I parte. I settori dell'ODI cinese ed i relativi attori.
I dati 2009 indicano che, nell’ultimo decennio,
il valore delle acquisizioni cinesi all'estero (fusioni e acquisizioni
internazionali) ha toccato i 187 miliardi di dollari, proiettando il paese al 3°
posto nella classifica mondiale degli investitori, dopo USA e Francia. E’un incremento notevole rispetto al 12° posto del 2000. Il
52% dell’ODI cinese è concentrato nella regione Asia-Pacifico, ma la Cina risulta anche il 2° investitore
in Australia e Canada, nonché 1° al mondo nel settore energetico e 2° nelle
materie prime.[1]
Secondo il MOFCOM, all’estero sono presenti
circa 14,400 aziende cinesi, in gran parte a partecipazione statale e focalizzate sul settore energetico e delle
risorse naturali sin dall’avvio della campagna
going global.
Le risorse naturali hanno un ruolo centrale
nell’ODI cinese. Pechino
già soffre di una grave carenza per molte di esse e non è affatto disposta a
basare la sua crescita economica sulla capacità dei mercati di garantire la
regolarità di flusso delle risorse di cui ha bisogno, poiché teme che l'offerta
non sia in grado di tenere il passo con la sua crescente domanda e che la
concorrenza mondiale per accaparrarsi risorse sempre più limitate possa soltanto
ulteriormente aggravare la situazione. Negli anni ‘90, il governo cinese
iniziò a spingere le imprese petrolifere statali ad effettuare significativi
investimenti oltremare in risorse petrolifere e gas, nonché nelle reti di trasporto
necessarie per l’approvvigionamento cinese.
|
|||||||
Tabella 3:
Paesi in cui le imprese cinesi operano una o più concessioni
Paesi
|
|
CNPC
|
Algeria,
Azerbaijan, Ciad, Ecuador, Guinea Equatoriale, Indonesia, Irak, Kazakistan, Mauritania,
Niger, Nigeria, Perù, Sudan, Siria, Thailandia, Turkmenistan, Venezuela
|
CNOOC
|
Guinea
Equatoriale, Indonesia, Kenya, Birmania, Filippine
|
Sinopec
|
Australia,
Arabia Saudita, Ecuador
|
Sinochem
|
Emirati Arabi
Uniti
|
Fonti: Siti web delle Società e
US Energy Information Administration
Il 2009 ha visto un livello
particolarmente elevato di attività nel settore petrolifero. La SINOPEC ha comprato la svizzera Addax Petroleum
per 7,56 miliardi di dollari.[5] A
marzo, la CNPC
ha acquistato per 390 milioni la canadese Verenex Energy ,
proprietaria al 50% di un importante giacimento libico. Un
mese prima, la China Development
Bank e la
China Petroleum and Oil Company hanno investito 10 miliardi
nella brasiliana Petrobras, operatrice
di uno dei più grandi giacimenti di petrolio sottomarini al mondo, scoperto di recente.
Solo due giorni prima dell'affare Petrobras, la Cina ha prestato 15 miliardi alla Rosneft e 10
miliardi alla Transneft, le principali ditte russe nel settore degli oleodotti.[6] Questi contratti
prevedono che i prestiti vengano restituiti non in contanti, ma sottoforma di greggio a prezzi di gran lunga inferiori
rispetto a quelli di mercato.
