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mercoledì 28 febbraio 2024

Editoriale

 EDITORIALE


Questo editoriale esce con due giorni di ritardo, in quanto su voleva dare compiuta notizia che i volumi dedicati agli ordinamenti del Regio Esercito dal 1940 al 1946 nella loro completezza avessero raggiunto la Tipografia e quindi pronti alla distribuzione. Il 29 febbraio 2024 è stato dato il visto si stampi ai Tomi III e IV.  ". 

L'Organica è una materia per militari e tra i militari per specialisti di livello. Pertanto anche per queste pubblicazioni, come per le precedenti dedicate agli organici del periodo tra le due guerre, riceveremo indicazioni e commenti poco attinenti e con tratti di negatività. Speriamo che il Padreterno ci accordi la fortuna che queste pubblicazioni finiscano nelle giuste mani e quindi si assolva il compito per cui sono state edite. Ovvero una precisa indicazione di come le forze armate italiane erano ordinate sia nel periodo 1940 settembre 1943 sia nel periodo settembre 1943 2 giugno 1946. Credo che la vera ricchezza di questi volumi siano i documenti allegati, che permettono  di avere documentazione oggettiva a base di determinati argomenti, molto popolari, ma spesso narrati in maniera distorta proprio per la non conoscenza dell'aspetto ordinativo delle forze contrapposte.






Anche questo mese, quindi,  l'editoriale riporta una conclusione di ricerca con la pubblicazione. I volumi saranno distribuiti secondo la pianificazione adottata volta, come detto,   a consegnare le pubblicazioni a persone ed enti selezionati. Queste quattro pubblicazioni del Volume 2° degli Ordinamenti, si integrano e completano il Dizionario  Minimo della Guerra di Liberazione (1943-1944 1945 Indici) sette volumi, che possono essere utilizzati come attività dell'Istituto del quadro dell''80° anniversario (1944) della Guerra di Liberazione. 

(Massimo Coltrinari)

martedì 27 febbraio 2024

Copertina Febbraio 2024

 


QUADERNI ON LINE


I Martiri di La Storta  Roma 







                                                  Anno LXXXV, Supplemento on line, II, 2024, n. 96

 Febbraio 2024

valoremilitare.blogspot.com
www.cesvam.org 

domenica 25 febbraio 2024

Giovanni Riccardo Baldelli Regio Esercito Italiano. 1940 1946 Mezzi ed Equipaggiamenti Parte V

 ARCHIVIO

Caratteristiche carro M 13-40

 

Nel 1937 l’Ansaldo iniziò la progettazione di un carro armato che avesse un’autonomia di 12 ore su terreno vario e fosse dotato di torretta girevole su cui installare un cannone da 47/32. Il 26 dicembre del 1939 venne stabilito di interrompere la produzione degli M 11-39 e concentrarla sul nuovo carro medio denominato M 13. Il carro fu omologato nel febbraio 1940 con la richiesta di apportare diverse modifiche.

Furono poi prodotte due versioni: la M 41 con motore migliorato; la M 42 che prevedeva la sostituzione del motore diesel con un propulsore a benzina e l’installazione di un cannone da 47/40 al posto di quello da 47/32. Dalla versione M 41 fu derivata la versione semovente da 75/18.

 

Equipaggio:                              4 uomini

Peso:                                            13.000 kg (M 40); 14.000 kg (M 41); 15.000 kg (M 42);

Lunghezza:                               4,915 m (M 40 e M 41); 5,060 m (M 42);

Larghezza:                                2,280 m per tutti e tre i modelli;

Altezza:                                      2,370 m per tutti e tre i modelli;

Armamento principale:        un cannone da 47/32 in torretta girevole (M 40 e M 41); un cannone da 47/40 in torretta girevole (M 42); 

Armamento secondario:      una mitragliatrice abbinata all’armamento principale, due mitragliatrici installate in casamatta e una mitragliatrice per il tiro contraerei (tutti i modelli);

Motore:                                       SPA da 11.140 cm3 diesel a 8 cilindri a V (M 40); SPA da 11.980 cm3 diesel a 8 cilindri a V (M 41); SPA da 12.000 cm3 benzina a 8 cilindri a V (M 42);

Potenza:                                     125 HP (M40); 145 HP (M41); 190 HP (M42);

Velocità max:                           M 40: 30 km/h su strada; 15 km/h su terreno vario;

                                                      M 41: 32 km/h su strada; 16 km/h su terreno vario;

                                                      M 42: 40 km/h su strada; 20 km/h su terreno vario;

Autonomia:                              M 40: 210 km su strada; 10 ore su terreno vario

                                                      M 41: 200 km su strada; 10 ore su terreno vario

                                                      M 42: 220 km su strada; 10 ore su terreno vario

Protezione max:                      42 mm sulla fronte (scafo e torretta); fianchi 25 mm (scafo); 15 mm (cielo); 25 mm (posteriore); 10 mm (fondo).

 

 Fonte Nicola PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano – Volume Secondo (1940-1945), op. cit., pp. 239-253


venerdì 23 febbraio 2024

La Campagna d'Italia. Le Quattro battaglie per Cassino

  DIBATTITI


 

