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mercoledì 28 settembre 2016

Editoriale. Mese di Settembre 2016.

Un Editoriale molto breve. Tranne alcuni articoli tutto lo spazio disponibile e' stato dato in questo mese di settembre 2016 alla commemorazione della data anniversaria della nostra I I I guerra di indipendenza. Una data che e' passata in sordina nel contesto della opinione pubblica distratta dal quotidiano e preoccupata di un avvenire di cui teme la malasorte, come e' ovvio che sia quando un popolo non ha memoria.
Spazio in questo mese al 1866 sopratutto per la parte iconografica, reperita in archivio. Il prossimo mese ancora su questo tema, che e' centrale in questo periodo alle ricerche del Cesvam.
Massimo Coltrinari
direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org.

lunedì 26 settembre 2016

MUSEI, ARCHIVI BIBLIOTECHE


Martina Palazzini* e Federico Mammarella* hanno iniziato la loro esperienza Erasmus in Spagna, con l'inizio del I Semestre dell'Anno Accademico 2016-2017. Saranno in contatto con noi con note ed indicazioni riguardanti, la prima, le relazioni internazionali e la situazione in Spagna anche dal punto di vista degli equilibri interni e le difficoltà a creare un nuovo governo; il secondo sulle tematiche dell'immigrazione e sopratutto sulla ricerca riguardante Malocello e le Canarie, tutt'ora in corso a cura del Comitato per il 700° anniversario della scoperta.

Federeco Mammarella continua, inoltre, la sua ricerca sul Corpo Italiano di Liberazione nelle Marche e in particolare sull'operato della Brigata Maiella, unità italiana indipendente, insieme alla 111a compagnia Ponti inquadrata a pieno organico nel 2° Corpo Polacco. Le note di ricerca sono pubblicate, dal gennaio 2016, sia per il Corpo Italiano di Liberazione sia per la Brigata Maiella, su www.coltrinarimarche1944.blogspot.com"

Un sincero augurio di un buon lavoro ed una felice permanenza di studio vada a Martina e a Federico da tutta la Direzione del CESVAM!
massimo coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.blogspot.org)

* Partecipi del Programma ISAG, sono collaboratori di redazione della rivista "Quaderni" e di "Quaderni On Line". Hanno più volte partecipato ai "Mercoledì del nastro Azzurro", stendendone delle note e dei post; sono componenti dei gruppi di lavoro riguardanti i progetti del Nastro Azzurro per la Prima Guerra Mondiale.

domenica 25 settembre 2016

Segnalazioni librarie


 Si segnalano i tre volumi qui riprodotti nella copertina: il primo dedicato alle operazioni in Mormania all'indomani della Prima Guerra Mondiale, il secondo di carattere nettamente geopolitico, ed il terzo riferito ai Cappellani Militari d'Italia, in cui sono riportate le biografie di tutti i cappellani che si sono distinti nelle guerre nazionali









sabato 24 settembre 2016

1866. La figura del Col. Pietro Spinazzi alla battaglia di Bezzecca

APPROFONDIMENTI


La mancata conquista del forte di Ampola significò, secondo Garibaldi, non conseguire una netta e schiacciante vittoria sugli Austriaci a Bezzezza il 21 Luglio 1866. Di questa mancata conquista Garibaldi accusò il col. Pietro Spinazzi, deferendolo alla Corte marziale.

Nelle sue memorie, Garibaldi al riguardo scrive:

« ...Nel contegno del colonnello Spinazzi pare vi fossero sintomi di demenza, perché la condotta antecedente di quel capo, per quanto sapessi, non era stata da vigliacco. Il 2° Reggimento con un capo attivo poteva compiere una parte ben gloriosa in quella giornata (del 21 a Bezzecca). Al contrario, quel bel reggimento, per la salvezza del quale si combatteva a Bezzecca con tanto spargimento di sangue, rimaneva inoperoso, senza giovarci menomamente... »
(Giuseppe Garibaldi, Le memorie, Nella redazione definitiva del 1872, a cura della reale commissione, Bologna-Rocca S. Casciano, 1932)
Riprendendo da Vikipedia (accesso 24 settembre 2016) si ha un quadro completo e della figura del col. Spinazzi e della particolare azione del 21 luglio per la conquista del forte d'Ampola, che costo, tra l'altro la carriera militare allo Spinazzi.
"Quando, nel 1866, con lo scoppio della terza guerra di indipendenza si aprirono i bandi di reclutamento per gli ufficiali del Corpo Volontari Italiani in vista della guerra contro l'Austria, prestava servizio a Genova come tenente colonnello in unreggimento di fanteria.
Nominato comandante del 2º Reggimento Volontari Italiani condusse, secondo le accuse del tempo, una guerra personale non curandosi degli ordini dello stato maggiore garibaldino. Mancò all'assedio del Forte d'Ampola, disperse il Reggimento in vari avamposti in Val Vestino, sfibrò le sue truppe sul Monte Nota a Tremosine e nell'inutile attacco a Pieve di Ledro, ma soprattutto non contribuì alla battaglia di Bezzecca pur trovandosi a pochi chilometri di distanza e in posizione favorevole per contrastare l'artiglieria austriaca. Posto agli arresti per ordine di Garibaldi, il 13 settembre, a Brescia, fu giudicato da una commissione d'inchiesta che sentenziò però la sua innocenza da ogni accusa. Il processo ebbe una vasta eco sulla stampa nazionale.
 Il clima che si era creato nel 1866 era iperincandescente e tutto contribuiva ad esacerbare gli animi. In questo contesto operò la corte marziale istituita per valutare l'azione del col. Spinazzi.

