APPRFONDIMENTI
di Alessia Biasiolo
A
proposito dell’educazione dei giovani in epoca nazista, se doveva essere
obbligatorio in ogni scuola leggere “La mia battaglia” di Hitler, assieme a “Il
fungo velenoso” o a “I Protocolli dei Savi di Sion”, in modo da addestrare la
gioventù hitleriana soprattutto a non provare alcun tipo di compassione per
altri esseri umani considerati inferiori o addirittura “non esseri umani”, non
tutti si allinearono davvero alla politica in corso in quel tempo. Il caso celeberrimo
è stato quello proprio di un gruppo di studenti.
I
membri del gruppo denominato “Rosa Bianca” erano studenti universitari di
Monaco di Baviera. Nei loro scritti si leggono illuminanti frasi sull’idea di
Europa unita e federale che sembrano scritte da pochi giorni: un’Europa in cui
la tradizione cristiana avrebbe dovuto segnare un periodo di rinnovamento non
violento, con governi basati sulla tolleranza e la giustizia. Guidati da forti
ideologie antinaziste maturate soprattutto a Ulm in seno alla comunità
cattolica resistente al nazismo, e diffusesi grazie alle comunità parrocchiali,
gli studenti si organizzarono per mettere in pratica le loro idee. Se dovevano
fare la differenza con l’ideologia politica che aveva portato alla dittatura;
se dovevano lottare contro la dilagante e sconsiderata violenza, allora per
primi dovevano essere non violenti. Organizzarono pertanto un’opposizione
pacifica e passiva, scrivendo, stampando e diffondendo volantini che fossero in
grado di svegliare le coscienze tedesche e dimostrare, allo stesso tempo, che
non tutto era perduto per gli ideali di pace e di vita in comune con ogni altro
essere umano. I loro punti di riferimento erano i testi sacri, ma anche la
migliore letteratura tedesca, come gli scritti di Goethe, ad esempio.
L’attività iniziò nel 1942. I primi volantini vennero distribuiti in varie
città tedesche e austriache, nelle zone che si pensavano più recettive del
messaggio antimilitarista. Nel 1942 la situazione militare tedesca non era già delle
migliori: gli Stati Uniti erano entrati nel conflitto e cominciavano ad
organizzare le prime azioni autonome, non di solo appoggio agli alleati. Il
fronte africano traballava e il fronte russo aveva già visto inenarrabili
sofferenze anche per il grande e perfetto esercito teutonico. Quindi il
messaggio giungeva in un momento ideale per essere letto e soppesato secondo
l’ottica degli studenti, e ottenere consenso. L’attività del gruppo continuò così
per ancora alcuni mesi, sempre diffondendo volantini. Nel febbraio del 1943,
quando sembravano adatti i tempi, l’azione divenne più forte, aggiungendo ai
volantini lanciati nell’università stessa, il 18 febbraio, anche slogan
antinazisti dipinti sui muri dell’ateneo. A quel punto la resistenza diventava
netta e manifesta. Un bidello individuò la ragazza che aveva preso l’eroica
decisione di lanciare i messaggi di carta dalle scale verso l’atrio
dell’università e la fece arrestare assieme al fratello, suo complice. I
fratelli Scholl speravano di concentrare le attenzioni della polizia politica
nazista su di loro, inutilmente. Sophie, autrice dell’atto più evidente, venne
torturata fino al 21 febbraio per farle rivelare informazioni utili all’arresto
degli altri membri del gruppo e il 22, assieme al fratello Hans e all’amico Christoph
Probst, venne processata dal Tribunale del Popolo che li accusò di sabotaggio
al regime, allo sforzo bellico, di rovesciamento dello stile di vita
nazionalsocialista, diffamando nel contempo Hitler. Il giorno stesso i tre
ragazzi vennero condannati e uccisi. In aprile vennero processati gli altri
membri più importanti del gruppo, Alexander Schmorell, Willi Graf e Kurt Huber,
un loro professore. Anch’essi vennero ritenuti colpevoli e condannati a morte,
mentre altre persone della “Rosa Bianca” che avevano avuto ruoli di minor
spicco, soprattutto di aiuto alla vedova di Probst rimasta sola e senza
sostegno per sé e i tre figli, vennero condannati a pene detentive.
