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lunedì 30 dicembre 2019

Copertina Dicembre 2019






QUADERNI ON LINE
















Anno LXXX, Supplemento on line, XII, 2019, n. 48
Dicembre 2019
www.valoremilitare.blogspot.com

domenica 29 dicembre 2019

Editoriale Dicembre 2019

Editoriale

il mese di dicembre ha visto l'impiego del CESVAM incentrato nel portare a termine e chiudere i cicli di ricerca dei progetti in corso. In particolare quello dedicato alla preparazione del Dizionario minimo della Guerra di Liberazione  in vista delle celebrazioni del 75° anniversario della fine della seconda guerra mondiale e degli avvenimento fondanti la nostra Repubblica.

In particolare si sono affrontati temi di ricerca che ancora oggi presentano punti molto interessanti da approfondire. Per chiudere l'anno sottolineando che il CESVAM è un centro di studio e di ricerca proponiamo ai lettori uno dei tanti temi trattati. La responsabilità del vertice politico-militare del Regno d'Italia che, una volta giunto a Brindisi lasciando Roma tardò in modo irresponsabile a dichiarare la guerra alla Germania, mettendo così a repentaglio la sorte di migliaia di soldati italiani che ancor stavano combattendo contro i tedeschi.


Gli eccidi di Lero, come quelli di Cefalonia, Coo, in Grecia, in Albania e nei Balcani ed il trattamento dei soldati italiani da parte dei tedeschi, che fu oltre che criminale e tragico anche sostanzialmente ottuso ed idiota dato il bisogno estremo che gli stessi tedeschi avevano di alleati e di mano d'opera, chiamano ancora una volta in causa l’atteggiamento del vertice politico-militare del Regno d’Italia e di Badoglio in particolare come detto.

Lero dimostra, con i combattimenti violenti(13-17 novembre 1943 che la leggenda del "tutti a casa" per l'Esercito Italiano è, appunto, una leggenda. 

 A Lero, però, nonostante che numerosi ufficiali siano stati passati per le armi non vi fu uno sterminio di massa come l’accanita resistenza italiana, (i tedeschi ebbero oltre 1180  Caduti, oltre il 41% della forza impiegata) poteva lasciar presagire, come  fu a Cefalonia. Da qui qualche considerazione. 
  
Nicola Gallerano scrive:

Sembra a noi che questa circostanza sia da metter in relazione con l’avvenuta dichiarazione di guerra alla Germania, che è del 13 ottobre mentre la fine della resistenza negli altri importanti presidi è precedente a quella data e si concluse quasi sempre con l’eccidio degli italiani che avevano osato combattere come franco-tiratori. Se la supposizione fosse fondata come pensiamo, ne verrebbe un nuovo specifico carico di responsabilità per il re, che si oppose alla dichiarazione di guerra  fino al 13 ottobre; per Badoglio che non gliela seppe imporre, come capo del governo, e per il Comando Supremo che seguitò a comportarsi, dal momento in cu si sentì bel al sicuro a Brindisi, come se quei combattimenti non lo riguardassero non esitando a falsificare ancora una volta la verità nella motivazione della Medaglia d’Oro alla memoria conferita a Mascherpa e a Campioni (fucilati a Parma il 24 maggio 1944 in seguito a sentenza di un tribunale fascista) per aver essi “ eseguito ordini ricevuti”: laddove il primo non ne ebbe affatto ed agì di propri iniziativa, mentre il secondo ricevette l’ordine di cavarsela da solo”[1]

La concessione della Medaglia d'Oro non cancella la realtà dei fatti. 
Nella dedica del suo libro agli avvenimenti armistiziale Ruggero Zangrandi appone questa dedica

Dedico questo lavoro 
a mia figlia Gabriella 
ed ai giovani della sua età 
nella fiducia che una conoscenza non convenzionale 
di quel che accadde in Italia 
intorno all'8 settembre 1943 
concorra a far loro imparare prima
 il male che possono arrecare a un Paese
 le cattive azioni di capi vili
 e quanto poco
 il sacrifico di migliaia di uomini semplici
 riesca poi a farvi rimedio

L'augurio di fine anno è che una conoscenza non convenzionale di quanto accaduto non solo nel 1943, ma di tutta la nostra storia recente e, sopratutto,  della realtà quotidiana ci aiuti ad avere più certezze per l'avvenire.
(massimo coltrinari)

[1] Gallerano N. La resistenza italiana nell’Egeo dopo l’8 settembre 1943 .in Ruggero Zangrandi 25 luglio 8 settembre 1943, Milano, Feltrinaelli 1964, pag.  995 e segg.