In termini di risorse
minerarie, la Cina
possiede solo il 58% della media mondiale di ciò che è necessario per
soddisfare le sue esigenze.[7]
La grande crescita e lo sviluppo negli ultimi trent’anni sono illustrati dalla
percentuale di consumo delle risorse globali. Poiché la Cina fabbrica molti dei beni
di consumo mondiali, essa si affida alle materie prime per alimentare la
crescita delle industrie esportatrici. Diverse fonti citano la necessità
cinese di materie prime. Un articolo opportunamente intitolato La Cina mangia il mondo sottolineava molto bene
questo fenomeno storico e affermava che la quota cinese nel consumo mondiale di
alluminio, rame, minerali ferrosi e nichel era raddoppiata dal 7% del 1990 al
15% del 2000, sino a raggiungere il 20% nel 2004.[8] Un altro rapporto del 2005 riportava i
seguenti consumi: cemento: 47%; cotone: 37%; riso: 32%; carbone: 30%: acciaio
grezzo: 26%: alluminio:21%: rame:20%; grano:16%; petrolio:8%.[9] Un terzo rapporto affermava che il consumo
di rame era passato dal 10% del ‘97 al 23% del 2007, con un tasso di incremento
annuo della domanda pari al 12,5%per la
Cina , mentre il resto del mondo si ferma all’1,5%.[10]
Negli ultimi anni, i
funzionari cinesi hanno visto la crisi finanziaria globale come un'opportunità per
acquisire partecipazioni nelle forniture
internazionali di risorse naturali strategiche (tab. 4). La
leadership di Pechino si rende perfettamente conto che in futuro il paese avrà
bisogno di tali risorse e quindi sta orientando gli investimenti in questi
settori, per sfruttare il momento di riduzione dei prezzi. E’ eloquente in proposito l’attenzione che la Cina ha riservato negli
ultimi due anni all’Australia, sottolineata dagli sforzi compiuti dall’Alluminum
Corporation of China (Chinalco), dalla China Minmetals e dallo Hunan Valin Iron
and Steel Group of China per acquisire, rispettivamente, rilevanti partecipazioni
nelle australiane Rio Tinto, Oz Metals e Fortescue Metals Group.[11] Nonostante le
grandi riserve cinesi di carbone, la Yanzhou Coal Mining
Company ha acquistato per 2,9 miliardi la miniera di carbone operata
dall’australiana Felix Resources Limited,[12]
Tabella 4:
Profilo delle società minerarie cinesi operanti all'estero
Aluminum Corporation of
|
Bauxite e alluminio
|
SOE
|
Baosteel Group Corporation
|
Ferro e acciaio
|
SOE
|
Nanchuan / Bosai
|
Bauxite
|
Privata
|
|
Progettazione, costruzione, centrali
elettriche, energia, estrazione mineraria
|
SOE
|
China Metallurgical Group Corporation
(MCC)
|
Progettazione, costruzione, estrazione
mineraria
|
SOE
|
China Minmetals Corporation
|
Estrazione e commercializzazione metallifera
|
SOE
|
|
Produzione e commercializzazione metallifera
|
SOE
|
|
Progettazione, costruzione, estrazione
mineraria
|
SOE
|
Jinchuan
|
Nichel e platino
|
SOE
|
Luanhe Industrial Group
|
Acciaio e minerario
|
Privata
|
Shenhua Group Corporation
|
Carbone e produzione di energia
|
SOE
|
Shougang Group
|
Ferro e acciaio
|
SOE
|
Sinosteel
|
Acciaio e minerario
|
|
Tonghua Iron and Steel
|
Ferro e acciaio
|
SOE
|
Wuhan Iron and Steel
|
Ferro e acciaio
|
SOE
|
Yankuang
|
Carbone
|
SOE
|
Si può affermare che le
acquisizioni cinesi nei settori del petrolio e di altre risorse naturali sono
state guidate da Pechino per diversi motivi. In primo luogo, il governo cinese
ha chiaramente individuato il bisogno, se non addirittura la dipendenza da risorse naturali indisponibili in patria in
quantità adeguate, tant’è vero che questa dipendenza è aumentata negli ultimi
anni. Una
relazione complementare riporta che la dipendenza della Cina dall’importazione
di petrolio è cresciuta dal 31% del 2000 al 41% nel 2010 e dovrebbe raggiungere
il 58% entro il 2020. La percentuale di dipendenza dall’importazione di
rame è cresciuta dal 48% del 2000 al 72% del 2010 e dovrebbe attestarsi all’82%
nel 2020. La
necessità di importare zinco è passata dallo 0% del 2000 al 53% del 2010 e
dovrebbe collocarsi al 69% nel 2020.[13] Queste risorse sono necessarie per
sostenere la crescita economica complessiva.
