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mercoledì 28 febbraio 2018

Indici Febbraio 2018


SOMMARIO
ANNO LXXVIII, Supplemento on line, II, n. 27
Febbraio 2018
www.valoremilitare cesvam.blogspot.com
Editoriale, Febbraio 2018
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IL MONDO DA CUI VENIAMO: LA MEMORIA

APPROFONDIMENTI
Alessia Biasiolo, Internati Militari in Germania I.M.I.
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Massimo Coltrinari, 10 febbraio 1918. La Beffa di Buccari.
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Federico Mammarella,
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Massimo Baldoni, La difesa del confine orientale. Piani Strategici. Il Piano Tancredi Saletta 1889-1904
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ARCHIVIO
Massimo Coltrinari, 9 febbraio 1849. La nascita della repubblica Romana
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Mario Nasatti, Giornata delle Memoria 2018,
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Redazionale, San Candido Alta Val Pusteria. Cimitero di Guerra 1915-1918
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Antonio Cuozzo, Note sulla Medaglia d’Oro Giovanni Randaccio
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Alessio Pecce, Il secondo anno di guerra. 1916. Comando Supremo. Direttive Operative
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DIBATTITI
Franco Finzi, Qualche parola  sul Secondo Risorgimento d’Italia
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Francesco Attanasio, Convegno di Studi Modica 17 febbraio 2018
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MUSEI,ARCHIVI,BIBLIOTECHE
Massimo Coltrinari, Dizionario Minimo Della Grande Guerra. 1915. Compendio. Indice
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Massimo Coltrinari, Dizionario Minimo Della Grande Guerra. 1916. Compendio. Indice
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Antonella Troiani, Le Suore del Monastero di Santa Priscilla e gli Ebrei 1943 - 1945
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Massimo Coltrinari, Dizionario Minimo Della Grande Guerra. 1917. Compendio. Indice
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IL MONDO IN CUI VIVIAMO: LA REALTA' D'OGGI

UNA FINESTRA SUL MONDO
Aurelio Maurianni, Foreing Fighers, i Flussi di provenienza. L’ISIS e le sue forze combattenti.
GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE
Sergio Sparapani,Armenia. Impressioni. Cronaca di una breve gita tra i fantasmi del passato
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SCENARI,REGIONI, QUADRANTI
Desiderio Giorgini, Somalia. Uno Stato senza prospettive.
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CESVAM NOTIZIE
CENTRO STUDI SUL VALORE MILITARE
Redazionale, Indici mese di febbraio 2018
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Redazionale, Save the Date 13 -15Aprile 2018 Gionata del decorato 2018 a Roma
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SEGNALAZIONI LIBRARIE
Aloisio Bonfanti, Albania Settembre 1943. Gli ultimi giorni della Perugia. Il Libro edito a Lecco con Padre Scannagatta    
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Copertina, Francesco Podesti, il Giuramento degli Anconetani.
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AUTORI
Attanasio, Francesco, Federazione Provinciale di Catania del nastro Azzurro
Baldoni, Massimo, pseudonimo
Bonfanti, Aloisio giornalista
Coltrinari, Massimo direttore CESVAM
Cuozzo, Antonio, generale
Finzi, Franco Combattente della Guerra di Liberazione
Giorgini, Desiderio pseudonimo
Maurianni Aurelio, Master I livello, Terrorismo e Antiterrorismo internazionale
Nasatti, Nasatti Federazione Provinciale di Lecco del Nastro Azzurro
Pecce Alessio, ricercatore
Ramaccia Giancarlo, vicepresidente CESVAM
Sparapani Sergio, giornalista
Troiani, Antonella, ricercatrice

Numero chiuso in data 28 2 2018

martedì 27 febbraio 2018

Copertina Febbraio 2018




 QUADERNI ON LINE




Anno LXXIX, Supplemento on line, II, 2018, n. 27
Febbraio 2018
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lunedì 26 febbraio 2018

Editoriale Febbraio 2018

EDITORIALE
Un quadro sempre più variegato

Il mese di febbraio 2018 ha visto l'incrementarsi dei contributi a QUADERNI ON LINE. Oltre al naturale apporto del Collegio dei Redattori, si stanno avvicinando a questa pubblicazione alcuni ricercatori che via via vengono coinvolti nelle attività del CESVAM; si comincia, inoltre a notare contributi anche dalle Federazioni Provinciali del Nastro Azzurro, che contrasta il tradizionale disinteresse delle Federazioni dovuto non a cattiva volontà ma alle difficoltà di approccio ai mezzi informatici di molti Presidenti. A Febbraio è stata particolarmente gradita la collaborazione della federazione di Lecco con in prima fila il Presidente Nasatti, che ha aperto filoni di ricerca molto interessanti.
In particolare sono state avviate le attività per dare vita alla quinta parte delle Attività Editoriali del nastro Azzurro: Le CESVAM PAPERS. Dopo Il Periodico, la Rivista, Quaderno On Line e i Libri del Nastro Azzurro, il CESVAM ha avviato la attività di pubblicazione di queste Papers. Come già detto sono sostanzialmente dei "report" su un particolare argomento che coinvolgono quel settore di pubblicazione che non può essere contenuto nella Rivista e non può assurgere alla struttura di un Libro. In questo momento sono in preparazione le prime 10 Papers e quanto prima verrà pubblicato l'elenco dei titoli. Sulla scia di questa iniziativa si stanno preparando materiali per il versante "Il mondo in cui viviamo: la realtà d'oggi" con Papers dedicate alla realtà internazionale, con il collegamento con blog già in funzione. Si è data una priorità alle tematiche e si è prescelto, data la geopolitica dell'Italia, l'Africa. Il Continente nero rappresenta uno dei principali teatri di interesse del nostro Paese: oltre a quello tradizionale della Libia, ha assunto recentemente importanza vitale quello del Mediterraneo Orientale, con il prima fila l'Egitto e Cipro e la vicenda della piattaforma dell'ENI, in cui sullo sfondo vi è un Paese, la Turchia, che  rappresenta una delle incognite più da studiare e valutare.
Sul Versante "Il Mondo da cui veniamo, la Memoria" continua la scelta di privilegiare gli argomenti dedicati alla Prima Guerra Mondiale. Il n. 5 della Rivista "QUADERNI DEL NASTRO AZZURRO" è puntualmente uscito secondo il calendario ed è in distribuzione. Il Sommario della rivista inaugurerà la serie dei post del mese di marzo p.v.
Per le attività dedicate alle pubblicazioni di Libri, si giunti alla fase di editing del Dizionario Minimo della Grande Guerra, con i cinque compendi in fase di rilettura e revisione, ma completi, mentre il Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione è nella sua fase di stesura, attuata per oltre l'80%. Pronti gli Atti della Giornata del Decorato 2017 svoltasi a a Montevarchi ed Arezzo, mentre sono in fase avanzata ed ultimativa i preparativi per la Giornata del Decorato 2018 di Roma e quelli relativi all'Incontro con la Croce Nera austriaca che si svolgerà il 9-10 giugno p.v.
Infine si è concordato di sviluppare in modo ulteriore e complementare tutte queste attività, nel quadro delle varie componenti dell'Istituto che, dopo il Congresso Nazionale di Napoli, hanno elevato il proprio ritmo di cooperazione e di realizzazione.