La Corte Marziale

I resti del forte d'Ampola. Allo Spinazzi costò la carriera militare la mancata collaborazione nella sua conquista.
Mentre sul piano a Bezzecca infuriava la battaglia, il colonnello Pietro Spinazzi, sordo all'appello di Garibaldi, rimaneva inoperoso sul monte Nota “con quattro compagnie stanche (la 1ª, 2ª, 10ª, e 12ª), sfinite di forze, con malati i soldati e senza munizioni”.
Lo Spinazzi nonostante il fragore dello scontro e del tiro intenso dell'artiglieria che si doveva pur sentire in distanza anche sul monte bresciano, decise di non intervenire con i suoi uomini. Egli, a sua difesa, negò e spergiurò sempre di non aver mai udito rumori di sorta, solo qualche fucilata, così come di non essere mai stato avvisato da qualcuno di quello che avveniva pochi chilometri più in là. Solo nel pomeriggio cominciò senza fretta a scendere nella valle sottostante. Lasciò come presidio sul monte una forza consistente di sei compagnie del 10º reggimento e si diresse alla volta di Pieve di Ledro in attesa di eventi, ove era già accampato il capitano Luciano Mereu con le solite tre compagnie.
« 21 luglio. Non essendoci avuti i viveri solo a notte inoltrata del 21, fu differita la partenza ad oggi. Si misero all’alba in marcia due compagnie per Molina e quattro per Pieve e Bezzecca […] Trovammo Bezzecca già abbandonata dagli austriaci » 
  1. (Amos Ocari, Diario, in "Alba Trentina". Rivista mensile n. 9, 1917, tipografia Società Editrice Rovigo.)
Questa volta l'esasperazione di Garibaldi, nei confronti dello Spinazzi, aveva raggiunto il culmine e la carriera militare di costui aveva ormai le ore contate. Accompagnato dal capitano Ettore Filippini, si recò prontamente a rapporto da GaribaldiTiarno di Sotto. Fu un colloquio dai toni cordiali, a suo dire, nel quale illustrò tutte le operazioni precedenti, tanto che il Generale congedandolo gli affidò una nuova missione notturna di particolare importanza: la ricognizione segreta sul monte Linsino, ove si supponeva fossero concentrate un gran numero di forze nemiche; l'operazione sarà poi condotta con successo dal maggiore Luigi Castellazzo al comando della 10ª compagnia del tenente Osvaldo Bussi.
In realtà Garibaldi, nonostante le apparenze, non era rimasto soddisfatto delle spiegazioni del suo alto ufficiale e, il giorno dopo, si avviò a Pieve di Ledro per incontrare nuovamente lo Spinazzi e approfondire ulteriormente lo spinoso argomento. Fu una conversazione imbarazzante fra i due soldati. 
Garibaldi lo racconta nelle sue Memorie in questo modo: «Il 22 io feci una gita in carrozza sino a Pieve di Ledro, ove trovai il colonnello Spinazzi con parte del 2º reggimento. Si osservi che Pieve è a un tiro di carabina da Bezzecca. Chiesi a quel colonnello da quanto tempo si trovava in quella posizione, e mi rispose da tre giorni. Io rimasi confuso e domandai perché non avea preso parte al combattimento del giorno antecedente. Mi disse per mancanza di munizioni. Lo lasciai, ed ordinai al generale Ernesto Haug che lo arrestasse» ( Giuseppe Garibaldi, Le memorie, Nella redazione definitiva del 1872, a cura della reale commissione, Bologna-Rocca S. Casciano, 1932.)
Il giudizio del Generale diventa poi durissimo:
 «Nel contegno del colonnello Spinazzi pare vi fossero sintomi di demenza, poiché la condotta antecedente di quel capo, per quanto sapessi, non era stata vigliacca; poi, per codardo che possa essere un uomo, non poteva, con parte d'un reggimento che aveva valorosamente combattuto, rimanersi indifferente ad un chilometro da Bezzecca, ove la pugna durò dall'alba sino alle due pomeridiane, ove il cannone avea ruggito per nove ore, ed erano accanitamente impegnati dodicimila uomini da una parte e dall'altra […] Pare però che lo Spinazzi non si trovasse il 21 a Pieve di Ledro, bensì sul monte Nota che domina ad ostro quel paese (ciò che conferma la mia opinione di demenza in quello sventurato ufficiale), e che sul monte Nota riunisse un consiglio de' suoi ufficiali, i quali decisero di marciare verso il campo di battaglia, ove finalmente, per troppa lentezza, giunsero tardi. Il 2º reggimento con un capo attivo poteva compiere una parte gloriosa in quella giornata. Esso si trovava appunto alle spalle del nemico, quando questo occupavaBezzecca, ed impadronendosi delle alture a levante, che dominano quel villaggio, avrebbe completato un trionfo che poteva costare agli austriaci la loro artiglieria e molti prigionieri. Basta portarsi sul luogo per capacitarsi della veridicità della mia asserzione. Al contrario, quel bel reggimento rimaneva inoperoso, senza giovarci menomamente»