Le quattro battaglie per Cassino, 

Agli inizi del 1944 il gen. Eisenhower e il gen. Montgomery fino ad allora assoluti protagonisti delle operazioni in Italia, vengono chiamati in Gran Bretagna per occuparsi direttamente della operazione Overlord. E’ un momento strategico significativo. Ormai il teatro mediterraneo deve lasciare il passo a quello occidentale, dove ogni risorsa dovrà essere destinata alla apertura del secondo fronte. Gli uomini che sostituiscono Eisenhower e Montgomery sono uomini di secondo piano, come di secondo piano diviene il fronte italiano. Si assisterà ad un continuo ritiro di forze alleate, destinate in Gran Bretagna, ed ad un costante rimpiazzo di queste con forze provenienti dai quattro angoli dell’impero e dal resto del mondo: oltre agli indiani, arriveranno i polacchi, i brasiliani, i neozelandesi, mentre lasciano l’Italia, anche perché il loro comportamento non è stato irreprensibile, anzi molto discutibile e biasimevole, le unità del Corpo di spedizione francese, composto per la maggior parte da truppe coloniali. Questa politica strategica, nella seconda metà del 1944 favorirà proprio di Italiani, che, mentre nella prima metà dell’anno sono visti ancora come nemici vinti e, soprattutto da parte britannica, da impiegare solo nel settore logistico, con l’operazione Anvil - Dragoon e tenendo presente il favorevole sviluppo delle operazioni in Francia, nella seconda metà dell’anno saranno chiamati a dare consistenti forze combattenti per tenere il fronte italiano. Sarà la trasformazione del Corpo Italiano di Liberazione, ritirato dalla linea nel settembre del 1944, quando aveva raggiunto il Metauro, nei Gruppi di Combattimento, ovvero unità combattenti a livello divisione che porterà le forze combattenti italiane a 250.000 mila effettivi.

 

Gli Alleati erano convinti che la risalita della penisola italiana fosse relativamente agevole, ma la battaglia di Ortona nel dicembre 1943 dimostrò che i tedeschi, con la tattica dell’arresto momentaneo su posizioni prestabilite, reazioni dinamiche immediate e sganciamento preventivo dopo che l’attacco alleato era stato montato su posizioni arretrate già organizzate a difesa, potevano mantenere il loro potenziale di difesa, senza impiegare ulteriori forze. La speranza alleata di alleggerire il fronte orientale si dimostrò vana, tanto che il Maresciallo Stalin non considerò mai il fronte italiano come il secondo fronte in Europa, anche se i tedeschi dovettero impegnare circa 30 divisioni tra il fronte e le retrovie, che però nel bilancio generale della guerra ebbero poco peso.

All’inizio del 1944. Gli Alleati, nella loro progressione verso nord, il due gennaio diedero inizio a quella che poi fu chiamata la battaglia di Cassino, che sviluppatesi in quattro fasi, si concluderà il 24 maggio: Cassino era il perno della difesa, sovrastata dalla maestosa ed imponente abbazia benedettina, che però dal punto di vista militare non aveva alcun valore e praticamente insignificante. Il suo valore, più che altro deterrente, era di caratteri piscologico e morale. Il terreno era quanto mai difficile ed adatta più alla difesa che all’attaco; non era possibile impegare le forze corazzate a massa, mentre la artiglieria aveva buon gioco più nella difesa che nell’attacco. L’aviazione tattica era limitata sia dalle postazioni in caverna o al riparo della difesa che dalla identificazione degli obiettivi difficilmente individuabili e perseguibili.  Gli alvei dei fiumi Liri, Rapido e Garignano rappresentavano punti critici per l’attaccante, e appigli tattici abbastanza buoni per il difensore; i sistemi montuosi degli Aurunci e di monte Trocchio erano altrettanti pilastri di difesa che, a posteriori, permettono di dire che la loro difesa bloccò l’avanzata alleata, data da tutti certa e sicura, fu bloccata per cinque mesi. 

Le forze contrapposte vedevano da una parte i tedeschi, al saldo e preciso comando del gen. Kesserling, che disponeva di 10 divisioni, non tutte al massimo della efficienza, ma con personale deciso, di sicuro affidamento e di grande esperienza. Gran parte di queste forze erano ordinate nella X Armata al comando del gen. Wietingoff, che aveva la diretta responsabilità del fronte tirrenico. Di fronte gli alleati schieravano il II C.d.A. del gen. Keyes, inquadrato nella V Armata al comando del gen. Clark.

Nel momento in cui furono investite le posizioni tedesche, le zone di protezione e di frenaggio furono facilmente superate. Il 15 gennaio fu investita la posizione di resistenza e l’azione, protrattasi per giorni, con attacchi sul Garigliano e sul Rapido, con la protezione sul fianco del Corpo di Spedizione Francese, doveva essere aiutata dalla azione concorrente della operazione “Schingle”. Il 22 gennaio 1944 il VI C.D.A. che comprendeva anche forze britanniche, sbarcava a sud di Roma, nel litorale laziale con l’obiettivo di tagliare ogni alimentazione e quindi accerchiare le forze tedesche schierate sulla linea Gustav. Cassino quindi doveva cadere dalle azioni combinate di attacco da sud e aggiramento mediante lo sbarco ad Anzio. Entro in azione anche il X C.d.A. britannico al comando del generale Mc Creery, che superò il Garigliano, e conquistò la località di Minturno.

Nella prima metà di febbraio il Comando alleato constatò che lo sbarco ad Anzio era stato bloccato e le offensive contro la linea Gustav non avevano dato i risultati sperati. Kesserling, peraltro, fu costretto a chiamare in Italia tre divisioni, per sostenere il fronte di Cassino, ed altre due, poi tre per bloccare e cercare di eliminare o bloccare la testa di ponte di Anzio.

Convinti che l’Abazia di Monte Cassino fosse utilizzata dai tedeschi, in violazione agli accordi internazionali di neutralità) era considerato territorio del Vaticano, Stato neutrale) gli alleati decisero di bombardarla. Fu un grave errore tattico e piscologico. I tedeschi si installarono subito fra le rovine, ed ebbero ulteriori osservatori sul campo di battaglia. L’attaco lanciato in contemporanea al bombardamento dai neozelandesi, il cui comandante gen. Freyberg aveva insistentemente voluto il bombardamento della abbazia, fu respinto.

Un lungo periodo di maltempo bloccò ogni operazione sul fronte di Cassino per diverse settimane. Il 15 marzo l’attaco fu di nuovo tentato. Iniziò con un potente bombardamento aereo (oltre 1000 tonnellate di bombe furono lanciate) seguito da un fuoco di sbarramento di artiglieria, finito il quale la fanteria iniziò ad avanzare, appoggiata dai mezzi corazzati. Le unità impiegate erano sempre neozelandesi, affiancate dalle truppe indiane del generale Turker. Alla fine della giornata metà della cittadina di Cassino era in mano alleata: il giorno successivo i paracadutisti tedeschi della 1° Divisione passarono al contrattacco e ristabilirono le posizioni. Ancona una volta gli alleati erano stati fermati.