Massimo Coltrinari
(direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org)






domenica 25 febbraio 2018

Uno Stato senza prospettive

SCENARI, REGIONI, QUADRANTI

Somalia

Nel 2018 la Somalia è ancora uno stato tutto da costruire. Da quando è uscita dalla sfera postcoloniale di influenza italiana, la Somalia ha vissuto giorni di conflitto e divisioni, oltre che di miseria e tragedie. Oggi il problema principale è il dilagare del terrorismo e la fortissima ingerenza dei governi stranieri che sono intervenuti con la scusa di aiutare il Paese da uscire dalla crisi.

Il 14 ottobre 2017 un camion carico di esplosivo ha seminato strage in un incrocio del centro di Mogadiscio. Si ebbero 512 morti e 316 feriti, almeno secondo le sfide ufficiali. Questo attentato ha il triste primato di essere il più grave della storia del Paese ed uno dei più sanguinosi nella storia della Somalia. Non vi sono rivendicazioni ufficiali, ma è facile ricondursi al gruppo terroristico Al Shabaab.

Il 28 ottobre 2017 un gruppo di terroristi attacca l’Hotel Nasa Hablod di Mogadiscio dopo che un autobomba è esplosa all’ingresso dell’edificio. 23 le vittime. Le forze di sicurezza somale riprendono il controllo dell’Hotel dopo una notte di assedio. Questa volta l’attentato è rivendicato da Al Shabaab.

Questa situazione grave di instabilità chiama in causa la Missione dell’Unione Africana in Somalia, AMISOM. Iniziata nel febbraio 2017 aveva come missione quella di sostenere l’allora governo di transizione, realizzare in piano di sicurezza nazional ed addestrare le forze di sicurezza statale. AMISOM ha contingenti di Uganda, Etiopia, Gibuti, Kenya e Burundi per un totale di 22 mila uomini. Nel 2017 circa 1000 uomini del contingente sono stati ritirati e entro il 2020 AMISOM termina la sua missione, dopo aver trasferito tutte le sue funzioni alle forze di sicurezza dell’esercito somalo.

Ma sembra un obiettivo non realizzabile. L’Esercito somalo non è equipaggiato ed attrezzato per subentrare ad AMISOM, mentre questa missione è fallita essendo implicata in gravi casi di corruzione e soprattutto nella vendita di armi ad Al Shabaab. I suoi componenti hanno molte critiche a carico.
Il Kenya è accusato di esportare carbone, l’Eritrea è sospettata di avere suoi propri piani; Stati Uniti, Gran Bretagna e Nazioni Unite non condividono le informazioni, ognuno agendo da solo. Non vi è a tutt’oggi un piano generale per combattere il terrorismo.

Secondo Nuruddin  Farah, giornalista somalo che vive negli Stati Uniti e in Sud Africa, “.se l’embargo sulle armi non sarà revocato e non ci sarà coesione nel modo in cui i paesi stranieri collaborano con l’apparato della sicurezza somalo, il mio timore è che assisteremo a un attacco molto peggiore di quello del 14 ottobre 2017.”



