APPROFONDIMENTI
Un'altra circostanza è da mettere in luce: la
scarsezza di artiglieria pesante e di munizionamento in confronto alla quantità
che occorreva per la guerra di posizione. Largamente provvista in previsione di
una guerra breve (largamente s'intende in confronto del misero munizionamento
austriaco nel luglio 1914), l’Italia nei dieci mesi di neutralità non aveva
potuto aumentare che del 20% al più le proprie dotazioni di proietti. Essa non
era mai stata una potenza che trafficasse in materiali di guerra; anzi, era
all’inizio degli sforzi per rendersi per quanto possibile indipendente dalle
forniture straniere. E’ naturale che, nella lotta contro l’Austria, pro-
duttrice di tali materiali e che aveva avuto dieci mesi di tempo I per
fabbricarne senza limiti di spesa, fossimo, in suo confronto, caduti in ristrettezze.
In condizioni analoghe e per le stesse cause si | era trovata l'Inghilterra,
tanto che il maresciallo Wilson nel suo giornale dichiara che gli inglesi nel
luglio 1915 non avevano «les munitions nécessaires pour une attaque de 4
divisions». Si vedrà come l’Italia anche in questo campo, abbia saputo
progredire durante la guerra.
Non soltanto di munizioni difettava l’Italia, ma
anche di mezzi sussidiari e di armi da trincea. Si comprende come un organismo
complesso non possa funzionare da principio senza attriti e senza deficienze e
che chi entra nuovo in guerra si trovi, per questo, in condizioni di
inferiorità. Nell'autunno del 1915 il sottocapo di stato maggiore dell’esercito
mi diceva che le pinze tagliafili regolamentari si erano dimostrate inadatte a
recidere i reticolati austriaci, formati di un filo assai più robusto di quanto
si era preveduto, e che le prime pinze efficaci erano giunte nel luglio. Bombe
a mano, lancia bombe e bombarde — tutto, cioè, l’armamentario per la guerra di
trincea — mancava o trovavasi allo stato rudimentale.
La situazione, dunque, si presentava così: terreno,
il più aspro e difficile dei teatri di guerra; zona per le grandi operazioni
limitata, così da rendere problematica la sorpresa; mezzi tecnici ed
artiglierie, scarsi; nemico, valoroso, agguerrito da 10 mesi di guerra ed
infiammato d’odio contro gli italiani. Le forze inviate da principio dai
provetti capi dell’esercito tedesco ed austriaco erano da essi ritenute
sufficienti per la sicura difesa sulla linea dell’Isonzo; quando non lo furono
più, il contegno passivo dei serbi permise di mettere a disposizione di Conrad
una riserva considerevole. In queste condizioni era ammissibile uno sfondamento
da parte nostra, quando non era stato possibile su fronti dove le difficoltà
non erano così gravi?
Avvenne dunque quanto doveva accadere, cioè si
confermò sulla nostra fronte quanto si era verificato altrove: il passaggio
alla guerra di posizione. Cosa volevano Joffre e Cadorna? sfondare la fronte
avversaria, passare alla guerra di movimento, alla lotta rapida, decisiva,
possibilmente in territorio nemico. Ma per questo occorreva rompere il muro
dell’avversario in modo che questo non potesse più turare la falla con un altro
muro alquanto più arretrato, occorreva dunque esaurire la potenza militare e
soprattutto le riserve nemiche. Oltre otto milioni di soldati poteva portare in
campo la Germania, sei l’Austria: essi non erano tutti in linea, una parte si
trovavano in riserva dietro l’esercito, altri all’istruzione in paese, altri
dovevano essere ancora arruolati, ma destinati ad essere istruiti in tempo per
entrare presto nelle file.
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