venerdì 27 dicembre 2019

Brigata Aosta Prima Guerra Mondiale Iconografia

ARCHIVIO
 La Cartolina reggimetale
 rappresenta un importare elemento 
iconografico della memoria di un epoca


Brigata Aosta,  trae origine dal reggimento fucilieri di S.A.R., formato il 20 febbraio 1690 per la protezione tattica dell'artiglieria; incorporato nel dicembre 1917 il reggimento di Santa Giulia (volontari di Mondovì) nel 1774 assunse il nome di “Reggimento di Aosta”.  Dopo il 9 dicembre 1798, unitamente al reggimento di Savoia e di Lombardia, formò la 1a mezza brigata di linea dell'Esercito nazionale piemontese; la mezza brigata venne poi sciolta e il reggimento di Aosta non si ricostituì che nel luglio 1814; il 1° novembre 1815, rimanendo sempre organizzata in reggimento, prese il nome di “Brigata Aosta” ed incorporò Il reggimento provinciale di Ivrea e parte di quello di Vercelli. Solo il 25 ottobre 1831 la brigata si divise in 1° e 2° reggimento incorporando gli uomini del soppresso battaglione Cacciatori di Aosta. Il 4 maggio 1839 i due reggimenti vennero designati 5° e 6° reggimento fanteria (“Brigata Aosta”). Soppresso nel 1871 l'ordinamento in brigate, i e di una unità militare

giovedì 26 dicembre 2019

Prigionia Militare in Austria. Campo di Concentramento di Josefstadt

MUSEI,ARCHIVI E BIBLIOTECHE
 Prigionia Militare italiana nella Grande Guerra



   
Josefov (tedesco Josefstadt) è un distretto della cittadina Jaromèr (Jermer) a Okres Nàchod nella Repubblica Ceca. La città costruita come fortezza si trova sulla riva sinistra del Metuje (Mettau), poco prima della loro confluenza con l'Elba.
Josefov si trova nella regione della Boemia orientale, nel nord della Repubblica Ceca, direttamente a sud-est di Jaromèr, da cui è separato solo dai fiumi Elba e Mettau con il promontorio che si interviene. Attraverso la città, la strada statale 299 da Jaromèr a Ttebechovice pod Orebem.
Le città vicine sono Rychnovek a nord-est, Stary Ples a est, Novy Ples a sud-est, Rasosky a sud, Dolnì Ples a sud-ovest, Jezbiny a ovest e Jaromèr a nord-ovest.

Nella prima guerra mondiale Josefstadt fu un campo di prigionia per 40.000 soldati russi, serbi, italiani e ucraini. Dopo la guerra, fu fino al 1924 internamento per il personale militare russo abbandonato.
Dopo la fine della prima guerra mondiale e la fondazione della Cecoslovacchia nel 1918, le città di Jaromèr e Josefov si trasformarono insieme in una città gemella. Nel 1930 Josefov contava 7015 abitanti, di cui 287 tedeschi.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel maggio del 1945, l'area della fortezza fu occupata dalle truppe dell'Unione Sovietica. Gli abitanti tedeschi furono espulsi sulla base dei decreti Benes. Nel 1948 l'incorporazione di Josefov in Jaromèr. (a cura di Paola Tomasini e Chiara Mastrantonio)


lunedì 23 dicembre 2019

Brigata Alpi. Prima Guerra Mondiale Iconografia

ARCHIVIO
 La Cartolina reggimentale
 rappresenta un importare elemento 
iconografico della memoria di un epoca
 e di una unità militare