 All’inizio di maggio venne messo allo studio un nuovo piano di attacco per superare le difese tedesche di Cassino. Attacco frontale che doveva essere sostenuto da azioni concorrenti, come quella di puntare al di là del Garigliano ed avere come obiettivo Valmontone. Gli alleati schierarono se divisioni, di cui 12 (inglesi, 4 francesi, 2 americane, e 2 polacche per l’attaco frontale) e le altre 4 per che dovevano bloccare le divisioni tedesche per aggiramento ed impedire loro di raggiungere le posizioni arretrate) contro le sette divisioni tedesche, che comprendevano oltre a quelle della X Armata anche quelle della XIV Armata. L’11 maggio inizio il fuoco dell’artiglieria con oltre 2000 pezzi, a cui si sovrappose i bombardamenti della aviazione tattica. Le sorti della battaglia rimasero incerte per oltre tre giorni. Il 14 maggio le divisioni francesi conquistarono il monte Faito ed il Monte Maio, raggiungendo Ausonia. Il 15 gli attacchi americani lungo il litorale tirreno ebbero esito favorevole, ed il XIII C.d.A. prese Pignataro, che con la sua ala destra potè dare un valido contributo alla azione del Corpo Polacco, la cui progressione verso l’area della Abazia si sviluppo nei giorni successivi. Ormai le difese tedesche erano ovunque attaccate e si cominciarono a sgretolarsi. Dopo un ulteriore sforzo, il 18 maggio i Polacchi piantarono la loro bandiera sulle rovine dell’Abazia, e la situazione si sbloccò sull’intero fronte. La battaglia per Cassino era termina

(massimo Coltrinari)

giovedì 22 febbraio 2024

Storia del Risorgimento. Il Valore Militare

 ARCHIVIO

MASSIMO COLTRINARI, QUATTRO BATTAGLIE PER IL VENETO. 1866. La III Guerra d’indipendenza e il Valore Militare, Roma, Società Editrice Nuova Cultura – Università Sapienza, Collana I Libri del Nastro Azzurro, Pag. 313, ISBN 978 88 3365 149 1, Euro 28

Nel 1866 l’Italia e la Prussia nel proseguire i loro sforzi per completare il loro rispettivo processo unitario, si trovarono alleate contro il comune nemico, l’Austria. Se si voleva proseguire nella unificazione nazionale, la guerra era inevitabile. Berlino e Firenze, allora capitale del Regno d’Italia, avevano, pero, un diverso approccio strategico alla guerra. L’Italia voleva acquisire tutti i territori che l’avrebbero portata a Trento e Trieste, ovvero ai suoi confini naturali orientali. La Prussia voleva acquisire il predominio nel mondo tedesco, creare la Germania Imperiale, ma senza ridimesionare troppo l’Austria che doveva diventare un alleato forte ed integro a presidio dei Balcani e dei confini meridionali. L’Austria, conscia del pericolo che stava attraversando, che non escludeva perfino la sua dissoluzione, optava per il male minore: combattere contro la Prussia e perdere il meno terreno possibile; abbandonare il Veneto e, tramitre la Francia, cederlo all’Italia in cambio della neutralità; se non fosse stato possibile difendere ad ogni costo Trieste e Trento, baluardi incedibili meridionali dell’Impero. Le vie diplomatiche non portarono a nessun accordo e la guerra scoppiò. Durò solo due mesi (giugno luglio1866) e fu caratterizzata da quattro battaglie: Custoza, Sedowa, Lissa e Bezzecca. Per noi italiani divenne la III Guerra di Indipendenza, per i prussiani una tappa nella costruzione del loro Impero Germanico, che si realizzerà nel 1871. Il volume ricostruisce queste quattro battaglie, cogliendo l’occasione per focalizzare ed evidenziare il Valore Militare espresso dal combattente italiano, con la ricostruzione degli episodi che portarono alla concessine della Medaglia dìOro, ponendo alla attenzione del lettore il Valore Militare nell’età risorgimentale. I quadri di battaglia delle forze belligeranti nelle quattro battaglie sopra dette sono riportati a corredo, insieme ad una estesa iconografia coeva tratta direttamente da osservazioni di pittori ed incisori sui campi di battaglia. Proclami, manifesti, ordini del giorno ed articoli di corrispondenti di guerra, note diplomatiche sono riportati, per non appesantire il volume, integralmente su “Quaderni On Line del Nastro Azzurro”. I “Quaderni on Line” sono pubblicati su www.valoremilitare.blogspot.com. Alcune ricerche iconografiche sono state svolte nel quadro delle attività del Club Ufficiali Marchigiani.

Il volume è acquistabile in tutte le librerie. Oppure

Presso la Casa Editrice, (Società Editrice Nuova Cultura attraverso la email:

ordini@nuovacultua.it o il sito: www.nuovacultura.it/ collane scientifiche)

Presso la Segreteria dell’Istituto del Nastro Azzurro (segrreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)

Informazioni e dettagli su www.cesvam.org

mercoledì 21 febbraio 2024

Giovanni Riccardo Baldelli. Regio Esercito Italiano. 1940-1946 Mezzi ed Equipaggiamenti Parte IV

 ARCHIVIO

Caratteristiche carro P/40

 

Il carro “P” venne trattato per la prima volta nella pubblicazione Impiego delle unità carriste del 1° dicembre 1938. L’impiego dei carri “P” prevedeva che fossero utilizzati per integrare l’azione dei carri “M” in azioni manovrate (in modalità decentrata o a massa), o in azioni di rottura (una compagnia carri “P” per ogni Battaglione carri “M”). Nel corso dello sviluppo del progetto vi furono delle incertezze sulla tipologia di armamento da installare, che comportarono nel 1942 la riprogettazione della torretta e dello scafo. Vi furono anche alcune incertezze riguardanti la tipologia di motore da installare, diesel o benzina, che prolungarono oltremodo lo sviluppo del progetto. Alla fine, il carro venne adottato il 25 novembre 1942, anche se nessun esemplare entrò mai in servizio con il Regio Esercito. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 alcuni esemplari, infatti, furono utilizzati dai tedeschi che dopo aver ordinato all’Ansaldo di riprendere la costruzione del carro li utilizzeranno interrandoli, senza motore, in postazioni fisse.

