Parte II
La I parte è stata pubblicata su questo blog in data 5 gennaio 2018
Giovan Battista Birotti
(continuazione)
4. Il
nohei: il soldato contadino.
Sviluppi
e forme della coscrizione obbligatoria
4.1
Il significato di nohei e il suo legame
con l’età contemporanea
Poco o nulla il Giappone
ottocentesco ha a che vedere con il nohei.
Si offre a questa figura il titolo del presente paragrafo per mettere in luce il
quid sociale e individuale della
coscrizione e della dottrina militare del Giappone ottocentesco: l’esercito di
massa. Il quale sarà poi alla base del Giappone militarista ed espansionista.
Il nohei, come poi verrà descritto, è una figura dell’antico Giappone:
un contadino anche benestante, capace di prendere in mano delle armi di
fortuna, non la katana che gli era proibita, pur di difendere i propri
interessi.
Non è un rivoluzionario ma una
figura tipica del Giappone “feudale”[1],
che con le rivolte dei contadini ha caratterizzato la civiltà nipponica
tradizionale.
Nell’età contemporanea verrà
imposto alla ex casta dei contadini di arruolarsi e di credere fermamente nella
difesa della nazione, come stava avvenendo anche nell’Italia post-unitaria.
Il nohei è un parallelo, che non coincide dal punto di vista delle
idee ottocentesche in quanto le istituzioni politiche giapponesi certo non lo
mettevano a modello, ma fornisce una visione di quello che poteva essere uno
“spirito guerriero” presente in una classe popolare e proletaria e non
aristocratica o borghese.
Nel presente paragrafo si
evidenzieranno dopo un cenno al nohei,
le criticità e le potenzialità della coscrizione obbligatoria e del ruolo della
classe popolare alla luce dello sviluppo militare e politico del Giappone
novecentesco.
La cultura militare, sviluppatasi nei secoli, aveva sempre più relegato
ogni casta al proprio posto e mai vi fu cenno di quell’istituzione, abbastanza
nuova anche per l’Occidente, che è la coscrizione obbligatoria.
Sebbene fin nell’Antica Roma si possano trovare delle tracce, quella in
questione è squisitamente inerente alla Società di massa e a quei cambiamenti
politici e culturali, avvenuti con la Rivoluzione Francese e con l’Epoca
napoleonica. Questa cultura sarà fondamento dello spirito militarista ed
espansionista negli anni a venire.
La coscrizione venne introdotta in Giappone nel 1873. Già prima della
Restaurazione tanto il decadente governo feudale di Edo, quanto i capi dei clan
più avanzati si rendevano conto che i tempi richiedevano un radicale
cambiamento del sistema militare.
Tuttavia i pregiudizi di casta delle autorità, specialmente della
burocrazia Tokugawa[2],
facevano loro aborrire l’idea di addestrare e armare dei contadini che avevano
dimostrato una crescente resistenza all’oppressione feudale.
Anche la nuova classe dominante Meiji, in buona parte caratterizzata
dalle ex famiglie feudali nemiche della famiglia Tokugawa, non gradiva l’idea
di armare l’intera popolazione giapponese, ma in quel frangente storico ciò si
rendeva inevitabile.
La ragione principale cui si deve l’adozione della coscrizione è vista
in parte come paura dell’Occidente, ma soprattutto come timore
controrivoluzionario da un lato, e per una rivoluzione democratica dall’altro.
Tanto rivoluzionaria era infatti l’idea della coscrizione generale, che
il suo più forte sostenitore , Omura Masujiro, fu assassinato nel 1869, quando
era viceministro della guerra, dai samurai reazionari del suo stesso clan
oltraggiati dalle sue idee.
Per capire la nascita della coscrizione giapponese attraverso i
presupposti storici è utile isolare il contesto.