Per
Hitler era fondamentale stroncare immediatamente episodi o organizzazioni di
quel genere. Pensare che in seno alla Germania nazista qualcuno potesse
liberamente fare circolare le proprie idee di necessario rovesciamento proprio
del suo incarico, non era assolutamente possibile. Pertanto il Tribunale del
Popolo doveva decidere in maniera drastica e immediata, in modo da non fare
serpeggiare ancora il virus dell’incertezza, quando si doveva essere tutti tesi
allo sforzo bellico.
La
questione della resistenza tedesca al nazismo è controversa. Infatti, molti
personaggi anche illustri si sono affrettati, a guerra finita, a definirsi
artefici di movimenti di spionaggio o di resistenza, fondatori della “Rosa Bianca”
stessa, eccetera, forse per sfuggire a lunghe pene detentive dopo essersi
trovati agli arresti per sospetta collusione con il regime dittatoriale. Non
per tutti coloro sono state trovate prove certe, pertanto ancora oggi la Storia
nutre dei dubbi che non può, in mancanza di documentazione, sfatare. Opporsi al
regime nazista non fu semplice. Per sintetizzare la posizione tedesca, di più
strati sociali in vari anni dalla proclamazione di Hitler a capo del Partito
Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, si pensava che il programma politico
così abilmente ostentato si sarebbe poi ridimensionato una volta raggiunto il
potere. Quando, però, alcuni si resero conto che tutto si stava, invece,
realizzando proprio come Hitler aveva pianificato, era troppo tardi per
organizzare una qualche forma efficace di protesta. Eletto cancelliere ed
entrato nei pieni poteri nel 1933, Hitler dispose immediatamente l’eliminazione
di ogni forma di opposizione, soprattutto interna al partito (vedasi la
tristemente famosa Notte dei Lunghi Coltelli).
I
dati degli arresti a seguito dei controlli della Gestapo testimoniano che prese
di posizione ci sono state. In meno di sei anni, circa un milione di tedeschi
furono inviati nei campi di concentramento, il primo dei quali era stato aperto
nel 1934. Attività antinazista è stata imputata a oltre duecentomila persone
condannate a pene detentive in carcere; a circa due anni dalla salita a ruolo
di cancelliere di Hitler, pare esistessero migliaia di centri clandestini di
diffusione di volantini antinazisti. Molti oppositori erano appartenenti a
partiti di sinistra, altri erano oppositori cattolici. Quella rete antinazista
può spiegare la serie di attentati ai quali il Führer sfuggì durante la
dittatura.
Neppure
si deve dimenticare che il grande nemico del Terzo Reich, assieme agli ebrei,
erano i comunisti, pertanto anche verso di loro si era concentrata l’azione
repressiva e, di fatto, eliminatoria sin dai primi tempi del regime, a cominciare
dall’incendio del Reichstag.
“Il
vasto incendio del Parlamento segna l’ultimo conato del comunismo in Germania
mentre il trionfo elettorale di Hitler apre un nuovo periodo della storia
tedesca”, recitava il testo introduttivo al filmato Luce che documentava, in
Italia, la vastità dell’incendio stesso, avvenuto il 27 febbraio 1933 per mano
nazista per incolpare comunisti, ed eventualmente ebrei, del danno alla Germania.
