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lunedì 9 novembre 2020

La prigionia in Russia 1941-1946

ARCHIVIO

Progetto 2019/2. 

Le vicende dei Militari Italiani in Russia



Si riporta la relazione del s.ten medico Temistocle Pallavicini al suo rientro dalla prigionia i URSS (1946)

 Il sottoscritto Ten. medico Pallavicini Temistocle di Eugenio, classe 1914, Distretto Militare di Varese, appartenente al 3° Rgt. Bersaglieri, 3^ divisione ”Celere”, rimpatriato dalla Russia il 9/7/46,attualmente residente a Gallarate, Via Bonomi – 2 -, dichiara quanto segue circa i fatti accaduti durante la prigionia ed il viaggio di rimpatrio:

1) catturato a Medowa (regione di Meskov) il 21/12/42, deportato al campo 188 di Tambov e successivamente ai seguenti campi di concentramento: -20/1/43 - 14/5/43 Tambov; 20/5/43 - 22/8/43 Kurart Baravoje (Kasakatan); 4/9/43 - 19/11/44 campo Ufficiali 160 a Susdal; dal 26/11/44 al rimpatrio, campo 217/9 di Kramatorsk (Stalino Donbass)

2) I prigionieri italiani e croati della colonna con me catturata, furono inviati a piedi (dopo essere stati nella massima parte privati di tutti gli oggetti di valore e in gran parte degli oggetti necessari di vestiario, tanto più necessari in tali condizioni particolari di stagione e di latitudine, calzature, pellicce e guanti). La marcia di trasferimento sino alla stazione ferroviaria di Mikajlovka, durò esattamente dal 22/12/42 al 10/1/43; i soldati ricevettero nutrimento due volte in tutto (una zuppa di bucce di patate ed una di grano, non pane); essi venivano talvolta alloggiati la notte in scuole o pagliai, ma la più parte delle volte, all'addiaccio. Facevano parte della Colonna circa 200 italiani ed altrettanti croati i quali, approfittando della conoscenza della lingua ed atteggiandosi a vittime lontane ed anche immediate degli italiani, ponevano sempre i nostri soldati in condizioni di netta e talvolta inumana inferiorità di fronte alla scorta e alla popolazione che cercava di aiutare le colonne di prigionieri di passaggio. Frequenti gli incidenti e le zuffe fra italiani e croati, di qualunque natura fosse l'incidente e da qualunque parte fosse il buon diritto. Lo stesso dicasi degli ufficiali croati nei nostri riguardi di ufficiali italiani, sia pure per ovvie ragioni in forma non violenta; certo che più di una volta, gli ufficiali croati riuscirono a trovare domicilio e nutrimento nelle case “loro soli” quando le famiglie erano disposte ad accettarci tutti. Nella mia colonna, i morti lungo il cammino furono fortunatamente pochi, e, a quanto mi ricordo, tutti italiani. A Mikajlovka fummo avviati in treno (ufficiali separati) verso Tambov. La separazione fra ufficiali e soldati era puramente formale, anzi, parecchie volte fummo insultati, percossi e minacciati a mano armata nei vagoni perché  “ufficiali”.

Il viaggio in condizioni disastrose per soprannumero di presenti nei vagoni  (ricoperti la notte di ghiaccio anche all'interno), con nutrimento saltuario e scarso, segnò un numero imponente di morti.

3) Campo 188 di Tambov: baraccamenti in legno più o meno riparati dalle intemperie, mancanza assoluta di pulizia e di riscaldamento, violenze e soprusi da parte dei russi, validamente aiutati dai capibaracca e dagli addetti ai servizi: rumeni, ungheresi, jugoslavi. Questi ultimi ancora una volta particolarmente irati contro gli italiani.

Lotta per l'esistenza alle distribuzioni teoricamente regolari di vitto scarso e scadente; unico alimento regolare il pane, ma dei 600 grammi di spettanza, ne arrivavano regolarmente 150-200 grammi, il rimanente trafugati, per essere nel  vero, nel tratto dal magazzino alle baracche (assalti ed occultamenti). Messo come medico in una baracca di diarroici, devo riconoscere che per una quindicina di giorni, il vitto (in questa baracca ed in qualche altra chiamate “sperimentali” nel tentativo di frenare la marcia della moria) era discreto, tuttavia regnava la più assoluta mancanza di medicinali. Il sottoscritto, come i medici in genere era continuamente minacciato di prigione e di morte sotto l'accusa di “non voler curare gli italiani” e nel caso la mortalità giornaliera avesse superato una determinata percentuale. Epidemia di tifo avitaminosi, diarree di origine diverse, distrofia, tubercolosi. Ammalatomi di tifo esantemico fui ricoverato all'ospedale, dove, seppure i mezzi a disposizione erano sempre scarsi, tuttavia il trattamento era più che umano. Di ritorno, convalescente al medesimo campo e nuovamente incaricato di una baracca - convalescenziario -, notai come le condizioni generali (sanitarie ed alimentari) erano molto migliorate. Incaricato dal cosiddetto “commissario” un italiano fuoriuscito di cui non ricordo il nome di fare un censimento per nazionalità e per malattia, di tutto il campo, raccolsi un totale di meno 1000 presenti (di cui solo 189 italiani) bilancio: mortalità dell'80 - 90%;