4.2 Il nohei
e il popolo
L’idea della coscrizione non nacque dall’ardente richiesta della levée en masse, cioè di un esercito
popolare che combattesse in difesa di un giovane e battagliero regime
rivoluzionario, come in Francia durante la Grande Rivoluzione. Va invece
rintracciata nella necessità di:
·
Allineare
il Giappone alla potenza delle nazioni Occidentali;
·
Neutralizzare
spinte conservatrici vicine al decaduto clan Tokugawa;
·
Creare
una nuova forma identitaria sia sulla base dell’antica dottrina, che sulla base
di concezioni politiche nuove, da offrire alla popolazione affinché questa non
si lasci travolgere da spinte rivoluzionarie di tipo democratico-occidentale
Per descrivere il rapporto della popolazione con le Istituzioni si può
far cenno a quello tra i contadini e i feudatari in varie epoche della storia
giapponese.
Si può per esempio parlare dell’antichissima Riforma Taika (645-50
d.C.), che consolidò le grandi proprietà terriere chiamate shoen, segnando l’inizio del feudalesimo e il declino dei contadini
semi-indipendenti[3], e
che condusse infine alla completa sottomissione dei contadini alle classi daimyo-samurai durante il feudalesimo
Tokugawa.
E’ necessario sottolineare che il contadino o agricoltore agli inizi
del feudalesimo era spesso un piccolo proprietario armato e risoluto, forse
anche miglior combattente che agricoltore, che si raggruppava con i suoi
compagni per resistere alle prepotenze dei baroni affamati di terre. Tuttavia, alla fine, cercando di sfuggire ai
pericoli di una società fluida e anarchica, si affidava a qualche potente
protettore, e così assoggettandovisi.
Anche le grandi rivolte contadine (tsuchi-ikki)
del periodo Muromachi (1392-1490) dimostrarono che i contadini erano tutt’altro
che inermi di fronte alla crescente pressione feudale
Le rivolte contadine non mancarono nel Giappone antico, come non
mancarono le repressioni: l’atto più drammatico dell’attuazione di questa
politica fu la caccia alle spade di Hideyoshi nel 1587.
Secondo le parole di uno studioso giapponese che descriveva l’importanza della politica di
Hideyoshi:
“Questi risoluti contadini che, prendendo le armi,
erano scesi con altri sul campo di battaglia, ora diventavano sottomessi e
docili e la ragione principale di questo fu senz’alcun dubbio, la caccia alle
spade di Hideyoshi.”[4]
Tuttavia Hideyoshi si limitò ad attuare su scala nazionale ciò che i
signori meno importanti erano andati facendo dopo le grandi insurrezioni del
periodo Muromachi, come la caccia alle spade del principe Shibata Katsuie nel 1578, che disarmò i contadini per rendere
stabile il potere feudale.
Il “soldato-contadino” era anche una figura positiva per diversi
personaggi della storia antica giapponese: uomini come Kumazawa Banzan
(1619-91), Ogyu Sorai (1666-1728), e Fujita Toko (1806-55) ritornavano con
sentimenti nostalgici al tempo precedente lo shogunato, quando soldato e contadino
erano la stessa persona: il contadino soldato in un periodo di crisi
abbandonava la zappa, prendeva la sua lancia e rispondeva all’appello.
Uno dei più aperti critici del dominio Tokugawa fu Rai Sanyo
(1728-1832), che scrisse eloquentemente di un tempo in cui non vi era una
classe militare separata e la società come lo Stato non era divisa in militare
e civile: di un periodo che non conosceva l’autorità né il nome di un dittatore
militare (lo shogun) che esercitava un potere, usurpato che sarebbe dovuto, per
prerogativa e tradizione, rimanere legato alla persona dell’imperatore.
4.3 Esempi di
nohei a cavallo tra l’era tradizionale e quella contemporanea
Il nohei non rappresentava unicamente un contadino avvantaggiato che
difende dei propri interessi, ma anche schiere di contadini arruolatisi al
servizio dei propri daimyo o direttamente dei principi più importati, sino allo
stesso imperatore. Questo soprattutto dal punti di vista ideale, e sarà proprio
questa la base dell’ideologia militare di massa che si è sviluppata dalla
Restaurazione Meiji.
Ecco alcuni esempi di nohei nei clan aristocratici giapponesi.