Nei pressi del Parlamento venne trovato il definito agitatore comunista Marinus
Van der Lubbe, un muratore olandese ventiquattrenne che aveva fallito il
progetto di trasferirsi in Unione Sovietica. Sotto tortura, ammise di essere
stato lui a dare fuoco al Parlamento e l’episodio diede spazio ai nazisti per
chiedere all’anziano presidente tedesco di firmare il Decreto dell’Incendio del
Reichstag che aboliva la maggior parte dei diritti della Repubblica di Weimar,
reintroducendo la pena di morte. A seguito di questo, fu possibile condannare a
morte Van der Lubbe nel 1934. Il colpo di mano si rivelava di fatto utile per
smorzare la possibilità di non avere un plebiscito alle elezioni federali del 5
marzo 1933, le ultime in Germania ad essere pluripartitiche prima della
dittatura. Il partito di Hitler ottenere una percentuale intorno al 45%, ma il
Partito Socialdemocratico e il Partito Comunista insieme ottennero comunque
circa il 30% dei voti, addirittura sopravanzando il Nazionalsocialista Tedesco
dei Lavoratori in due casi, tra cui Berlino, dove ottennero addirittura oltre
il 50% dei voti. A quel punto non fu più ostacolata la strada al totalitarismo
hitleriano che si stava componendo in fretta, approvando leggi che mettessero
subito in pratica il progetto politico. In occasione delle elezioni, per
dichiarati motivi di sicurezza, molti esponenti comunisti vennero arrestati e
incarcerati, così come sindacalisti e antinazisti in genere. Nel nuovo
insediamento venne definito finito lo Stato di diritto e finite le garanzie
civili per i cittadini. Già con il Decreto di incendio del Reichstag erano
finiti la libera associazione, il diritto di riservatezza della posta, ad
esempio. Ora si optava per esautorare il Parlamento dei suoi poteri, che di
fatto non aveva più, mentre a breve verrà creata la Gestapo, la polizia
politica. Locali pubblici come le mitiche birrerie tedesche, vennero messe
sotto stretto controllo delle SA e delle SS. Proprio le birrerie, forse sapendo
Hitler quanto potessero diventare pericolose!
La
resistenza a tutto quanto stava accadendo non era semplice, dal momento che si
veniva privati di ogni supporto possibile, ma sindacalisti e partiti di
opposizione organizzarono azioni di volantinaggio e di protesta che vennero ben
presto tacitate. Alcune organizzazioni rimasero segrete anche fino a guerra
inoltrata, ma l’azione capillare di smantellamento da parte soprattutto della
Gestapo non si interruppe mai, nemmeno durante le fasi catastrofiche della
guerra europea.
La
Chiesa cattolica ebbe sempre oppositori al nazismo, come lo stesso caso della
“Rosa Bianca” testimonia, ma anche le Chiese protestanti ebbero simboli di
illuminata opposizione. La linea di condotta generale, infatti, era quella di
non contrapporsi alla linea di governo, qualunque esso fosse, pertanto la non
ingerenza nelle questioni politiche era d’uso. Preti o pastori che vollero
opporsi alle leggi razziali non riuscirono per questo a creare una vera e
propria rete di aiuti, rimanendo perlopiù casi isolati e senza appoggio da
parte delle proprie organizzazioni ecclesiastiche. Soprattutto l’Operazione
Eutanasia fu quella più a rischio per il regime, e Hitler ne era consapevole al
punto che, iniziata in sordina, si fermò all’eliminazione delle persone
considerate più evidentemente compromesse, ma senza “esagerazioni” che
potessero insospettire soprattutto la Chiesa cattolica. Anche la
sterilizzazione forzata non era accettata dalla Chiesa, quindi il regime
operava con oculatezza, perché l’opinione pubblica cattolica era importante e,
soprattutto in alcune aree, molto ricca, capace di influenzare proteste che
potevano rivelarsi troppo difficili da gestire anche per il regime nazista che,
nel 1940, non si poteva permettere scontri aperti con coloro che, invece,
dovevano fungere, almeno sulla carta, da sostenitori.
Lo
stesso dicasi per altre forme di “resistenza” al nazismo in Germania, da parte
di disillusi o delusi, per mancata carriera, per mancata realizzazione di parti
di programma della prima ora. È stato il caso di alcuni militari, soprattutto
della Wehrmacht, che già dagli anni Trenta non vedevano di buon occhio la
politica espansionistica tedesca verso i Sudeti e l’Austria. Diventava nei mesi
evidente che la mira espansionistica tedesca avrebbe portato la Germania di
nuovo in guerra. E se molti erano contenti perché questo metteva in risalto le
carriere militari appunto, ai militari più avveduti diventò da subito chiaro
che quel modo di agire poteva soltanto diventare devastante sul lungo periodo.