Alpi, Brigata, nel febbraio 1859, con una parte dei volontari che accorrevano per la guerra contro l'Austria, fu costituito a Cuneo un deposito di volontari cui si doveva dare il nome di “Cacciatori della Stura”. Il comando ne fu affidato al ten. col. Enrico Cosenz. L’affluenza grandissima di volontari fece aprire altri due depositi a Savigliano, comandati dai ten. col. Giacomo Medici e Nicola Arduino. L'organizzazione di queste truppe fu affidata al gen. Cialdini; il comando, allo scoppio della guerra, ne fu dato al gen. Giuseppe Garibaldi. Furono dapprima tre reggimenti, ai quali se ne aggiunsero altri due (4° e 5°); il 4° proveniva dai “Cacciatori degli Appennini”, formatisi nel deposito di Acqui; denominazione che abbandonarono per assumere anche essi l'altra. Nel settembre 1859, dopo l'armistizio di Villafranca il corpo fu organizzato in una sola brigata, col nome di “ Brigata Cacciatori delle Alpi”  su 2 reggimenti, il 1° formato da disciolti reggimenti 2° e 5° e con la 4a compagnia bersaglieri;  il 2° coi soppressi reggimenti 1°, 3° e 4°, e con altri minori reparti;  la brigata ebbe uniforme uguale a quella degli altri corpi di fanteria, e il 14 marzo 1860 prese il nome di “ Brigata delle Alpi”  e i due reggimenti assunsero la numerazione di 51° e 52°. La campagna del 1859, al comando del generale Garibaldi, combatté a Ponte di Casale, Sesto Calende, Varese, S. Fermo, Laveno (52), Tre Ponti (52); Bormio (51); nella guerra del 1866 combatté a Custoza facendo parte della 3a divisione (gen. Govone) nel III C. d’ A. (gen. Della Rocca). Nel 1895-96, durante la campagna d'Africa, concorsero alla formazione dei battaglioni 5°, 16°, 19°, 30° con 8 ufficiali e 235 gregari del 51° e 9 ufficiali e 281 gregari del 52°; il 5° e 16° battaglione parteciparono alla battaglia di Adua. Durante la guerra Italo-turca (1911-12) il 51° concorse alla mob. dei reggimenti 34°, 52°, 60°, 80° e 89° fornendo complessivamente 24 ufficiali e 1270 gregari; il 52° prese parte alla campagna, prendendo parte a numerosi fatti d’arme e distinguendosi specialmente a Sidi Bilal (20 Settembre 1912) durante la battaglia per la occupazione dell'oasi di Zanzur. Durante la guerra mondiale la brigata Alpi passò il confine ed avanzò nel settore dell'alto Cordevole, alla dipendenza della 18a divisione, e vi rimase fino alla ritirata di Caporetto, combattendo con tenacia e valore a più riprese contro le posizioni del Col di Lana e del Sasso di Mezzodì agli ordini, dopo il primo agosto 1917 del col. brig. Giuseppe Garibaldi; compiuto il ripiegamento della 4a Armata dietro la linea del Piave, fu in linea nei pressi del ponte di Vidor fino al 22 dicembre 1917, per passare poi, il 24 gennaio 1918 nella regione del Grappa con la 50a divisione. Alla fine di aprile fu trasferita sulla fronte francese e destinata all’8a divisione (II Corpo d’Armata) con la quale prese parte agli attacchi contro la montagna di Bligny ed in seguito, alla difesa del Bois des Eclisses e del Bois de Courton, durante la quinta offensiva tedesca (15-20 luglio 1918). Dopo un periodo di riposo passò in settembre nel settore dell'Aisne, concorrendo alla conquista dello Chemin des Dames (9-12 ottobre) ed all'inseguimento del nemico fino a Sissonne (31 ottobre-4 novembre) e poscia fino a Ronzoi sur Senne (5 11 novembre).
Le mostrine: verdi.