Desiderio Giorgini

sabato 24 febbraio 2018

Armenia. Impressioni

CRONACA DI UNA BREVE GITA TRA I FANTASMI DEL PASSATO

di Sergio Sparapani   


Tra le vittime della guerra dei quattro giorni (1° - 4 aprile 2016) nel Nagorno Kharabakh, c'è stata anche l'economia turistica della Repubblica armena. Questo è uno degli aspetti emersi nel corso di un viaggio in Armenia e Giorgia compiuto a fine aprile scorso.
Ciò che colpisce di questa Nazione cristiana, indipendente dal 1991, è il forte legame con la storia, e con i suoi fantasmi genocidiari, che poi tanto fantasmi non sono se è vero che questa ultima infrazione al cessate il fuoco, instaurato nel 1994 al termine del sanguinoso conflitto per la regione del Nagorno Karabakh tra Armenia e Azerbaidjan, è la settemillesima in ordine di tempo, oltre che la più grave. Secondo i cittadini armeni con i quali abbiamo parlato nel corso di questa breve vacanza le notizie del breve ma sanguinoso scontro di inizio aprile sono state sufficienti per condizionare le vacanze di tanti affrettatisi a disdire le prenotazioni. Poco ha contato la delimitazione territoriale e temporale dello scontro, che ha visto contrapporsi l'esercito armeno e la milizia del Nagorno Karabach, da una parte, e l'esercito azero - appoggiato da contingenti islamici e turchi (almeno secondo fonti armene) –, dall'altra, e conclusosi con l'ennesimo cessate il fuoco. Sui media locali e internazionali sono state sottolineate le atrocità commesse dagli azeri: civili massacrati e mutilati, la testa decapitata di un soldato armeno, bambini uccisi dall'artiglieria “islamista”... Alla fine il bilancio delle vittime sarebbe stato di trentuno azeri e novanta soldati armeni uccisi, oltre a una decina di civili.
Di nuovo sulle cronache internazionali è apparso questo ennesimo conflitto dimenticato, esploso nel corso degli ultimi spasmi dell'Unione Sovietica e vinto dall'Armenia che si assicurò una parte del territorio rivendicato, ancorché popolato da cristiani armeni. Ferita mai rimarginata per gli azeri che attendono la loro revanche e che sarebbero usciti vincitori dalla guerra “dei quattro giorni” da loro scatenata per il controllo di qualche collina più o meno strategica. L'esito poco soddisfacente degli scontri e l'alto tributo di sangue subito, ha portato al licenziamento, dall'altra parte, di alcuni ufficiali armeni.
Si tratta di una guerra a bassa intensità che difficilmente potrà avere un esito risolutivo. Gli armeni, parzialmente circondati da nemici, contano però anche su alleati potenti. Potenti ma ingombranti come i russi che hanno alcune basi in Armenia. Il loro appoggio, indispensabile, è pero pagato profumatamente dalla giovane Repubblica del Caucaso meridionale. Innata simpatia per la repubblica cristiana vi è anche da parte degli Stati Uniti e dell'Europa. Gli americani hanno costruito un'enorme ambasciata a Erevan e l'Unione europea ha investito in alcuni progetti di sviluppo. Un eccellente appeal può vantare l'Italia in Armenia, anche grazie all'operato instancabile del console onorario italiano, Antonio Montalto, giunto nel 1988 in seguito al devastante terremoto che colpì le regioni settentrionali e poi rimasto, animatore di progetti culturali e di solidarietà.
Buone sono anche le relazioni con gli altri due Stati confinanti, l'Iran sciita a sud e la Georgia cristiana a nord. L'Armenia è meta favorita per i turisti iraniani che, se di sesso maschile, si sono resi talvolta protagonisti di bagordi e molestie nei confronti delle donne armene.
Resta chiuso il lungo confine con la Turchia e naturalmente quello con l'Azerbaijian. Con lo Stato guidato da Erdogan permangono enormi difficoltà pur consolidandosi negli ultimi relazioni sul versante economico come su quello sportivo. Le divisioni sono legate al “passato che non passa” scaturito dal primo genocidio della storia, rievocato ogni anno il 24 aprile. Numerose delegazioni – inclusa quella ad altissimo livello guidata da Putin – hanno preso parte alle manifestazioni del centenario, nel 2015. In realtà anche in Turchia si va prendendo atto sempre più che il Triunvirato dei Giovani turchi – con la complicità di molti turchi e curdi – abbia commesso qualcosa di orrendo centouno anni or sono. Ciò che ancora divide le opposte memorie e rappresenta un ostacolo formidabile a un qualsivoglia processo di normalizzazione è l'utilizzo del termine genocidio che accomuna quei crimini alla Shoà. 
Questo splendido Paese è, una volta lasciata la capitale, anche estremamente povero. La carenza di materie prime e di petrolio – a differenza dei vicini azeri, che dispongono di ricchi giacimenti - hanno indotto il governo a conservare la centrale nucleare di Metsamor.  La centrale fu spenta dopo il terremoto del 1988. Dopo il crollo dell'Urss il secondo reattore della centrale fu riattivato per far fronte alla mancanza di energia elettrica e oggi contribuisce per circa un terzo al fabbisogno energetico del Paese.
Usciti da Erevan si rimane conquistati dal paesaggio e dalle decine di monasteri, molti dei quali restaurati di recente. Contribuiscono a propiziare una seconda visita la cortesia e i sorrisi della gente, la qualità del cibo e del vino e i prezzi bassi. Impossibile ignorare comunque le tante buche lungo le strade, simili talvolta a veri e propri crateri. Specialmente nella parte meridionale del Paese le vie di comunicazione paiono gravemente deficitarie e bisognose almeno di una più puntuale manutenzione dopo le nevicate della stagione invernali e il costante passaggio dei Tir iraniani. Una sola linea ferroviaria collega la capitale con il nord e la Georgia.
Il colpo d'occhio su molte cittadine e villaggi depressi nella zona meridionale del Lago Sevan e in altre province dell'Armenia, mette a nudo le criticità sul piano delle risorse economiche disponibili, la grave disoccupazione e il disagio sociale che colpisce i giovani. Questi ultimi cercano un lavoro nella capitale. Ampliate a dismisura le licenze, si industriano a fare il taxista pur avendo enormi problemi, oltre che con le lingue straniere, anche con il più elementare orientamento geografico lungo le vie della capitale.
Corruzione e conflittualità politica, da una parte, ma anche, tenuto conto del contesto geografico e del confronto con i vicini, sufficienti parametri democratici e alternanza al potere tra i gruppi dirigenti, fanno parte dello scenario politico. Si parla peraltro una Nazione che negli ultimi dieci-quindici anni ha compiuto enormi progressi. Usciti esangui e sfiancati dalla guerra, i quarantenni ricordano un mondo di ieri fatto di miserie, lutti, funerali e continui black-out energetici.
Mentre abbandoniamo alle nostre spalle la cittadina meridionale di Goris, pressoché priva di illuminazione pubblica e caratterizzata da una piazza centrale in puro stile sovietico, ma nondimeno affascinante, con le sue casette in pietra tra le montagne, riflettiamo sul fatto che, sì, chi ha disdetto le sue vacanze ha fatto un errore ma c'è sempre una seconda chance.       
   