Chiamato a rapporto, il giorno 23, presso la sede del Quartier Generale di Storo, gli fu notificato l'arresto di rigore, l'avvio del giudizio di un consiglio di guerra, sostituito nei giorni seguenti da una commissione d'inchiesta e il cambio del comando di reggimento con il colonnello Giovanni Acerbi. L'annuncio della sanzione disciplinare cadde, come una tegola, sulla testa del povero Spinazzi che, al riguardo, scrive: “Attonito, penso, esamino il mio passato e non so darmi ragione di tale fatto. Mi si ordina di deporre la sciabola e mi si fa condurre dal deputato Pianciani”.
Affranto, giorni dopo prese carta e penna lagnandosi con Garibaldi per l'accaduto: «1866 luglio 28, Storo. Generale. Ho esaminato la mia condotta nella giornata del 21 corrente, ed ho la coscienza di poter dire francamente di non meritare il di Lei sdegno, né le umiliazioni cui sono costretto subire. Il mio Generale, che sprezza le basse passioni e le personalità, vorrà accordarmi di essere ascoltato, ché ogni accusato ne ha il diritto. Sempre suo. Pietro Spinazzi»[( Pietro Spinazzi, Ai miei amici: Parole di Pietro Spinazzi, L. Tenente Colonnello comandante il 2.o Regg. Volontari Italiani nella campagna del 1866., Stabilimento tipografico di Genova, 1867)
Garibaldi non ascoltò la supplica, anzi il 31, dalla canonica di Creto, sede del Quartier Generale, emanò le direttive per l'insediamento della commissione d'inchiesta:
« 1866 luglio 31, Creto. Quartier Generale “Comando Generale del Corpo Volontari Italiani. Siccome il luogotenente colonnello Spinazzi cav. Pio comandante il 2º Reggimento Volontari Italiani durante il fatto d’armi del 21 corrente si trovava con parte del suo reggimento in Pieve di Ledro ove avvenne il combattimento, e non si mosse, il sottoscritto comandante in capo il corpo dei volontari Italiani ordina una commissione d’inchiesta allo scopo di esaminare la condotta del sopraccitato signor tenente colonnello Spinazzi sia stata militarmente regolare.
La Commissione è composta dai signori: Il generale Ernesto Haug comandante la 1ª brigata Volontari-Presidente; colonnello cav. Benedetto Cairoli comandante il Quartier Generale; luogotenente colonnello cav. Giovanni Cadolini comandante il 4º reggimento; luogotenente colonnello cav. Luigi La Porta comandante il 7º reggimento; luogotenente colonnello Menotti Garibaldi comandante il 9º reggimento; luogotenente colonnello Giuseppe Missori comandante il Corpo delle Guide. Il luogotenente colonnello Missori eserciterà le funzioni di relatore. Non appena la Commissione d’Inchiesta avrà esaminato i suoi lavori presenterà i verbali prescritti, a questo Comando Generale in duplice copia. Giuseppe Garibaldi. Per copia conforme. Il sottocapo di Stato Maggiore Enrico Guastalla »
Il 28 agosto, a Brescia, ebbe inizio la prima seduta della commissione coordinata, a seguito della ricusazione giuridica dell'imputato, dal generale Vincenzo Giordano Orsini in sostituzione di Ernesto Haug. Il dibattimento non si limitò ad analizzare le fasi del mancato apporto alla battaglia di Bezzecca, ma indagò minuziosamente su tutto l'operato del colonnello chiedendo spiegazioni in particolare sul trasferimento da Magasa alla Val di Ledro, sul mancato assedio del Forte d'Ampola e la disubbidienza agli ordini del generale Ernesto Haug.
Così scrive lo Spinazzi nel suo memoriale al riguardo:
 «[…] L'interrogatorio abbracciò gran parte delle mie operazioni anteriori al 21 luglio. Si vollero minutamente conoscere le ragioni per cui movessi piuttosto per la Valle Lorina, Val Michele, Vesio e Monte Nota, anziché da Magasa piegare verso Bondone, come mi era stato indicato col dispaccio 15 luglio N.o 871. Alla quale domanda risposi che più ragioni mi avevano provato essere quella per me tenuta, la via che più consonava col concetto del Generale. […] Un'altra ragione era quella che da Magasa marciando su Bondone doveva necessariamente abbandonare Valle Lorina, primo obiettivo della marcia, per la qual mossa avrei marciato relativamente a Ampola a ponente, anziché a levante […] Fui addimandato delle ragioni per cui il mio reggimento fosse tanto frazionato, alla quale domanda affatto fuori luogo, perché il frazionamento dei Corpi era un sistema tanto erroneo, quanto generale, risposi essere per mia sventura in causa di ordini dello Stato Maggiore Generale. Perché mi avessi scelto di preferenza, per scendere in Valle di Ledro, Monte Nota anziché un altro punto più centrale, ad esempio Tremalzo, Cel, o Tomlone. Al che risposi che così vollero le circostanze ed i riflessi che feci sull'insieme dei movimenti che si operavano all'estremo sinistro della nostra linea di operazione, i quali pienamente concordavano coll'ordine che m'ebbi l'11 luglio […] Fra le tante altre domande pur quella mi si fece se avessi ricevuto un dispaccio dal generale Haug in data del 15 o 16 luglio statomi rimesso alla Costa. Non potevo ricevere alla Costa dov'era il 13 e non più il 14 un dispaccio del 15 o 16 luglio, meno che non fosse nato equivoco con altro dispaccio in data 15 luglio a me pervenuto a Magasa, ma che era diretto al capitano Bartolomeo Bezzi Castellini, comandante un distaccamento che tenevo a Monte Caplone […] Fui richiesto anche dell'ora e delle ragioni per cui scesi da Nota in Valle di Ledro il 21 luglio. L'ora dissi di non ricordare […]».
Dopo cinque sedute, ascoltate la difesa imputato e le numerose testimonianze, tra le quali quella del capitano Ergisto Bezzie del maggiore Luigi Castellazzo, il 13 settembre, la commissione decretò l'assoluzione del colonnello Spinazzi da ogni accusa motivandola con la seguente deliberazione: “Constatando alla Commissione d'inchiesta dalle prove testimoniali assunte, che il tenente colonnello Spinazzi Pietro non si trovava in Pieve di Ledro né con tutto né con parte del suo reggimento durante il combattimento del 21 luglio, può la medesima pronunciare se la condotta del tenente colonnello stesso sia stata militarmente irregolare sotto il punto di vista che le è proposto? La Commissione unanimemente risponde di no”
Si chiudeva in questo modo una pagina triste e scialba della campagna garibaldina.
massimo coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)