Di fronte alla Notte dei Lunghi Coltelli alcuni militari avevano mantenuto le
proprie riserve, tessendo una blanda rete eterogenea che avrebbe avuto lo scopo
di rovesciare il regime a modo e tempo debito. Si attendeva, ad esempio, la
presa di posizione finalmente di Francia e Gran Bretagna che avrebbe dato fiato
alle perplessità all’interno dello Stato Maggiore dell’Esercito, ma saranno
proprio i tentennamenti dei Paesi liberi da gioghi dittatoriali a impedire
un’azione decisa dall’interno.
L’inizio
della seconda guerra mondiale, tutto a favore della Germania hitleriana, fece
accantonare i progetti sovversivi da parte degli interessati che, invece,
ripresero dopo la fallimentare Campagna di Russia e dopo le sconfitte sul
fronte africano. Nei mesi di quiescenza bellica che seguirono l’invasione della
Polonia, i numerosi eccidi compiuti dall’esercito tedesco e dalle SS
disgustarono alcuni militari che ripresero i propri cauti progetti di
rovesciamento del regime: unica soluzione ai più di questo parere, era uccidere
Hitler stesso. Senza uccidere il padre della Patria, il Capo assoluto
liberatore e salvatore dell’integrità ariana, sarebbe stato impossibile
giungere a risultati davvero capaci di invertire quell’infernale tendenza.
Pertanto si riaccesero le idee di eliminazione del dittatore. Fu proprio la Campagna
di Russia, a seguito dell’Operazione Barbarossa, a minare di più la solidità di
Hitler agli occhi dei militari. Essi gli suggerirono a più riprese di ritirarsi
una volta evidente che l’avanzata dell’inverno, la strenua difesa russa e
l’azzeramento dell’idea che i fatti si sarebbero conclusi prima del freddo (per
il quale i tedeschi non erano equipaggiati né in armamento né
nell’organizzazione dei rifornimenti) avrebbero ostacolato i piani fatti a
tavolino. Lo spettro della famosa ritirata napoleonica aleggiava al punto da
impedire qualsiasi decisione che non fosse resistere e così si fece, a scapito
di migliaia di morti. Lo scontro tra Hitler e i suoi generali sulla Russia fu
frequente, senza che egli volesse cedere di un metro sulle proprie decisioni e
fu proprio quello che portò all’allontanamento di alcuni di essi dalla fedeltà
giurata. Molti ufficiali non appoggiarono il colpo di Stato che venne tentato nel
1944, ma non tradirono comunque i commilitoni. L’Operazione Valchiria fu
significativa perché attuata all’interno del Quartier Generale di Rastenburg
dove, alle ore 12.42 del 20 luglio venne fatta esplodere una bomba che uccise
quattro persone e ne ferì venti, senza riuscire ad uccidere Hitler. L’organizzazione,
capeggiata dal colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, aveva già pensato a
come organizzare il colpo di Stato, che avrebbe avuto il principale compito di
chiedere una pace separata agli Alleati. Questa avrebbe evitato l’invasione
della Germania e la resa incondizionata alla quale Hitler la portò. Il
fallimento dell’attentato, non soltanto svelato ma che soprattutto, per le
intenzioni degli organizzatori, non era riuscito a eliminare il Führer uscitone
con qualche ferita lieve, portò all’arresto di migliaia di militari e collaboratori,
alcuni dei quali vennero uccisi, mentre altri vennero inviati ai campi di
concentramento.
A
parte il finale fallimentare, fu sul piano morale che la mancata riuscita
dell’Operazione Valchiria agì. Hitler sembrava intoccabile e imbattibile ma,
soprattutto, sembrava sempre più vicino il disastro totale. Come in effetti,
per macerie e cumuli di morti, fu. Fermare la guerra anche solo di alcuni mesi
avrebbe risparmiato inenarrabili sofferenze.
Comm. Alessia Biasiolo
Federazione Provinciale di Brescia del nastro Azzurro,
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