ufficiale, che forse ha contribuito alla ricognizione non così esaustiva:  «Il dottor Malaspina [medico legale, avvertito dal fratello, Ufficiale degli Arditi] raggiunse allora quello che definisce l’obitorio di Fossalunga, dove la macchina di Garinei, Osnago e Ranza avrebbe effettuato una sosta prima di arrivare a Quinto. Qui i presenti, esaminando il corpo dell’eroe caduto, si rendono conto che Baracca si è effettivamente suicidato [il colpo è partito sì da vicino ma non dalla pistola del Maggiore]. Nel caricatore della sua pistola [potrebbe non essere la sua] mancherebbe un colpo e sul caschetto di cuoio sarebbe visibile il segno di uno sparo esploso a bruciapelo all’altezza della tempia destra [il caschetto, invece, sembra essere proprio il suo. Solo il caschetto, di cui sono andate disperse le tracce, costituisce l’elemento probante]. È interessante notare però che, qualche ora più tardi, a Quinto viene insediata una commissione che provvede ufficialmente a riconoscere i resti di Baracca. I suoi membri certificano che egli è morto a causa delle ustioni e di un colpo di arma da fuoco di piccolo calibro [del calibro non si fa cenno nel verbale ma la natura della ferita è tale da escludere l’impiego di calibri di entità maggiore] subito nell’orbita dell’occhio destro. Una palla in fronte, sparata da un anonimo fantaccino, scriveranno poi i suoi biografi …»[9].

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] S. Gambarotto, R. Callegari, G. Piccolo, Francesco Baracca. Indagine sulla morte di un eroe italiano, Treviso: Editrice Storica (pubblicazione a cura dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano – Comitato di Trevi­so), 2012.

[2] Il quotidiano è stato donato alla Famiglia Baracca da Maria Battistella. La risposta di Paolina Baracca, madre dell’Eroe, a Battistella, in fotocopia, datata 15 giugno 1923 è conservata in Archivio Ufficio Storico Aeronautica Militare, fondo MOVM, busta 4, fascicolo Baracca.

[3] Prove Baracca was slain – Italians Dispose of Theory of Suicide of Famous Aviators, «New York Times», 2 luglio 1918.

[4] «Gazzetta del Popolo» - cfr. E. Iezzi, Francesco Baracca. Luci e ombre di un grande Italiano, Lugo: Walberti, 2008, p. 190 - «Il Resto del Carlino», 28 giugno 1918 – cfr. ivi, nota 8, p. 192; «Corriere Mercantile», 25 giugno 1918 in S.Gambarotto, R. Callegari, G. Piccolo, Francesco Baracca. Indagine sulla morte di un eroe italiano, cit., p. 201.

[5] Nell’impossibilità di rivedere la preziosa testimonianza, scomparsa di recente dalla rete, se ne riporta una sintesi: «In quel punto [indicato da Ranza] era presente un “foro” che poteva essere quello d’entrata di un proiettile di piccolo calibro rimasto poi all’interno del cranio» (ivi, p. 76).

[6] Cfr. ivi, p. 199.

[7] Cfr. M.L. Suprani Querzoli, La Grande Guerra di Francesco Baracca, Forlì: CartaCanta, 2020, pp. 258 – 260.

[8] Cfr. biglietto augurale del dott. La Corte a Francesco Baracca in Biblioteca ‘Trisi’ Lugo, fondo Baracca, Corrispondenza: faldone I, fascicolo I, documento 18.