venerdì 23 febbraio 2018

Il Secondo Anno di Guerra. 1916


ARCHIVIO
Comando Supremo. Direttive Operative

di Alessio Pecce

Le direttive del Comando Supremo per l’anno 1916 sono abbastanza articolate, tenendo conto anche della esperienza acquisita nei primi sei mesi di guerra. Uno die caratteri distintivi di queste direttive era l’intedimento del Comando Supremo che le Armate dipendenti, rendessero solidissime le linee di difesa, e contemporeneamente svolgessero su azioni tali da fissare le forze austriache per impedire a loro spostamenti e sottrazioni ed invio in altre zone del fronte.
In particolare:
Sulla fronte giulia, la 2a e la 3a armata, una volta sospese le operazioni in corso e ritirate dalla prima linea le unità esuberanti, dovevano procedere all'espugnazione delle posizioni avversarie, coi sistemi propri della guerra ossidionale.
E precisamente, la 2° armata doveva in un primo tempo conquistare tutte quelle posizioni che l'avversario manteneva ancora sulla destra dell'Isonzo, indi rivolgere la propria attività all'occupazione del Mrzli e del Vodil; la 3° doveva procedere all'espugnazione delle posizioni nemiche sul San Michele, sul Cosich e sul Debeli, dando la precedenza alle operazioni attorno al San Michele.
b) Sulla fronte trentina, la I° armata, rinunziato alle operazioni contro i forti di Lardaro e di Riva, e contro le posizioni saldamente fortificate, che si appoggiavano a quei due sbarramenti, doveva consolidare e migliorare la propria situazione in val Sugana, mirando all'occupazione della linea: Borgo-forcella Cadino-Cavalese.
c) Sulla fronte cadorina, la 4° armata doveva "limitare il suo programma a ben sistemare l'occupazione del Col di Lana e adiacenze".
d) Sulla fronte carnica, all'infuori di una vigile attività, intesa ad incatenarvi le forze avversarie, non si dovevano svolgere particolari operazioni.
Con successive direttive del 28 novembre, il C. S. riconfermava alle armate dipendenti che era suo intendimento che le operazioni di guerra proseguissero anche durante l'inverno, limitate naturalmente, per effeto della stagione, a determinati tratti della fronte.
Ma, indipendentemente da ciò, il contegno delle truppe non doveva limitarsi ad una vigilanza passiva. "Una bene intesa attività – soggiungeva il C. S. - esercitata ovunque, oltre a tener desto lo spirito offensivo delle truppe, permetterà di raggiungere proficui risultati parziali, diretti a migliorare la nostra linea di occupazione".
Altro compito che incombeva alle armate, prescindendo dalle operazioni, grandi o piccole, che sarebbero state progettate ed intraprese nella stagione invernale, era quello di assumere un dispositivo che, consentendo di mantenere le posizioni raggiunte, assicurasse alle truppe le migliori condizioni di svernamento.
I criteri fondamentali, cui si doveva informare tale dispositivo, nei riguardi di tutte le truppe, eccetto quelle direttamente impegnate nelle operazioni, erano i seguenti:
a) mantenere sulle linee più avanzate, saldamente organizzate e in condizioni igieniche e soddisfacenti, il minimo di forze strettamente indispensabili per la vigilanza e per una prima difesa;
b) dislocare in seconda linea, a distanza tale dalle linee avanzate che potessero accorrervi tempestivamente al bisogno, sufficienti truppe di rincalzo, riparate entro ricoveri di riposo, in buone condizioni di soggirono;
c) tenere il rimanente delle forze in località arretrate quanto occorresse, per assicurare comodità di accantonamento negli abitati o dentro i baraccamenti all'uopo costruiti.
Entro il più breve tempo possibile dovevasi inoltre procedere al riordinamento dei reparti, ristabilendo l'inquadramento degli ufficiali e dei graduati, rimettendo a numero le cariche speciali, completando le varie dotazioni, restituendo, insomma, ai reparti la loro compagine organica.
Con le stesse direttive, il C. S. dava poi particolari istruzioni circa i turni di servizio, l'equipaggiamento delle truppe, l'igiene delle trincee e dei ricoveri, l'istruzione disciplinare, morale e tecnica dei reparti.

giovedì 22 febbraio 2018

Dizionario Minimo della Grande Guerra. Compendio 1917 Indice



MUSEI.ARCHIVI E BIBLIOTECHE

 Il Manoscritto del Compendio relativo al 1917 è stato completato e oggetto di revisione, secondo tempi che ci si erano dati.  Si riporta l'Indice.

Indice
Presentazione …………………………………………………………………. …….x
Prefazione…………………………………………………………………………… x
Ringraziamenti ……………………………………………………………………… x
Nota dei Curatori …………………………………………………………………….. x
Premessa …………………………………………………………………………….. x


Introduzione………………………………………………………………………….. x
Il Quadro generale. L’anno terribile...…………………………………………………x
La situazione nei vari scacchieri alla fine del 1916 …………………………………..x

Capitolo 1 – Italia. I primi dieci mesi del 1917………………………………………… x
1.1. La 10a battaglia dell’Isonzo………………………………………………………..x
1.2. Prima e seconda fase dell'offensiva……………………………………………. x
1.3. Diversioni del nemico in Trentino……………………………………………….x
1.4. Terza fase dell'offensiva sull'Isonzo…………………………………………… x
1.5. La controffensiva nemica……………………………………………………… x
1.6. La battaglia dell’Ortigara……………………………………………………….. x
1.7. La 11a battaglia dell’Isonzo
       a. la battaglia sull’altipiano della Bainzizza
       b. la battaglia sull’altipiano carsico
       c. L’attaco sul San Gabriele ……………………………………………………………….x
1.8. Le operazioni della 4a Armata in Cadore……………………………………… …x

Capitolo 2 – Italia. Dall’Isonzo al Piave ……………………………………………….x
2.1. La 12a battaglia dell’Isonzo ……………………………………………………….x
2.2.La situazione alla vigilia dell’offensiva.... ……………………………………….x
2.3.La battaglia………………………………………………………………………. x
2.4. La battaglia sugli Altipiani, sul Grappa e sul Piave ……………………………….x
2.5.Il primo periodo della battaglia.... ………………………………………………..x
2.6. Il secondo periodo della battaglia .......................................................................... x

Capitolo 3 –  Gli altri fronti
3.1  La guerra in mare nel 1917 …………………………………………………………x
3.2. L’Aviazione nel 1917 ……………………………………………………………...x
3.3. Le Operazioni del Corpo di Spedizione in Macedonia …………………………….x
3.4. I Risultati della Campagna del 1917 ……………………………………………….x

Capitolo 4 – Europa. I vari fronti nel 1917 ……………………………………………..x
4.1. Il fronte occidentale. Francia ……………………………………………………….x
4.2. L’intervento degli Stati Uniti ………………………………………………………...x
4.3. Il fronte orientale. Russia …………………………………………………………...x

4.4. Il fronte balcanico …………………………………………………………………..x
4.5. La guerra sul mare…………………………………………………………………. x
4.6. La guerra nelle colonie ……………………………………………………………………….x
4.7 La guerra negli altri fronti.
       a. Mesopotamia
       b. Palestina e Siria
       c. Armenia e in Persia (Iran) ……………………………………………………………….x

Conclusione. . …………………………………………………………………………….x
Cronologia. Diario degli Avvenimenti. ……………….………………………………….x
Abbreviazioni. . …………………………………………………………………………..x

Bibliografia ……………………………………………………………………………….x
Indice dei nomi propri . …………………………………………………………………...x
Indice dei nomi geografici . ………………………………………………………………x
Indice dei nomi dei Corpi, Reparti, Unità . ……………………………………………….x
Indice delle illustrazioni, schizzi, cartine e mappe ……………………………………….x

Tabula Gratulatoria. ………………………………………………………………………x

Collana “I Libri del Nastro Azzurro …………………………………………………….x

(centrostudicesvam@istitutonastroazurro.org)

mercoledì 21 febbraio 2018

la Divisione Perugia. La figura di padre Scanagatta.

