SCENARI, REGIONI, QUADRANTI
FOREIGN
FIGHTER
Di
Eros
La Rocca
I Foreign Fighter sono combattenti transnazionali appartenenti politicamente
a Nazioni terze, che partecipano ad un conflitto armato in atto in territorio
diverso dal proprio, e che si uniscono a insorti appartenenti a quest’ultimo
Stato durante un conflitto civile, confluendo e operando entro i margini di un
insorgenza[1],
provocata da un vasto e profondo vuoto sociale, avendo legami con le fazioni in
lotta, però senza un affiliazione diretta ad un organizzazione militare e senza
ricevere una remunerazione.
I primi a parlare dei foreign fighters in ambito
internazionale sono stati i membri dello ICCT[2]
nel settembre del 2012 mostrando come il numero dei combattenti subisse un incremento
nel conflitto siriano, e come questo fenomeno apportava un processo di
radicalizzazione più veloce sui combattenti locali anti-governativi.
Nel giro di un anno, nel
febbraio del 2013, l’ICSR[3]
completa uno studio[4] nel quale sottolinea che
il fenomeno si stava estendendo a sempre più paesi occidentali, e sarebbe
continuato a crescere, diventando in futuro una grave problematica che avrebbe
colpito gli stessi paesi dai quali provenivano i combattenti.
Il Segretario di Stato Britannico
per gli Esteri e per gli Affari del Commonwealth,
William Hague, evidenziava il pericolo potenziale di quello che stava
accadendo, poiché riteneva che questi individui addestrati in Siria, avrebbero
tentato, una volta terminato il conflitto medio-orientale, la condotta di
attacchi su obiettivi di interesse occidentale in medio-oriente, o negli stessi
Stati d’origine.
Nel dicembre del 2013 l’ICSR
pubblica un secondo studio[5]
nel quale era riportato che il numero dei “FF”
aveva raggiunto le 11.000 unità, confermando la provenienza dai paesi
Occidentali.
Nel giugno 2014 un rapporto[6]
del “Soufan Group[7]” aveva rivelato
che altri 12.000 combattenti avevano raggiunto la Siria, e che 3.000 di questi in
seguito avevano fatto ritorno nei paesi occidentali.
La cosa più allarmante è che,
una volta tornati dal conflitto, questi combattenti avrebbero tentato di unirsi
a gruppi che ostentavano una propensione alla violenza e all’estremismo.
Capire da che parte del mondo
provengano i diversi combattenti stranieri è un compito ostico a causa della tendenza
di questi ad offuscare la loro vera identità a causa della natura clandestina
della loro attività, e diventa cosi problematico capire le provenienze e lo
studio di questo fenomeno. Sono musulmani o neo convertiti, con cultura diversitficata
e con legami di vario genere con la regione geografica in conflitto.
Un rapporto iniziale[8] del giungo del 2014 stimava il numero dei “FF” presenti in Siria e unitisi dal 2011
a ISIL, Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham[9],
approssimativamente di 12.000 unità, provenienti da 81 paesi; la stessa fonte
stimava a fine del 2015 che questi passavano a 30.000 da 86 paesi, fino a
raggiungere il 2016 con 42.000 reclutati, palesando che questo fenomeno non è
solo numerico ma anche di natura globale, toccando numeri mai raggiunti da
nessun altro conflitto dalla guerra afghana degli anni ’80. La maggior parte di
questi sono mediorientali e circa 4.000 europei.
In Russia il fenomeno ha avuto
una crescita esponenziale passando da 800 nel 2014, a 3.400 nel settembre 2016;
la maggior parte provenienti dalla Cecenia e dal Daghestan; sarebbero 5.300
quelli proveniente dalle ex repubbliche sovietiche.
Tra il Nord-Africa e il
Medio-Oriente i numeri aumentano vertiginosamente, si parla di 14.000
combattenti, di cui il maggior contribuito è fornito dalla Tunisia con 4.000, e
segue l’Arabia Saudita con 3.200, Giordania 3.000, Marocco 1.500, Libano 900,
Libia 600, Egitto 600, Algeria 200.
Anche la Turchia ha
contribuito con 2.100 combattenti, di cui molti sono tornati nella madrepatria,
e 500 di questi sono stati già arrestati per la loro adesione a ISIL, e 100 per
aver combattuto con Jabhat al-Nusra.
Il Sud-Est asiatico non è
immune da questo fenomeno, e in accordo con le fonti ufficiali Indonesiane si
passerebbe dai 45 combattenti nel 2014 a 700 nel 2015.
