In occasione della uscita del n. 5 de " I Libri del Nastro Azzurro"
si pubblicano alcuni articoli dedicati alle vicende della Campagna di Russia
Con questo primo articolo si ricostruisce lo scenario storico della Campagna e la partecipazione dell'Italia
Nei successivi articoli lo schieramento sul Don, la prima e la seconda controffensiva russa, con la seconda battaglia di dicembre - operazione "Operazione piccolo Saturno";
poi la ricostruzione della operazione Ostrogozsk-Rossosch e la ritirata dell'ARMIR*
L'organigramma del CSIR Corpo di Spedizione Italiano in Russia
è su
www.uniformormologia.blogspot.com
con post in data 23 gennaio 2018
Dal 1945 ad oggi è stato scritto
molto sulla Campagna di Russia del 1941-1943, una campagna che è stata, a
partire dall'unità d'Italia, una delle prove belliche più terribili e
disastrose della storia dell’Esercito italiano. Sotto taluni aspetti, per il
soldato italiano questa fase della guerra potrebbe essere considerata e
paragonabile solo ad alcune delle più sanguinose battaglie della prima guerra
mondiale.
Sono numerosi i reduci che hanno
contribuito con le loro testimonianze a ricostruire quei momenti drammatici,
tuttavia, solo recentemente è stato possibile ricostruire gli eventi con
documentazione proveniente non solo da associazioni ed enti istituzionali[1], ma
anche con i contributi di studiosi stranieri (in particolare, tedeschi e russi[2]),
forniti grazie all’apertura degli archivi sovietici nei primi anni ’90.
La campagna di Russia,
rappresenta una delle più significative pagine di storia scritte dalle unità
italiane durante la 2^ Guerra Mondiale (II GM), e questo, sia per le perdite –
che, in assoluto e in rapporto agli effettivi impiegati, sono state le maggiori
di tutta la guerra italiana 1940-43 - ma anche per le ragioni di natura
politica (che G. Rochat individua nell’anticomunismo esasperato degli anni
della guerra fredda) che hanno finito per strumentalizzare questa campagna,
menomandone e riducendone (se non annullando) il valore dei nostri soldati.
In tale tragico contesto, senza dubbio ha giocato un ruolo
fondamentale il durissimo ed inospitale “ambiente
geografico” ove si svolsero le vicende in esame. Un ambiente,
caratterizzato dalla steppa russa[3]
ovvero, da sterminate pianure battute da venti aridi e polverosi d’estate,
fangose ai limiti della percorribilità in primavera ed autunno ed innevate con
30/40° sotto zero d’inverno. Un ambiente, operativamente caratterizzato da
spazi molto ampi, con scarse possibilità di copertura tattica e adatto
all’impiego spinto di forze corazzate e motorizzate. Un ambiente che ha
fortemente penalizzato (e condizionato fino agli atti conclusivi) chi si è
trovato ad agire in carenza o assenza
totale di adeguati mezzi, equipaggiamenti e rifornimenti
logistici. Fra tutti i fattori, è stato infatti il freddo - il “generale Inverno” – a mietere il
maggior numero di vittime, meritando a pieno titolo un posto di rilievo
sull’esito dell’intera campagna e costituendo per tutti (tedeschi ed alleati)
una amara sorpresa, alla stregua di quanto già era avvenuto un secolo prima con
Napoleone.
Lo scopo di questo studio è quello
di effettuare una disamina su “la sacca
del Don” e, in particolare, l’insieme di quegli eventi che hanno
caratterizzato la fase conclusiva della Campagna di Russia, determinando il
quasi totale annientamento dell’Armata Italiana in Russia (ARMIR). Il fine
ultimo è quello di potersi soffermare e riflettere su alcuni ammaestramenti da
poter proiettare a quelle che sono le operazioni dell’attuale contesto
internazionale.
