APPROFONDIMENTI
L’Aeronautica del Regno del Sud
di
Osvaldo Biribicchi
L’annuncio dell’armistizio via radio del Maresciallo Badoglio,
alle ore 19.45 dell’8 settembre 1943, fece precipitare le Forze Armate italiane
in una delle peggiori crisi della loro storia. Demoralizzate, senza ordini, o
con ordini del tutto generici, si sbandarono. Migliaia di soldati, in Italia ed
all’estero[1], poche
ore dopo l’annuncio radiofonico, furono fatti prigionieri dalle truppe tedesche
le quali, preventivamente istruite, attaccarono sistematicamente i reparti ed i
presidii italiani. Fuori dai confini nazionali, alcune unità o gruppi di
militari si unirono alle forze partigiane locali che combattevano contro i tedeschi,
altri opposero a questi una strenua disperata resistenza, altri cercarono di
tornare in Italia con mezzi di fortuna, altri ancora catturati dai tedeschi
furono passati per le armi. La stragrande maggioranza dei comandanti ai vari
livelli apprese dell’armistizio il giorno successivo, all’alba del 9 settembre,
e non certo dalla radio ma dall’atteggiamento apertamente ostile degli ormai ex
alleati. La sorpresa per i soldati italiani fu dunque totale, in un attimo si
ritrovarono a dover decidere se continuare a combattere con i tedeschi oppure
essere fatti prigionieri ed internati in Germania. In questo clima di
smarrimento generale, il 10 settembre 1943, con l’arrivo a Brindisi del Re e
del governo Badoglio, prendeva vita il Regno del Sud che significò la continuità costituzionale dello
Stato.
Questa
nuova entità statuale, seppure formalmente non in guerra contro la Germania, chiese
agli Alleati di poter partecipare da subito, in una condizione di parità, alla
lotta contro i tedeschi. Tale richiesta non fu logicamente presa in
considerazione, le forze armate italiane, infatti, «in virtù delle clausole
armistiziali, furono inizialmente sottoposte alle direttive della Missione
Militare alleata giunta a Brindisi il 13 settembre 1943 ed in seguito, e
stabilmente, della Commissione Alleata di Controllo, composta da tre
sottocommissioni, per l’Esercito, la Marina e l’Aviazione»[2]. Il
13 ottobre 1943, trentacinque giorni dopo la dichiarazione dell’armistizio, con
la dichiarazione di guerra del governo Badoglio alla Germania iniziò la cobelligeranza
con gli angloamericani i quali, dal canto loro, non considerarono più l’Italia
come nemica ma neanche alleata nel senso stretto del termine. La diffidenza era,
comprensibilmente, ancora forte.
Nei mesi che seguirono l’annuncio dell’armistizio, il Governo Badoglio
riuscì a rimettere insieme circa 500.000 uomini, tra Esercito, Marina ed
Aeronautica, provenienti per la maggior parte da reparti scioltisi.
Vediamo, dopo questo breve inquadramento generale, cosa comportò l’armistizio
per i Reparti della Regia Aeronautica dislocati sul territorio nazionale e nei
vari fronti di guerra. Una parte si ritrovò nella Repubblica Sociale Italiana, costituita
il 23 settembre 1943, ed una parte nel Regno del Sud. Alcuni reparti di volo
della Regia Aeronautica erano dislocati anche in una terza vasta area
dell’Italia settentrionale sottratta dai tedeschi alla sovranità della RSI,
ovvero le province di Bolzano, Trento e Belluno affidate al Gauleiter del Tirolo, Franz Hofer, e le province di Udine, Gorizia, Trieste,
Fiume, Pola e Lubiana assegnate al Gauleiter
della Carinzia, Friedrich Rainer. Dopo
la proclamazione dell’armistizio 250 velivoli di vario tipo, dei quali solo un
centinaio in grado di effettuare voli di guerra, raggiunsero gli aeroporti
dell’Italia liberata dagli Alleati e circa duemila uomini della forza armata
attraversarono il fronte con mezzi di fortuna; immediatamente furono impiegati
in combattimento. «Il 9 settembre, due pattuglie da caccia scortarono la nostra
Flotta in navigazione verso sud; l’11 reparti idrovolanti dell’Egeo iniziarono la
cooperazione con gli alleati; lo stesso giorno i bombardieri che si
trasferirono in Sardegna sostennero il primo scontro aereo con i tedeschi; il
12 cominciò l’attività bellica dei reparti aerei in fase di riordinamento sulle
basi pugliesi; il 16 iniziò l’attività dei reparti della Sardegna contro i
tedeschi che ripiegavano in Corsica, premuti dalle unità di terra»[3].