[9] S.Gambarotto, R. Callegari, G. Piccolo, Francesco Baracca. Indagine sulla morte di un eroe italiano, cit., p. 199.

sabato 24 luglio 2021

Dizionario minimo della Guerra di Liberazione. 1945. il "Piceno"

 DIBATTITI

 Progetto 2016/1


Gruppo di Combattimento “Piceno”

 

Nasce dai reparti della divisone “Piceno” stanziata in Puglia, nella zona tra Francavilla Fontana  Villa Castelli Oria e Grottaglie, inserita nel IX Corpo d’Armata. Era al comando del generale Emanuele Beraudo di Pralormo, poi il gen. Enzo Vagni. Vicecomandante il gen. Enrico Mattioli e come capo di SM il col. Ludovico Malavasi. Fu costituito il 10 ottobre 1944 per trasformazione sulla base dei reparti della Divsione “Piceno”. Inquadrava il 235° e il 236° Reggimento fanteria, il 152° Reggimento artiglieria, il CLII battaglione misto genio, due sezioni di Carabinieri Reali, ed i servizi divisionali (amministrazione, sussistenza, sanitario, automobilistico, munizioni, carburanti ecc.).

 Mentre era stato avviato il programma di addestramento arrivò l’ordine per il “Piceno” di mettere a disposizione, tranne i Comandi, dei Carabinieri tutti i reparti dipendenti per servizi di ordine pubblico per la durata di circa tre mesi. A fine novembre 1944 giunse un nuovo ordine di mettere a disposizione per esigenze di ordine pubblico 2500 uomini divisi in 5 scaglioni. A fine dicembre il Gruppo fu incaricato di mettere a disposizione delle forze alleate 1400 uomini destinati alle unità salmieriste. Il Gruppo fu quindi orientato ad un impiego non operativo, ma sostanzialmente logistico fino a quando nel gennaio del 1945 gli fu affidato il compito dell’addestramento dei complementi. Il Gruppo avrebbe avuto la denominazione di Comando divisione “Piceno”, Centro addestramento complementi per forze italiane di combattimento. L’ordinamento fi completamente riordinato e si ebbe un Comando Centro, un reggimento raccolta e smistamento complementi, un reggimento complementi di fanteria, un reggimento complementi misto, scuole di addestramento. Per i restanti mesi il Centro assolse la sua funzione, fornendo ai Gruppi in linea personale motivato e preparato.  Il Centro era dislocato a Bracciano e Cesano di Roma in caserme ed aree addestrative che ancora oggi sono destinare agli usi e finalità assolta nel 1945 dal “Piceno”.

 

venerdì 23 luglio 2021

I Luoghi della memoria coscienza dell'Europa.

 SEGNALAZIONI LIBRARIE

 Progetto 

Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione



Progetto Dizinario minimo della Guerra di Liberazione. Glossario. Il volume qui indicato è stato fonte per individuare i Campi di concentramento aperti in Germania che hanno visto la vicenda  degli Internati Militari Italiani. Il IV Fronte della Guerra di Liberazione


giovedì 22 luglio 2021

CADORNA E L'iNIZIO DELLA GRANDE GUERRA

 DIBATTITI




Maria Luisa Suprani Querzoli

Un doloroso crescendo – Le lettere famigliari del Generale Cadorna  (maggio – giugno 1915)

 

In un periodo storico come quello contemporaneo, teso a cancellare le memorie del passato senza preoccuparsi prima di averle adeguatamente rielaborate, varrà la pena riflettere sulla figura del Capo di Stato Maggiore, Generale Luigi Cadorna. Egli, sotto più aspetti, può essere considerato il custode della tradizione militare italiana e nelle sue lettere indirizzate alla famiglia si può riscontrare l’ampliarsi della consapevolezza collettiva di fronte a sfide mai prima considerate.

Nemmeno la divinazione napoleonica sarebbe potuta accorrere in soccorso in un frangente così critico: non si trattava infatti di intuire tempestivamente le strategie avversarie bensì di rapportarsi con una realtà (peraltro comune a tutti, alleati e nemici) capace di stravolgere le fondamenta e le coordinate sulle quali la tradizione militare si era sedimentata da tempo immemorabile. La velocità artificiale (l’Aviazione, capace in tempi strettissimi di assumere i compiti propri in precedenza della Cavalleria, ne costituisce il simbolo) e la potenza dei nuovi materiali costituirono il fattore destabilizzante che condusse al contrappasso di una stasi mortifera.