A tal fine, si è inteso
articolare lo studio partendo da un’analisi che facilitasse la ricostruzione e
l’inquadramento storico degli eventi. In tal senso, si è fatto riferimento alle
origini della guerra tedesca contro la Russia e la partecipazione italiana sul fronte
russo. Quindi, delineata la situazione venutasi a creare sul Don (passaggio di
consegne dallo CSIR all’ARMIR), si è proceduto ad una rapida descrizione della
controffensiva russa che, con l’Operazione “Piccolo Saturno” (seconda “battaglia di dicembre”), ha determinato
il disfacimento del dispositivo difensivo dell’asse (fase di logoramento e fase
di rottura), travolgendo in una sacca mortale le unità italiane.
Dall’esame storico degli eventi,
si è infine proceduto ad una analisi di pianificazione operativa che - secondo
un’ottica moderna - consenta di estrapolare alcuni insegnamenti utili non solo
per ricordare l’estremo sacrificio compiuto da coloro che hanno scritto pagine
della nostra storia ma, soprattutto, per non permettere il ripetersi di errori
macroscopici commessi a livello strategico ed operativo.
Il patto russo‑tedesco[4] di
amicizia e di non aggressione, stipulato a Mosca nell’agosto del 1939, fu un
evidente espediente tattico dal quale
i due Stati si erano ripromessi di trarre reciproci vantaggi contingenti e
temporanei.
Da un lato, Berlino si proponeva
di condurre indisturbata la sua “guerra lampo” (blitzkrieg) contro la
Polonia e le Potenze occidentali, dall’altro, Mosca intendeva
conseguire una serie di concessioni territoriali per migliorare la sua
posizione politica e militare e, contemporaneamente, guadagnare tempo per
perfezionare la costituzione di una adeguata macchina bellica. Fintantoché si
trattò di allargare la propria sfera di interessi, il binomio russo-tedesco funzionò
abbastanza bene. I tedeschi erano convinti che la guerra fosse vicina al
termine (illusione che convinse anche l’Italia a scendere in campo). Hitler pensava che, dopo il rapido
crollo della Francia e degli altri alleati minori, la Gran Bretagna acconsentisse
ad un accomodamento pena l’intensificarsi della guerra aerea sul suolo inglese
e, forse, uno sbarco. Ciò non avvenne, lo sbarco non si poté fare e i
bombardamenti, alla fine del settembre ’40, si andavano esaurendo. Mentre la Russia quasi senza sforzi
si era impadronita di vasti territori, la Germania era entrata in una fase di stallo.
Le relazioni con la Russia si facevano sempre
più difficili tanto che in un convegno tra Molotov
e Hitler (BERLINO, 12 novembre
1940) si cercò di gettare le basi per
una netta separazione delle sfere di influenza. Un punto particolarmente
delicato era quello della Finlandia, che alla fine verrà sacrificata da Hitler all’aggressione della Russia.
Mussolini colse l’occasione per ammonire Hitler
sul fatto che un’ulteriore passo nei rapporti tedesco-russi avrebbe avuto
effetti catastrofici in Italia. Mussolini
sempre più sensibile alla politica interna (in quel momento, la Russia era impopolare in
Italia e le simpatie vibravano per la Finlandia aggredita) ed internazionale, avvertiva
Hitler che la soluzione del suo
“spazio vitale” era in Russia. A ciò si aggiunge che anche Churchill nelle sue memorie sulla prima guerra mondiale aveva
osservato che i Tedeschi avrebbero potuto vincere nel 1918 se si fossero
tempestivamente impadroniti della Russia, in particolare l’Ucraina, eludendo
così gli effetti del blocco marittimo. Questi consigli, del presente e del
passato, potrebbero aver influito sulla decisione finale di Hitler. Tuttavia
gli sforzi di una pacifica convivenza continuarono, tanto che la Germania formulò un
progetto per un vero e proprio accordo quadripartito tra Italia, Germania,
Unione Sovietica e Giappone. Ma la
Russia pose fin dall’inizio condizioni che sembrarono
inaccettabili a Berlino e - il 18 dicembre 1940 - il Quartier Generale del
Fuhrer diramava la direttiva segretissima per l’ “Operazione Barbarossa”.
