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martedì 22 settembre 2020

Il fronte ribellistico. La strategia di sopravvivenza

 APPROFONDIMENTI

Caratteri della guerra rivoluzionaria 

e sovversiva nella Guerra di Liberazione


STRATEGIA DAL DEBOLE AL FORTE


Guerriglia e Terrorismo



Le varie iniziative di carattere spontaneo di reazione alla azione tedesca via via confluirono in un più ampio quadro di azione contro i tedeschi. Ormai si doveva passare ad un’azione coordinata, con una direzione centrale che coordinasse l’azione in un piano più ampio sia militare che politico. Usando una terminologia attutale, si doveva adottare una strategia dal debole al forte, avendo constatato che quella adottata all’indomani dell’armistizio era sostanzialmente fallita. Pensando di adottare una strategia di forte a forte, usando i canoni della guerra classica, le forze ribellistiche sarebbero state annientate in breve tempo. Tenere le posizioni, ancorarsi al terreno, agire con formazioni in linea, erano praticamente azioni destinate al fallimento. Si doveva passare alla guerriglia ed all’attentato isolato, tipiche forme della guerra rivoluzionario e/o sovversiva, per i militari di professione, di qualunque paese, soprattutto durante la seconda guerra mondiale, per l’educazione ricevuta, il guerrigliero, il partigiano, il ribelle, il patriota era una figura infida, quasi avvicinabile al criminale di guerra. Assaltare in molti un presidio isolato, massacrare i pochi componenti, portare via prima che le armi e le munizioni, i viveri e gli equipaggiamenti erano azioni considerare più da fuorilegge che da veri soldati. Ma per i combattenti del II fronte questa era l’unica forma di approvvigionamento: quella di prendere ciò che serviva al nemico. 


Le reazioni che si ebbero a tali azioni spesso sono anche motivate da irritazione e rabbia da parte dei soldati che erano di un esercito regolare, che non accettavano di subire perdite in questo modo che consideravano da delinquenti comuni. Per il II fronte era un aspetto molto delicato. Le azioni che si attuavano dovevano essere indirizzate ad obiettivi militari, non fine a sé stessa, in quanto sarebbe stato deleterio e controproducente se presso la popolazione si fosse diffusa la convinzione che queste azioni erano fini a se stesse, e non inserite nella lotta contro il nemico invasore. Ancora più difficile far comprendere le azioni singole di uccisione di questo o quello, che appariva come un semplice assassinio e non una azione di guerra. 


Le azioni dei G.A.P. e dei S.A.P. nelle città, nel quadro della guerriglia urbana, avevano come obiettivo di minare la sicurezza ed il movimento di tedeschi e fascisti, costringendo ad impiegare truppe molto più utili altrove.  Questo non era accettato in linea generale dalla mentalità di tutti gli aderenti alla Repubblica Sociale che consideravano questi atti non atti di guerra, ma atti criminali, con una reazione spesso inconsulta, che peraltro portava a degli eccessi, che sfociavano in rappresaglie ed eccidi, che a loro volta non avevano altro risultato che rafforzare il fronte ribellistico


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