La Formazione di guerra del Battaglione carri P, prevedeva:

-      un Comando Battaglione, su: plotone comando, plotone recuperi e plotone rifornimento munizioni;

-      tre compagnie carri P, ciascuna su: plotone comando e tre plotoni carri da 4 carri ciascuno,

con una forza di: 25 Ufficiali, 65 Sottufficiali e 632 militari di truppa (di cui 101 automobilisti) e una dotazione di: due carri comando, una autoblindo comando e 40 carri P (di cui uno per la compagnia comando).

 

Equipaggio:                        4 uomini;

Peso con equipaggio:      24.000 kg circa;

Lunghezza:                        5,870 m;

Larghezza:                          2,700 m;

Altezza:                               2,450 m;

Armamento:                       un cannone da 75/18 o da 75/32 e mitragliatrice Breda in calibro 8 in torretta girevole;

due mitragliatrici Breda in calibro 8 in casamatta;

Motore:                                 diesel a 12 cilindri;

Potenza:                               330 HP;

Velocità max:                     40 km/h su strada;

Autonomia:                        250 km su strada; 10 ore su terreno vario;

Protezione max:               50/40 mm.

 

Fonte Nicola PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano – Volume Secondo (1940-1945), op. cit., pp. 283-289



martedì 20 febbraio 2024

LIMES. Rhodesia Manifesto pubblicitario. Inizio Novecento

 UNA FINESTRA SUL MONDO


Fonte: LIMES, Rivista Italiana di Geopolitica, 2023. 

Edoardo Boria. Manifesto di pubblicità per la visita della Rhodesia  Indicazione dell'Itinerario

sabato 17 febbraio 2024

San Saba. La memoria materica

ARCHIVIO



 LA RISISERA DI SAN SABA A TRIESTE RAPPRESENTA UNA FONTE MATERICA, SEGNO INDELEBILE DELLA VIOLENZA DI UN REGIME BASATO SULLA STESSA

venerdì 16 febbraio 2024

Giovanni Riccardo Baldelli Regio Esercito Italiano 1940 1946 - Mezzi ed Equipaggiamenti Parte III

 ARCHIVIO

Caratteristiche carro armato L6/40 e derivati

 

Della genesi e degli organici delle unità che furono equipaggiate con il carro L6/40 e derivati si è già parlato nel testo. Pertanto, di seguito, sono indicate solamente le caratteristiche principali.

 

Equipaggio:                        3 uomini (pilota, cannoniere e mitragliere);

Peso con equipaggio:      6.840 kg (L6/40); 6.825 kg (L6/40 semovente);

Lunghezza:                        3,820 m (L6/40 e semovente 47/32);

Larghezza:                          1,800 m;

Altezza:                               2,300 m;

Armamento:                       un cannone mitragliera Breda contraerei da 20/65 mod. 35 in torretta girevole (carro L6/40) e mitragliatrice Breda 37  in calibro 8;

un cannone Bohler da 47/32 in casamatta (semovente su scafo L6/40);

Motore:                                 SPA da 4.053 cm3 a benzina a 4 cilindri in linea;

Potenza:                               70 HP;

Rapporto p/HP:                10,29;

Velocità max:                     33,900 km/h su strada; 14,000 km/h su terreno vario;

Autonomia:                        200 km su strada; 10 ore su terreno vario;

Protezione max:               30 mm sulla fronte (scafo e torretta); fianchi 15 mm (scafo); 8 mm (cielo); 6 mm (copertura motore); 10 mm (fondo).

 Fonte:

Nicola PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano – Volume Secondo (1940-1945), USSME, Roma 2002, pp. 193-205



mercoledì 14 febbraio 2024

lunedì 12 febbraio 2024

Varianti alla Guida Edizione 31 dicembre 2023

 ARCHIVIO

Albo d'Oro Nazionale

ALLEGATO 2.15.1

ALBO D’ORO DELLE FEDERAZIONI DEL NASTRO AZZURRO

Dal 1923 ad oggi

 

 

Ogni Regione ha ricevuto una Lettera. All’interno di ogni regione sono indicate le provincie classificate con numero progressivo La Dizione Inserito sta a significare che è sul Data Base di Inserimento Campo: Fonte.

Le provincie di cui non è stato reperito alla data corrente un Annuario o un Albo d’Oro hanno la casella in bianco

I Testi utilizzati come Fonti sono indicati con la lettera T seguiti da un numero progressivo e riportati dopo la tabella

T come lettera singola   è indicata cole “Fonte propria”, ovvero si intende la indicazione diretta quale il Foglio Matricolare, o lo Stato di Servizio (Matricola Militare) Oppure il Diploma , o La Concessione. Infine vien indicata anche la parola “Altro” dove ci si imputa le fonti similari ed equipollenti ( che vanno scritte nella nota sia della scheda anagrafica che della scheda della decorazione.

 Nell'Ultimo Mese sono state aggiunte come Fonti, Randazzo V. Decorati al Valor Militare, De  Nicolò Edizoni, Messina, 2014, (R1.5) Albo d'oro dei decorati al Valor militare delle provincia di Messina (R1.5.1), Albo d'oro dei decorati al Valor Militare della provincia di Messina. Supplemento.

 Inoltre, grazie alla donazione di Paola Brosio, presidente della Federazione di Cremona, , Marazzi M, I decorati al Valor Militare di Crema e Territori Limitrofi, Cremona, Grifin ED., 2014.

