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domenica 21 gennaio 2018

21 -26 Gennaio 1943. Nikolajewka.

Pubblichiamo il testo del discorso tenuto ieri a Giavera del Montello dal caro amico e valoroso giornalista e scrittore Giovanni Lugaresi. Memoria di combattenti, memoria di uomini del tempo in cui gli uomini sapevano ancora il significato di parole come sacrificio, dovere, obbedienza, combattimento. Ringraziamo Giovanni Lugaresi per le toccanti parole e facciamo nostro il suo auspicio: “Sia, oggi, il nostro grande, affettuoso abbraccio ideale ad esprimere una sconfinata pietas e a rendere onore a tutti loro: ai morti e ai sopravvissuti.”
PD
. OLTRE NIKOLAJEWKA
.di Giovanni Lugaresi
zzmrtntDella campagna di Russia, quello sventurato, sciagurato evento voluto da un dittatore, ci sono immagini emblematiche, sia nelle pagine scritte, sia negli obiettivi fotografici, sia ancora nella pittura, sia infine nel canto. E’ storia, è memoria, che ci sono state tramandate da quel lontano tempo, da quel lontano luogo.
La linea del Don saldamente, disperatamente, tenuta dalla Julia fino all’ordine di ripiegamento; la carica (l’ultima) di Isbuscenskij del Savoia Cavalleria; la dolorosa via crucis di tanti lungo le strade del davai, o nella tragica ritirata.
E c’è un evento che tutto riassume, perché diventato simbolo di una volontà, di una (sia concesso l’ossimoro) disperata speranza di tornare a baita, di uno sforzo enorme: la battaglia di Nikolajewka – 26 gennaio 1943 – 72 anni or sono!…
“Tridentina avanti! Tridentina avanti!”
Il comando, l’incitamento ultimo, decisivo, del generale Reverberi ai suoi uomini e l’impeto del battaglione Edolo, quindi degli alpini dei battaglioni Morbegno, Verona, Val Chiese, Vestone, Tirano, e poi degli altri reparti più o meno armati, più o meno organizzati, infine della massa confusa degli sbandati, galvanizzati non tanto da quell’incitamento, sentito invero da pochi, ma dal vedere quell’assalto, quell’impeto, appunto.
 E allora, avanti, Tridentina e tutto quel che restava di alpini e di altri soldati, italiani e non, per rompere l’accerchiamento, per uscire dalla sacca…
Continuare a ricordare, come facciamo oggi, quell’evento, significa rendere omaggio ai Caduti, ma non soltanto a loro. Perché anche chi riuscì a tornare a baita è accomunato in questo ricordo personale di tanti, familiari e amici, e in questa memoria che è storia patria. La quale è fatta (anche) di vittorie e di sconfitte, di patimenti e di dolore, di valore e di sacrificio. E nelle cui vicende, nel cui divenire tutti siamo coinvolti, perché, per dirla con il Benedetto Croce del famoso intervento del 1947 alla Costituente, nel quale sottolineava che la guerra era stata perduta da tutti (tutti!) gli italiani, “… noi che non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra patria, né dalle sue vittorie, né dalle sue sconfitte…”.
Ecco, appunto, perché è doveroso ricordare e riflettere, coinvolti in questa seppur lontana vicenda. Per, fra l’altro, andare oltre.
Oltre Nikolajewka ci deve essere una consapevolezza, infatti; e oltre Nikolajewka non possiamo non considerare altri sacrifici, altri Caduti, della campagna di Russia con i reparti del Csir e dell’Armir, di El Alamein con i parà della Folgore, con i carristi dell’Ariete, con i bersaglieri, poi con il solitario eroe dell’Amba Alagi Amedeo d’Aosta e i suoi settemila fanti e artiglieri, di Bir el Gobi con quei generosi e impavidi “ragazzi”, per concludere con chi soffrì e con chi più non tornò nei dai gulag sovietici, nei e dai lager nazisti. E ci è caro continuare, e concludere, nel ricordo di eroici sacerdoti della campagna di Russia, che furono sempre accanto a quegli alpini: don Gnocchi, don Brevi, padre Leone, don Stefani, fratel Bordino, che sarà beatificato a maggio…
Sia, oggi, il nostro grande, affettuoso abbraccio ideale ad esprimere una sconfinata pietas e a rendere onore a tutti loro: ai morti e ai sopravvissuti.

INFO: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org


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