Le interlocutrici del Generale sono, in larghissima misura, la moglie e le figlie.

 

24 maggio 1915[1]

[…] Notizie buone. Pare che si arriverà all’Isonzo senza forti contrasti. […] E avanti sempre!

Udine 26 maggio 1915

[…] Si sentiva tuonare il cannone di una batteria austriaca. Incontravamo alpini e bersaglieri da tutte le parti: magnifiche truppe piene di entusiasmo. […] Le cose finora vanno bene. Ho trovato molto ordine e buono spirito fra le truppe ed ordine anche nelle interminabili colonne carreggio. Tutto lascia sperare che le cose andranno bene. Ma ci vuole tempo e pazienza perché le operazioni sono lente e difficili.

31 maggio 1915

[…] Andai stamane a visitare all’ospedale una sessantina di feriti tra cui otto ufficiali. Avevano tutti il morale elevatissimo ed esprimevano il desiderio di ritornare al fronte. […]Tuttociò vale ad ispirare molta fiducia, anzi sicurezza che le cose andranno bene […].

31 maggio 1915

[…] Sissignore, sto proprio bene e sono tranquillissimo.

3 giugno 1915

[…] mi duole che Mamà si impressioni. Pensi che molte famiglie hanno i loro cari più esposti di noi.

8 giugno 1915

Carissimo [Raffaele], […] Io sto benissimo, non dormo molto, ma tutti mi riconoscono lo spirito tranquillo, altrimenti guai! […] Con questo passaggio dell’Isonzo ho un problema molto arduo per le mani, come prevedevo a Roma, per grande difficoltà di terreno e perché le batterie austriache sono così bene defilate e disseminate che è difficilissimo stabilirne la posizione. […] L’attacco è stato ben studiato e preparato e speriamo, prima di notte, di rendermi padrone di quelle posizioni il cui possesso facilita il passaggio dell’Isonzo.

 

Il 9 giugno 1915 il generale Cadorna «“grida a voce spiegata che se con due corpi d’armata e tanta artiglieria non si riesce ad aggirare e prendere il Podgora, è meglio tornare a Milano!”. […] Cadorna “guarda accigliato la battaglia”. […] il Generale Mambretti l’ha incaricato [il dottor Casali, medico a latere del Capo di Stato Maggiore] di dire a Cadorna, che fino a ieri sera sperava di riuscire a prendere la Podgora con le forze presenti, ma ora non spera più: “occorre qualche compagnia di minatori che compia dei lavori da talpa”, e così procedere lentamente, metro per metro, come i francesi ad Arras. Casali torna a Udine e riferisce. Cadorna risponde che questa “è guerra antipatica, diversa da tutte le altre, e ne è assai scontento. Dice che il valore personale è in questo modo spento e l’entusiasmo smorzato: questa è una guerra di insidie e di piccoli e grandi tradimenti e imboscate”»[2].

Il diaframma fra ambiente militare e sfera privata inizia ad assottigliarsi; qualche dettaglio inizia a trapelare anche nel dialogo con la figlia:

 

10 giugno 1915

[…] Le cose procedono bene, ma con difficoltà grandi: ovunque si avanza e ci si imbatte in trincee preparate di lunga mano, reticolati, batterie ben nascoste, mobili e difficili da identificare per poterle battere. Donde deriva che, anche con grande superiorità di mezzi, l’avanzata è molto lenta ed è d’uopo procede con metodo per evitare perdite inutili e scacchi parziali. È una guerra dove l’effetto di qualunque genialità è scomparso perché l’attuazione di qualunque idea geniale si basa sulla rapidità di manovra e questa si infrange contro ogni buon sistema di trincee e reticolati.

 

L’iter di Cadorna testimonia le fasi iniziali e meno gratificanti del processo morale e tecnico che condurrà alla vittoria.

Disconoscere acriticamente l’operato del Capo di Stato Maggiore e cancellarne la memoria denotano l’incapacità, dannosissima, di assimilare le lezioni apprese.