L’Operazione Barbarossa
All’alba del 22 giugno 1941 le
armate tedesche si mossero con sincronia lungo un fronte di 2.000 chilometri
dando inizio all’“Operazione Barbarossa”,
con l’obiettivo di eliminare la “minaccia ad oriente”, nonché di assicurare
rifornimenti alimentari e materie prime (specialmente petrolio)[5]. Nel
suo insieme l’operazione si prefiggeva di “schiacciare
la Russia
sovietica in una rapida campagna”, prima che la guerra contro l’Inghilterra
fosse conclusa. “Il grosso dell’esercito
russo nella Russia occidentale deve essere distrutto in operazioni ardite
spingendo avanti cunei corazzati e impedendo la ritirata di unità capaci di
combattere nell’immenso territorio russo”. “L’obiettivo ultimo dell’operazione è creare una linea difensiva contro la Russia asiatica con un
fronte che vada dal Volga ad Arcangelo”[6]. Al
fianco dei tedeschi operavano le forze degli ”alleati” finlandesi, slovacchi e
romeni: circa 23 divisioni, 3 brigate di cavalleria, 3 brigate da montagna e 1
brigata motorizzata.
La partecipazione italiana
Già il 15 giugno 1941 in una riunione a
palazzo Venezia tra Mussolini, Cavallero (Capo di Stato maggiore) ed il
Generale von Rintelen (addetto
militare tedesco a Roma) si trattò per l’approntamento di un Corpo d’Armata per
la Russia. L ’offerta
italiana non trovò un’accoglienza favorevole da parte tedesca. Infatti,
l’Italia aveva già un proprio teatro di operazioni in Africa in cui stentava a
mantenersi. Inoltre aveva già disperso molte forze in Francia, Croazia, Albania
e Grecia ed aveva perso molti uomini e materiali. La sua produzione bellica era
lenta e stentata, i suoi quadri deboli ed i suoi soldati, benché validi, poco
addestrati. Mussolini - che probabilmente si sentiva in obbligo per l’aiuto
fornito dai Tedeschi in Africa - tenne duro e le notizie dei fulminei successi
tedeschi lo indussero a credere ad una facile vittoria dell’alleato. Non si
comprese che lo spazio diventava un’immensa forza per la Russia in funzione
difensiva (come il mare lo fu per l’Inghilterra). Il consenso tedesco alla
partecipazione arrivò il 30 giugno. Il 9 luglio il comando supremo stilò l’atto
di nascita del Corpo di Spedizione
Italiano in Russia (CSIR)[7]. Il
10 luglio 1941 il CSIR[8]
iniziò i movimenti per la zona di radunata. Il 13 giugno 1942 passò alle
dipendenze della 17^ armata tedesca. Il 9 luglio il Comando dell’8^
Armata italiana (ARMIR)[9]
assumeva la direzione del CSIR che prendeva quindi il numerativo di “XXXV Corpo d’Armata”.
L’offensiva di primavera-estate 1942
La grande offensiva del 1941 si
rivelò un tale insuccesso per i tedeschi che avrebbe dovuto far pensare ad un
ritiro del nostro corpo di spedizione. Ma questa volta Hitler non solo non rifiutò il nostro aiuto, ma lo sollecitò. Ai primi di maggio del 1942 i tedeschi
avevano ripreso l’offensiva verso oriente e l’andamento sembrava promettente. I
2.000 chilometri
di terreno pianeggiante su cui si estendeva il fronte (da LENINGRADO al MARE DI
AZOV) ed il numero di forze alleate indussero Hitler a seguire il principio dell’offensiva. Non essendovi però
forze per alimentare il fronte, questo fu ristretto per acquistare maggior
dinamismo. Tra LENINGRADO, MOSCA ed il Caucaso fu scelto quest’ultimo in quanto
si riteneva che le due capitali sarebbero state ben difese e la loro
occupazione non avrebbe avuto effetti strategici risolutivi, mentre occupando
la regione del basso Don, del basso Volga e del Caucaso - da cui provenivano i
rifornimenti di carburante alle armate sovietiche - si contava di togliere ai
russi la loro arma principale e più temibile: l’impiego massiccio dei carri
armati pesanti. La manovra tendente a tagliare fuori i due terzi dello
schieramento sovietico dalla regione petrolifera sembrava agevolata anche dalle
caratteristiche fisiche dei luoghi. Pertanto l’obiettivo principale
dell’offensiva diventava il basso Volga e Stalingrado[10].
