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martedì 24 novembre 2020

Quando era eroico volare

APPROFONDIMENTI



 

L’Aeronautica del Regno del Sud

 

di

 

Osvaldo Biribicchi

 

 

 

L’annuncio dell’armistizio via radio del Maresciallo Badoglio, alle ore 19.45 dell’8 settembre 1943, fece precipitare le Forze Armate italiane in una delle peggiori crisi della loro storia. Demoralizzate, senza ordini, o con ordini del tutto generici, si sbandarono. Migliaia di soldati, in Italia ed all’estero[1], poche ore dopo l’annuncio radiofonico, furono fatti prigionieri dalle truppe tedesche le quali, preventivamente istruite, attaccarono sistematicamente i reparti ed i presidii italiani. Fuori dai confini nazionali, alcune unità o gruppi di militari si unirono alle forze partigiane locali che combattevano contro i tedeschi, altri opposero a questi una strenua disperata resistenza, altri cercarono di tornare in Italia con mezzi di fortuna, altri ancora catturati dai tedeschi furono passati per le armi. La stragrande maggioranza dei comandanti ai vari livelli apprese dell’armistizio il giorno successivo, all’alba del 9 settembre, e non certo dalla radio ma dall’atteggiamento apertamente ostile degli ormai ex alleati. La sorpresa per i soldati italiani fu dunque totale, in un attimo si ritrovarono a dover decidere se continuare a combattere con i tedeschi oppure essere fatti prigionieri ed internati in Germania. In questo clima di smarrimento generale, il 10 settembre 1943, con l’arrivo a Brindisi del Re e del governo Badoglio, prendeva vita il Regno del Sud che significò la continuità costituzionale dello Stato.

Questa nuova entità statuale, seppure formalmente non in guerra contro la Germania, chiese agli Alleati di poter partecipare da subito, in una condizione di parità, alla lotta contro i tedeschi. Tale richiesta non fu logicamente presa in considerazione, le forze armate italiane, infatti, «in virtù delle clausole armistiziali, furono inizialmente sottoposte alle direttive della Missione Militare alleata giunta a Brindisi il 13 settembre 1943 ed in seguito, e stabilmente, della Commissione Alleata di Controllo, composta da tre sottocommissioni, per l’Esercito, la Marina e l’Aviazione»[2]. Il 13 ottobre 1943, trentacinque giorni dopo la dichiarazione dell’armistizio, con la dichiarazione di guerra del governo Badoglio alla Germania iniziò la cobelligeranza con gli angloamericani i quali, dal canto loro, non considerarono più l’Italia come nemica ma neanche alleata nel senso stretto del termine. La diffidenza era, comprensibilmente, ancora forte.

Nei mesi che seguirono l’annuncio dell’armistizio, il Governo Badoglio riuscì a rimettere insieme circa 500.000 uomini, tra Esercito, Marina ed Aeronautica, provenienti per la maggior parte da reparti scioltisi.

Vediamo, dopo questo breve inquadramento generale, cosa comportò l’armistizio per i Reparti della Regia Aeronautica dislocati sul territorio nazionale e nei vari fronti di guerra. Una parte si ritrovò nella Repubblica Sociale Italiana, costituita il 23 settembre 1943, ed una parte nel Regno del Sud. Alcuni reparti di volo della Regia Aeronautica erano dislocati anche in una terza vasta area dell’Italia settentrionale sottratta dai tedeschi alla sovranità della RSI, ovvero le province di Bolzano, Trento e Belluno affidate al Gauleiter del Tirolo, Franz Hofer, e le province di Udine, Gorizia, Trieste, Fiume, Pola e Lubiana assegnate al Gauleiter della Carinzia, Friedrich Rainer. Dopo la proclamazione dell’armistizio 250 velivoli di vario tipo, dei quali solo un centinaio in grado di effettuare voli di guerra, raggiunsero gli aeroporti dell’Italia liberata dagli Alleati e circa duemila uomini della forza armata attraversarono il fronte con mezzi di fortuna; immediatamente furono impiegati in combattimento. «Il 9 settembre, due pattuglie da caccia scortarono la nostra Flotta in navigazione verso sud; l’11 reparti idrovolanti dell’Egeo iniziarono la cooperazione con gli alleati; lo stesso giorno i bombardieri che si trasferirono in Sardegna sostennero il primo scontro aereo con i tedeschi; il 12 cominciò l’attività bellica dei reparti aerei in fase di riordinamento sulle basi pugliesi; il 16 iniziò l’attività dei reparti della Sardegna contro i tedeschi che ripiegavano in Corsica, premuti dalle unità di terra»[3].   