 



[1] I brani delle lettere citate sono tratte da L. Cadorna, Lettere famigliari (a cura di Raffaele Cadorna), Milano: Mondadori, 1967, pp. 104 – 107.

[2] P. Pieri, G. Rochat, Badoglio, Torino: UTET, 1974, pp. 62 – 63.

Il Servizio Informazioni Militari nella Guerra di LIberazione.

 DIBATTITI

Progetto 2016/1


 Il Regio Esercito, nella sua ricostruzione dopo gli avvenimenti armistiziali a Brindisi riorganizzò tutto il suo vertice. Non poteva non ricostruire quello che fu una delle branche più efficienti di tutta la seconda guerra mondiale, il S.I.M., il Servizio Informazioni Militare. Nella nuova organizzazione a Brindisi il S.I.M. ebbe cinque sezioni, denominate, “Calderini” per le operazioni offensive o spionaggio; “Bonsignore”, per le operazioni difensive, o controspionaggio; situazione operativa; organizzativa; tecnica. Ognuna di queste sezioni operò con i corrispondenti organi sia britannici che statunitensi. Una delle attività iniziali fu quella di prendere contatto con le bande che si andavano a formare dietro le linee tedesche, nel centro nord dell’Italia. La “Calderini”, preso contatto con la Special Force N. 1 britannica, iniziò ad operare impiantando reti informative nel nord Italia ed attivare atti di sabotaggio mirati. Con i britannici le azioni furono: missioni di collegamento ed operative, missioni speciali, missioni di istruttori per il sabotaggio, predisposizione di campi per aviolanci, punti di sbarco, rifornimenti, finanziamento delle bande, propaganda. In totale le missioni di collegamento ed operative all’inizio tutte composte da personale italiano, poi da personale misto, furono 96 di cui 48 italiane 23 inglesi con l’impiego di 282 uomini, di cui 163 italiani e 119 britannici

Le missioni speciali furono quattro con l’impiego di 152 uomini, con aviolancio alla cieca. Vennero poi creati 498 campi per ricezioni di materiale, che dall’ottobre 1944 anche di armi pesanti.

 Il S.I.M. organizzò il 1° Reparto speciale autonomo con elementi tratti dalla divisone Nembo in seguito chiamo Squadrone F,( con un allusione mal celata alla “Folgore”) o in terminologia alleata F. Recce. Il reparto però in varie missioni fino alla nota operazione “Herring” durante l’offensiva finale.

 

mercoledì 21 luglio 2021

Rivista QUADERNI, Anno LXXXI, Supplemento XIX, 2021, n. 1

NOTIZIE CESVAM


 


Il numero che apre il 7° anno di uscite della Rivista “QUADERNI” raggiunge un risultato che rappresenta una tappa verso quello che deve essere la rivista secondo le intenzioni progettuali iniziali: ospitare contributi di frequentatori delle edizioni conclusisi del Master attivato presso la Università degli Studi N. Cusano Telematica Roma. In questo numero Per la parte dedicata alla Storia (il mondo da cui veniamo) il presente contributo ospita ben cinque contributi di ex frequentatori del master. Altri sono già programmati peri numeri sia di questo che del prossimo anno. Nello specifico per questa parte, due articoli sono dedicati alla storia del Risorgimento, due alla Prima guerra mondiale, con un particolare accenna alla figura non certo semplice del gen. Capello e la sua azione nella Grande Guerra, ed un terzo articolo che è frutto delle ricerche in corso in merito alla prigionia di guerra, che hanno interessato la prigionia in Austria-Ungheria e due alla seconda guerra mondiale, riguardanti la crisi armistiziale e la guerra di liberazione. Preceduti dal Post editoriale come prassi, gli articoli dedicati alla parte geografica ( il mondo in cui viviamo, riguardano aspetti sociologici di un dramma italiano, e la situazione nel mediterraneo orientale tra Grecia e Turchia, ed un ampio quadro delle percezioni di carattere geopolitico che noi Italiano abbiamo dei principali  attori internali, alleati, amici, avversari e viceversa, ovvero costoro quali percezioni hanno del nostro Paese. Le consuete rubriche e le Notizie CESVAM, sono presenti anche in questo numero che si conclude con il tradizionale spazio dato alla iconografia delle Brigate Italiane della Grande Guerra. (massimo coltrinari, direttore)