DIBATTITI


ALBANIA  SETTEMBRE 1943. 


Gli ultimi giorni della Divisione Perugia: il libro edito a Lecco con Padre Scanagatta

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Si deve al presidente del Nastro Azzurro provinciale di Lecco, nonché capogruppo dell’ANA di Valmadrera, cav. Mario Nasatti, la rinnovata attenzione intorno ai libri sulla Divisione Perugia del 1943, verificatasi in occasione della recente Giornata della Memoria. E’ stato proprio lui a ricordare la pubblicazione di qualche anno fa “La Divisione Perugia, dalla tragedia all’oblio; 1943”, scritto da Massimo Coltrinari e Mauro Colombo, edito nella collana I libri del Nastro Azzurro, pubblicata per interessamento particolare della sezione UNUCI di Spoleto, con il presidente generale Franco Fuduli. Il volume, come si legge nelle note della contro copertina, fornisce la documentazione prodotta per oltre sessant’anni da chi fu protagonista degli avvenimenti dall’8 settembre fino ai primi giorni di ottobre 1943, sotto forma di lettere, documentazioni, dichiarazioni ed altro. Emerge il grande dramma della Resistenza italiana all’estero: il mancato aiuto degli alleati in Grecia e nei Balcani, quando vi erano margini di intervento diretto ed indiretto. Nella bibliografia generale del volume sulla Divisione Perugia è menzionata la pubblicazione di padre Tarcisio Scanagatta, nativo di Varenna, cappellano militare, edita nel 1983, stampato dalle Edizioni AGL di Lecco.


Gianpaolo Brembilla, presidente dell’Associazione Culturale Luigi Scanagatta di Varenna, dedicata alla memoria del fratello maggiore di padre Tarcisio, il maestro Luigi, e impegnata da oltre vent’anni per la cultura, le memorie e le tradizioni, così ricorda il cappellano militare: “Padre Tarcisio era nato a Varenna il 2 agosto 1915 ed è deceduto a San Donato Milanese il 23 agosto 1996. Padre Tarcisio, religioso barnabita, seguendo le orme di uno zio materno morto giovanissimo nel Bengala centrale dove era andato missionario, fu a sua volta missionario in Amazzonia ed in altre terre dell’America latina dopo essere stato cappellano militare sul fronte greco-albanese”. Nel 1977, quando scomparve improvvisamente a Varenna il fratello maggiore, maestro Luigi, classe 1914, padre Tarcisio era missionario in Argentina, in una zona priva di telefoni, per cui, nonostante diversi tentativi, non fu possibile informarlo tempestivamente della scomparsa dell’unico suo congiunto. Entrambi riposano ora nella cappella di famiglia del cimitero di Varenna. Luigi Scanagatta, esemplare figura di maestro elementare del tempo trascorso, ebbe una vasta popolarità nella primavera 1956, quando partecipò al grande quiz della RAI TV “Lascia o Raddoppia”, condotto da Mike Bongiorno, la trasmissione dagli studi TV di Milano che paralizzava davanti ai teleschermi, il giovedì sera, l’Italia del tempo. Il libro di padre Tarcisio ha come titolo “Gli ultimi giorni della divisione Perugia” ed elenca tra i componenti dei due ospedali da campo della Perugia, funzionanti ad Argirocastro, il tenente cappellano Scanagatta Tarcisio, classe 1915, da Varenna. Nella prefazione del libro padre Scanagatta evidenzia: “Dopo un periodo di circa trent’anni di attività missionaria, in America latina, e specialmente in Amazzonia, alla sera ormai della mia vita, mi è caro ripiegarmi sul passato per rievocare, con atteggiamento riflessivo e rievocativo, fatti ed episodi relativi all’ultimo periodo della mia vita militare in Albania”.


Il libro evidenzia le tragiche vicende della Divisione Perugia, che ebbe, sia pure in misura minore, il triste e disumano destino della Divisione Acqui, a Cefalonia. E’ stato, infatti, il 7 novembre 1943 che, sotto il piombo tedesco della valletta albanese di Kuc, avvenne il barbaro eccidio di 33 ufficiali italiani. Vennero sepolti in tre grandi fosse comuni senza una croce e senza un fiore. La barbara esecuzione di Kuc non è stato l’unico gravissimo episodio subito dalla Divisione Perugia nell’autunno 1943. E’ lo stesso padre Tarcisio Scanagatta a scrivere nel suo libro: “Occorrerebbe fare uguale luce sull’eccidio di Porto Edda e su altri episodi isolati in cui si articola la tragedia della Perugia. Pregevole, senza dubbio, l’opera del prof. Mons. Giovanni Bonomi, cappellano militare del 151° Reggimento Artiglieria della Perugia”. Nelle pagine del libro, sempre padre Tarcisio evidenzia: “Senza perdere di vista l’insieme panoramico, viene sottolineata e ricostruita nei dettagli la triste odissea, giacché è proprio nella ricostruzione di questi dettagli che vive e palpita il sentimento e l’anima di ogni singolo militare”. La Divisione Perugia inquadrava il 129° e il 130° Fanteria ed il 151° Reggimento Artiglieria. Nelle pagine conclusive del libro padre Tarcisio scrive: “Mentre nell’immediato dopoguerra si è collocato nella sua giusta luce il sacrificio dei 33 ufficiali trucidati a Kuc il mattino del 7 ottobre 1943, quasi inosservato è passato il sacrificio degli ufficiali del battaglione misto Genio Divisionale, battaglione che pure ha dato, in quei tragici giorni, il suo generoso contributo di sacrificio e di sangue”. E’ quindi doveroso, quasi 75 anni dopo, ricordare “gli ultimi trenta giorni della Divisione Perugia", nelle pagine del libro stampato a Lecco nel 1983, presso l’editrice AGL di Mario Colombo ed Anna Maria Montanelli.
Aloisio Bonfanti