Nel clan Tosa fu istituita nel settembre 1854 una milizia popolare, il Mimpei. Gli ufficiali e i quadri di
questa milizia erano ronin: “samurai senza
padrone”, i quali per diverse ragioni non erano più legati ad alcun signore,
capi villaggio e goshi[5];
mentre la truppa era in gran parte composta da contadini, marinai e cacciatori.
La principale funzione di questa milizia era quella di sorvegliare le
coste del Tosa, che erano esposte al mare su tre lati.
Un esempio di nohei al fianco
dell’imperatore durante la Restaurazione fu creato nel clan Ashikaga nel 1865.
Nel clan di Kii Tsuda Mataro iniziò nel 1863 ad addestrare uomini di
tutte le classi all’uso delle armi occidentali. Nello stesso anno soldati di
questo corpo presero parte all’insurrezione anti Bakufu di Gojo, nello Yamato
guidato dal nobile di corte Nakayama Tadamitsu.
Nello stesso clan, poco dopo la Restaurazione, fu assunto un soldato
tedesco, il sergente Karl Kiöppen, per dare un’istruzione militare nel più
moderno stile occidentale; egli riuscì ad addestrare un corpo di 5000 uomini,
dando a questo clan, negli anni precedenti la coscrizione, un’altissima
reputazione per la sua preparazione militare.
Interessante è l’esempio di nohei
del clan Kiheitai nel Choshu. Con l’entrata del Bakufu nel suo ultimo decennio
di governo, gli uomini del Choshu, tra tutti i clan il più ostile e aggressivo
verso il Bakufu, erano impegnati in intrighi, complotti e sommosse violente
dirette contro il Bakufu.
I capi del movimento anti-Bakufu erano i ronin e i samurai di rango inferiore, uomini inquieti e immiseriti
la cui febbrile attività a Kyoto culminò nei sanguinosi combattimenti per le
strade del 1865 dopo i quali il Bakufu ottenne un decreto imperiale che li
cacciava dalla Capitale e costringeva il loro signore a ritirarsi ormai in
disgrazia e a vivere per un anno o più in condizione di arresto domiciliare.
Takasugi espone al signore del suo clan le proprie posizioni riguardo
al confronto tra samurai e contadini guerrieri il 6 gennaio 1863:
“I samurai stipendiati sono diventati molli e
indolenti per anni di pace e di ozio, le loro qualità marziali intorpidite e,
per rinvigorire un esercito, occorre reclutare volontari dotati di spirito
coraggio e capacità, indipendentemente dalla loro classe, siano essi samurai,
contadini o artigiani”.[6]
4.4 La
coscrizione e la Rivoluzione Meiji
Dai paragrafi precedenti si evince una certa potenzialità bellica
dell’intera popolazione giapponese, anche di quella che nei secoli antecedenti
al 1868 era esclusa dall’uso delle armi.
Sulla base di tale potenzialità il governo Meiji si impegnerà a
costituire un esercito di massa, volto a consolidare il potere governativo di
fronte alle alee reazionarie della ex aristocrazia e della popolazione.
Una figura centrale nella modernizzazione politica e militare del paese
in tal senso è Omura Masujiro.
Un uomo ricco di immaginazione, che E. H. Norman descrive così: “colui
che merita forse più di chiunque altro il titolo di fondatore del moderno
esercito giapponese”.
Con le sue idee di vaste riforme sociali come presupposto per un
esercito nazionale, e in particolare con il suo piano di coscrizione generale,
che colpiva proprio la roccaforte del privilegio samurai, Omura sollevò il
violento risentimento dei reazionari del clan.
Omura Masujiro fu assassinato nel 1869, quando come viceministro della
guerra, aveva cominciato a compiere i primi passi verso la meta della
coscrizione generale e verso la modernizzazione dell’esercito giapponese.
Lasciò dietro di sé un gruppo di discepoli, come Yamagata Aritomo,
Yamada Kengi e Kido Koin, che vissero tanto da completare la sua opera. Possiamo dire che in una certa misura il
Kiheitai fu insieme rivoluzionario e anti-Bakufu.