(massimo coltrinari)

 


domenica 11 febbraio 2024

Giovanni Riccardo Baldelli Regio Esercito Italiano 1940-1946 - Mezzi ed Equipaggiamenti Parte II

ARCHIVIO


Caratteristiche carro armato L3/ 33 -35

 

Nel 1928 venne messo allo studio l’opportunità di dotare il Regio Esercito di un carro armato leggero che potesse essere utilizzato in compiti di esplorazione e di appoggio alla fanteria. I progettisti dell’Ansaldo, che iniziarono i primi studi nel 1930, si ispirarono al carro inglese Carden-Lloyd Mark VI, sul cui scafo realizzarono alcuni prototipi. Una prima serie di carri armati fu classificata come CV 21. Nel 1933, da qui l’appellativo di Carro Veloce 33 (C.V. 33), si arrivò a realizzare una prima versione definitiva, che nell’anno successivo, in seguito ad alcune modifiche apportate all'armamento (installazione di due mitragliatrici FIAT mod 35) e ad altre componenti, portò alla definizione di una seconda serie di 500 Carri Veloci che vennero definiti come Ansaldo tipo Carro Veloce 35 (C.V. 35). Nel 1938 i carri di nuova produzione installarono due mitragliatrici BREDA in luogo delle FIAT.

Alcuni carri sopravvissero alla Seconda Guerra Mondiale e furono utilizzati nell’immediato dopoguerra dai reparti del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza (attuale Polizia di Stato).

 

Equipaggio:                        2 uomini (capocarro mitragliere e pilota);

Peso:                                     3.100 kg (L3-33); 3.456 kg (L3-35); 3.200 kg (L3-33);

Lunghezza:                        3,167 m (L3-33); 3,150 m (L3-35); 3,200 m (L3-33);

Larghezza:                          1,400 m (L3-33); 1,400 kg (L3-35); 1,460 kg (L3-33);

Altezza:                               1,287 m (L3-33); 1,28 m (L3-35); 1,300 m (L3-33);

Armamento:                       una mitragliatrice FIAT AV (L 3-33), due mitragliatrici FIAT mod. 14/35 (L 3-35); due mitragliatrici Breda 38 (L 3-38);

Motore:                                 da 2.745 cm3 benzina a 4 cilindri;

Potenza:                               43 CV;

Rapporto p/HP                 13,87 (L3-33); 12,44 (L3-35); 13,43 (L3-33);

Velocità max:                     38/42 km/h su strada; 14,4/15 km/h su terreno vario;

Autonomia:                        130/140 km su strada; 5/6 ore su terreno vario;

Protezione max:               14 mm (fronte); 8 mm (fianchi); 7 mm (cielo).

 

fONTE:

Nicola PIGNATO e Filippo CAPPELLANO, Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano. Volume primo (dalle origini fino al 1939), USSME, Roma 2002, pp. 529-531 e pp. 558-559


 


sabato 10 febbraio 2024

Gian Giacomo Mignone. L'atroce paradosso

 DIBATTITI

(26.1.2024)

In questi mesi un atroce paradosso si dipana sotto i nostri occhi. Il governo d’Israele è diventato il principale generatore di veleno antisemita per l’eccidio che si sta consumando nella striscia di Gaza. Soprattutto le nuove generazioni, che non hanno vissuto da vicino la tragedia storica dell’Olocausto, assistono indignate alla strage in atto, alle espulsioni forzate di Palestinesi dalle loro case in Gerusalemme Est e Cisgiordania, in palese violazione del diritto internazionale vigente, mentre diffidano delle circostanze non chiarite in cui non è stato prevenuto e contrastato l’attacco sanguinoso di Hamas ad Israele. Facilmente esse cadono vittime di un errore eguale e contrario alla mistificazione diffusa, per giustificare l’appoggio occidentale a Netanyahu e ai suoi peggiori accoliti, secondo i quali qualsiasi critica al governo d’Israele è quantomeno sintomo di antisemitismo. Le accuse strumentali di antisemitismo alle mobilitazioni in difesa dei diritti palestinesi, tali da costringere le rettrici dell’Università della Pennsylvania e di Harvard alle dimissioni, configurano delle limitazioni alla libertà di espressione e di ricerca tali da confondere ulteriormente antisemitismo e critiche alla politica israeliana.

La Giornata della Memoria impone rispetto per i milioni di Ebrei vittime, a cui si aggiungono oppositori politici, Rom, Sinti, portatori di handicap, religiosi, omosessuali perseguitati e sterminati dal regime nazista. Quel senso di rispetto richiede anche il chiarimento delle circostanze storiche che hanno accompagnato l’azione di quel regime programmaticamente finalizzato all’eliminazione della minoranza ebraica. Se le responsabilità della Germania di Hitler e dell’Italia fascista, autrice delle leggi razziali, sono state chiarite in maniera inequivocabile dalla storia, resta un misconosciuto, perlopiù inconsapevole, senso di colpa per un antisemitismo antico, allora diffuso nel mondo, che ha accompagnato e, in qualche misura, favorito quegli orrori di cui i diritti di Palestina e  dei Palestinesi diventeranno bersagli innocenti. Non mancano esempi ineludibili al riguardo. Quando iniziò la fuga degli Ebrei dalla Germania, dopo la famigerata Notte dei Cristalli, il governo nazista appose la lettera “J” sui loro passaporti, ma su richiesta dei governi della Svizzera e della Svezia che non volevano accoglierli, senza rinunciare ai benefici economici del turismo tedesco. (cfr. Birgitta von Otter, “Navelsträngar och narrspeglar”, 2020). In quegli stessi anni, l’ambasciatore degli Stati Uniti, William Dodd (cfr. Robert A. Dallek, “Democrat and Diplomat: The Life of William E. Dodd”, 1968)  - storico, nominato dal presidente Franklin D. Roosevelt, che lo protesse nel corso del suo intero mandato - fin dall’inizio della sua missione intese e denunciò ai suoi diretti superiori la natura del governo presso il quale era stato accreditato. I diplomatici di professione del Dipartimento di Stato gli rimproveravano di non comportarsi secondo le tradizionali regole professionali della diplomazia, prima tra le quali quella di intrattenere rapporti buoni, possibilmente cordiali con il governo presso il quale si è accreditati. Soprattutto, essi non gradivano i numerosi visti che l’ambasciatore elargiva agli Ebrei in fuga, a causa di un antisemitismo largamente diffuso negli Stati Uniti e in tutte le classi alte dell’Occidente.