martedì 20 febbraio 2018

Forein Fighters. Flussi di provenienza


UNA FINESTRA SUL MONDO

 Il Califfato e le sue forze combattenti





I Forein Fighters (Combattenti Stranieri) sono un fenomeno nuovo che si è manifestato nel momento in cui il Califfato, ormai più conosciuto come ISIS, 
ha accettato nelle sue fila combattenti stranieri provenienti da ogni parte del mondo, 
sopratutto dall'Europa.
Tutti combattenti devono essere di provata fede e sono particolarmente propensi al combattimento estremo, anticamera del martirio.

Il fenomeno è da rilevare in quanto da questi combattenti possono essere tratti elementi per azioni terroristiche di propaganda ed azioni di terrorismo di destabilizzazione, 
 come quelle del 2015 e del 2016.

La cartina mostra i flussi, 
 principale quello da Nord Africa e dall'Arabia Saudita, 
 ma anche consistente quello dalla Gran Bretagna, che, 
insieme alla Brexit, sottolinea uno dei maggiori fallimenti della politica inglese, quella della integrazione di seconda e terza generazione.
Il contributo dell'Italia è stato calcolato in 50 unità.


La cartina è stata presa dalla tesi finale, Master i I Livello
Terrorismo ed Antiterrorismo Internazionale del Dott. C Maurianni. 





