UNA FINESTRA SUL MONDO
MASSIMO BALDONI
Arrivare
all’aeroporto di Chisinau, con ancora l’immagine negli occhi della efficienza e
della dimensione di uno degli aeroporti intercontinentali occidentali, aiuta
subito a comprendere la realtà della Moldova. Mai come in questo caso il
concetto della “posizione relativa”[1] di un
paese è evidente, come dimostrato, in questo caso, dalla sua storia, passata e
recente.[2] In
pratica Mosca vede la Moldova
come uno dei suoi baluardi occidentali, a cui non può mai rinunciare. E la
presenza russa, è possibile coglierla ovunque, nell’aria. La presenza russa è
evidente, e marchia anche ogni approccio con gli occidentali: occorre stare
molto attenti a riferimenti e indicazioni che possono implicare un qualche
giudizio che ricordi la posizione e la situazione di Mosca: questo non pere
piaggeria o per assuefazione, ma per retaggio di un rapporto con una grande
nazione che ha sempre avuto un ruolo in Bassarabia.
I
Moldovi andavano abbastanza fieri del fatto che la loro lingua di Stato, il
moldavo, era l’una lingua del gruppo latino dell’ex Unione Sovietica; si tratta
in effetti della lingua romena, anche se alcuni storici moldovi e gli ambienti
nazionalisti sostengono l’esistenza di una lingua “moldova” distinta
Se si
prendono in mano i dati geografici[3], si
ha la conferma che la Moldova
trae la sua importanza dalla sua posizione relativa. Tutto è in miniatura e
sempra che si abbia perso tempo a vedere da vicino questo che viene presentato
uno dei punti di frizione tra la
Russia e l’Occidente.
La vita
politica moldava è stata scandita dalle elezioni che si svolgono ogni 4 anni, [4] ed è
dominata dalla figura politica di padre padrone del presidente Vladimir
Voronin.[5] Nel
suo ultimo mandato (2005-2009) è stato un personaggio molto emblematico.
Aiutato a salire al potere da Mosca, dichiaratamente comunista, successivamente
è assurto a protagonista di un marcato riorientamento politico verso ovest, e
soprattutto di un irrigidimento dei rapporti con la Russia , a partire dalla
mancata firma del cosiddetto rapporto Kozak, [6] che
oggi sembra essere ripescato dall’oblio in cui era caduto fino a qualche mese
fa.
Alla
vigilia delle elezioni dell’aprile 2006 la politica di Voronin poteva sfociare
in una risoluzione della questione della Transnistra assolutamente non
accettabile per Chininau. A seguito della Crisi Russo-Giorgiana dell’estate
2008 culminata da parte del cremino con
il riconoscimento degli Stati indipendenti di Abkhazia e Ossezia, si era ben
diffuso il timore tra gli esponenti politici moldoviani che la Federazione Russia
potesse adottare analoga decisione per la Transnistria , tenendo
sempre sullo sfondo il grande problema della installazione del sistema
missilistico di protezione voluto dagli Stati Uniti da installarsi e rendere
operativi in Polonia e Cecolosvacchia, considerata da Mosca una vera e proprio minaccia per la sua
sicurezza.
Mosca
ha prontamente ribadito che tutti questi timori sono infondati e che rimane
fermo il fatto che vuole continuare a partecipare agli sforzi comuni volti ad
accontentare tutte le parti in causa, in analogia con gli atti normativi votati
dal parlamento della Repubblica Moldova il 22 luglio 2005.[7] Ma la
diffidenza rimane. E si coglie proprio negli incontri con gli esponenti moldoviani
questa possibilità che Mosca, provocata o non provocata, proceda a riconoscere la Transinistra.
L’Emergenza Transinistra
Se le
motivazioni di questo conflitto sono presentate come motivazioni
etnico-politiche, ovvero il desidero della popolazione della Transinistra di
non essere assorbiti dalla Romania e quindi dal mondo occidentale ( qui la Nato è vista ancora con gli
occhi di un credente del patto di Varsavia, e gli Statunitensi come i nemici di
tutto), la realtà è ben più complessa. Le ragioni sono strategiche. La Russia ha l’esigenza di
mantenere la propria presenza e, e quindi la propria influenza, su territori
geopoliticamente estremamente sensibili, collocati a ridosso dell’Europa e
soprattutto della Nato. Oggi a maggior ragione, rispetto agli anni novanta,
dopo che la Romania
e la Bulgaria
sono parti integranti dell’Occidente, la Transnistria assume
sempre più importanza: qui la
Russia continua a gestire uno dei più grossi depositi di armi
del mondo, sito nel villaggio di Kolbasna, vicino alla città di Riunita, nel
nord della Transnistria.[10]
Fallito
il piano Kozak, sembrava che la situazione si sbloccasse nella primavera del 2005 con il cosiddetto
“formato pentagonale” 5+2 (Moldova, Transinistra, Russia, Ucraina, OSCE più
Stati Uniti e Unione Europea come osservatori) che prevedeva la risoluzione del
conflitto in sette punti, tra cui libere elezioni, lo status sostanzialmente
paritario tra Moldova e Transnistria, che di fatto avrebbe risolto la
controversia.
