APPROFONDIMENTI
In base alla convenzione di Pietroburgo, firmata il
21 maggio, gli eserciti russo, serbo e italiano dovevano dirigere, di pieno
accordo, il massimo sforzo contro l’Austria. Ha mantenuto fede, l’Italia, a
questo patto?
Si è già detto che l’Austria nel giugno aveva 221
battaglioni sulla nostra fronte; più precisamente 201 battaglioni e 41 riparti
di standschutzen i quali ultimi si sono contati per prudenza come mezzi
battaglioni, perchè all’inizio della guerra essi avevano, in base ai dati del
kriegsarchiv di Vienna, una forza variabile da 400 a 1000 uomini. Dunque 221
battaglioni, pari a 18 divisioni, erano schierati contro di noi all’inizio
della 1a battaglia dell’Isonzo; gli standschutzen, truppe
territoriali composte di montanari, furono invece impiegati nel montuoso
Tirolo.
Ma iniziata la 1° battaglia sull’Isonzo (30
giugno-5 luglio), seguita a breve distanza dalla 2a (10 luglio-10
agosto), l’Austria s’avvide che i suoi calcoli erano inesatti e cioè che le
forze schierate contro di noi erano insufficienti: in luglio furono allora
inviate in rinforzo alla nostra fronte altre 3 divisioni (8 a, 59
a, 61a) più altre tre brigate da montagna (12a, 14a,
59a), ed una di landsturm (19a), in totale 5 divisioni.
L'aumento continuò in modo che per la 3a e 4a battaglia
sull’Isonzo l’archivio di Vienna dà presenti 80 battaglioni in più delle forze
schierate all’inizio della 1a battaglia; del pari considerevole era
stato l'aumento delle artiglierie. L’offensiva italiana, dunque, aveva servito
quale notevole alleggerimento per i due eserciti alleati impegnati contro
l’Austria. Col suo solito semplicismo il Danilow dice che nessuna cooperazione
era stata possibile dato che gli italiani erano stati fermati presso l’Isonzo.
Ora, che importa se la zona nella quale si combatteva era qualche chilometro
più ad est o più ad ovest, quando con la nostra prima offensiva avevamo attirato
contro di noi l’equivalente di una armata? Qualcuno doveva pur aver provato
sollievo dalla diminuzione delle forze schierate contro di lui.
Delle truppe affluite alla nostra fronte dal maggio
ai primi di settembre sei divisioni (8a, 17a, 20a
honved, 22a, 28a, 44a) erano provenienti dalla
Russia; otto (1a, 18a, 48a, 50a, 57a,
58a, 59a, 61a) più qualche brigata da montagna
(12a, 14a) dalla Serbia; l’alpenkorps bavarese (di
recente formazione) proveniva dalla Germania. Ora, che dalla fronte russa si
potessero distrarre forze, dato che l’esercito dello czar era in ritirata, si
comprende, ma il togliere tante divisioni dalla fronte serba dove gli austriaci
erano stati battuti, è un fatto che merita un minuto esame.
Già in previsione dell’inizio delle operazioni alla
fronte italiana erano state tolte dalla fronte serba almeno 5 divisioni, tanto
che ne erano rimaste soltanto tre attive, la 59a, la 61a
e la 103a tedesca, più 60 mila uomini di truppa esclusivamente
territoriali e 65 mila uomini di presidio alle fortezze. Ma il 3 luglio, la 61a
divisione ebbe ordine di recarsi alla fronte italiana, dove pure fu, il 20
luglio, trasportata la 59a e il 24 seguì la 19a brigata
da montagna di landsturm di nuova formazione. Poichè la 103a
divisione tedesca era stata trasportata il 10 luglio in Russia, le truppe
mobili alla fronte serba si ridussero così unicamente alla 205° brigata di
marcia; situazione che, salvo una divisione formatasi col raggruppamento dei
battaglioni di truppe di sicurezza, durò immutata sino alla fine del settembre
1915. Ma l’esercito serbo rimase coll’arma al piede.
Le forze serbe, dopo la clamorosa vittoria del
dicembre 1914 sugli austriaci, erano rimaste ‘per cinque mesi indisturbate.
Conrad, in un rapporto in data 5 giugno al generale Bolfras, capo della casa
militare dell’Imperatore, indicava le forze serbe «operative» in 11 grosse
divisioni, in totale da 230 a 250 mila fucili oltre i 25 mila fucili
montenegrini.
La Serbia era in condizioni militari difficili:
separata dagli alleati e malsicura della Bulgaria, doveva temere di essere
attaccata dalle potenze centrali; tanto più che questo attacco era la premessa
necessaria di due essenziali aspirazioni austro-tedesche: l'alleanza colla
Bulgaria ed il diretto collegamento colla Turchia. Un nostro tenente colonnello
di stato maggiore interrogato nell’agosto 1915 sulle probabili imprese tedesche
rispose: «appena possibile la Germania attaccherà la Serbia», e tutti gli
ascoltatori ne convennero. Innegabilmente difficile la situazione, probabile un'azione
austro-tedesca contro il piccolo stato. Che fare, dunque, dal lato militare?
attendere l’attacco, risparmiando le forze? star cioè quieti per timore del
peggio? Kitchener, come si rileva dalla relazione serba, era del parere che i
serbi si sarebbero attenuti a questa condotta di guerra: telegrafò infatti, il
3 luglio, all’addetto inglese: «Io premetto che i serbi, in genere, non si
affretteranno, poichè con una loro azione potrebbero attrarre contro di loro
forze molto superiori a quelle che essi sarebbero in grado di opporre con una
eventuale speranza di successo».
Non risulta se Kitchener ritenesse soltanto
probabile tale condotta o se la approvasse. Ad ogni modo se l’esercito serbo
non entrava in azione nel momento in cui gli austro-tedeschi dovevano premere i
russi e gli austriaci erano premuti dagli italiani, ciò equivaleva a lasciare,
come si lasciò, al nemico la scelta del momento e delle forze da schierare
contro la Serbia. Questa consentì che la Russia retrocedesse e che le forze
mobili austriache accorressero a sostenere la fronte Giulia gravemente
compromessa dai colpi italiani. In tal modo la Serbia cooperò a salvare
l’Austria da una possibile rovina.
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