Per la intera vicenda e per un quadro generale dell'opera e dell'azione di Pietro Spinazzi vds:
Pietro Spinazzi, Ai miei amici: Parole di Pietro Spinazzi, luogotenente colonnello comandante il 2.o Regg. Volontari Italiani nella campagna del 1866., Stabilimento tipografico di Genova, 1867



venerdì 23 settembre 2016

Inizia la missione "Ippocrate"


UNA FINESTRA SUL MONDO

L’Italia realizzerà in Libia un ospedale  da campo a Misurata inviando sul posto 300 unità tra personale medico, addetti alla logistica e uomini addetti alla sicurezza. L’aliquota sanitaria sarà composta da 65 tra medici ed infermieri, l’aliquota logistica sarà composta da 135 uomini impiegati nei vari settori, (comunicazioni, amministrazione, sussistenza ecc.) mentre l’aliquota di “force protection” sarà di 100 unità. A Supporto della missione sarà schierato un velivolo C27-J per ogni eventualità di evacuazione mentre una nave  stazionerà nelle acque di Misurata con funzioni di supporto.
Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha dato, inoltre, ulteriori particolari sulla Missione “Ippocatre”. L’Italia aveva già inviato a Misurata Medici ed infermieri  per il locale ospedale di Misurata, efficiente e ben attrezzato, che però mancavano medici e personale specializzato. Sono state individuate le professionalità mancanti che sono state individuate in Italia ed inviate subito a Misurata. Intanto si sta costruendo un primo nucleo dove si darà la possibilità di gestire le emergenze con 12 posti letto pronti probabilmente nei prossimi due giorni. Secondo la pianificazione l’ospedale italiano sarà completato entro tre settimane con una potenzialità di 50 posti letto con le sale operatorie e di rianimazione.

Che cosa troverà l’Italia in Libia?
La situazione, come noto, è estremamente complessa. Esistono due entità che si dividono il potere, quello esecutivo, il Governo è a Tripoli, con a capo il presidente Al Sarray, riconosciuto dal ONU e dalla Comunità internazionale; quello legislativo,  il Parlamento, a Tobruck, che gode del sostegno dell’Egitto. Presente nuclei consistenti di combattenti che fanno capo all’ Is, il sedicente stato islamico. Sul piano politico, oggi, l’impegno di Al Sarray, è quello di costituire un Governo di Unità Nazionale che sia accettato anche dal parlamento di Tobruck. Sul piano militare la situazione è fluida.

Sul terreno operano varie Milizie, fedeli a Tobruck, tra cui quella veramente consistente del generale Aftar, e a Tripoli. Le Milizie di Misurata, in questo momento sono impegnate a conquistare Sirte liberandola dalla presenza di combattenti dell’Is, con l’appoggio della aviazione statunitense che dal 1 agosto ad oggi ha effettuato oltre 150 missioni di bombardamento ed attacco al suolo
A Metà settembre le forze di Haftar, che gode anche delle simpatie della Francia, hanno occupato la cosiddetta mezzaluna petrolifera libica, ovvero i campi petroliferi ed i terminal a sud di Misurata e ad ovest di Agedabia, scacciando le Guardie petrolifere, milizia fedele a Tripoli che prima ne avevano il controllo.  Non ne è scaturita una crisi dagli sviluppi incontrollati, al momento, in quanto le Milizie di Misurata si sono dichiarate neutrali in questo scontro tra Haftar e le Guardie Petrolifere, ma che nel breve periodo potrebbe essere oggetto di turbolenze ulteriori.
In questo contesto si inserisce la notizia del rapimenti di tre tecnici occidentali, di cui due italiani, nella città di Ghat, nella Libia occidentale, al confine con l’Algeria, che, sembra, sia opera di fuorilegge e non di terroristi di Al Qaeida. La missione “Ippocrate” è una missione umanitaria.
L’ospedale da campo italiano quindi è necessario quanto mai in quanto i combattimenti sono in corso su vari fronti; una missione umanitaria che però da la possibilità all’Italia di avere una visione diretta di che cosa sta succedendo realmente sulla “quarta sponda”.


Massimo Baldoni
geografia2013@libero.it

giovedì 22 settembre 2016

1866. 150* Anniversario della III Guerra d'Indipenza. I prigionieri

APPROFONDIMENTI

I Prigionieri italiani della giornata di Custoza furono raccolti in campi di fortuna e poi avviati a verona, ove furono raccolti nell'arena in attesa di essere restituiti alle autorità italiane.

I Prigionieri austriaci furono avviati all'indietro e portati a Milano, ove sfilarono, senza pompa per le vie della città, con la popolazione che osserva muta e con rispetto.

Due immagini di questi avvenimenti sono state ritorvate e si spera di poterle pubblicare una volta che si siano acquisiti i necessari permessi anche per queste fonti iconografiche

mercoledì 21 settembre 2016

Articolazione del Volume. "Quattro battaglie per il Veneto". 1866. La terza guerra di indipendenza ed il valor militare

Indice
Presentazione ................................................................................................ x
Prefazione...................................................................................................... x
Ringraziamenti ............................................................................................ x
Nota dell’Autore.......................................................................................... x
Premessa ........................................................................................................ x

Introduzione.................................................................................................. x
0.1 Il profilo geografico-storico.................................................................... x
0.2 Il profilo economico-politico.................................................................... x

Capitolo 1. Custoza
1.1 Situazione generale militare................................................................... x
1.2 Gli avvenimenti politico-diplomatici precedenti Custoza.................. x
1.3 L’ambiente operativo............................................................................... x
1.4 I piani operativi:
      a. Esercito Italiano;
      b. Esercito Imperiale.................................................................................. x
1.5 Le forze in campo:
      a Esercito Italiani;
      b. Esercito Imperiale................................................................................. x
1.6 La dislocazione iniziale delle forze alla sera del 23 giugno................ x
1.7 24 giugno 1866.
      a. Le disposizioni preliminari;
      b. I primi scontri (06,30 – 7,30);
      c. Monte Cricol, Custoza, Monte Torre e Monte della
          Croce (07,30 – 10,00;
      d. La Pernisa (10,30);
      e. Custoza (11,30 - 12,30 – 14,45);
      f. Santa Lucia, La Pernisa e Monte Vento (15,00);
      g. Custoza (16,00 – 17,30)....................................................................... x
1.8 25 e 26 giugno 1866............................................................................... x
1.9 Considerazioni ed valutazioni di una mancata vittoria.................... x