In Puglia, distribuiti in vari aeroporti, al momento della proclamazione
dell’armistizio si trovavano complessivamente n. 174 velivoli efficienti di
varie specialità, dai caccia agli idrovolanti ai velivoli da trasporto. La
situazione era estremamente caotica, infatti fin dai primi giorni di settembre
del 1943, quindi prima dell’annuncio dell’armistizio, la Regia Aeronautica, a
seguito dei pesanti bombardamenti degli aeroporti siciliani da parte
dell’aviazione angloamericana, aveva provveduto a rischierare i suoi Stormi in
Calabria ed in Puglia. Emblematica la sorte del Maggiore Cenni, giovane
comandante del 5° Stormo Tuffatori, che
il 4 settembre 1943 trovò la morte a seguito dell’abbattimento del suo aereo da
parte di velivoli britannici; il giorno prima a Cassibile il Generale
Castellano aveva firmato l’armistizio corto. Il 4° Stormo, invece, alla data
dell’armistizio, veniva colto in fase di rischieramento dall’aeroporto di
Castrovillari a quello di Gioia del Colle. Nei giorni 17 e 18 settembre, velivoli
del 4° e 5° Stormo vennero impiegati a Corfù e Cefalonia in supporto delle
forze terrestri. Il 5° Stormo Tuffatori,
nel vano tentativo di soccorrere la Divisione Acqui, effettuò la prima azione pianificata della Guerra di
Liberazione bombardando, nel porto di Butrinto a Corfù, mezzi da sbarco
tedeschi. Tutti gli aeroporti pugliesi, grandi e piccoli, come quelli di Foggia,
Biferno, Stornara, Lecce e Grottaglie si predisposero per accogliere i tanti
velivoli che quotidianamente riuscivano a fuggire da quella parte d’Italia
ancora in mano ai tedeschi. La Regia Aeronautica, con enormi sacrifici, riordinò
le proprie unità, ricostruì le basi nei territori liberi e recuperò il
materiale abbandonato in Africa settentrionale permettendo ai tecnici ed ai
meccanici di rimettere in uso o ricostruire velivoli, motori ed attrezzature di
bordo. È necessario sottolineare che, nell’arco di tempo che va dall’8
settembre al 13 ottobre 1943, non essendoci fra l’Italia e la Germania uno
stato di guerra, i piloti italiani catturati dai tedeschi venivano passati per
le armi, dopo un processo sommario, in quanto combattenti irregolari. Due
giorni dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, la Regia Aeronautica costituì
l’Unità Aerea, responsabile
dell’impiego, dell’addestramento, della disciplina e del funzionamento dei
servizi amministrativi e tecnici di tre raggruppamenti di specialità: Caccia;
Bombardamento; Trasporto-Idrovolanti.
Questa Unità, che iniziò ad operare legittimamente sotto la copertura giuridica
del diritto internazionale, fu posta alle dipendenze del Comando delle Forze
Aeree Alleate il quale distaccò propri ufficiali presso ciascun raggruppamento.
Sebbene l’Unità Aerea avesse chiesto al Comando Alleato di operare esclusivamente
sul fronte italiano, fu impiegata anche nei Balcani ed inserita, pertanto,
negli organici della Balkan Air Force.
L’attività operativa dei raggruppamenti Caccia e Bombardamento «fu indirizzata
ai Balcani a sostegno della Divisione “Garibaldi” e delle forze partigiane
jugoslave. Il raggruppamento Idro venne impiegato fino al 1945 in scorte a
convogli navali alleati ed a navi isolate italiane ed alleate, in caccia
antisommergibili, vigilanza costiera, ricerca, soccorso e recupero di
naufraghi, ricerca di mine e naviglio, trasporto di feriti ed ammalati»[4]. In
particolare, il raggruppamento Caccia fu
impiegato «contro le basi tedesche in Albania e Jugoslavia, dalle quali
partivano i velivoli che andavano a colpire le truppe italiane in Montenegro.