domenica 22 dicembre 2019

La crisi armistiziale del settembre 1943

APPROFONDIMENTI
Il momento più difficile della 
storia unitaria italiana



Soldati italiani nella crisi armistiziale


L’incertezza del Governo Badoglio aggrava sempre  più il quadro generale. Gli angloamericani, al fine di costringere l’Italia alla resa, intensificano i bombardamenti aerei sull’Italia  che riguardano sia le città del sud  che quelle settentrionali. Sono particolarmente colpite Napoli, Salerno e Foggia;  Roma, di cui già si è detto, e i grandi centro industriali del nord come  Bologna, Torino, Genova e soprattutto Milano. Anche città come Pisa, Civitavecchia, Terni, Ancona, Terni ed Orte sono colpite. L’offensiva aerea strategica contro l’Italia è massiccia, e contribuisce ad aggravare il peso della guerra, e ad alimentare proteste che intorno alla metà di agosto provoca una ondata di scioperi proclamati per ragioni economiche ma anche per chiedere sempre più insistentemente la fine della guerra.
La conduzione delle trattative per ottenere un’armistizio sono caotiche e mal condotte; vari personaggi, tra cui la Principessa Maria Josè prendo iniziative estemporanee che aumentano la confusione e la diffidenza degli alleati. L’iniziativa che a fine agosto porta dei risultati concreti è quella affidata al gen. Castellano, su incarico di Badoglio, che stabilisce un collegamento concreto con i responsabili angloamericani. Castellano si rileva un negoziatore mediocre (tra l’altro non conosceva minimamente la lingua inglese) e concorda un testo di armistizio che è passato alla storia come “Armistizio Corto”, un documento ambiguo ( tra l’altro non vi era alcun cenno al trattamento dei prigionieri italiani in mano alleata), approvato da Badoglio con molte riserve mentali, sperando di poterlo rinegoziare da posizioni miglior in futuro. Appare, peraltro, sconcertante che nelle conversazioni con gli angloamericani Castellano, che aveva un grado di generale modesto, non sia assistito da un diplomatico esperto, come la situazione richiedeva.
Nelle ore pomeridiane del 3 settembre, sotto una tenda piantata negli aranceti nella piana di Cassibile , in Sicilia, Castellano, dopo non poche traversie conclusive, su autorizzazione di Badoglio firmava l’armistizio.
Vittorio Emanuele II e Badoglio erano ossessivamente impressionati dalla paura di cadere in mano ai tedeschi. Fecero ogni cosa per dilazionare l’annuncio cercando di strappare il più possibile agli angloamericani affinché garantissero un pronto intervento contro i principali ammassamenti di truppe tedesche, ottenendo soltanto di aumentare ulteriormente i sospetti circa le reali intenzioni italiane.
In realtà dagli anni sessanta in poi si dibatte se Badoglio di concerto con il Re non abbiamo architettato un piano volto ad attirare gli angloamericani in una trappola, con il consenso tacito dei tedeschi (almeno quelli che erano a Roma a contatto con le autorità italiane) intavolando devianti trattative armistiziali, al fine di attirare gli angloamericano in uno sbarco a nord o a sud di Roma, ed in altre operazioni ( come la operazione “Giant II”, azione di paracadutisti su Roma concordata da Castellano in sede di trattative) per respingerli e dimostrare che era impossibile sbarcare sul continente e quindi era necessario andare a trattative di pace generali.
La situazione a meta del 1943 dopo quattro anni di guerra era pesante per tutti i contendenti, soprattutto per la Gran Bretagna. La Germania occupava tutto il continente, e già nel novembre 1942 tentativi di pace erano stati tentati verso la Unione Sovietica, che per poco era riuscita a salvarsi nel 1941 dall’annientamento. Tutti guardavano alla fine della guerra con interesse e l’Italia, l’alleato più debole, tentava il grande gioco, per sopravvivere ed uscire anch’essa da una guerra perduta.
Dalla firma dell’armistizio “corto”, che alla luce della tesi di Zangrandi è stringato e incompleto proprio perché poteva essere facilmente smentito, così come facilmente poteva essere sconfessato l’operato di Castellano, figura di secondo piano, tutta l’attività dei responsabili italiani è pregna di machiavellismi, di incertezze, tutti animati dalla certezza di voler porre fine alla guerra, ma incerti, indecisi, altalenanti sul come attuare questa necessità e, secondo la versione più accreditata quale sia il modo migliore per attuare il passaggio di campo abbandonando quello dell’alleanza  con la Germania, di cui erano stati, a fianco di Mussolini, corresponsabili e conviti sostenitori o, secondo la tesi di Ruggero Zangrandi come porre fine alla guerra attirando gli alleati in una trappola per costringerli poi, a disastro consumato, andare ad un tavolo di trattative di pace generale, tenendo l’Italia ancora nel campo germanico, rimanendo coerenti alla loro politica.
L’armistizio fu annunziato da Radio Algeri alle con una trasmissione delle ore 16,30 dell’8 settembre 1943. Badoglio, sconcertato in quanto tutti a Roma si aspettavano un annuncio non prima del 12 settembre, si risolse a proclamarlo con una trasmissione che l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, la progenitrice della odierna RAI) mise in onda alle 19,45.
Il grande gioco non era riuscito. Secondo Zangrandi la trappola non era scattata ed gli autori della medesima furono presi dal panico. Gli Alleati, che si presupponeva sbarcassero a ad Anzio o a Civitavecchia, invece stavano sbarcando a sud di Napoli, a Salerno.
La paralisi investe progressivamente i vertici politici e militari italiani a Roma che dimostrano di essere incapaci di gestire la situazione.
(massimo Coltrinari
(la II parte sarà pubblicata il 23
dicembre 2019)


sabato 21 dicembre 2019

Prigionia Italiana in Austria Campo di Concentramento di Grödig

MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Prigionia Italiana della  Prima Guerra Mondiale



     
Grödig è una città mercato nel Salisburghese nel distretto di Salisburgo-Umgebung in Austria con 7.314 abitanti.
All'interno della provincia di Salisburgo si trova Grödig nel Flachgau sul bordo sud-occidentale del bacino di Salisburgo. Si trova ai piedi dell'Untersberg, all'incrocio Salisburgo-Sud dell'autostrada dei Tauri.