Capitolo 2. Sedowa
2.1 Situazione Generale militare .................................................................  x
2.2 Gli avvenimenti politico-diplomatici precedenti Sadowa................... x
2.3 L’ambiente operativo............................................................................... x
2.4 I piani operativi......................................................................................... x
2.5 Le forze in campo...................................................................................... x
2.6 La dislocazione iniziale delle forze alla sera del 2 luglio
      1866............................................................................................................. x
2.7 3 luglio 1866.
      a. Le disposizioni preliminari;
      b. la marcia prussiana verso il Bystrice;
      c. Il IV Corpo d’Armata attacca la foresta di Svib;
      d. Il mancato attacco austriaco;
      e. L’ala sinistra in pericolo;
      f. Problemi prussiani sul Bystrice;
      g. Benedek valuta un’offensiva;
      h. La sacca inizia a chiudersi;
      i. La cattura di Chulm ed il collasso del fronte..................................... x
2.8 Considerazioni e valutazioni su una vittoria conseguita.................... x

Capitolo 3. Lissa
3.1 Situazione generale militare................................................................... x
3.2 Le forze navali:
      a. italiane;
      b. austriache;
      c. le dottrine operative .............................................................................. x
3.3 Gli avvenimenti politico-diplomatico precedenti Lissa...................... x
3.4 Il mancato combattimento del 27 giugno 1866 davanti
      Ancona......................................................................................................... x
3.5 La crociera del giusto mezzo: 8 – 13 luglio 1866................................ x
3.6 L’attacco all’isola di Lissa: 18-19 luglio 1866
       a. L’ambiente operativo
       b. I piani operativi
       c. Le forze in campo................................................................................... x
3.7 20 luglio 1866.......................................................................................... x
3.8 Considerazioni e valutazioni di una battaglia non vinta.................. x

Capitolo 4. Bezzecca
4.1 La situazione generale militare: la costituzione del Corpo
      dei Volontari.............................................................................................. x
4.2 Gli avvenimenti politico-diplomatici precedenti Bezzecca:
      come impiegare il Corpo dei Volontari................................................... x
4.3 L’ambiente operativo............................................................................... x
4.4 I piani operativi......................................................................................... x
4.5 Le forze in campo:..................................................................................... x
4.6 Le operazioni del Corpo dei Volontari prima di Bezzecca:
      a. Le operazioni iniziali
      b. Il rovesciamento della fronte 25 giugno 1866
      c. La ripresa delle operazioni nel settore montano
      d. Il Combattimento di Monte Suello. 3 luglio 1866
      e. I combattimenti di Lodrone e Darzo
    f. Il combattimento di Cimego
    g. L’occupazione della Val d’Ampola ...................................................... x
4.7  La situazione alla sera del 20 luglio 1866:......................................... x
4.8 21 luglio 1866.
      a. il campo di battaglia di Bezzecca
      b. la battaglia ............................................................................................. x
4.9 L’avanzata su Trento ed il celebre “Obbedisco” .................................  x
4.10 Considerazioni ed valutazioni di una vittoria.................................. x

Conclusione. .................................................................................................. x

Postfazione. ................................................................................................... x

Indice dei Nomi............................................................................................. x

Indice delle Illustrazioni............................................................................. x


Bibliografia..................................................................................................... x

martedì 20 settembre 2016

lunedì 19 settembre 2016

La situazione politica in Georgia: un'opinione

GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE


 DI  Federico Salvati

La Georgia insieme alla Moldavia rappresenta una della “success stories” della Eastern Partnership europea. Il paese, negli ultimi anni, ha fatto grandi sforzi per rialzarsi da una situazione che all'inizio degli anni 90, lo vedeva praticamente in ginocchio (ricordiamo che la Georgia era stata dichiarata ufficialmente uno stato fallito dopo le guerre con l'Abkhazia e l'Ossezia). Oggi, nelle strade di Tbilisi, è impossibile trovare il caos e la tensione sociale che è descritto nei report delle missioni ONU e OSCE negli anni immediatamente seguenti alla caduta dell'Unione Sovietica.

La Georgia nelle sue relazioni con l'Europa si prodiga in ogni modo. Lo slancio del governo nelle riforme istituzionali per il “perfezionamento della democrazia nazionale” è eguagliato solo dall' “ammirazione che i georgiani hanno dell'Europa”.

Dietro tutti questi titanici sforzi istituzionali, però, scavando nel profondo, si nasconde una realtà ben più amara, la quale il paese cerca di nascondere dietro il suo “entusiasmo riformista”.

Diciamo innanzi tutto, per mettere subito le cose in chiaro, che “freedom house” definisce la Georgia come “un'autarchia competitiva”. Questo significa che nonostante l'alternanza periodica nell'elezioni politiche i contendenti, una volta al poter, detengono un potere che è va decisamente al di la di quelli che sono i limiti costituzionali, politici e giuridici che contraddistinguono una democrazia.