Intanto il governo Meiji era assai più preoccupato dai problemi del
controllo delle rinnovate rivolte agrarie antifeudali e gli ex samurai
sognavano un ritorno ai giorni in cui la classe militare dominava e di
conseguenza aspiravano a spingere il paese in un’avventura militare, ad esempio
durante l’agitazione per una campagna contro la Corea nel 1871-72.
L’uso della forza bruta per reprimere l’agitazione agraria non
rappresentava la più felice tra le soluzioni del problema; era l’ultima
risorsa, da usarsi, inesorabilmente se necessario, soltanto quando fossero
falliti altri stratagemmi. Uno di questi era la coscrizione.
Prima di tutto, la creazione di un esercito unificato di massa basato
sulla coscrizione, con guarnigioni di stanza nelle città e nei punti
strategici, avrebbe reso per il futuro un’insurrezione molto più rischiosa e
perciò improbabile.
Così la semplice minaccia di una forza schiacciante contro qualsiasi
insurrezione locale avrebbe naturalmente teso a scoraggiare il ricorso alla
violenza da a parte dei contadini ribelli.
La coscrizione significava raccogliere in città munite di guarnigione
un gran numero di contadini giovani e impressionabili che, una volta segregati
dai loro villaggi nativi e vivendo sotto una rigida disciplina militare, non
sarebbero più stati in grado di ascoltare le lamentele dei vecchi contadini
inaspriti e probabilmente non avrebbero più riflettuto sulle lagnanze locali né
si sarebbero preoccupati dei piccoli ma urgenti problemi dell’economia
domestica. In queste caserme molte delle giovani reclute avrebbero,
specialmente durante i primi anni della coscrizione, imparato a leggere; del
resto le nuove possibilità di istruirsi rappresentavano uno dei risultati
indiretti della coscrizione che i riformatori più liberali onestamente
desideravano.
Il governo tuttavia avrebbe fatto in modo che l’influenza che avrebbe
plasmato la mente delle reclute fosse “sicura”, che la lettura e l’istruzione
nelle caserme mettesse l’accento sulla lealtà, l’unità del paese e i pericoli
delle idee straniere, in particolare di tutti i concetti sediziosi come
democrazia, liberalismo, suffragio universale e più tardi socialismo e
internazionalismo.
A poco a poco le menti dei coscritti si sarebbero rivolte verso
concezioni sicure, come la necessità per il Giappone di espandersi, la missione
del Giappone di “liberare la Corea” dalla tirannica morsa della Cina ed infine
il ruolo del Giappone nel liberare l’Asia dalla dominazione occidentale.
La figura militare dominante del Giappone moderno, la cui vita
abbracciò l’era Meiji e l’era Taisho, l’uomo che fu più di ogni altro singolo
individuo il genio malefico del militarismo giapponese e della reazione nera,
il feldmaresciallo Aritomo Yamagata, affermò apertamente che lo scopo della
revisione e dell’estensione della coscrizione nel 1883, con il relativo enorme
aumento della spesa militare e navale, era la preparazione alla guerra sul Continente:
“Nel frattempo il prepotente atteggiamento dei cinesi
verso la Corea, antagonistico agli interessi del Giappone, faceva pensare ai nostri
ufficiali che prima o poi ci si doveva aspettare una grande guerra sul
Continente e li rese ansiosi di acquisire cognizioni militari, perché erano
ancora del tutto impreparati ad una guerra continentale.”[7]
Si riconosceva che l’esercito organizzato sulla base della legge di
coscrizione del 1873 era pienamente sufficiente per le necessità del
mantenimento dell’ordine interno, sia per reprimere l’agitazione agraria, sia
contro la ribellione in favore del feudalesimo.
Pur senza comprendere in pieno la portata storica della coscrizione
molti agricoltori abitanti dei villaggi e delle città sembrarono avere
istintivamente capito alcuni dei suoi significati reconditi, poiché la sua
applicazione, nel 1873, provocò ben presto una diffusa opposizione, sotto forma
di tumulti e persino di insurrezioni armate.