Dal
2006 tutto è bloccato per le insormontabili incomprensioni tra le due parti, moldoviani
e trasnistriani, vanificando ogni prospettiva di soluzione. Si alternano,
osservando le questioni a Chisinau, le speranze e le delusioni. Come detto,
ripescato il piano Kozack, sembrava all’inizio della primavera che potesse
ritornare in auge, facendo ben sperare gli ottimisti, anche all’indomani della
dichiarazione del Presidente Obama che nella sostanza gli Stati Uniti
rinunciano alla installazione dei missili in Polonia e in Cecoslovacchia. Ma
anche questo piano ancorché riveduto,
alla fine della primavera è
miseramente naufragato.
La
questione della Transnistria e la sua soluzione sembra passare attraverso i
colloqui “faccia a faccia” tra i due esponenti di immagine, Voronin e Smirnov.
Un primo incontro si è tenuto l’11 aprile 2008 a Bender; a questo ne è
seguito un altro, il 24 dicembre 2008 tenutosi a Tiraspol.
[1] Per
“posizione relativa” di un Paese si intende
[2] La Moldova occupa la maggio
parte della regione che va sotto il nome di Bassarabia. Questa posizione, nel
corso dei secoli, ha reso la
Moldova un punto di passaggio tra l’Asia e l’Europa
meridionale, con il corollario di guerre e conflitti molto frequenti. Greci,
Romani ed Unni si susseguirono nel dominio di questa regione, che nel 13°
secolo fu integrata nell’impero Mongolo. Nel XIV secolo, dopo la breve vita di
uno Stato moldavo indipendente, questa terra entro nell’orbita e nel sistema
turco-ottomano, fino agli inizi dell’ottocento. Al termine della guerra russo-turca
(1806-1812) la Bassarabia
( Moldova), terra tra i fiumi Prut e Dnestr, fu acquista dalla Russia zarista,
mentre la Moldova
occidentale, la Moldova
ad avest del Prut detta anche Moldavia, rimase turca. Questa terra, dopo che la Romania divenne indipendente
nel 1859, al termine della prima guerra mondiale prese il controllo della
Moldova sotto controllo russo. L’Unione Sovietica non accettò mai questo stato
di cose e non riconobbe la sovranità romena e nel 1924 lungo la sponda
occidentale del Dnestr creò la repubblica autonoma Moldova. Fu Stalin a creare
in seno all’Ucraina una Regione Autonoma Moldava, poi elevata a Repubblica
Socialista Sovietica Autonoma Moldava su una piccola strisca di territorio
sulla riva sinistra del Snestr, senza però comprendere in tale territorio la
parte montagnosa a nod e la costa del Mar Nero a sud. La controversia si
risolse nel 1940, quando la
Romania dovette cedere e l’Unione Sovietica creò la Repubblica Socialista
Sovietica Moldova. La rivincita romena arrivò l’anno dpo, nel 1941, quanto la Romania , alleatasi alla
Germania, si unì all’attacco alla URSS. Nel 1944, con l’avanzata dell’Armata
Rossa e nel 1945 con la fine delle guerra la Moldova fu ceduta di nuovo alla URSS. IL confine
attuale tra MOldova e Romania è stato tracciato, e ratificato con accordo, nel
1941. L’Uscita della Moldova dalla URSS è stata proclamata il 27 agosto 1991,
data di inizio della Molava attuale.
[3] La Moldova occupa il settore
sudoccidnetale del bassopiano sarmatico e si estende dal corso del fiume Prut,
ad ovesta quello del fiume Dnstr, ad est ed oltre, nella Transnistria, per una
superficie di 33.800 kmq. Confina con
l’Ucraina ad est, nord e sud, e con la Romania , ad ovest. La capitale, Chisinau, ha
circa 662.000 abitanti (2002) e con l’agglomerato urbano e suburbano non
raggiunge che i 778.900 abitanti (2002) Le altre città principali sono Tiraspol
(185.000 abitanti), capoluogo della Transnistria, Balti (151.300 abitanti),
Tighina (125.000 abitanti). La bandiera
è blu, gialla, ross, a bande verticali, con lo stemma al centro della
banda gialla.