Prima guerra mondiale: uno dei più grandi campi di prigionia in Austria-Ungheria viene creato a Grödig, circa 40.000 prigionieri (principalmente russi). Oggi il cimitero russo ricorda il campo.
Regime nazista e seconda guerra mondiale: 17 novembre 1944 Bombardamenti: 65 morti (Paola Tomasini e Chiara Mastroantonio)


giovedì 19 dicembre 2019

Dolomiti di Sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 4

MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del 
Passo di Monte Croce di Comelico 


mercoledì 18 dicembre 2019

Dolomiti di sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 3

MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del 
Passo di Monte Croce di Comelico 

martedì 17 dicembre 2019

Dolomiti di Sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 2

MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del 
Passo di Monte Croce di Comelico 

lunedì 16 dicembre 2019

Dolomiti di Sesto Alta Val Pusteria Museo della Grande Guerra 1

MUSEI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Note ed indicazioni
relative alla Grande Guerra
sul fronte della IV Armata. Posizioni austriache a difesa del 
Passo di Monte Croce di Comelico 


sabato 14 dicembre 2019

Rivista QUADERNI. N. 1 del 2019

NOTIZIE CESVAM
Copertina ed indici 
 del n. 4 del 2018 della
 Rivista QUADERNI




SOMMARIO
Anno LXXIX, Supplemento IX, 2018, n. 4,
10° della Rivista “Quaderni”
www.istitutodelnastroazzurro.it
indirizzo:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

Editoriale del Presidente.  Carlo Maria Magnani:


IL MONDO DA CUI VENIAMO: LA MEMORIA
          
APPROFONDIMENTI
Luigi Marsibilio, La Battaglia di Vittorio Veneto
AA.VV, La Battaglia di Vittorio Veneto. Ricostruzione ed Analisi
Osvaldo Biribicchi, Comando Supremo Regio Esercito. Le truppe italiane negli altri campi della Grande  
       Guerra 
Massimo Coltrinari, Un Elenco Glorioso. Le Armate Italiane a Vittorio Veneto nella versione del    
       Comando Supremo
Alessia Biasiolo, L’Impero italiano in epoca fascista

DIBATTI
Giovan Battista Birotti, Soldati e contadini. L’Esercito giapponese nel periodo Meiji (1868-1912

ARCHIVIO
Redazionale, Lo Statuto della Legione Azzurra
MUSEI,ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Alessio Pecce, Giulio Moresi, aspirante ufficiale, bersagliere caduto il 17  1917 sull’Hermada, sul carso. Il Ricordo 
Posteditoriale: Antonio Daniele, Il Calendario azzurro per il  2019

IL MONDO IN CUI VIVIAMO: LA REALTA’ DI OGGI

UNA FINESTRA SUL MONDO
Sandra Milani, L’uso delle sostanze stupefacenti come strategia nella guerra e nel terrorismo islamico

GEOPOLITICA DELLE PROSSIME SFIDE
Luca Bordini, Riflessioni sulla comunicazione digitale delle Forze Armate

Segnalazioni Librarie.
Autori. Hanno collaborato a questo numeroArticoli di Prossima Pubblicazione

CESVAM NOTIZIE
Centro Studi sul Valore Militare
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, X, 2018, Ottobre 2018, n. 36
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, XI, 2018,  Novembre 2018, n. 37
I “Quaderni on Line”, Supplemento on Line, Anno 5°, XII, 2018, Dicembre 2018, n. 38
“Quaderni” on line sono su: www.valoremilitare.blogspot.com
PER FINIRE
Massimo Coltrinari,  Il Valore Militare attraverso le Cartoline Militari ed oltre



venerdì 13 dicembre 2019

Brigata Alessandria I Guerra Mondiale. Iconografia



ARCHIVIO
 La Cartolina reggimetale
 rappresenta un importare elemento 
iconografico della memoria di un epoca
 e di una unità militare