La società georgiana è caratterizzata da un alto livello di informalità e comunitarismo che male si sposa con gli standard politico amministrativi proposti dall'occidente e dall'EU in particolare. A contraddistinguere la situazione socio-politica del paese è un altissimo livello di amministrazione informale (shadow governance) che continua a pesare sui processi istituzionali in maniera consistente. Tutto ciò crea un forte scollamento tra la base elettorale e le élite di governo.
La classe politico-amministrativa vive in un “paradiso dorato” fatto di privilegi e benessere, mentre la gente comune rimane legata a standard di vita piuttosto bassi in generale.
L'opinione pubblica non ha nessuna fiducia ne nelle istituzioni ne nei suoi rappresentanti. Per questo motivo la vita socio-economica ruota ancora intorno alle conoscenze personali, le dinamiche familiari e l'appartenenza etnica.
Emblematico di ciò che si è appena detto è la figura dell'ex presidente Ivanashvili. Tim Ogden1 scrivendo per GeorgiaToday, si dice sempre più perplesso dal fatto che l'ex presidente Mr. Ivanashvili (che ricordiamo al momento non rimane né più e né meno di un privato cittadino), nonostante abbia esplicitamente affermato il suo non-convolgimento in qualunque azione governativa, continui ad apparire in maniera incessante in tutti gli eventi pubblici di prestigio e sia allo stesso tempo un assiduo frequentatore degli ambienti politici di governo. L'autore afferma apertamente come eventuali disaccordi tra la posizione del Presidente Margvelashvili e quella di Mr Ivanashvili continuano a causare, “inspiegabilmente”, crisi interne nel consiglio di ministri.

Democrazia e Georgia è un binomio che ancora stride in maniera evidente. Per chiarire meglio il concetto, di seguito andiamo a commentare due eventi che, nell'opinione di scrive chi scrive, sono iconici della situazione socio-politica georgiana.

Governance e riforma del sistema di difesa

Alla fine dello scorso anno il governo ha finalizzato un processo di riforma che andava avanti da anni. L'enorme sforzo legislativo ha portato con successo a ristrutturare in maniera consistente il sistema di difesa. Il programma è stato implementato in maniera soddisfacente, con tanto di complimenti dell'ambasciatrice Inglese che ha supervisionato e promosso la riforma.

Nel corso della cerimonia per la chiusura dei lavori però, nei loro discorsi diretti ai presenti, vari partecipanti hanno notato come la questione si presentasse tutt'altro che risolta. Con tale riforma quello che la Georgia voleva ottenere era un maggiore controllo civile delle forze armate. Ciò però può accadere solo attraverso una solida e funzionante base istituzionale che presenti dei requisiti minimi di trasparenza, rule of law e accountability.

Quello che invece è emerso durante la discussione è che ci sono ancora seri dubbi sulle capacità delle sfere militari nazionali di esercitare con successo le funzioni di comando e controllo. Inoltre, gran parte dell'alto comando rimane ancora legato ad una visione sovietica dell'esercito. Ciò sta a significare che i comandanti si rifiutano di abbracciare l'idea di un esercito professionalizzato e svincolato da un qualsiasi coinvolgimento nei processi politico-civili.
Più di ogni altra cosa però si è rimarcato come l'accentramento del potere nella mani delle istituzioni civili non corrisponda ad un parallelo aumento della trasparenza nella gestione delle questioni amministrative e in particolare del budget e degli approvvigionamenti. La debolezza dell'autorità statale, infatti, lascerebbe troppo spazio ad interessi privati che potrebbero avere un peso fondamentale nei processi di decision-making.

Peacebuilding e società civile

È un fatto, ormai, più che rinomato che la Georgia (sponsorizzata da cospicui fondi internazionali per la pace e la stabilità) compie quotidianamente grandi sforzi per costruire un futuro pacifico tra la madre patria e le regioni secessioniste del Sud Ossezia e dell'Abkhazia. Una miriade di NGO , INGO, fondazioni e gruppi d'azione lavora da 20 anni sul processo di pace, promuovendo a scadenze serrate progetti sociali sui temi più vari. Indagando sull'argomento, però, cominciano ad affiorare le solite contraddizioni che fanno sempre apparire profonde rughe sulle fronti di qualunque social worker di Tbilisi, coinvolto nell'argomento.

Messa in maniera semplice, la società civile ha riportato nel campo del peacebuilding risultati a dir poco inconsistenti. L'autore dell'articolo tiene a sottolineare che esistono delle meravigliose eccezioni alla regola in Georgia e alcune associazioni portano avanti programmi che obiettivamente meriterebbero un caloroso e incondizionato supporto sia dalle autorità nazionali che da quelle internazionali. Per la maggior parte però il processo di pace, per come è svolto, lascia grandi dubbi sulla sua efficacia. Nel complesso il quadro potrebbe essere definito più o meno così: da una parte c'è il governo che mantiene una posizione che sembra quasi di disinteresse sulla cosa; dall'altra ci sono le associazioni non governative che cercano di accaparrarsi i fondi della cooperazione alla pace, proponendo ogni volta progetti rivoluzionari che promettono di innescare radicali cambiamenti sociali (i tristemente famosi silver bullet projects). La società civile, comunque, si guarda bene dall'essere sia troppo audace che troppo innovativa. Presentarsi in questa maniera significa suscitare il dubbio tra i donors internazionali e la preoccupazione del governo il quale lascia lavorare la associazioni fin tanto che queste non propongano una vera e propria agenda di opposizione. Da tali circostanze, l'unico risultato ottenibile sarebbe solo l'esclusione del gruppo operante da qualsiasi rete di finanziamento.
A chiudere il circolo troviamo la comunità internazionale che continua finanziare i progetti di cui sopra con la ingenua speranza di avere finalmente dei risultati tangibili.
Chi si occupa un minimo di società civile avrà notato che c'è un grande assente nelle dinamiche appena descritte: il processo di advocacy. L'advocacy è uno dei fattori chiave per permettere alla società civile di partecipare attivamente al dibattito democratico. Questa è il perno della partecipazione popolare attraverso le strutture non-governative. Le associazioni georgiane che si occupano di pace non possono permettersi di fare pressioni sul governo per il raggiungimento di un accordo negoziale al più presto. Tutto ciò è impensabile. Un'azione del genere provocherebbe la furia dei media, del governo e anche di gran parte dei comuni cittadini. Risultando nella cessazione dell'operato della sventurata associazione. Si capisce che ciò che resta ai soggetti della società civile è la speranza di continuare a lavorare nel loro piccolo, portando a casa risultati al quanto limitati e innocui, mentre pregano che fondi internazionali che le finanziano di non smettano di arrivare nelle loro tasche.