Usa e Canada rimarrebbero
stabili dal 2014, e secondo fonti dell’FBI sono 150 gli americani che hanno
viaggiato fino in Siria, mentre 100 sarebbero stati arrestati nel tentativo,
mentre sarebbero 130 i canadesi che avrebbero intrapreso lo stesso viaggio.
Da ricerche effettuate[10]
il numero di “FF” proveniente
dall’Europa si aggira nel 2015 intorno ai 4.000 soggetti, e di questi 3.000
sono provenienti da soli quattro paesi: Gran Bretagna, Germania, Francia e
Belgio. Proprio quest’ultimo paese è un caso anomalo poichè colpito da diversi
attentati e quello con un più alto numero di “FF” in rapporto alla popolazione, cioè 41 per milione di abitanti.
Il paese europeo con il più
alto numeri di combattenti è con 1000 individui la Francia, di cui 246
ritornati nel paese; dalla Germania 800 di cui 250 tornati; dal Regno Unito 800
e più della metà è rientrata; dal Belgio 450 di cui 100 sono rientrati.
Dall’Austria 300 persone; 300
dalla Svezia; dall’Olanda 220 con 40 ritorni; 204 persone dalla Spagna con 25
rientri; 125 dalla Danimarca, di cui fanno parte anche diversi di origine
danesi convertitisi all’Islam; dall’Italia 125 foreign fighters; 70 dalla
Finlandia; 30 rispettivamente dall’Irlanda e Polonia; 10 dal Portogallo; 6
rispettivamente dal Lussemburgo e Slovacchia; 5 dalla Bulgaria; 3 dalla
Slovenia; 2 dall’Estonia; Lettonia e Croazia 1 persona.
Dei 4.000 foreign fighter
europei il 14% sono deceduti in combattimento, il 23% è costituito da
neo-convertiti all’Islam, di cui molti inoltre hanno subito una
radicalizzazione estremamente rapida, e il 17% sono donne.
Secondo l’Europol i potenziali
terroristi rientrati nel 2016 negli Stati adottivi sono da considerarsi una
minaccia alla sicurezza e sono il 30%, cioè circa 1.200[11].
Un dato che spicca è che molti
di questi provengono dai medesimi quartieri urbani europei, suggerendo cosi che
i flussi dei combattenti siano gestiti da network locali pre-esistenti,
composti principalmente da cerchie di amici o famigliari, conoscenti
radicalizzati che vivono in contesti condivisi.
Un fattore che risalta è che
la maggior parte dei provenienti dall’Europa non hanno una base militare
pregressa; questi infatti una volta arrivati in Siria vengono sottoposti ad una
fase addestrativa della durata di 45 giorni, a differenza dei combattenti provenienti
dai paesi arabi, dal Caucaso e dall’Asia che già arriverebbero in possesso di
una preparazione di base. Ad alcuni occidentali sarebbe stato impedito di
partecipare ai combattimenti esattamente per la loro scarsa preparazione
militare, venendo reimpiegati in incarichi di supporto e logistica.
Al fine di integrare queste
informazioni bisogna evidenziare il fatto che hanno partecipato al conflitto
dei veterani reduci dell’Afghanistan, Pakistan, Iraq, Somalia, Cecenia, Bosnia,
Libia e Irlanda, contribuendo fattivamente all’innalzamento dello standard
operativo generale.
[1] Combattimento armato entro i confini di un’entità sovrana
riconosciuta tra parti soggette a comune autorità all’inizio delle ostilità
[2] International
Center for Counter-Terrorism – The Hague. The Foreign Fighters Phenomenon in
the European Union
[3] International
Centre for the Studi of Radicalization and Political Violence
[4] #Greenbirds: Measuring Importance and Infuence in
Syrian Foreign Fighter Networks
[5] Up to 11.000
foreign fighters in Syria; steep rise among Western Europeans- 17th
December 2013
[6] Beyond The Caliphate: Foreign Fighters and the Threat
of Returnees
[7]
Gruppo
che fornisce servizi a organizzazioni governative e multinazionali relative a
sicurezza strategica e intelligence
[8] Foreign Fighters
in Syria - Richard Barrett,Senior Vice
President of The Soufan Group. June 2014
[9] Gruppi armati
jihadisti salafiti attivi dal 2012, nel contesto della guerra civile siriana
[10]
Centro
Studi Internazionali: Identikit Dei Foreign Fighters Europei,
22 Marzo 2017 - Luca Bregantini
[11] Dati forniti dall’
International Center for Counter-Terrorism dell’Aja
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