Le operazioni di avio rifornimento peri soldati italiani furono garantite dai
velivoli S.81, S.82, Cant. Z. 1007 del
Raggruppamento Trasporti, che solitamente effettuavano sortite con atterraggi per
poter permettere l’evacuazione dei feriti, non solo italiani ma anche alleati e
jugoslavi […] Le operazioni della Regia Aeronautica in Jugoslavia non si
limitarono alle azioni in sostegno ai reparti dell’Esercito, ma diedero un
notevole contributo all’offensiva contro le forze germaniche»[5].
Inizialmente, i velivoli furono concentrati nel Salento, sulla base di Galatina
(Lecce), dotata di pista in cemento ed hangars, sull’aeroporto di manovra di Leverano e, successivamente, su quello di Canne.
A partire dal luglio del 1944, ricevuti in dotazione i Martin M. 187 Baltimore, l’Unità Aerea incrementò il
suo raggio d’azione fino ad arrivare a colpire obiettivi nemici in Dalmazia.
Nel frattempo, anche gli Alleati trasferirono in Puglia centinaia di
aerei di ogni tipo. I principali aeroporti furono occupati dalla 15a Forza Aerea Alleata la quale predispose ben 23 piste di manovra in terra battuta. Con l’arrivo
poi a Galatina di 48 bombardieri alleati, i velivoli da Caccia italiani furono
rischierati sulla pista in terra battuta di Palata, vicino Foggia. L’Unità
Aerea operò, senza soluzione di continuità, fino all’8 maggio 1945.
Bibliografia sommaria
Commissione Italiana di Storia Militare, La partecipazione delle Forze Armate alla Guerra di Liberazione e di Resistenza
8 settembre 1943 8 maggio 1945, Ente Editoriale per l’Arma dei Carabinieri,
2003.
Crucco R., Le forze armate nella lotta per la
Liberazione, in «Rivista Militare», n. 3, 1975, da La Guerra di Liberazione - Scritti nel Trentennale, SME - Ufficio Storico,
1976.
Mazzetti M., Gli avvenimenti dell’8 settembre nel quadro
della strategia della II Guerra Mondiale, in Otto settembre 1943
l’armistizio italiano 40 anni dopo, Atti del Convegno Internazionale
(Milano 7-8 settembre 1983), Ministero della Difesa - Comitato Storico «Forze
Armate e Guerra di Liberazione», Roma, 1985.
Loi S., I rapporti fra Alleati e Italiani nella
cobelligeranza, Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, Roma, 1986.
Prinzi G., Coltrinari
M., Salvare il Salvabile - La crisi
armistiziale dell’8 settembre 1943: per gli Italiani, il momento delle scelte,
Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2008.
[1] Fuori dai confini nazionali
stazionavano circa 900.000 uomini, una forza imponente ma fragile in quanto senza
precisi ordini operativi.
[2] Poli L., Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Prefazione alla monografia di Loi S., I rapporti fra Alleati e Italiani nella
cobelligeranza, Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, Roma, 1986,
p. 3.
[3] Crucco
R., Le forze armate nella lotta per la
Liberazione, in «Rivista Militare», n. 3, 1975, da La Guerra di Liberazione - Scritti nel Trentennale, SME-Ufficio
Storico, 1976, p. 79.
[4] Gen.
C.A., Sen. Luigi Poli, Prof. Gianni Oliva, Le
Forze Armate dalla Guerra di Liberazione alla nascita della Repubblica
1943-1947, ANCFARGL, Roma, 1997, p. 49.
[5]
Commissione Italiana di Storia Militare, La
partecipazione delle Forze Armate alla Guerra di Liberazione e di Resistenza 8
settembre 1943 8 maggio 1945, Ente Editoriale per l’Arma dei Carabinieri,
2003, pp. 108-110.
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