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Progetto 2019/2.
Le vicende dei Militari Italiani in Russia
Si riporta la relazione del s.ten medico Temistocle Pallavicini al suo rientro dalla prigionia i URSS (1946)
Il sottoscritto Ten. medico Pallavicini Temistocle di Eugenio, classe 1914, Distretto Militare di Varese, appartenente al 3° Rgt. Bersaglieri, 3^ divisione ”Celere”, rimpatriato dalla Russia il 9/7/46,attualmente residente a Gallarate, Via Bonomi – 2 -, dichiara quanto segue circa i fatti accaduti durante la prigionia ed il viaggio di rimpatrio:
1)
catturato a Medowa (regione di Meskov) il 21/12/42, deportato al campo 188 di
Tambov e successivamente ai seguenti campi di concentramento: -20/1/43 -
14/5/43 Tambov; 20/5/43 - 22/8/43 Kurart Baravoje (Kasakatan); 4/9/43 -
19/11/44 campo Ufficiali 160 a Susdal; dal 26/11/44 al rimpatrio, campo 217/9
di Kramatorsk (Stalino Donbass)
2)
I prigionieri italiani e croati della colonna con me catturata, furono inviati
a piedi (dopo essere stati nella massima parte privati di tutti gli oggetti di
valore e in gran parte degli oggetti necessari di vestiario, tanto più
necessari in tali condizioni particolari di stagione e di latitudine,
calzature, pellicce e guanti). La marcia di trasferimento sino alla stazione
ferroviaria di Mikajlovka, durò esattamente dal 22/12/42 al 10/1/43; i soldati
ricevettero nutrimento due volte in tutto (una zuppa di bucce di patate ed una
di grano, non pane); essi venivano talvolta alloggiati la notte in scuole o
pagliai, ma la più parte delle volte, all'addiaccio. Facevano parte della
Colonna circa 200 italiani ed altrettanti croati i quali, approfittando della
conoscenza della lingua ed atteggiandosi a vittime lontane ed anche immediate
degli italiani, ponevano sempre i nostri soldati in condizioni di netta e
talvolta inumana inferiorità di fronte alla scorta e alla popolazione che
cercava di aiutare le colonne di prigionieri di passaggio. Frequenti gli
incidenti e le zuffe fra italiani e croati, di qualunque natura fosse
l'incidente e da qualunque parte fosse il buon diritto. Lo stesso dicasi degli
ufficiali croati nei nostri riguardi di ufficiali italiani, sia pure per ovvie
ragioni in forma non violenta; certo che più di una volta, gli ufficiali croati
riuscirono a trovare domicilio e nutrimento nelle case “loro soli” quando le
famiglie erano disposte ad accettarci tutti. Nella mia colonna, i morti lungo il
cammino furono fortunatamente pochi, e, a quanto mi ricordo, tutti italiani. A
Mikajlovka fummo avviati in treno (ufficiali separati) verso Tambov. La
separazione fra ufficiali e soldati era puramente formale, anzi, parecchie
volte fummo insultati, percossi e minacciati a mano armata nei vagoni
perché “ufficiali”.
Il
viaggio in condizioni disastrose per soprannumero di presenti nei vagoni (ricoperti la notte di ghiaccio anche
all'interno), con nutrimento saltuario e scarso, segnò un numero imponente di
morti.
3) Campo 188 di Tambov: baraccamenti in legno più o
meno riparati dalle intemperie, mancanza assoluta di pulizia e di
riscaldamento, violenze e soprusi da parte dei russi, validamente aiutati dai
capibaracca e dagli addetti ai servizi: rumeni, ungheresi, jugoslavi. Questi
ultimi ancora una volta particolarmente irati contro gli italiani.
Lotta
per l'esistenza alle distribuzioni teoricamente regolari di vitto scarso e
scadente; unico alimento regolare il pane, ma dei 600 grammi di spettanza, ne
arrivavano regolarmente 150-200 grammi, il rimanente trafugati, per essere
nel vero, nel tratto dal magazzino alle
baracche (assalti ed occultamenti). Messo come medico in una baracca di
diarroici, devo riconoscere che per una quindicina di giorni, il vitto (in questa
baracca ed in qualche altra chiamate “sperimentali” nel tentativo di frenare la
marcia della moria) era discreto, tuttavia regnava la più assoluta mancanza di
medicinali. Il sottoscritto, come i medici in genere era continuamente
minacciato di prigione e di morte sotto l'accusa di “non voler curare gli
italiani” e nel caso la mortalità giornaliera avesse superato una determinata
percentuale. Epidemia di tifo avitaminosi, diarree di origine diverse,
distrofia, tubercolosi. Ammalatomi di tifo esantemico fui ricoverato
all'ospedale, dove, seppure i mezzi a disposizione erano sempre scarsi,
tuttavia il trattamento era più che umano. Di ritorno, convalescente al
medesimo campo e nuovamente incaricato di una baracca - convalescenziario -,
notai come le condizioni generali (sanitarie ed alimentari) erano molto
migliorate. Incaricato dal cosiddetto “commissario” un italiano fuoriuscito di
cui non ricordo il nome di fare un censimento per nazionalità e per malattia,
di tutto il campo, raccolsi un totale di meno 1000 presenti (di cui solo 189
italiani) bilancio: mortalità dell'80 - 90%;
3) campo 1074 Kurart Baranoje. Circa 500 deboli, con i
medici, vennero inviati in un ospedale convalescenziario nel Kasakstan.