Ma vi è di più. Riflettiamo su questo episodio. A Seconda guerra mondiale inoltrata, nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1942, su un treno che li porta da Varsavia a Berlino, il giovane diplomatico svedese Göran Fredrik von Otter si trova per caso nello stesso scompartimento con il tenente delle SS, Kurt Gerstein (cfr. Saul Friedländer, "L’ambiguità del bene. Il caso del nazista pentito Kurt Gerstein", 2002). Nel clima di confidenza che talvolta si crea tra due viaggiatori, dopo avere controllato l'assenza di microfoni spia, Gerstein preannuncia una rivelazione che potrebbe costargli la vita, chiedendo soltanto al suo compagno di viaggio di riferire quanto sta per dirgli ai suoi superiori. Reduce da una visita ai campi di concentramento di Belzec e di Treblinka - egli era dirigente dell’Ufficio di Igiene dei Waffen SS - afferma di avere assistito all’eliminazione di centinaia di persone con uso del gas Zyklon B. Al suo ritorno a Berlino, il suo ambasciatore gli sconsiglia di riferire per iscritto e, invece, lo fa ricevere a Stoccolma dal ministro degli esteri, Christian Ernst Günther  e da Per Albin Hansson, socialista e capo del governo di unità nazionale della Svezia neutrale. Entrambi lo ascoltano con attenzione, dando l’impressione di credergli ma di non voler sapere quanto il giovane diplomatico riferisce loro. Una qualsiasi dichiarazione pubblica avrebbe potuto mettere in pericolo lo status di neutralità della Svezia. Un silenzio che Gerstein continua a combattere, fornendo analoghe informazioni al nunzio apostolico, Cesare Orsenigo, di nuovo senza alcun risultato. Dello stesso tenore sono le informazioni scaturite dagli archivi della Croce Rossa Internazionale ( cfr. Caroline Moorehead, “Dunant’s Dream: War, Switzerland, and the History of the Red Cross", 1998 ). A seguito di informazioni reperite dai suoi ispettori, fu convocata una seduta segreta del suo Consiglio, a cui partecipò pure il presidente della Confederazione Elvetica. A grande maggioranza fu votato il silenzio, anche in quella sede. Soltanto tre membri (le sole donne) votarono a favore di una pubblicazione dell’Olocausto in atto che avrebbe potuto ulteriormente motivare l’impegno militare schierato contro l’Asse. E’ quanto viene rappresentato nell’opera teatrale di Rolf Hochhut, bandita in Italia nel 1963, ove la figura de “Il Vicario”, nella persona di Pio XII, rappresenta simbolicamente un’umanità che tace ai fini della propria salvaguardia.

Sono numerosi gli esempi di reticenza e di implicita connivenza nei confronti dell’eccidio degli Ebrei, nel corso della Seconda guerra mondiale. E’ radicato nel tempo l’antisemitismo soprattutto delle classi alte - operai e contadini, se non aizzati allo scopo, non ne avevano esperienza ed occasione - che ancora negli anni Cinquanta e Sessanta operavano significative discriminazioni nei confronti di Ebrei in rilevanti sedi sociali e istituzionali. La rimozione dei sensi di colpa riemerge nella collusione con nuovi eccidi. Lasciamo alla Corte, giustamente investita, decidere se si tratta di genocidio, quello in atto contro i Palestinesi da parte del governo d’Israele, la cui politica oggi genera ancora poche ma crescenti forme di nuovo antisemitismo.

 

Gian Giacomo Migone

giangiacomo.migone@gmail.com

 

giovedì 8 febbraio 2024

Prigionia di Guerra. Campo di Prigionia dell'Asinara Iconografia I Parte (Seguito post in data 7 febbraio 2024)

 DIBATTITI

  Progetto Prigionia 2017


Onori ai caduti resi presso la Croce posta 

in memoria dei prigionieri di guerra deceduti nella Città di Iglesias




Esposizione delle terrecotte e altri cimeli
 realizzati nel campo dell’Asinara

Particolare della presenza di pubblico in sala



Conferimento dell’onorificenza della Croce Nera 
al Commissario del Parco dell’Asinara dott. Gian Carlo Muntoni


Indirizzo di saluto agli ospiti da parte del 

Presidente Associazione Mineraria Sarda Ing. Giampaolo Orrù



Monumento al Minatore realizzato da Tibor Bottlik
 presso Bocşa in Romania (immagine tratta dalla rete)


Realizzazioni artistiche di Tibor de Bottlik “Asinara 1918”


( a Cura di Giorgio MadeddU)

mercoledì 7 febbraio 2024

Prigionia di Guerra. Campo di Prigionia dell'Asinara I Parte

 DIBATTITI

Progetto Prigionia 2017

Dopo oltre 100 anni rientrano in Sardegna due vasi in terracotta realizzati nel campo di prigionia dell’Asinara da un sorprendente prigioniero di guerra austro ungarico.

Giorgio Madeddu (1)

 ( la iconografia sarà pubblicata in data 8 febbraio 2024 su questo blog)

La ricerca finalizzata al rinvenimento di materiali utili alla implementazione del progetto “La Prigionia nella Grande Guerra” ed in particolare quelli relativi al volume “La Prigionia austriaca in Italia” (M. Coltrinari, G. Madeddu, A. Carta), si arricchisce di due oggetti e una storia personale davvero interessanti. Si tratta di due vasi in terracotta realizzati nel campo di prigionia dell’Asinara da un prigioniero di guerra austro ungarico, le ceramiche sono datate 1918, in entrambe è visibile la firma dell’artista: Tibor de Bottlik.