info: quaderni.cesvam@istitutonastroazzurro.org



martedì 20 luglio 2021

Master in terrorismo ed antiterrorismo internazionale

 DIBATTITI



Nella data anniversario del 20 luglio 1944, giorno in cui fu attuato l'attentato ad Hitler questo QUADERNI ON LINI iniziano ad ospitare note e indicazioni del terzo Master  e del corso di aggiornamento e perfezionamento che il CESVAM attiva con un l'Università.

 IL tema che è stato suggerito dall ?Uninversità è

 Terrorismo ed anti Terrorismo Internazionale

Ordinato su 11 modulo affronta il tema del terrorismo, ovvero una forma di guerra diretta applicazione della strategia del debole verso al forte. Indi si affronta le misure in essere per contrastarlo.

Il  Modulo Corso generale 2 ( età contemporanea) pone il tema

 "E' lecito uccidere il tiranno?"

Tema che si  è posto al momento del massimo splendore di Robespierre, e il cosiddetto periodo del Terrore, fa crusciale dell'evolversi della rivosluzione francese del 1789.

Un tema infinito che coinvole il "terrrorismo" nei suoi assunti principali.

Uno dei esempi  a corredo portati  nelle lezioni di questo Modulo è proprio l'attentato ad Hitler del 20 luglio 1944, con le sue indicazioni, implicazioni e conseguenze nella Germania nazista della Guerra Totale

(massimo coltrinari)






lunedì 19 luglio 2021

Luci ed ombre del Poeta Soldato

 DIBATTITI

Maria Luisa Suprani Querzoli

Luci e ombre del Poeta Soldato

 

Durante la Prima Guerra Mondiale le figure degli intellettuali rivestirono un ruolo essenziale nella comunicazione. Il più noto di essi coniò addirittura parte del lessico che rimane tuttora presente nel linguaggio: il termine ‘velivolo’ o la denominazione ‘Battaglia del Solstizio’, ad esempio, si debbono al Vate. Egli non si fece scudo della propria penna ma partecipò in prima persona alla guerra, impegnandosi in imprese anche rischiose (il Volo su Vienna) senza paura di perdervi la vita.

Si può parlare nel suo caso di ‘coraggio’ o forse sarebbe più opportuno riferirsi al concetto di  ‘temerarietà’ in obbedienza ad un gusto estetico capace di richiedere totale identificazione fra ideali professati ed esistenza?

D’Annunzio era immerso profondamente nel clima bellico in cui, forte della sua cultura notevolissima dei classici, poteva sperimentare dal vivo le dinamiche proprie della ferinità che si sprigionano dal conflitto. Ne era consapevole e non ne faceva mistero:

 

Ricordo una disputa alla mensa di Comando a Vi­cenza – Villa Camerini – (Cadorna non vi parteci­pava) quando un ufficiale, pensoso di problemi osò parlare di guerra e di pace a proposito del ro­manzo di Tolstoi. Il D’An­nunzio reagì con violenza – fors’anche per un istintivo timore di confronti coll’ombra del grande «barbaro». Reagì pallido e iroso. Non so se nel suo sdegno, come spesso av­veniva in lui, non si confondesse a una reale ma­nifestazione di sentimenti autentici, una certa vo­luta drammaticità dell’attore – e quale attore! – ben co­sciente della scena su cui recitava. Ma ciò che di lui in quel momento mi parve schietto è la confessione di ciò che gli appariva essenziale nel­le supreme finalità del nostro intervento. Non ba­stavano Trento e Trieste per giustificarlo. Non era ragione sufficiente l’antico con­flitto contro l’Au­stria reazionaria. L’Italia aveva bi­sogno di una prova esaltatrice e rinnovatrice – di un «bagno di sangue».