Le imprese cinesi hanno
concentrato gli sforzi anche sulle acquisizioni di aziende ad alta tecnologia
all'estero che, come visto in precedenza, costituiscono tema fondamentale della
strategia going global, mentre altri imperativi
sono da ricercare nell’affermazione del marchio, nel capitale umano e nella possibilità di compiere
balzi in avanti nella catena del valore. Il caso più evidente che
incorpora tutte le motivazioni appena elencate, è rappresentato dalla Lenovo
che, tra il 2004 e il 2005,
ha acquistato, al prezzo di 1,75 miliardi di dollari, la Divisione Personal
Computer dell’IBM, ivi compresi la produzione, la ricerca e
lo sviluppo. La Legend , come si chiamava la
società prima di essere ribattezzata Lenovo, aveva raggiunto il suo picco nel
2002, toccando il 30% della quota di mercato cinese relativo ai PC. L'acquisizione
dell’IBM è stata poi in parte dettata dalla constatazione che la compagnia
cinese stava progressivamente perdendo quote di mercato interno a causa dell’arrivo
in Cina di nuovi attori quali le società
americane Dell e Hewlett-Packard.
L'accordo ha
immediatamente fornito alla Lenovo le tecnologie e le capacità supplementari
necessarie per trasformarsi in un attore globale nell’industria dei PC. Ciò
ha comportato l'acquisizione di talenti gestionali di livello internazionale,
un marchio di valore, l'accesso a canali e clienti globali, nonché un
consolidato sistema di gestione e una presenza operativa a livelli planetari.
L'accordo prevedeva lo sfruttamento quinquennale della licenza del marchio,
l'acquisizione di marchi riconosciuti a livello mondiale come il ThinkPad,
un’alleanza strategica con la quale la
IBM vende prodotti Lenovo ad aziende nel mondo e un accordo
per la fornitura di servizi di supporto IBM alla Lenovo a livello mondiale. Il
presidente della Lenovo, Yang Yuanging, ha annunciato che l'acquisizione ha
permesso all'azienda di accelerare i suoi piani di espansione globale di 10 o 20
anni, mentre la crescita organica sarebbe costata più di 2 miliardi di dollari.[14]
Anche il fattore tempo
ha svolto un ruolo significativo nell’ODI cinese. La
recente recessione globale ha fornito alla maggior parte degli investitori
cinesi l'opportunità di investire in risorse per il futuro, bloccando i prezzi
ai valori attuali e talvolta anche a soglie più competitive. Ad
esempio, l’accordo precedentemente citato con le russe Rosneft e Transneft ha
permesso alla Cina di bloccare per 20 anni i prezzi del petrolio a circa 20
dollari al barile, ovvero ad un valore di gran lunga inferiore rispetto ai tassi
prevalenti.[15] Ampie prove si riscontrano anche tra quelle
imprese americane ed europee che hanno vissuto gravi difficoltà finanziarie e si
sono trovate a dipendere da iniezioni di capitale governativo per garantirsi la
sopravvivenza commerciale. Anche queste imprese sono
diventate oggetto di investimenti cinesi che stanno sfruttando la possibilità
di “pesca in profondità".[16] Il 3 dicembre 2009 la Xian Aircraft
Industry Group (XAC)
ha acquistato la quota di controllo della società austriaca di componenti aerei
Fischer Advanced Composite Components (FACC). Dopo
un aumento di capitale da 40 a
80 milioni di euro, la XAC
detiene il 95,625% di tutte le azioni FACC,[17] una società sottoposta ad un
notevole stress finanziario che non sarebbe mai stata in grado di sostenersi
senza un’assistenza esterna. Di conseguenza, a
fronte di una diminuzione del 20% dell’ODI mondiale verificatasi nel 2008 , nello
stesso periodo l’ODI cinese e’ giunto addirittura a raddoppiarsi.[18]