Alessandria, Brigata, venne costituita nel 1815 dall'antico reggimento omonimo. Ma, avendo essa in buona parte aderito ai moti costituzionali del 1821, la brigata venne disciolta il 31 maggio di quell'anno, e il contingente d'ordinanza diede origine alla brigata Acqui (v.).  Il primo marzo 1915, presso il deposito del 37° fanteria venne creata la nuova brigata Alessandria, coi reggimenti 155° e 156° fanteria, formati rispettivamente dai depositi del 37° (Alessandria) e 89° fanteria (Pavia), con nuclei di M.M., in base all'ordine di mobilitazione del 1914. All'inizio della guerra italo-austriaca, la brigata, giunta il 2 giugno in zona di radunata, fu assegnata alla 30a divisione, nella zona del Garda, occupando le alture presso Desenzano; ai primi di luglio passò alla 3a Armata, nella zona del basso Isonzo, e combatté sul monte San Michele. Nel maggio 1916 fu trasferita in Val d'Assa ove combatté, durante l'offensiva austriaca del Trentino, a Bosco Varagna, Costesin, M. Meata, M. Mosciagh;  il 1° luglio tornò sul basso Isonzo, sostenendovi combattimenti a Monfalcone, ove conquistò la q. 121;  in ottobre, dopo la presa di Gorizia, fu in linea sul Carso, combattendo a LuKatic e Versich  e dopo un periodo fu inviata, a metà gennaio 1917, nel settore di Tolmino ove sostenne numerosi combattimenti sulle pendici del M. Mrzl;  ivi trovavasi allorché, sferrata dagli austro-tedeschi la grande offensiva dell'ottobre novembre 1917, venne travolta nel disastro;  il 12 novembre venne disciolta definitivamente.
Le mostrine: due strisce orizzontali, bianca sopra e blu sotto.

giovedì 12 dicembre 2019

Prigionia Italiana in Austria Campo di Concentramento di Freistadt

MUSEI, ARCHIVI E BIBLIOTECHE
Prigionia prima guerra mondiale

1)    


Freistadt (Repubblica Càhlov) è un dell'Alta Austria comune con 7.960 abitanti nel Lower Miihlviertel e dal 1849 la sede del distretto di amministrazione del distretto di Freistadt. La città si trova a circa 38 chilometri a nord-est della capitale dello stato di Linz e circa 17 chilometri a sud del confine con la Repubblica ceca.
Nelle due guerre mondiali nell'area di Freistadt non si verificarono conflitti armati. Dopo la fine della seconda guerra mondiale Freistadt giaceva nella zona di occupazione sovietica.
Durante la prima guerra mondiale, i militari istituirono un campo di prigionia per soldati russi a Freistadt, ospitando fino a 20.000 prigionieri in 91 caserme. Nel periodo tra le due guerre, è venuto come nel resto dell'Austria alla radicalizzazione dei partiti politici, la guerra civile, ma è caduto nel 1934 senza colpi.
Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, la Wehrmacht ampliò la guarnigione esistente e collocò nella sequenza più di 1.000 soldati a Freistadt. Alcuni Freistädter si unirono al nuovo gruppo di resistenza libero dell'Austria. Nell'ottobre del 1944, tuttavia, furono traditi, in seguito condannati a morte e giustiziati il 1maggio 1945. Un monumento di fronte al Linzertor commemora questo evento.
Durante gli anni della guerra, non una sola bomba è caduta su Freistadt, che ospitava tre ospedali alla fine della guerra. Il 7 maggio 1945, i carri armati americani raggiunsero la città senza combattere. Il 13 maggio, l'Armata Rossa si unì e divise la città con gli americani fino al 23 maggio fino a quando si ritirarono a sud della linea ferroviaria. I soldati sovietici si schierarono come potere occupante nelle case private e la casa Hagleitner sulla piazza principale servì da quartier generale del Kommandantur. Nel 1945, 100.000 rifugiati si trasferirono in città, ospitati in diversi campi profughi. Nella parte superiore, più di 12.000 rifugiati hanno soggiornato in città contemporaneamente. (A cura di Paola Tomasini e Chiara Mastrantonio)