La situazione oggi in Georgia assomiglia molto a quella dell'ex jugoslava post Dyton. Il processo di pace si muove in maniera gattopardesca. Gli sforzi della società civile vengono finanziati da lauti fondi internazionali che hanno trasformato il settore in uno dei principali sbocchi d'impiego del paese. La Georgia ha, numericamente, una quantità di NGO legalmente registrate che supera di quella delle stesse presenti in tutti gli Stati Uniti (fonte: City hall Tbilisi). Non è azzardato prevedere che una volta che i fondi per la pace e la cooperazione cominceranno a diminuire tutti questi soggetti spariranno da un giorno all'altro (come è già successo nell'ex Jugoslavia) dal momento che il potere statale non ha ne le risorse ne l'interesse per mantenere in piedi questa complessa struttura.


Conclusioni

Come giudicare la Georgia di oggi dunque? Nel complesso stiamo parlando di un paese che ha un ex calciatore del Milan (Kaladze) che è stato eletto inspiegabilmente ministro delle risolse naturali e dell'energia. Di certo non si deve essere troppo duri con questa povera nazione ma è opinione dell'autore che in passato i commenti riguardo i cambiamenti socio-economico del paese sono stati un pochino esagerati.

Letto in questa ottica diventa più comprensibile, il rifiuto delle Germania sull'approvazione della facilitazione del visti Shengen per la Georgia. La notizia ha suscitato nel paese una rabbia sociale inaspettata. I giornali erano coperti di articoli che recitavano che esprimevano lo sdegno dell'opinione pubblica con espressioni anche forti.

La Georgia, nonostante quello che dicano i georgiani, rimane un partner che soddisfa gli standard Europei di cooperazione solo in superficie. Nel profondo il sistema politico manca ancora dei principali strumenti di rule of law e partecipazione democratica. L'informalità e l'incapacità di amministrazione delle autorità non promettono un miglioramento delle relazioni tra l'EU e il paese nel caso di un'apertura del regime di visti.

In conclusione vorrei comunque citare le parole de rappresentante della NATO qui a Tbilisi che ha commentato, definendo la Georgia un esempio di democrazia per gli altri paesi nella regione.
Si può concordare in pieno con queste parole.
Visti ti risultati di Azerbaijan e Armenia la Georgia appare come il proverbiale orbo in terra di cechi. Ma di certo le possibilità e la realtà politiche del paese non devono essere esagerate, altrimenti rischiamo di scambiare orbi per aquile reali.

1Ogden “Deeply Concerned: Ogden on the Contradictory Nature of Georgian Politics” http://georgiatoday.ge/news/3996/Deeply-Concerned%3A-Ogden-on-the-Contradictory-Nature-of-Georgian-Politics accesso 20/06/2016


Le Motivazioni delle Medaglie di Tito Chini


a cura di Emanuele, Cerutti






Ispirazioni autobiografiche

di Emanuele Cerruti*

Il 29 agosto 1926, 90 anni fa, s’inaugurava il monumento-ossario al Passo Pian delle Fugazze (Comune di Valli dei Signori, oggi Valli del Pasubio), per i morti italiani nel settore di Monte Pasubio.
L’idea era sorta nel dicembre 1917, sviluppando il desiderio degli alpini presidianti il Pasubio di avere un sacello con l’effigie della Madonna, quando il pericolo dell’invasione austro-germanica era reale. Vi si pose mano concretamente dal 1920.
L’opera – ideata dalla società civile vicentina, finanziata dalla medesima e da quella nazionale – era in sostanza la prosecuzione per la “quarta guerra d’indipendenza” delle strutture sorte in Italia fra il 1870 ed il 1913 per i morti del Risorgimento. Essa fu la prima ideata per i morti della Grande guerra, ma fu la seconda ad essere conclusa: prima è da annoverare il monumento-ossario al Passo del Tonale (inaugurato il 31-8-1924), terminato in breve anche grazie alle dimensioni più contenute.
Questo santuario della “religione della patria” rischiò di rimanere incompiuto poiché le spese avevano superato le entrate. Subentrò la Fondazione 3 Novembre 1918 pro combattenti della Prima armata. E con i denari salvifici arrivò anche il decoratore, Tito Chini da Borgo S. Lorenzo.
Chini, decorato di croce al v.m. nella Battaglia del Solstizio e di medaglia di bronzo v.m. in quella di Vittorio Veneto, aveva militato nel 122° regg. fanteria della brigata Macerata, e fu in Val Lagarina fra la fine del 1917 e la primavera del 1918.
All’interno dell’ossario rappresentò la dura vita dei soldati, privi di insegne. Ma attorno al generale Pecori Giraldi vi erano tutte le Armi. Fiamme e pipe al loro bavero, ma ai fanti, che mostrine mettere, e che numero rappresentare sull’elmo Adrian? La risposta vien da sé: l’omaggio andò ai suoi fanti del 122°, con le mostrine bianco-blu, che in Pasubio mai furono ma che ebbero la ventura di militare nella Prima armata che, come recita il motto coronante i suoi affreschi, «infran[se] due volte l’orgoglio nemico».

*Emanuele Cerutti (direttore del Museo Storico del Nastro Azzurro, dottorando di ricerca in Storia contemporanea presso l’Università di Parma)

Bibliografia.
E. Cerutti, «Fecero di petti gagliardi insormontabile barriera». Percezioni della morte e sepolcreti (1870-1940), in R. Bianchi, G. Vecchio (a cura di), Chiese e popoli delle Venezie nella Grande guerra, in press, pp. 99-130.