lunedì 19 febbraio 2018

Le Suore del Monastero di Santa Priscilla e gli Ebrei 1943-1915



di Antonella Troiani

Catacombe di Santa Priscilla Roma

Durante l’occupazione nazista, le benedettine di Priscilla nascosero centinaia di perseguitati con la complicità dell’ambasciatore del Reich presso la Santa Sede, Ernst von Weizsäcker. L’operazione di occultamento non era esente da rischi, poiché i tedeschi rastrellavano tutto il territorio italiano in cerca di ebrei e partigiani; ma, per questi ultimi, era l’unico modo per sfuggire miracolosamente al treno della morte che portava ad Auschwitz. Numerosissimi sono stati gli ebrei salvati dalla rete di assistenza della Chiesa e un caso emblematico per tutti è quello delle Suore Oblate Benedettine di Priscilla, che durante gli anni oscuri della seconda guerra mondiale, sotto la sagace direzione del loro fondatore, don Giulio Belvederi, presso la loro casa alle Catacombe di Priscilla, nascosero centinaia di perseguitati.  Nonostante il tema della persecuzione contro gli ebrei e il Vaticano sia stata una querelle infinita e motivo di controversia accesa, fin dall’autunno del 1943, di fronte ad una precipitazione degli eventi, la Santa Sede decise di provvedere ad impartire direttive ai superiori dei vari ordini religiosi, i quali spalancarono le porte dei propri conventi per accogliere, anche sotto mentite spoglie, così come affermato da Giovanni  Preziosi, nel suo articolo apparso su L’Osservatore Romano di domenica 7 luglio 2013, tutti coloro i quali erano in serio pericolo di vita. L’autore, sopracitato, sottolinea, che le oblate benedettine di Priscilla- un piccolo ramo del grande tronco benedettino, sorto agli inizi del 1937 nella casa sulla via Salaria presso le Catacombe di Priscilla- si siano distinte in questa autentica gara di solidarietà, prodigandosi a soccorrere tutti i perseguitati, ospitandoli nella loro comunità e organizzando una duplice attività di protezione dei ricercati, sotto la guida di don Belvederi, fondatore dell’ordine, e con la collaborazione di Giulio Andreotti, presidente della Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana); unica associazione riconosciuta nelle università durante il fascismo, nella quale si formerà buona parte della futura classe dirigente democristiana. Secondo quanto affermato da suora Gloria Carli, la rete di assistenza riusciva a produrre anche false carte d’identità degli ebrei e di altri rifugiati, poiché le suore avevano una piccola tipografia, al servizio dell’Archeologia cristiana; i documenti venivano stampati e poi vidimati con i timbri delle città già liberate. Questa rete di assistenza, attenta e meticolosa, era stata ideata da Giulio Andreotti il quale provvedeva alla stampa e alla consegna diretta dei documenti agli ebrei nascosti in Vaticano. La filiera era stata studiata e pianificata al dettaglio. Come affermato da G. Preziosi nell’articolo già menzionato, uno degli organizzatori di questa rete è stato un collaboratore di De Gasperi, nonché futuro segretario della Democrazia Cristiana, Guido Gonnella, il quale provvedeva a recapitare una busta contenente le false carte d’identità stampate nella tipografia delle suore benedettine all’edicola dei giornali che si trovava nei pressi del colonnato di piazza San Pietro. Dall’edicola, la busta veniva immediatamente prelevata e portata in Vaticano dove si procedeva a regolarizzare i documenti;  dopodiché il plico faceva il percorso inverso per ritornare al mittente. Affinché la protezione non venisse scoperta, tutti coloro che ne beneficiarono, avevano delle regole da osservare e dei comportamenti da tenere. A un segnale prestabilito e convenzionale, in caso di pericolo, passando per un accesso segreto, tutti gli “ospiti” si dileguavano nelle vicine catacombe dove restavano fin quando l’allarme cessava. Nell’articolo, comparso sul quotidiano della Santa Sede, si ricordano alcuni perseguitati che hanno beneficiato della protezione. Si menziona uno dei Visconti di Modrone di Milano e Lorenzo Camerino; quest’ultimo, di origine ebraica, beneficiò della protezione delle oblate di Priscilla assieme alla sua famiglia composta dalla moglie, Maria Molon, e dalla figlia Francesca, che al tempo dei rastrellamenti era soltanto una bambina dell’età di cinque anni. La famiglia Camerino rimase nascosta presso le catacombe di Priscilla fino al termine della guerra. Detta notizia si evince da una lettera che la signora Maria Molon scrisse alle suore, da Venezia, in occasione del Natale del 1945. La donna scrisse questa lettera in ricordo del Natale 1943 trascorso nella casa di Priscilla. Rivolgendosi alla Madre Reverenda, come riportato nell’articolo di G. Preziosi, scrisse “Il ritorno nella mia casa e la gioia di ritrovare i miei cari non mi hanno fatto mai dimenticare e tanto meno mi fanno dimenticare ora che si avvicina il Santo Natale, Lei e tutte le Suore di Priscilla. La bontà veramente ispirata dal Signore, che è stata per noi tutti fonte di coraggio e di speranza in uno dei momenti più tragici della nostra vita, ha lasciato nel nostro cuore e nella nostra mente un’impronta che è diventata la regola cui vorremmo conformare la nostra esistenza. Purtroppo le contingenze del vivere quotidiano ci fanno tanto spesso sentire invece quanto il costume delle buone Sorelle sia lontano dal nostro. E per questo davvero tante volte vorremmo essere più vicini a Voi tutte per poter ancora dividere della Vostra serenità. È così vivo in tutti noi il ricordo del Natale trascorso nella Casa di Priscilla che in ogni ora di queste nostre giornate riviviamo quella Festa del 1943 che è stata, nonostante la tragicità dell’epoca, d’indimenticabile serenità”. Nella lettera, la signora Molon, ricorda l’animo puro di monsignor Belvederi, considerato da tutta la famiglia come un vero Padre. Un padre, con grandezza d’animo, di bontà e di cultura; un padre che si è messo al servizio dell’umanità e di tutti i perseguitati. Oltre alla famiglia Camerino, per un lasso di tempo più breve, è ospite della casa di Priscilla, il professor Giorgio Del Vecchio, un accademico di origini ebraiche, docente di filosofia del diritto e preside della facoltà di giurisprudenza dell’università di Roma. Fu discriminato dal regime per queste sue ascendenze. Ottenne ospitalità presso le suore benedettine, assieme alla propria consorte, grazie ai buoni uffici dell’esponente democristiano Guido Gonnella. Altra ospite, fu la celebre archeologa tedesca Hermine Speier che, dall’aprile 1943, a seguito dell’estromissione dall’Istituto Archeologico Germanico, perché di origine ebraica, venne assunta da Pio XI per riordinare l’archivio fotografico dei Musei Vaticani. I rifugiati della casa di Priscilla, durante il periodo di permanenza nel monastero, poterono godere della cura e dell’attenzione che monsignor Giulio Belvederi dedicò loro. Sarà proprio don Belvederi, negli anni successivi, a riconoscere quanto sia stata importante la complicità dell’ambasciatore del Reich presso la Santa Sede, Weizsäcker, affinché la gestapo non perquisisse la casa delle suore benedettine di Priscilla. Padre Belvederi racconta di come l’ambasciatore abbia finto di non sapere della rete clandestina allestita da tanti religiosi con il consenso della Santa Sede per salvare i ricercati. L’ambasciatore  Weizsäcker temeva che la deportazione degli ebrei di Roma avrebbe potuto danneggiare l’immagine della Germania favorendo la propaganda nemica.  Inoltre, una eventuale protesta del Papa, avrebbe peggiorato ancor più le cose mettendo in imbarazzo i tedeschi e riducendo la possibilità di un compromesso di pace negoziato dalla Santa Sede e scatenando, forse, episodi di resistenza e di disordini pubblici. Ciò spinse l’ambasciatore Weizsäcker a fare in modo che gli ebrei fossero segretamente avvertiti per disperdersi prima di essere arrestati. Nonostante queste misure strategiche di protezione e le tattiche per nascondere i perseguitati, il 16 ottobre 1943, il “sabato nero” del ghetto di Roma, le SS invasero le strade romane e rastrellarono oltre mille ebrei. E’ la data che segna l’ultima tappa di un triste itinerario iniziato nel settembre 1938 con la promulgazione delle leggi razziali. A seguito, con la liberazione della capitale, a opera degli alleati, e il ristabilimento dell’ordine pubblico, si concluse il calvario dei tanti ebrei rifugiati, scampati al rastrellamento e alla deportazione nei lager nazisti, perché nascosti nelle varie case religiose sparse per tutta la città. Il 7 luglio 1944, fu il sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Battista Montini, a nome del Papa, a ringraziare l’unione delle comunità israelitiche d’Italia e la comunità romana che avevano espresso la loro gratitudine e la loro riconoscenza al Pontefice Pio XII per gli sforzi profusi allo scopo di far cessare le persecuzioni razziali.

Una immagine recente delle Suore di Santa Priscilla



domenica 18 febbraio 2018

Note sulla Medaglia d'Oro Giovanni Randaccio


ARCHIVIO


 A cura di Antonio Cuozzo.




Giovanni Randaccio, 

maggiore, 

da Torino,

 del 77° Reggimento fanteria,

 Fonti del Timavo, quota 28, 

28 maggio 1917.