4.1 Profili delle imprese cinesi all'estero
La capacità aziendale della Cina è cresciuta
a livello internazionale nel corso degli ultimi decenni (tab. 5). Nel
2009, quando Forbes ha pubblicato la lista delle più grandi aziende del mondo in
base a vendite, profitti, risorse e valore di mercato, la Cina era presente con ben 91
membri [19], mentre
due anni prima compariva soltanto con 44 unita’.[20]
Fonte: C-ODI XRG Report (ottobre
2009)
4.2 Aziende Petrolifere
In Cina, il più grande produttore e
fornitore di petrolio greggio e gas naturale è la China National
Petroleum Corporation (CNPC), che è anche uno dei
principali fornitori e produttori di
petrolio raffinato e di prodotti petrolchimici, nonche’ uno dei maggiori
operatori internazionali del settore. La CNPC ha
decine di progetti di sviluppo e di produzione di gas e petrolio in
Medio Oriente, Nord Africa, Asia centrale, Russia e Sud America. Nel
2003 la produzione annuale di petrolio greggio ha superato i 122 milioni di
tonnellate e quella di gas naturale ha oltrepassato i 26 miliardi di metri cubi,
portando il totale degli investimenti all'estero della CNPC ad oltre 4 miliardi
di dollari in 19 paesi.[21]
Nel 2005, ha
acquistato per 4,2 miliardi la Petro-Kazakistan , ha investito 400 milioni in 15
giacimenti venezuelani ed è entrata in joint venture 50:50 in Uzbekistan, per
lo sviluppo di 23 campi petroliferi [22].
Nel 2002, la CNOOC ha pagato 585 milioni
per le operazioni petrolifere dell’indonesiana Repsol, divenendo il più grande
produttore di petrolio offshore del paese. L'accordo prevedeva l'acquisto
dell'equivalente di circa 360 milioni di barili di petrolio per aumentare la
produzione della CNOOC di circa il 17%. Successivamente, nel 2003, ha acquistato una quota del 12,5% nel vasto campo
di gas naturale di Gorgon, al largo della costa occidentale dell'Australia, e ha
investito 347 milioni di dollari nel North West Shelf Gas Project australiano.
Probabilmente, tuttavia, l’evento piu’ noto
non e’ un’acquisizione coronata dal successo, bensi’ un fallimento, in
particolare quello del tentativo andato a monte nel 2005 di acquistare la
società americana UNOCAL. La CNOOC offri’
infatti 18.5 miliardi di dollari ma, a causa di forti pressioni politiche esercitate
dal Congresso degli Stati Uniti, ritiro’ la sua proposta.[23]
4.3 Aziende delle comunicazioni
Fondata nel 1988 da un ex ufficiale
dell'esercito cinese, nel giro di 20 anni la Huawei è riuscita a diventare la piu’ grande azienda
cinese di telecomunicazioni wireless e di apparecchiature di rete e il quarto produttore
mondiale della categoria. La sua attività all'estero iniziò
nel ’96, puntando ai mercati emergenti dell’Africa, dell’Asia e dell’India,
dove riuscì ad espandersi rapidamente grazie a una politica di sconti massicci
che giungevano sino al 50% rispetto ai concorrenti occidentali. Nel 2005 ha registrato un fatturato
di oltre 8,2 miliardi di dollari: più della metà dei ricavi proveniva da
mercati esterni alla Cina. La Huawei ha
gareggiato con successo contro i concorrenti europei e statunitensi per la
fornitura di attrezzature a grandi operatori come British Telecom,
T-Mobile, Vodafone, Telefonica e Cox Communications.[25] Nel 2009 l 'impresa libica Sirte ha
aggiudicato a Huawei un contratto di 12 milioni di euro per realizzare a Tripoli linee in fibra ottica per
i servizi di rete di prossima generazione.[26]
La riuscita combinazione di bassi prezzi, marketing aggressivo e qualità del
servizio le hanno aperto le porte di tutto il globo e in particolare del mondo in via di sviluppo.