«L’Italia ha bisogno di un lavacro per purificarsi dalle sozzure, dalle pusillanimità, dalla vigliac­cheria di seco­li» - insisteva - «è necessaria una ecatombe colossale per rinvigorirla, per farne una ‘unità d’acciaio’. Guai ai pacifici! È necessario che gli italiani siano condotti dal­l’esasperazione a nu­trirsi delle cervella del proprio ne­mico» (sic).[1]

 

L’esperienza bellica incide profondamente nella sfera morale di un Paese. La coesione che il giovane Regno d’Italia guadagnò con la Grande Guerra gettò le basi sostanziali di un concetto di ‘Nazione’ presente nelle menti ancora di pochi. Ciò non toglie che la pars destruens richieda la pietas necessaria di fronte al sacrificio della vita della gioventù combattente, anche avversaria. Charle Montague afferma che la furia (e non il valore) è propria di chi non combatte: tale osservazione parrebbe pertinente alla figura del Poeta Soldato, impegnato più in senso estetico che propriamente militare. La conferma a ciò traspare dalle parole dello stesso D’Annunzio:

 

Dovetti confessare al Poeta a che punto i suoi amici soffris­sero nel vederlo ad ogni istante rischiare la propria vita: che non volasse più, per piacere! Che si riposasse fi­nalmente, aveva dato al suo paese tutto quello che i mi­gliori cittadini potevano dare alla patria, la sua anima e il suo spirito, la sua volontà, la sua energia, il suo sangue, la sua vita quasi … «Ma non la propria vita!» esclamò allo­ra. «Come potete voi, che dite di essere mio amico, non de­siderare una morte in combattimento, in cielo? A quale vecchiaia mi volete destinare? A quella di un uomo di let­tere in mezziguanti che scriverà opere, seduto come un travet [figura di ‘colletto bianco’ schiavo del dovere] alla sua scrivania? Oh, no! Ho assaggiato troppo la vita teme­raria, la vita sublime dello spazio e del vento, ho troppo goduto del pericolo, ho a oggi troppo bisogno di tentare, di osare! Amo con passione il volo. Vorreste da me che con­ducessi la vita di un comandante gottoso che firma carte? Mai mi sento più felice che lassù, lontano da tutte le po­vertà e i languori umani … E poi, se lo si può confes­sare, adoro la guerra. […] Non fosse per il sangue altrui che gronda, sarei tentato di aver paura della fine stessa della guer­ra».[2]

 

Il terribile amore per la guerra[3] che pervadeva il Poeta si arresta, umanamente, di fronte al sangue versato.

Le forze potentissime che si sprigionano dalle dinamiche del conflitto costituiscono invece per il Militare non un elemento di fascino a cui soggiacere bensì un fattore psicologico essenziale da gestire efficacemente: solo la consapevolezza del Dovere permette il distacco necessario al raggiungimento di un’affermazione indirizzata al disegno di nuovi sofferti equilibri.

L’estetica del pensiero strategico risponde a criteri altri da quelli dell’edonismo.

Gabriele D’Annunzio rimane un grande Poeta ma non fu un Soldato.



[1] T. Gallarati Scotti, Idee e orientamenti politici e religiosi al Co­mando Supremo: appunti e ricordi, Roma: Edizioni Cinque Lune, 1963, p.7 (in M.L. Suprani Querzoli, La Grande Guerra di Francesco Baracca, Forlì: CartaCanta, 2020, pp. 159 – 160).

[2][2] M. Boulenger, Chez D’Annunzio - a cura di A. Pietrogiaco­mi, prefazione di G. B. Guerri - Rimini: Odoya, 2018, pp. 40 – 41.

[3] Il riferimento è all’omonima opera di James Hillman.