In Puglia, distribuiti in vari aeroporti, al momento della proclamazione dell’armistizio si trovavano complessivamente n. 174 velivoli efficienti di varie specialità, dai caccia agli idrovolanti ai velivoli da trasporto. La situazione era estremamente caotica, infatti fin dai primi giorni di settembre del 1943, quindi prima dell’annuncio dell’armistizio, la Regia Aeronautica, a seguito dei pesanti bombardamenti degli aeroporti siciliani da parte dell’aviazione angloamericana, aveva provveduto a rischierare i suoi Stormi in Calabria ed in Puglia. Emblematica la sorte del Maggiore Cenni, giovane comandante del 5° Stormo Tuffatori, che il 4 settembre 1943 trovò la morte a seguito dell’abbattimento del suo aereo da parte di velivoli britannici; il giorno prima a Cassibile il Generale Castellano aveva firmato l’armistizio corto. Il 4° Stormo, invece, alla data dell’armistizio, veniva colto in fase di rischieramento dall’aeroporto di Castrovillari a quello di Gioia del Colle. Nei giorni 17 e 18 settembre, velivoli del 4° e 5° Stormo vennero impiegati a Corfù e Cefalonia in supporto delle forze terrestri. Il 5° Stormo Tuffatori, nel vano tentativo di soccorrere la Divisione Acqui, effettuò la prima azione pianificata della Guerra di Liberazione bombardando, nel porto di Butrinto a Corfù, mezzi da sbarco tedeschi. Tutti gli aeroporti pugliesi, grandi e piccoli, come quelli di Foggia, Biferno, Stornara, Lecce e Grottaglie si predisposero per accogliere i tanti velivoli che quotidianamente riuscivano a fuggire da quella parte d’Italia ancora in mano ai tedeschi. La Regia Aeronautica, con enormi sacrifici, riordinò le proprie unità, ricostruì le basi nei territori liberi e recuperò il materiale abbandonato in Africa settentrionale permettendo ai tecnici ed ai meccanici di rimettere in uso o ricostruire velivoli, motori ed attrezzature di bordo. È necessario sottolineare che, nell’arco di tempo che va dall’8 settembre al 13 ottobre 1943, non essendoci fra l’Italia e la Germania uno stato di guerra, i piloti italiani catturati dai tedeschi venivano passati per le armi, dopo un processo sommario, in quanto combattenti irregolari. Due giorni dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, la Regia Aeronautica costituì l’Unità Aerea, responsabile dell’impiego, dell’addestramento, della disciplina e del funzionamento dei servizi amministrativi e tecnici di tre raggruppamenti di specialità: Caccia; Bombardamento; Trasporto-Idrovolanti. Questa Unità, che iniziò ad operare legittimamente sotto la copertura giuridica del diritto internazionale, fu posta alle dipendenze del Comando delle Forze Aeree Alleate il quale distaccò propri ufficiali presso ciascun raggruppamento. Sebbene l’Unità Aerea avesse chiesto al Comando Alleato di operare esclusivamente sul fronte italiano, fu impiegata anche nei Balcani ed inserita, pertanto, negli organici della Balkan Air Force. L’attività operativa dei raggruppamenti Caccia e Bombardamento «fu indirizzata ai Balcani a sostegno della Divisione “Garibaldi” e delle forze partigiane jugoslave. Il raggruppamento Idro venne impiegato fino al 1945 in scorte a convogli navali alleati ed a navi isolate italiane ed alleate, in caccia antisommergibili, vigilanza costiera, ricerca, soccorso e recupero di naufraghi, ricerca di mine e naviglio, trasporto di feriti ed ammalati»[4]. In particolare, il  raggruppamento Caccia fu impiegato «contro le basi tedesche in Albania e Jugoslavia, dalle quali partivano i velivoli che andavano a colpire le truppe italiane in Montenegro. Le operazioni di avio rifornimento peri soldati italiani furono garantite dai velivoli S.81, S.82, Cant. Z. 1007 del Raggruppamento Trasporti, che solitamente effettuavano sortite con atterraggi per poter permettere l’evacuazione dei feriti, non solo italiani ma anche alleati e jugoslavi […] Le operazioni della Regia Aeronautica in Jugoslavia non si limitarono alle azioni in sostegno ai reparti dell’Esercito, ma diedero un notevole contributo all’offensiva contro le forze germaniche»[5].