Come si può osservare dalle immagini di seguito riportate (per ragioni di spazio le altre immagini saranno pubblicate il giorno 8 febbraio 2024 su questo blog), il primo manufatto ha foggia cilindrica con decori simmetrici, Il tappo in sommità presenta una figura maschile con corna, gambe animali, zoccoli e coda (probabilmente una rappresentazione del Dio Pan), seduta sulle gambe e intenta a cibarsi avidamente di un grappolo d’uva.



Il secondo vaso di forma rettangolare, riporta ai quattro angoli dei motivi floreali, apparentemente rose contornate di foglie, sul tappo sono presenti due corpi, uno di sembianze umane, mentre l’altro richiama la figura già presente nel primo vaso, china sul volto del primo corpo.



Nella parte interna dei tappi si legge: “Tibor de Bottlik prisonnier de guerre Asinara 1918”.

Il rientro in Sardegna delle due opere dell’artista che fu prigioniero di guerra sull’Asinara è stata un’altra ulteriore occasione per proseguire nelle attività di studio e memoria dei prigionieri di guerra austroungarici vissuti e, in parecchi casi, deceduti in Sardegna durate la Grande Guerra.

 Grazie alla sensibilità mostrata dal Presidente dell’Associazione Mineraria Sarda (A.M.S.) e dell’intero Consiglio di Presidenza, le terrecotte realizzate da Tibor de Bottlik sono state esposte per la prima volta, dopo oltre 100 anni, sabato 16 dicembre 2023 presso sede dell’Associazione ad Iglesias dove, in occasione della tradizionale celebrazione della ricorrenza di Santa Barbara, tra le altre attività in programma, si è tenuto un solenne ricordo del celebre prigioniero di guerra. L’Associazione Mineraria, già in passato, e in più occasioni, aveva trattato l’argomento della prigionia di guerra, con particolare riguardo all’impiego dei prigionieri nelle miniere della Sardegna.

La cerimonia ha avuto inizio con il saluto del Presidente Ing. Giampaolo Orrù alle autorità presenti e agli ospiti, per la Croce Nera Austrica hanno partecipato il Dott. Johann Duffek delegato del Presidente federale On. Peter Rieser, assente per improvvisa indisposizione, accompagnato dal Delegato della Croce Nera per l’Italia il Comm. Diego D’Agostino, mentre per il Parco Nazionale dell’Asinara erano presenti il Commissario Straordinario Dott. Gian Carlo Muntoni e il Direttore Dott. Vittorio Gazale. Alla cerimonia hanno inoltre preso parte il Dott. Franco Lene con una delegazione dell’Associazione Culturale “Camineras” di Nughedu San Nicolò guidata dal Presidente Dott. Giovanni Antonio Dussoni e la Dott.ssa Vanna Fois fondatrice della celebre casa editrice nuorese “Ilisso”, specializzata negli studi e divulgazione sul patrimonio artistico, etnografico e letterario della Sardegna.

Il Presidente Orrù ha letto i messaggi di auguri inviati dal sindaco di Bocsa (Romania) Dott. Patriciu Mirel Pascu e dalla Dott. Gabriela Serban responsabile dei servizi bibliotecari della cittadina rumena, il Presidente Orrù, nel ringraziare il Sindaco di Bocsa per le informazioni e l’invito ricevuto ha auspicato una fruttuosa collaborazione con la cittadina rumena che come Iglesias vive le difficoltà della crisi mineraria.

Particolare ringraziamento è stato rivolto alla Prof.ssa Marinella Lorinczi per la sua costante disponibilità e vicinanza all’Associazione Mineraria Sarda. Nel concludere il Presidente ha formulato auguri di pronta guarigione al Presidente federale della Croce Nera On. Peter Rieser.

La mattinata ha avuto seguito con gli interventi del consigliere Dott. Giampaolo Atzei e delle Dott.sse Lucia Orrù e Francesca Contini che con la Dott.ssa Angela Messina del Polo Regionale del Sistema Bibliotecario Nazionale, hanno illustrato le attività di recupero, catalogazione e digitalizzazione della Biblioteca storica dell’A.M.S.

A seguire il Perito Minerario Sergio Ottelli ha ricordato, con commozione, l’incidente occorso il 13 ottobre 1982 presso il deposito di esplosivi di “Bega Gonnesa”, illustrandone le cause e gli insegnamenti conseguenti.

Il ricordo dell’artista Tibor de Bottlik è stato tenuto dalla Prof.ssa Marinella Lorinczi che, in premessa, ha raccontato delle attività messe in campo per la ricerca di informazioni sul conto dell’ex prigioniero di guerra Tibor de Bottlik. L’artista ha vissuto gran parte della sua esistenza a Bocsa, città della Contea di Caras Severin nella regione del Banato e in questa Città deceduto.

E’ stato contatto il Sindaco di Bocsa, Dott. Patriciu Mirel Pascu che ha subito incaricato la Dott.ssa Gabriela Serban responsabile dei servizi bibliotecari di fornire ogni notizia utile sul conto dell’illustre concittadino.

Tibor de Bottlik nacque a Fehértemplom - Bela Crkva (attuale Serbia) il 16 ottobre 1884, da famiglia molto agiata, il padre, laureato, era regio notaio e secondo alcune fonti appartenente alla nobiltà con titolo di barone. Compiuti gli studi superiori in istituti artistici di primo piano a Budapest, frequentò l'Accademia delle Belle Arti di Vienna (1903) e affinò i suoi studi presso la Reale Accademia Bavarese di Monaco (1906). Tra il 1907 e il 1914 frequentò gli ambienti artistici e culturali di Parigi dove entrava il contatto con gli “impressionisti”. A Parigi si appassionava alla paesaggistica, all'arte scultoria anche monumentale, all’uso del marmo, della terracotta, delle pietre naturali, calcaree.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale venne chiamato alle armi ed inviato alla scuola ufficiali di Timisoara e successivamente comandato sul fronte italiano dove, a Doberdò, fu fatto prigioniero. Trasferito nel campo di concentramento sull’Isola dell’Asinara, dove si tratterrà per 30 mesi, grazie alle sue spiccate doti artistiche e culturali e la conoscenza di molte lingue, ottenne rispetto e grande ammirazione, tanto che il Comandante del campo gli consenti di svolgere attività artistiche.