Ed ora sulle sponde del misterioso Timavo, incontriamo una delle figure più alte e luminose di tutta la nostra guerra, l’eroe purissimo, ch’ebbe per suo celebratore e poeta Gabriele d’Annunzio ; il maggiore Giovanni Randaccio dei “Lupi di Toscana”. Era stato valoroso ufficiale di fanteria in Libia e poi aviatore, ma allo scoppiare di questa guerra aveva voluto essere di nuovo fante fin dalle prime ostilità, sul monte Sei Busi, aveva dato in ripetuti attacchi prova del suo ardimento, guadagnandosi la prima medaglia d’argento.[2] Nella battaglia autunnale del 1915, poi, sulle alture di Polazzo, ferito due volte durante un assalto, manteneva ciò nonostante il comando del suo reparto; ferito una terza volta in modo gravissimo, rimaneva ancora al suo posto, incoraggiando i suoi soldati a mantenere la posizione. Una seconda medaglia d’argento[3] si aggiungeva alla prima, ma le conseguenze delle ferite riportate, che richiesero perfino la trapanazione del cranio e la sutura delle meningi, resero il gagliardo soldato un inabile permanente alle fatiche di guerra. Non egli, però, poteva acconciarsi a rimanere per sempre un assente dall’atmosfera vibrante della guerra, ch’era per lui come un elemento vitale : tanto chiese, tanto insistette, che ottenne di ritornare alla fronte. Prese parte, così, nell’ottobre 1916, alla conquista del Veliki-Kribach, sulla cui cima Gabriele d’Annunzio, che aveva voluto essergli a lato , piantò una grande bandiera ; ma Giovanni Randaccio, impadronitosi di quel vessillo, e postosi in testa alla sua compagnia, ch’era in rincalzo, la guidò più avanti, sulle pendici del Dosso Faiti, alla cui conquista cooperò quindi validamente, nelle prime giornate di novembre. Alla fine della battaglia fu promosso maggiore per merito di guerra e decorato di una terza medaglia d’argento.[4] Costretto quindi ad entrare in un luogo di cura, ne uscì in tempo per prendere parte alla nuova offensiva del maggio 1917 : quella, nella quale doveva perdere la vita. Il 23 maggio, coll’impeto usato, lanciava il suo battaglione contro le posizioni nemiche di quota 21 e 21-bis, travolgendone i difensori. Cinque giorni dopo, il 28, muovendo da quota 12 passava il Timavo ed assaltava la quota 28. Anche qui egli recava con sé una bandiera che doveva consacrare la conquista. Un battaglione del 77° Reggimento fanteria ed uno del 149° Reggimento fanteria, al comando del maggiore Randaccio, avevano il compito di impadronirsi della forte posizione avversaria, che si ergeva subito al di là del corso d’acqua ; l’artiglieria nemica non aveva consentito di gettare altro che un’angusta passerella e su questa infieriva il tiro delle mitragliatrici austriache. Nonostante le difficoltà estreme che l’azione presentava, la quota 28 fu strappata al nemico, ma questo, rafforzatosi, tornò prontamente alla riscossa, riuscì ad avvolgere il battaglione del 149° Reggimento fanteria e cercò di isolare gli altri . In questo momento difficilissimo rifulsero più che mai l’energia mirabile e la forza morale del maggiore Randaccio ; benché minacciato sul tergo e di fianco, egli riuscì a disimpegnare gran parte del battaglione ed a trarlo in salvo; molti soldati non esitarono a gettarsi nel Timavo, ripassandolo a nuoto. Ma nel mentre il valoroso maggiore, ritto presso la passerella sorvegliava il defluire degli ultimi suoi, una raffica di mitragliatrici lo investiva, ferendolo gravemente. La bandiera che doveva essere il segnale della vittoria divenne così coltre funeraria. Gabriele D’Annunzio così scrive in merito alla Morte del Maggiore Randaccio:

Gabriele d'Annunzio, capitano dei Lancieri di Novara


“Probabilmente riconosciuto come ufficiale, al pastrano e ai gambali, fu subito investito dauna raffica di mitraglia. Subito cadde, perché non si sentiva più le gambe; così ebbe a dire con una voce che fin dal principio dominava lo strazio della carne e l’ansietà della morte. Pensò alla moglie amata ed alle sue quattro creature, e le nominò, ma serbado il viso fermo e l’occhio asciutto. Al posto di medicazione, dove nell’oscurità afosa risounavamo i lamenti puerili ed il balbettio atroce, che noi temiamo più delle schegge laceranti, Egli non mise un solo gemito, se bene soffrisse di là di ogni tolleranza umana. Stringeva i denti e mi guardava fisso, dissanguandosi, mentre le mani incerte del giovane medico lo palpavano. Egli avrebbe potuto morire sul colpo, fulminato; trapassare dall’ardore della vittoria versol’ombra di quel Dio che accoglie le primisie degli eroi.. Ma era riserbata alla sua magnaminità anche l’elezione del patimento. Ogni passo di portatri faticosi, fra palude e petraia, lungo le trincee sconvolte, attraverso gli spientti di ferro abbattuti, sotto il fuoco nemico diretto ad impedire l’accorrere delle truppe di rincalzo, ogni passo era un aumento di spasimo per lui disteso sulla barella e già spento dall’inguine in giù. Lo scoppio delle grante arrestava  il cnvoglio o lo affrettava o lo deviava, di sussulto in sussulto, di scrollo in scrollo. Il terreno era scoperto, visibile era la barella con l’uomo in maniche di camicia ed avvolto in fasce. Un tiro meglio aggiustato ferì di nuovo il ferito e due dei portatori che abbandoranro le stanghe. Il peso sanguinoso urtò le pietre aguzze e rinsanguinò. Quando finalmente alle officine dell’Adria, Egli fu caricato nel carro dell’ambulanza, il suo martirio non sembrò terminare ma ricominciare. Non si poteva guardare la sua faccia smorta si contraeva e si trovava sui denti serrati, ed era la sola cosa che in lui si movesse. ……Tenevo fra le dita il suo polso freddo che non batteva più..Egli dischiuse un poco le ciglia, per ove guizzò l’ultimo baleno del suo sguardo intrepido. E su le sue labbra di trapasso si sisegnò la volontà di dire. Mi chinai su le sue labbra. E, in un soffio che mi percorse l’anima come bellezza folgorante, più appassionato di qualunque grido Egli disse . “Viva l’Italia”. Tale fu la morte del vittorioso”.

Fu conferita alla sua memoria la Medaglia d’Oro al Valor Militare, di “motu proprio” di S. M. il Re.[5]



[2] Il testo della motivazione è su www.istitutonastroazzurro.org/ consulta l’archivio digitale/ /Giovanni/Randaccio/1917/Medaglia d’Argento.
[3] Il testo della motivazione è su www.istitutonastroazzurro.org/ consulta l’archivio digitale/ /Giovanni/Randaccio/1917/Medaglia d’Argento.
[4]Il testo della motivazione è su www.istitutonastroazzurro.org/ consulta l’archivio digitale/ /Giovanni/Randaccio/1917/Medaglia d’Argento.
[5]Il testo della motivazione è su www.istitutonastroazzurro.org/ consulta l’archivio digitale/ Giovanni/Randaccio/Esercito/1917/Medaglia d’Oro.