[4]La
struttura costituzionale, è incentrata sulla Costituzione del 28 luglio 1994,
emendata nel 2000. La forma del Governo è quella di una repubblica
parlamentare. Il presidente è eletto dal parlamento per 4 anni; il Primo
ministro è designato dal Presidente previa consultazione del parlamento; il
premier si sottopone al voto di fiducia del Parlamento insieme con i ministri
da lui designati. Il Parlamento (Parlamentul) unicamerale è formato da 101
membri, il cui mandato dura 4 anni: Il potere giudiziario prevede una Corte Costituzionale che
controlla gli atti del Governo e del parlamento; il territorio,
amministrativamente, è diviso in 33 distretti. Il suffragio è universale per i
maggiori degli anni 18.
[5]
Vladimir Voronin è l’unico Capo di Stato dei Paesi ex URSS che nel 2001 non
esito, all’indomani delle elezioni a dichiararsi apertamente comunista, e già
nel suo discorso di insediamento attribuì alla Russia il ruolo di “pater
strategico” della Moldova, accentuando una propensione pro-Mosca della politica
moldova. Nelle elezioni del 6 marzo 2005
Voronin raccolte oltre 75 seggi dei 101 disponibili. Rieletto come Presidente della repubblica , nel suo
discorso di insediamento ribadì le linee
fondamentali della sua politica: avvicinamento all’Europa e risoluzione della
questione della Transnistria, ribadendo l’urgenza che le truppe russe lascino
la regione secessionista.
[6] Su
iniziativa del Ministero degli esetri della federazione Russa, veniva consegnata
nel novembre 2003 a
tutte le parti interessate, Governo Moldovo, rappresentati della Transinistria,
in particolare a Ivor Smirnov, ed al Governatore della Gagauzia, una proposta
del Cremlino per un rapida soluzione del problema della Transinistria. La
proposta prevedeva la costituzione di una
Repubblica Federale di Moldova, stato indipendente, sovrano, e neutrale,
con elezione diretta del presidente federale; smilitarizzazione dell’intero
territorio nazionale; centralizzazione delle questioni doganali, finanziarie,
monetarie, valutarie e di difesa. Il parlamento della Federazione doveva essere
bicamerale ( Camera dei Rappresentanti, 71 deputati, e Senato (26 senatori, di
cui 9 rappresentanti della Transnistria, 4 della Gagauzia e gli altri della
rimanente parte della Moldova. Da sottolineare che la lingua moldova doveva
essere dichiarata lingua nazionale, mentre il russo avrebbe dovuto divenire
lingua ufficiale su tutto il territorio della federazione.
Il piano
Kozak fu accettato subito dai Transnistriani, ed in un primo momento anche da
Voronin; La firma si sarebbe messa in occasione della visita del presidente
Putin a Chisinau; poche ore prima dell’arrivo di Putim a seguito anche delle
pressioni di Stati Uniti Unione Europea e OSCE, Voronin sconfessò l’accordo che
provocò la irritata cancellazione della visita di Putin con conseguente
irrigidimento di Mosca.
[7]
Questi atti stabiliscono insieme l’integrità statuale della Moldova e la
garanzia delle autonomie, in particolare quella della Transinistra, ma anche le
altre, non ultima quella gagauzica.
[8] La
repubblica Moldova di Transnistria (Pridnestrovskaja Moldovskaja Republika) è
stata autoproclamata il 2 settembre 1991.
[9] Nel
novembre 1991 il conflitto entrò nella sua fase più violenta. Da una parte la Guardia Civile della
Transnistria, sostenuta ed armata dalla XIV Armata sovietica, al comando del
generale Alexander Lebed, elemento di spicco nel tentativo di golpe in Unione
Sovietica nel 1991, ove intervenne a favore di Mikhail Gorbacev e Boris Elcin,
e che morì in circostanze misteriose il 28 aprile 2002 a seguito di un
incidente di volo in Siberia e l’esercito moldovo. IL principale scontro lo si
ebbe a Bender tra il 19 ed il 21 giugno 1992 nei pressi della città di Bender,
con la perdita di oltre un migliarino di morti di entrambe le parti
[10] Si
calcolava che fino a qualche anno addietro i materiali bellici di ogni tipo e
le munizioni assommassero a 42 mila tonnellate. Tale arsenale doveva essere
smantellato a seguito degli accordi di Istanbul del 1999, che non erano altro
che l’applicazione del trattato CFE, che prevedeva tale smantellamento entro il
2001 ed il ritiro delle truppe russe dalla Moldova entro la fine del 2002. I
transnistriani si sono sempre opposti a questi accordi, in quanto sostengono che
tale materiali e munizioni “appartengono al popolo della Transnistria” e quindi
non alla ex-URSS e quindi non va toccato.
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