mercoledì 11 dicembre 2019

I 45 giorni del Governo Badoglio

APPROFONDIMENTI
La calda estate del 1943


Soldati italiani prima della bufera



Il Governo di Pietro Badoglio è un'altra tragedia nazionale, una di quelle sciagure che ancora oggi incidono sul tessuto sociale italiano. Nel momento in cui si presenta al Paese, il Capo del Governo non esita a dichiarare che “la guerra continua”, nel segreto intento di rassicurare ingenuamente la Germania. A Berlino si era visto con stupore il liquefarsi in poche ore di un regime che si credeva “granitico”; stupore ancora maggiore nel constatare che Mussolini si era lasciato andare senza nessuna resistenza e soprattutto nessun fascista aveva impugnato le armi per la sua difesa e la difesa del fascismo stesso. Passata la meraviglia tutti constatarono che il cambio del vertice politico-militare a Roma significava, soprattutto alla luce della situazione disperata in cui si trovava l’Italia, un reale proposito di trovare una qualsivoglia situazione per uscire dalla guerra. Tolto dalla scena Mussolini ed il fascismo, che aveva voluto la guerra, questo era più facile da realizzare. Solo Badoglio si faceva illusioni con le sue dichiarazioni, non considerando che avrebbe solo suscitato diffidenza, poca credibilità e rabbia repressa nei tedeschi, rabbia che esploderà con l’inizio della loro occupazione dell’Italia.
Il Governo non fece nulla per intervenire in Sicilia. Non prese alcuna decisione di carattere militare per la difesa dell’Isola; eppure vi erano forze attestate nel centro e nel nord Italia che potevano essere avviate al fronte aperto nell’isola. “La guerra continua” rimaneva solo una enunciazione e questa inattività sul fronte operativo siciliano fu notata con ulteriore preoccupazione dagli osservatori tedeschi. L’asserzione sembra trovare una sua validità nella violenza durezza con cui il governo badogliano reprime ogni manifestazione popolare seguita all’annunzio all’arresto di Mussolini ed alla caduta del Fascismo. Il governo Badoglio organizza una sorta di applicazione di legge marziale mascherata dando ogni potere alle autorità militare. Autorità militari che non trovano altro che rifarsi alle disposizioni adottate l’anno precedente nel fronteggiare la situazione in Jugoslavia, con provvedimenti che prevedevano l’arresto immediato, la detenzione, l’internamento di civili, la presa di ostaggi, la rappresaglia. Le manifestazioni in Italia, per lo più di carattere innocuo, si risolvono per questo atteggiamento autoritario quanto inutile con tragedie: a Milano si hanno 23 morti e 87 feriti per le manifestazioni dal 26 al 30 luglio, a Bari con 17 morti  e 36 feriti per la manifestazione del 28 luglio, a Reggio Emilia con 9 morti e 30 feriti, sempre per una manifestazione del 28 luglio. Durante i 45 giorni del governo badogliano si hanno 83 italiani porti e 516 feriti. Un bilancio tanto tragico quanto inutile.
Il Governo Badoglio, nei primi tre giorni di vita con tre decreti cancella tutta l’organizzazione del PNF, ne in corpora i beni e le proprietà, assorbe la Milizia nelle forze regie e fa finta che oltre un ventennio di governo a cui tutti i suoi componenti hanno collaborato e ricevuto prevende, privilegi ed onori non sia mai esistito. Confermando il suo spirito conservatore, la liberazione dei detenuti politici avviene con un certo rallentamento, visti questi sempre ed ancora come oppositori.
La morsa del Governo Badoglio si allenta e nascono i primi Comitati, che sono gli antesignani del CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, e riprendo vita i partiti politici. Il Partito Socialista ed il partito Comunista, che nella clandestinità avevano tenuto una loro organizzazione, si collegano a questi Comitati dando vita ad organizzazioni politiche embrionali. Escono alla luce anche il partito d’Azione, fondato nel 1942, la Democrazia cristiana, fondata anch’essa nel 1942, con riferimento al Partito Popolare di Don Sturzo, ed il partito Liberare. Saranno i partiti della Prima repubblica che governeranno l’Italia fino alla Caduta del Muro di Berlino ed il crollo dell’Unione Sovietica nel 1989. Operano tutti in una situazione di incertezza, semilegale, in cui domina la inattività del Governo di fronte al problema principale: la guerra. La ricerca di una soluzione per fronteggiare una situazione che di giorno in giorno diveniva sempre più difficile ed insostenibile. Il compito del Governo Badoglio, ovvero il vertice militare e la Monarchia, mentre il vertice diplomatico, che nella circostanza si tiene i disparte, è tanto semplice quanto difficile: cercare di concludere un accordo con gli anglo-americani ponendo fine ai combattimenti cercando di contenere e neutralizzare la prevedibile reazione tedesca, ossessivamente tanto temuta da tutti i responsabili italiani.
Il Governo Badoglio, e con esso il Re, falliscono miseramente, non essendo all’altezza di controllare una così difficile situazione tanto drammatica  se non tragica, dimostrando di essere irresoluti a come comportarsi di fronte alla eredità della guerra fascista, che anche loro avevano voluto. Il comportamento ambigui, le incertezze ed i ritardi con cui il Governo Badoglio avvia i contatti per trovare una possibilità di accordo  sono così tanti e persistenti da generare fortissimi dubbi sugli alleati: questi, peraltro, dopo le decisioni prese a Casablanca, nel gennaio 1943, sono fermamente risoluti a imporre una pace o un armistizio senza condizioni. Nel contempo, al fine di distrarre i tedeschi e cercare di contrastare il più possibile i loro sospetti di una pace separata, fanno si che si assumo atteggiamento risoluti nel voler continuare la guerra; questo impedisce di predisporre piani concreti volti a preparare i comandi e le truppe ad un eventuale armistizio. In pratica il Governo Badoglio, per paura dei tedeschi, non predispone nulla dal punto di vista militare per uscire dalla guerra. Gravissimo errore che si rileverà foriero di tragedie al momento della proclamazione dell’armistizio.
Di fronte all’inerzia militare del Governo Badoglio, sia sul fronte siciliano sia su quello interno, i tedeschi mostrano via via una sempre maggiore attività militare. Subito dopo il 25 luglio e la caduta di Mussolini iniziano a far affluire forze in Italia, quelle forze che avevano ripetutamente negato a Mussolini nei suoi ultimi mesi di potere, che sarebbero state veramente preziose per contrastare lo sbarco in Sicilia. Affluiscono nuove unità dal confine orientale, dal Brennero, dalla Francia e si posizionano in modo tale da tenere sotto controllo le forze italiane.
Queste, peraltro, anche se numericamente superiori, sono in profonda fase di riordino dopo i rovesci subiti in Russia ( le ultime unità rientrano dal fronte russo a maggio 1943) e in Sicilia; inoltre l’armamento in dotazione e decisamente inferiore a quello tedesco, che si aggiunge alla scarsezza di materiali di equipaggiamento ed ad un morale fortemente scosso.
Questo aspetto non deve trarre in inganno. In modo assoluto le Forze Armate italiane avevano materiali degni di nota. Basti dire che i tedeschi, all’indomani del disarmo delle unità italiane, ebbero materiali e equipaggiamenti con cui condussero  le operazioni in Italia fino all’aprile 1945; al sud, nei territori occupati dagli angloamericani, il materiale italiano requisito servì, su ordine di Churchill, a equipaggiare le unità partigiane titine, che, partendo da una situazione di netta inferiorità logistica riuscirono a condurre contro i tedeschi dal 1943 al 1945 ben cinque offensive dopo aver ricevuto il materiale italiano. (massimo coltrinari)