La coscrizione, con i suoi tre anni di servizio militare, privava i
contadini per un periodo considerevole delle braccia più valide e, senza una
meccanizzazione dell’agricoltura, una tale assenza veniva acutamente avvertita.
Inoltre essa faceva intravvedere nuovi aggravi fiscali ed infine rafforzava il
potere repressivo dello Stato.
Da notare è che tanto la legge originale del 1873, che la legge
emendata del 1883, che fissava lo schema del sistema di coscrizione del
Giappone moderno, furono emanate prima della creazione di una Costituzione[8]
o di istituzioni rappresentative.
Inoltre l’esercito servì come viatico all’espansionismo militare ed
economico.
I nuovi imprenditori cominciarono febbrilmente una ricerca di mercati e
di aree di investimento per le loro giovani industrie e banche e i militaristi
erano più che disposti ad aprir loro la strada sul Continente asiatico alla ricerca
di mercati e di colonie.
I sentimenti di autentico patriottismo - l’amore per il proprio paese,
la sua cultura, le sue lotte per la libertà e per il progresso, la sua lingua,
le sue arti e , nel caso del Giappone in particolare, la sua struttura fisica,
- si esprimono spesso in un profondo rispetto per un sovrano nominale; cioè ora
il governo centrale.
In questo percorso che dal feudalesimo porta al secolo XIX i contadini
hanno avuto, come poi i chonin: i
“mercanti”, disprezzatissimi prima e affermati dopo, un ruolo fondamentale: i
primi hanno combattuto strenuamente come moderni samurai, i secondi, ancora
oggi, hanno combattuto e combattono economicamente per l’affermazione del Sol
Levante.
Bibliografia
AA.VV., La Storia,
enciclopedia, vol. 12 L’Età dell’imperialismo e la Prima Guerra
Mondiale, La biblioteca di
Repubblica - De Agostini, Novara 2004
Cechini
E., Le istituzioni militari, SME -
Ufficio Storico, Roma 2007
Hanami S., Storia
dei contadini giapponesi, Nihon Rekishi Chiri Gakkai, Tokyo 1925
Nohara Y., Cronaca segreta del
Choshu al tempo della Restaurazione, Tokyo 1937
Norman H. E., La Nascita del Giappone moderno. Il ruolo dello
Stato nella transizione dal
feudalesimo
al capitalismo, Einaudi, Torino 1975
Reischauer
E.O., Storia del Giappone dalle origini
ai giorni nostri, Bompiani, Milano 1994
Sabbatucci
G., Vidotto V., Storia contemporanea. L’Ottocento,
Laterza, Bari 2010
Tsunetomo Y., (a cura di L.
Arena), Il codice dei samurai. Hagakure,
BUR, Milano 2003
Villari
R., Storia contemporanea, Laterza, Bari
1978
Yamagata A., (a cura di Okuma
Shigenobu), The Japanese Army, in
Fifty Years of a New
Japan, Londra 1910.
[1] Tipica è
la somiglianza tra il Giappone antico e la società feudale europea.
[2] Forma di
governo facente capo alla famiglia Tokugawa, che con Yeyasu Tokugawa, il quale
aveva assunto nel 1603 la carica di shogun, da quasi tre secoli deteneva il
potere politico del Giappone
[3]
Originariamente i contadini erano identificabili come piccoli proprietari
terrieri, rispettati dalle caste superiori. Tale condizione non si neutralizzò
mai del tutto, anche durante le epoche di feudalesimo maturo potevano esserci
dei contadini “ricchi”, o comunque non così deboli come la maggioranza di essi.
[4] Hanami S., Storia
dei contadini giapponesi, Nihon Rekishi Chiri Gakkai, Tokyo 1925.
[5]
Contadini a cui era concesso di portare la spada: figura a cavallo tra il
contadino e il samurai.
[6] Tratto da: Nohara Y., Cronaca segreta del Choshu al tempo della Restaurazione, Tokyo 1937.
[7] Yamagata A., (a
cura di Okuma Shigenobu), The Japanese
Army, in Fifty Years of a New Japan, Londra 1910.
[8] La prima
Costituzione del Giappone fu varata nel 1888
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