L’insuccesso strategico della
campagna tedesca del 1941 aveva provocato numerosi mutamenti dei vertici
militari, spingendo lo Stato Maggiore a correggere e perfezionare le tattiche
sin lì adottate. Le operazioni, specialmente nel periodo invernale, avevano
rivelato l’importanza strategica degli “ampi spazi”, inducendo ad un uso più
prudente delle unità corazzate e motorizzate. Più che ad un’avanzata fulminea
diretta a distruggere l’elemento uomo, si pensava ad un’avanzata metodica e
sicura, diretta ad occupare talune zone vitali, necessarie all’economia russa
ed alle sue capacità di sostentamento alla guerra. STALINGRADO costituiva il
punto di raccordo fra le regioni centrali e settentrionali dell’URSS -
prevalentemente agricole - e quelle del sud, industriali e ricche di materie
prime, fra cui il petrolio.”[11] Fin
dall’inizio Mussolini era scontento
di aver dovuto limitare il contingente italiano sul fronte russo ad un Corpo
d’Armata. Ma dopo varie vicissitudini - ottenuta l’assicurazione da parte dei
tedeschi circa un loro concorso - venne deciso di inviare un nuovo contingente,
costituito da sei divisioni ed altre unità non inquadrate nelle Divisioni.
* Gli articoli qui proposti sono parte dell'Articolo "La Sacca del Don " pubblicato su "Quaderni del Nastro Azzurro" sul n. 1/2017, V della Serie, a firma di Massimo Baldoni.
[1] Centomila
gavette di ghiaccio di Giulio Bedeschi
(ha superato oggi le 2.000.000 di copie vendute); Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern (più di 700.000
copie); diversi volumi pubblicati dall’Ufficio Storico dello SME (l’8^ Armata; Le operazioni del CSIR e dell’ARMIR; I servizi logistici; Le operazioni
delle unità italiane; L’Italia nella
relazione ufficiale sovietica).
[2] V. Galitzki, Il tragico Don. L’odissea dei prigionieri italiani nei
documenti russi, 1993; A. Morozov, Dalla
lontana infanzia di guerra, 1994; N. Terescenko, L’uomo che “torturò” i prigionieri di guerra italiani, 1994.
[3] La steppa, dal punto di vista della
vegetazione, è una delle tre zone principali russe assieme alla tundra
(a nord del Circolo polare artico) ed alla taiga (a sud della tundra ma sopra
la steppa). Nella steppa il suolo è costituito prevalentemente dalla fertile
terra nera (cernozem), che deve il
suo colore e la sua fertilità all’humus. La terra nera copre
approssimativamente 250 milioni di acri, e rappresenta il fulcro della
agricoltura russa.
[4] Il patto è passato alla storia diplomatica con
il nome di «patto Molotov‑Ribbentrop»,
dal nome dei due Ministri degli esteri firmatari.
[5] Vds. Allegato “D” – Obiettivi iniziali delle
Forze tedesche.
[6] Aldo VALORI, La campagna di Russia
[7] Il Corpo di spedizione comprendeva due
Divisioni “autotrasportabili” (Pasubio e
Torino), una Divisione Celere (la
3^ Principe Amedeo d’Aosta) oltre a reparti del genio, un
battaglione chimico e supporto aereo.
[8] Vds. Allegato “A” – Quadro di battaglia del
CSIR alla data del 1° agosto 1941.(su www.uniformologia.blogspot.com in data 23 gennaio 2018
[9] Vds. Allegato “B” – Quadro di battaglia
dell’8^ Armata. (su www.uniformoloia.blogspot.com in data 31 gennaio 2018
[10] Vds. Allegato “E” –
Piani di Hitler per la primavera del 1942. (vds foto qui riprodotta)
[11] Aldo VALORI, La campagna di Russia , pag. 414.
info: centrostudicesvam@istituonastroazzurro.org
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