lunedì 9 dicembre 2019

Prigionia Italiana in Austria. Campo di Concentramento di Braunau in Bohmen


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Prigionia prima guerra mondiale


   
Broumov (tedesco Braunau) è una città della Repubblica Ceca al confine con il Voivodato della Bassa Slesia polacca.
Broumov si trova alla confluenza del Lisi potok (Voigtsbach) nelle pietre del fiume nella parte nord-orientale della Boemia, a circa 30 km a sud di Watbrzych (Waldenburg), 34 km a nord-ovest di Ktodzko (Glatz) e 30 km a nord-est di Nachod (Nachod) e appartiene a Regione di Hradec Kralové.

Dopo la fine della prima guerra mondiale e la disintegrazione della monarchia tra Austria e Ungheria, Braunau arrivò il 28 ottobre 1918 come tutta la Boemia dal trattato di Saint-Germain nel settembre 1919 alla Cecoslovacchia appena fondata e fu occupata dalle truppe ceche. Nel periodo tra le due guerre emerse nuovi insediamenti suburbani; a nord - sulla Trautenauer Strafe, la colonia di ceppi, a ovest - sulla strada per Weckersdorf - la nuova casa, e a sud sulla strada per la Crimea ospita l'insediamento di Schafferberg.
Dopo l'accordo di Monaco del 30 settembre 1938, la città fu incorporata nel Reich tedesco con la Reichsgau Sudetenland appena fondata ed era il capoluogo del distretto di Braunau nel distretto di Aussig. Nel 1939, l'insediamento ricevette la nuova casa in onore del politico nazista Hubert Birch il nuovo insediamento di Hubert H. Birke. Il 9 maggio 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, Braunau fu sostituito da unità dell'Armata Rossa occupato e l'amministrazione politica ha assunto la formazione degli organi di potere cecoslovacchi. Nello sconvolgimento delle prime settimane del dopoguerra avvenne il saccheggio. Terreni, case e commerci furono rilevati da nuovi coloni provenienti dai distretti vicini della Boemia orientale, Slovacchia e reimmigranti dall'estero. Pertanto, la popolazione di Braunau era diventata in gran parte di lingua ceca. ( A cura di Paola Tomasini e Chiara Mastrantonio)