Inizialmente, i velivoli furono concentrati nel Salento, sulla base di Galatina (Lecce), dotata di pista in cemento ed hangars, sull’aeroporto di manovra di Leverano e, successivamente, su quello di Canne. A partire dal luglio del 1944, ricevuti in dotazione i Martin M. 187 Baltimore, l’Unità Aerea incrementò il suo raggio d’azione fino ad arrivare a colpire obiettivi nemici in Dalmazia.

Nel frattempo, anche gli Alleati trasferirono in Puglia centinaia di aerei di ogni tipo. I principali aeroporti furono occupati dalla 15a Forza Aerea Alleata la quale predispose ben 23 piste di manovra in terra battuta. Con l’arrivo poi a Galatina di 48 bombardieri alleati, i velivoli da Caccia italiani furono rischierati sulla pista in terra battuta di Palata, vicino Foggia. L’Unità Aerea operò, senza soluzione di continuità, fino all’8 maggio 1945.   

 

 

Bibliografia sommaria

 

Commissione Italiana di Storia Militare, La partecipazione delle Forze Armate alla Guerra di Liberazione e di Resistenza 8 settembre 1943 8 maggio 1945, Ente Editoriale per l’Arma dei Carabinieri, 2003.

 

Crucco R., Le forze armate nella lotta per la Liberazione, in «Rivista Militare», n. 3, 1975, da La Guerra di Liberazione - Scritti nel Trentennale, SME - Ufficio Storico, 1976.

 

Mazzetti M., Gli avvenimenti dell’8 settembre nel quadro della strategia della II Guerra Mondiale, in Otto settembre 1943 l’armistizio italiano 40 anni dopo, Atti del Convegno Internazionale (Milano 7-8 settembre 1983), Ministero della Difesa - Comitato Storico «Forze Armate e Guerra di Liberazione», Roma, 1985.

 

Loi S., I rapporti fra Alleati e Italiani nella cobelligeranza, Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, Roma, 1986.

 

Prinzi G., Coltrinari M., Salvare il Salvabile - La crisi armistiziale dell’8 settembre 1943: per gli Italiani, il momento delle scelte, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2008.



[1] Fuori dai confini nazionali stazionavano circa 900.000 uomini, una forza imponente ma fragile in quanto senza precisi ordini operativi.

 

[2] Poli L., Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Prefazione alla monografia di Loi S., I rapporti fra Alleati e Italiani nella cobelligeranza, Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, Roma, 1986, p. 3.

 

[3] Crucco R., Le forze armate nella lotta per la Liberazione, in «Rivista Militare», n. 3, 1975, da La Guerra di Liberazione - Scritti nel Trentennale, SME-Ufficio Storico, 1976, p. 79.

[4] Gen. C.A., Sen. Luigi Poli, Prof. Gianni Oliva, Le Forze Armate dalla Guerra di Liberazione alla nascita della Repubblica 1943-1947, ANCFARGL, Roma, 1997, p. 49.

[5] Commissione Italiana di Storia Militare, La partecipazione delle Forze Armate alla Guerra di Liberazione e di Resistenza 8 settembre 1943 8 maggio 1945, Ente Editoriale per l’Arma dei Carabinieri, 2003, pp. 108-110.

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