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mercoledì 6 ottobre 2021

L'Afganistan e le guerre dell'800. 6a Parte Il contesto umano.

APPROFONDIMENTI


 Il non-Stato, tribù, clan, ed aggregazioni


  Massimo Coltrinari

La tribù più colta e civile era costituita dai Duranai, stanziati per lo più lungo le rive dell’Ilmend e fra i monti che esso cingeva nella sua larga curva verso sud, dall’Argandab e dal Tarnac fino alla solitaria palude di Hamun; conducevano una vita patriarcale con istituzioni democratiche più o meno governati da un’antica nobiltà ricca ed influente. I Duranai rivendicavano a sé soli il nome di Afghan e una mitica origine israelitica, pur riconoscendo la propria identità di razza e di lingua con le altre tribù che parlavano pashtò e si chiamavano perciò pashtun.

Tribù particolarmente bellicosa e potente era invece quella dei Ghilzai, stanziati ad ovest dei Duranai, dalle rive incassate del Tarnac alla cresta dei monti del Solimano, dalle steppe del Savistan ai poggi che cingono Cabul; questa tribù, sebbene suddivisa in 52 chel, conduceva una vita a tratti inquieta e rapace, a tratti nomade ed a tratti unita in comunità democratiche. I Ghilzai erano i nemici più pericolosi degli Inglesi, così come si poteva leggere dai bollettini inglesi provenienti dall’India. Primi ad insorgere durante l’occupazione del 1840, minacciarono continuamente il generale Roberts, la cui linea di operazione rasentava il lembo settentrionale del loro paese. Superbi del loro nome, gelosi dei loro monti, rotti ad ogni fatica, cresciuti fra gesta brigantesche, erano snelli, destri e astuti.

Ghilzai e Duranai, specie questi ultimi, avevano subito l’influenza della cultura persiana, mentre liberi ne erano rimasti gli Afghani orientali, che abitavano nella parte a cavallo tra l’India e l’Afghanistan.

Principalissima è anche la tribù dei Jusufzai, che abitavano la regione, che dal Lundai all’Indo si addossava all’Indocush, la massima parte su territorio indiano. Vi si erano stabiliti cacciando gli indiani e dividendo il territorio a sorte. Vivevano indipendenti e disprezzavano i vicini che tolleravano sia la dominazione inglese che la supremazia dell’emiro. Avevano istituzioni repubblicane ogni villaggio sceglieva il suo capo presso cui la sera si raccoglievano gli uomini per fumare il Caljan e discutere delle cose pubbliche. Vi erano assemblee parziali ed assemblee generali delle tribù cui accorrevano tutti gli Jusufazai armati del lungo coltella afghano, di un fucile qualsiasi e lancia. Il più anziano le presiedeva ed esse decidevano della pace o della guerra.

Altre tribù di minor conto erano gli Afridi, i Mohmand, gli Hatac, i Bangash. I primi erano forse 150 o 160.000: armati sempre del loro lungo coltello, amavano la vita avventurosa, erano rozzi e insofferenti di giogo. Gli Inglesi inviavano dai presidi del Penjab frequenti spedizioni contro gli stessi e contro gli Jusufzai, ma il più delle volte per lasciare nei profondi burroni dozzine di soldati. Alcuni Afridi, però, andarono a prestare servizio nell’esercito anglo-indiano. Essi avevano una tendenza marcatissima alle armi e, una volta arruolati, sapevano essere fedeli e costituivano una fanteria leggera assai migliore di quella indiana pura. Intorno agli Afridi e lungo la frontiera anglo-afgana, altre tribù conducevano vita pastorale e quasi indipendente: tra chi s’assoggettava talvolta al più ricco, talvolta al più anziano, tra chi riconosceva la signoria dell’emiro di Cabul o dell’imperatrice Vittoria, c’era anche chi – a contato con le provincie che quantunque annesse all’impero anglo-indiano – si governava con istituzioni democratiche proprie, era in qualche modo attratto nella cerchia della potenza inglese. E questi s’arruolavano volentieri sotto la bandiera anglo-indiana e diventavano buoni soldati, induriti alla fatica, agili, destri e fedeli montanari.

Era vero che il presidio inglese del Penjab a volte doveva respingere scorrerie verso le valli, che dai monti del Solimano scendevano all’Indo, ma è pur vero che i capi afghani abitando tanto sulle frontiere inglesi, quanto sulle frontiere afghane, hanno offerto spontaneamente i loro uomini alla Gran Bretagna per combattere la Russia quando si sparse la voce che questa voleva occupare l’Afghanistan.

Al di là dei monti, dalla cresta settentrionale dell’Indocush alle rive dell’Osso, nel cosidette Turchestan afghano, vivevano invece gli Usbecchi, discendenti da una di quelle tante razze che in diversi tempi gli Imalaja e l’Indocush avevano come torrenti di lava vomitato sul mondo: erano quindi di razza tartara e parlavano tartaro. L’agricoltura li rendeva pacifici e quieti; parecchi erano nomadi, anche se c’era la tendenza sempre maggiore  a radunarsi in villaggi. Davano poco da fare all’emiro ma non si sentivano legati all’Afghanistan da vincoli di razza, né da agevoli comunicazioni, né da storiche ricordanze. Naturalmente dalla vicina Bucaria, subivano l’influenza della Russia, la quale poteva con la sua flottiglia risalire l’Osso fino all’altezza di Culun.

Ma la Russia esercitava la propria influenza anche sopra le popolazioni non afghane che abitavano sulla regione montuosa dell’Herat e dell’Esar, cioè fra gli Aimac, i quali lungo le rive del Murgab scendevano fino all’oasi di Merw e fra gli Hesarai, i quali ad oriente di Herat occupavano le rive dell’Erirud.

Fra la popolazione afgana vi erano altresì i Tadschic, discendenti dai persiani sottomessi dagli afgani; vivevano specialmente fra i Duranai, ad oriente della palude di Hamun, attivi e preservanti, coltivavano i campi e, quantunque vinti, avevano saputo procacciarsi una certa agiatezza. Una tribù di essi, probabilmente la più fiera e discendente dalla casta militare, riusciva talvolta incomoda all’emiro. Forse sui Tadschic faceva qualche assegnamento l’Inghilterra, perché parecchi di essi si arruolarono nell’esercito anglo indiano, dove sotto il nome di Turchi[1] avevano reputazione di buoni soldati.

Infine vi erano i Cafiri, che abitavano la parte meridionale dell’Afghanistan, cioè le pendenze meridionali del’Indocusch sopra Cabul, fra le sorgenti del Pansdschir e del Cunar. Da tempo immemorabile conservavano tra i monti la loro indipendenza combattendo i maomettani odiati a morte. Un cafiro non prendeva moglie se non aveva sgozzato almeno un musulmano, e per ogni nemico ucciso soleva portare una penna al berretto, ornamento invidiato da ragazzi e giovinette.

 I precedenti post sono stati pubblicati il 22, 23, 25 settembre; e il 2, 3 ottobre 2021.



[1] Tadschic significava contadino, mentre Turc significava guerriero.

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