Si ringrazia per il reperimento dello stato di servizio di T. Chini il Ten. Col. F. spe RS Paolo Maura, il serg. magg. Maniglio, il C.le Magg. Ca. Sc. Amedeo Trebeschi.

venerdì 16 settembre 2016

1866. 150* Anniversario della III Guerra di Indipendenza. Il Corpo dei Volontari

La situazione generale militare: la costituzione del Corpo  dei Volontari


Al termine delle operazioni contro la fortezza di Gaeta nel marzo del 1861, e dopo aver proceduto allo scioglimento dell’Esercito meridionale composto dai garibaldini che avevano preso parte alla spedizione dei Mille, era stato ipotizzato da parte del Governo regio di costruire un Corpo Volontari utilizzando i Quadri dei volontari di Garibaldi; sarebbe stata la soluzione ideale per  dare soluzione alla spinosa questione del reimpiego degli Ufficiali volontari che non si voleva a nessun titolo inserire nell’Esercito regolare. Fu definito un abbozzo di progetto che prevedeva un Corpo Volontari su tre divisioni per un totale di 10.000 uomini ciascuna, priva di artiglieria e genio; nel caso di mobilitazione, aliquote delle armi cooperanti sarebbero state fornite dall’Esercito regolare. Questo progetto, nel 1862, fu completamente abbandonato in quanto si percepiva che sarebbe stato destabilizzante in un settore, quello militare, estremamente delicato. Inoltre il senso di insicurezza e di fragilità della nuova struttura statale inducevano a temere qualsiasi esplosione di entusiasmo e di fede progressista, paventando che potesse innescare un processo di dissoluzione in un ordine costituito raggiunto con notevoli sforzi e già messo alla prova da tensioni interne  e dalla posizione internazionale del giovane Regno.

Con queste premesse al momento dello scoppio della III Guerra di Indipendenza non vi era nulla di precostituito in termini di forze volontarie.

IL 6 maggio 1866, dopo ben 5 giorni dall’annuncio della mobilitazione generale e l’inizio della radunata dell’Esercito regolare venne promulgato il decreto reale che indiceva il reclutamento di volontari in un corpo al comando di Garibaldi. Non fu una iniziativa del Ministero della Guerra, ma sotto la spinta sempre più incontenibile dell’opinione pubblica italiana. Nel Paese vi erano fortissime correnti di opinione che esigevano una partecipazione di volontari alla guerra all’Austria, a cui corrispondeva una non tanto celata irritazione degli ambienti governativi ed istituzionali quasi fosse, questo consenso dell’opinione pubblica alla forze volontarie, come una palese sfiducia nella classe dirigente che doveva condurre l’Italia alla guerra.

Il clima politico quindi non era dei migliori ed anche qui si coglie delle discrepanze ed attriti che sommati insieme portarono ai non brillanti della III Guerra di Indipendenza.

La decisione del Ministero della Guerra e del Governo del Re per risolvere il problema dei volontari fu la costituzione di un Corpo di Volontari su 10 reggimenti, da arruolarsi su base volontaria in due centri di reclutamento, uno a Como e l’altro a Bari. Tanto era la diffidenza verso questa iniziativa che a Como dovevano affluire i Volontari del Piemonte, della Lombardia, Isole e del versante occidentale delle provincie meridionali; gli altri dovevano affluire a Bari.

Il reclutamento diede un totale di 38.400 uomini presentatesi,  ma la forza media del Corpo non superò ai le 18.000 unità. In più la rigidissima selezione voluta da Garibaldi e dai suoi  comandanti fece si che solo 1/3 degli arruolati fu utilizzato, ovvero circa 10.000 uomini. Questa, grosso modo era la cifra che le Autorità avevano calcolato per il Corpo Volontari al momento dell’impiego operativo. Alla dichiarazione di guerra, il Corpo Volontari era così ordinato:
. 5 Brigate di fanteria, su due reggimenti
. 2 battaglioni bersaglieri volontari
. 2 squadroni guide
. unità di intendenza, sanità, del treno e di sussistenza 

Ad esse si dovevano aggiungere le seguenti forze provenienti dall’Esercito regolare :
. 1 battaglione bersaglieri
. 1 compagnia  zappatori
. 3 batterie da campagna su 6 pezzi ciascuna
. 1 batteria da montagna su 6 pezzi

   

giovedì 15 settembre 2016

1866.150* Anniversario della III Guerra di Indipendenza Fronte Italiano

ENTRATA DEL GENERALE CIALDINI IN ROVIGO

GLI AUSTRIACI FANNO SALTARE IN ARIA LE FORTIFICAZIONI DI  ROVIGO
PRIMA DI SGOMBRARLE

TIROLO. ACCAMPAMENTO DEI VOLONTARI A CONDINO DI SOPRA.

Ladecisione del governo italiano di conferire a Garibaldi il comando del Corpo dei Volontari fu comunicata aGaribaldi tramite il maggiore Cucchi. Garibaldi rispose in questi termini alla lettera di nomina
"Signor Ministro,
 Accetto con vera gratitudine le disposiioni emanate dal ministero ed approvate dal Re riguardo ai Corpi Volontari. Sono riconoscente della fiducia che si è riposta in me con affidarne il comando.
Voglia, signor generale, essere interprete presso il re di questi miei sentimenti nella speranza poter subito concorrere col glorioso nostro esercito al compimento dei destini nazionali. Ringrazio della Cortesia con la quale si è degnata di farmene partecipazione. Voglia credermi della S.V. 
Devotissimo

 Giuseppe Garibaldi

CaprerA 11 maggio 1866.  

BOEMIA BATTAGLIA DI TRAUTENAU: CARICA DELLA CAVALLERIA PRUSSIANA