Trattamento buono; sempre scarsi però i medicinali. Dopo due mesi di lavoro
tecnico (molto limitato però) io e gli
altri ufficiali medici italiani del campo, un mattino fumo privati del camice,
e messi a fare il muratore, nell'ospedale stesso, fra la comprensione degli
italiani, la derisione degli stranieri e l'indifferenza dei russi civili. Ogni
spiegazione richiesta ha sempre avuto evasioni a volte vaghe, a volte ridicole,
a volte offensive; fino a che venni trasferito il 22/8/43 nel campo ufficiali
160 di Susdal.
4) campo 160 di Susdal. Sistemazione degli ufficiali
decente, solo decente, trattamento materiale decente; dal lato morale, troppi
interrogatori e propaganda unilaterale; risultato: parecchi screzi e situazioni
tese fra gli ufficiali create dal giornale murale, dagli incaricati ufficiosi
ed ufficiali (russi- fuoriusciti italiani - ufficiali italiani) ; parecchie
situazioni (mai degenerate, salvo qualche caso sporadico in manifestazioni di
violenze personali) che hanno contribuito a creare malintesi in momenti in cui
la situazione italiana e la nostra posizione di prigionieri di guerra avrebbe esigito
una condotta unica di onestà, indipendentemente dalle ideologie politiche
personali o di gruppo.
5) campo 217/9 Kramatorak. Inviato come
medico nel novembre 1944. Se si leva l'alimentazione, più abbondante e
veramente più regolare, le condizioni sanitarie erano quelle del 43. Nuova
epidemia con tutti i suoi strascichi. Italiani nel campo 24, tutti provenienti
dalla Grecia portati in Germania e poi in Russia (offensiva '44). Bilancio: 3
morti. Tutti gli altri trovarono buone sistemazioni per interessamento del mio
collega, Ten. Medico Giannesso Nicola di Messina e mio, sottraendoli, per
quanto possibile, al terribile sfruttamento sul lavoro esercitato dai russi
(interessati ai guadagni della fabbrica cui era annesso il campo) e dai soliti
capi prigionieri ( iperalimentazione - relativa libertà - diritto assoluto di
comando in ogni senso). Mai goduta la minima libertà, pure esercitando nella
popolazione civile; frequentissimi le umiliazioni da parte del personale russo;
gli stessi medici russi passavano dalla comprensione e persino bontà, alle
umiliazioni più avvilenti, secondo gli umori e la paura del comandante del capo
e dell'ufficiale della N.K.V.D. Nessuna noia dal lato della N.K.V.D,
6) Rimpatrio. Il 27/4/46 gliele dato l'ordine di rimpatrio. A
Odessa ritrovo gli Ufficiali miei compagni. Permanenza ad Odessa buona;
richiesto più volte di firmare dichiarazioni ed attestati di buon trattamento.
Firmatone uno come ufficiale medico, in
privato circa la alimentazione “sufficiente”.
Situazione
calma anche nel periodo elettorale della Costituente. Non manifestazioni
politiche di parte. Circa gli incidenti verificatosi alla frontiera non sono
stato testimone di nessun fatto violento pur sapendo per racconto di bocca
comune, che il Cap.no Lombardo ed il Ten. Mazzucchelli Ivo sono stati percossi.
Al Tarvisio ho visto un rogo nel quale mi si dissero bruciati libri ed opuscoli
di propaganda comunista. Ho sentito anche gli ufficiali imputati di aver
denunciati dei compagni. Personalmente non posso dir nulla. So solamente che
gli ufficiali più malvisti della comunità erano quelli iscritti al gruppo
“attivisti”, fatta eccezione per qualcuno. Non posso dire o precisare nomi o fatti, essendo stato lontano dal campo 160
nel periodo per così dire dell'evoluzione militare e politica degli
avvenimenti. Viaggio buono ed
accoglienza veramente affettuosa dalla frontiera a Milano; particolare
l'accoglienza degli studenti padovani.
In
fede
F.to
Tenente medico Pallavicini Temistocle
N.B.
Degli ufficiali di mia conoscenza ed a mia conoscenza, mi risultano non
rimpatriati a tutt'oggi:
-
Generale RICAGNO Umberto
- “ PASCOLINI
- “ BATTISTI
-
Maggiore MASSA Alberto
-
Capit, MAGNANI
-
Ten. IOLI
-
S. Ten. CANGIANO
-
Capit. MARCIANO
-
Ten. Capp. FRANZONI
-
Ten. Capp. BREVI
.
Ten REGINATO
F.to
Ten. PALLAVICINI Temistocle
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