Dalla Relazione[1] del Generale Ferrari si apprende della presenza di considerevoli quantità di terre argillose in località Stretti e Tumbarino impiegate per la fabbricazione di terre cotte, nelle due località vennero realizzate delle piccole fabbriche per la produzione e cottura dei manufatti, molti dei quali andarono a far parte della collezione del “Museo dei lavori” appositamente costituito sull’Isola.

Durante il periodo di prigionia, a causa della grave crisi economia della Romania, conseguente alla Grande Guerra, andò perduto il patrimonio di famiglia. Al rientro dalla prigionia, ormai privo di risorse economiche, De Bottlik si stabilì a Boksánbánya – Bocşa, antica cittadina mineraria, dove aprì un modesto studio artistico e iniziò la realizzazione di dipinti ad olio, tempere, acquarelli, ritratti, schizzi e numerose opere scultoree.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il barone Tibor Bottlik cedete tutti i suoi residui beni allo Stato romeno. Fu organico al Partito Operaio Romeno, occupandosi della propaganda[2]. Nel 1964, per i suoi meriti artistici veniva nominato membro dell’Associazione degli scultori romeni e nel 1972 gli venivano attribuiti dei riconoscimenti statali.

Tibor Bottlik morì a Bocşa il 13 ottobre 1974 dove oggi riposa nel locale cimitero in una tomba sulla quale è stato posizionato un busto dell’artista.

A Bocşa, all’incrocio per i paesi minerari di Ocna de Fier e Dognecea sorge la statua denominata “Monumento del Minatore”, opera posta su un alto basamento raffigurante un minatore intento a perforare un blocco di roccia. Dello stesso artista a Bocşa è presente l’imponente monumento ai caduti in guerra, posto proprio davanti al municipio. Numerose opere del Maestro Bottlik sono presenti in tutta la città di Bocşa.

Molte delle opere di Tibor Von Bottlik sono conservate nei musei di Parigi, Vienna e Praga, e due acqueforti sono custodite nella Galleria Nazionale Ungherese.

Concluso l’intervento della Prof.ssa Lorinczi, in un simpatico fuori programma, ha preso la parola il Dott. Lorenzo Ottelli che ha gentilmente voluto condividere con i presenti alcuni passi delle memorie del nonno paterno che, militare presso il campo dell’Asinara, ebbe modo di partecipare, con le competenze di tecnico minerario, alle attività di estrazione del calcare e produzione di calce per usi sanitari.

Il Dott. Franco Lene e il Presidente dell’Associazione Culturale “Camineras” Dott. Giovanni Antonio Dussoni hanno invece illustrato il lavoro di ricerca storica condotto nel paese di Nughedu San Nicolò. La ricerca ha riportato alla luce la storia, ormai dimenticata, dei prigionieri di guerra austro ungarici impiegati per lavori nel paese. L’Associazione intende valorizzare questa ricerca ed avviare dei momenti di memoria attiva, anche in collaborazione con la Croce Nera Austrica.

A seguire prendevano la parola il Direttore del Parco Nazionale dell’Asinara Dott. Vittorio Gazale e il Commissario Straordinario Dott. Gian Carlo Muntoni, che dopo la proiezione di un breve documentario, hanno illustrato la storia dell’isola con particolare riferimento alle vicende della prigionia della Grande Guerra e le attività che il Parco mette costantemente in essere per la conservazione e fruizione dei luoghi della memoria.

Concludeva la mattinata l’intervento del rappresentante della Croce Nera Austriaca Johann Duffek, che ha ringraziato l’Associazione Mineraria per l’invito a partecipare alla cerimonia e, dopo aver illustrato gli scopi della Croce Nera, ha evidenziato l’esigenza di collaborazione tra istituzioni, associazioni e tutti i soggetti della società contemporanea, per azioni condivise di memoria attiva, necessarie per non dimenticare il sacrificio di tanti giovani e trarre insegnamento dalla storia. In questa ottica la delegazione della Croce Nera, accompagnata dal vicesindaco di Iglesias Dott. Francesco Melis, prima dell’inizio della cerimonia presso l’Associazione Mineraria, si era recata nel Parco della Rimembranza per rendere gli onori ai prigionieri di guerra austro ungarici deceduti nella Città di Iglesias. A conclusione dell’intervento il Presidente Duffek e il Comm. D’Agostino hanno conferito prestigiose onorificenze al Commissario Straordinario Dott. Gian Carlo Muntoni e al Direttore Dott. Vittorio Gazale per l’impegno profuso dal Parco dell’Asinara nella valorizzazione della memoria dei prigionieri di guerra austro ungarici caduti nell’isola, ulteriori onorificenze sono state concesse all’Ing. Giampaolo Orrù e all’Ing. Ignazio Masala in riconoscimento dell’opera svolta in memoria dei prigionieri di guerra caduti in Sardegna.

 (1) Ingegnere, Dottore Laureato al Master di 1° Liv in "Storia Militare Contemporanea" /2019), Ricercatore Cesvam, (dal 2020).  Attivo nel Progetto Prigionia 2017 e 2020. Con il Dott. Alberto Maria Carta ha in preparazione i volumi dedicati alla Prigionia Austriaca in Italia di prossima pubblicazione



[1] Giuseppe Carmine Ferrari, Relazione del campo di prigionieri colerosi all'Isola dell'Asinara nel 1915 – 1916, Provveditorato Generale dello Stato, Roma 1929

[2] Traduzione da “Artistul plastic Tiberiu Bottlik, un baron devenit membru de partid, de Dușan Baiski, 2006-02-03”