3) campo 1074 Kurart Baranoje. Circa 500 deboli, con i medici, vennero inviati in un ospedale convalescenziario nel Kasakstan. Trattamento buono; sempre scarsi però i medicinali. Dopo due mesi di lavoro tecnico  (molto limitato però) io e gli altri ufficiali medici italiani del campo, un mattino fumo privati del camice, e messi a fare il muratore, nell'ospedale stesso, fra la comprensione degli italiani, la derisione degli stranieri e l'indifferenza dei russi civili. Ogni spiegazione richiesta ha sempre avuto evasioni a volte vaghe, a volte ridicole, a volte offensive; fino a che venni trasferito il 22/8/43 nel campo ufficiali 160 di Susdal.

4) campo 160 di Susdal. Sistemazione degli ufficiali decente, solo decente, trattamento materiale decente; dal lato morale, troppi interrogatori e propaganda unilaterale; risultato: parecchi screzi e situazioni tese fra gli ufficiali create dal giornale murale, dagli incaricati ufficiosi ed ufficiali (russi- fuoriusciti italiani - ufficiali italiani) ; parecchie situazioni (mai degenerate, salvo qualche caso sporadico in manifestazioni di violenze personali) che hanno contribuito a creare malintesi in momenti in cui la situazione italiana e la nostra posizione di prigionieri di guerra avrebbe esigito una condotta unica di onestà, indipendentemente dalle ideologie politiche personali o di gruppo.

5) campo 217/9 Kramatorak. Inviato come medico nel novembre 1944. Se si leva l'alimentazione, più abbondante e veramente più regolare, le condizioni sanitarie erano quelle del 43. Nuova epidemia con tutti i suoi strascichi. Italiani nel campo 24, tutti provenienti dalla Grecia portati in Germania e poi in Russia (offensiva '44). Bilancio: 3 morti. Tutti gli altri trovarono buone sistemazioni per interessamento del mio collega, Ten. Medico Giannesso Nicola di Messina e mio, sottraendoli, per quanto possibile, al terribile sfruttamento sul lavoro esercitato dai russi (interessati ai guadagni della fabbrica cui era annesso il campo) e dai soliti capi prigionieri ( iperalimentazione - relativa libertà - diritto assoluto di comando in ogni senso). Mai goduta la minima libertà, pure esercitando nella popolazione civile; frequentissimi le umiliazioni da parte del personale russo; gli stessi medici russi passavano dalla comprensione e persino bontà, alle umiliazioni più avvilenti, secondo gli umori e la paura del comandante del capo e dell'ufficiale della N.K.V.D. Nessuna noia dal lato della N.K.V.D,

6) Rimpatrio. Il 27/4/46 gliele dato l'ordine di rimpatrio. A Odessa ritrovo gli Ufficiali miei compagni. Permanenza ad Odessa buona; richiesto più volte di firmare dichiarazioni ed attestati di buon trattamento. Firmatone uno  come ufficiale medico, in privato circa la alimentazione “sufficiente”.

Situazione calma anche nel periodo elettorale della Costituente. Non manifestazioni politiche di parte. Circa gli incidenti verificatosi alla frontiera non sono stato testimone di nessun fatto violento pur sapendo per racconto di bocca comune, che il Cap.no Lombardo ed il Ten. Mazzucchelli Ivo sono stati percossi. Al Tarvisio ho visto un rogo nel quale mi si dissero bruciati libri ed opuscoli di propaganda comunista. Ho sentito anche gli ufficiali imputati di aver denunciati dei compagni. Personalmente non posso dir nulla. So solamente che gli ufficiali più malvisti della comunità erano quelli iscritti al gruppo “attivisti”, fatta eccezione per qualcuno. Non posso dire o precisare nomi  o fatti, essendo stato lontano dal campo 160 nel periodo per così dire dell'evoluzione militare e politica degli avvenimenti.  Viaggio buono ed accoglienza veramente affettuosa dalla frontiera a Milano; particolare l'accoglienza degli studenti padovani.

 

In fede

 

F.to Tenente medico Pallavicini Temistocle

 

N.B. Degli ufficiali di mia conoscenza ed a mia conoscenza, mi risultano non rimpatriati a tutt'oggi:

- Generale   RICAGNO Umberto

-       “          PASCOLINI

-       “          BATTISTI

- Maggiore  MASSA Alberto

- Capit,        MAGNANI

- Ten.           IOLI

- S. Ten.      CANGIANO

- Capit.        MARCIANO

- Ten. Capp. FRANZONI

- Ten. Capp. BREVI

. Ten             REGINATO



F.to Ten. PALLAVICINI Temistocle



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