Il concorrente principale di Huawei è la ZTE Corporation , fondata
nel 1985 a
Shenzhen (dove ha sede anche la
Huawei ). Nella classifica mondiale del
2008, la ZTE si è
classificata ottava tra i produttori di
apparecchiature di rete e sesta tra quelli di apparecchi telefonici. La ZTE fa parte del programma China Torch Program che rappresenta un’iniziativa
strategica lanciata dal Consiglio di Stato per sviluppare le capacità indigene nel
settore high tech e favorirne l’espansione all’estero. La ZTE è quotata a Hong Kong. L'offerta
pubblica è parte di una strategia per consentire alla società di avere una forte
piattaforma finanziaria per operare all'estero. Anche i primi tentativi
oltreconfine di questa società riguardavano le economie emergenti. La ZTE offre
servizi di telecomunicazione in Egitto, Indonesia, India, Pakistan e Russia con
vari tipi di apparecchiature.[27]
Nel 2009
si e’ aggiudicata un contratto di 41 milioni di euro per ampliare la rete della
società di telecomunicazioni libica
Libyana.[28]
La strategia di globalizzazione a lungo
termine della Lenovo è esemplificata dal suo doppio quartier generale in Cina,
a Pechino, e negli Stati Uniti a Raleigh (North Carolina), nonché dalla
decisione di stabilire il proprio hub
di comunicazione e commercializzazione globale in India, segno evidente di
crescenti ambizioni internazionali.[31] Nel 2007 la Lenovo
annunciò che non avrebbe più usato il marchio IBM sui suoi prodotti, a dimostrazione
della fiducia che la società nutriva nell’appeal
del proprio marchio, nonostante fosse
pienamente titolata a farlo. Il ThinkPad IBM fu invece immediatamente ridenominato Lenovo
Thinkpad, senza alcun logo IBM, subito dopo l'acquisizione del 2004-2005 e
molto prima del previsto.[32]
4.4 Produttori di beni di consumo
Fondata nel 1984 come fabbrica di
frigoriferi di Qingdao, le umili origini dell’Haier Group sono scarsamente
visibili ora che è diventato il quarto produttore di elettrodomestici al mondo. Negli
ultimi 20 anni, la Haier
ha prodotto più di 100 milioni di apparecchi per i consumatori di tutto il pianeta.
La ditta fornisce la sua vasta gamma di elettrodomestici e prodotti elettronici
di consumo attraverso una rete mondiale di uffici vendita e marketing che
coprono ben 168 paesi e nel 2007
ha raggiunto un fatturato di 16,2 miliardi dollari.[33] Il grande vantaggio dell’Haier Group risiede
nella sua cultura di innovazione continua trasmessa all’azienda dal suo
presidente, Zhang Ruimin. L’Haier gestisce 10 istituti di
design e la sua vasta gamma di prodotti e’ venduta in tutti i mercati del Medio
Oriente, del Sud e Sud-Est Asiatico, dell’Europa e degli USA. L’Haier è
conosciuta in tutto il mondo per la sua capacità di soddisfare le specifiche
esigenze di nicchia dei propri clienti. Ad esempio, ha creato un
frigorifero appositamente progettato per l'ambiente desertico del Medio
Oriente. Ha
stabilimenti in più di una dozzina di paesi molto diversi tra loro, dagli Stati
Uniti al Pakistan. Il Gruppo Haier si considera un’entità di proprietà collettiva dei lavoratori e non
una Società di proprietà statale in senso stretto. Alcune sue attività sono quotate
in borsa a Hong Kong e Shanghai, ma poco si sa circa i suoi principali azionisti.[34] Nonostante la portata mondiale delle
sue operazioni, infatti, la proprietà del Gruppo non è chiara, poiché la
struttura di controllo e le attività che svolge non hanno niente in comune con
le imprese delle economie sviluppate.[35]
[1] “FACTBOX:
China ’s
outbound M&A in 2009 and the past decade,” Thomson Reuters, January 20, 2010 ,
http://in.reuters.com.
[2] Wood and Brown, “China ODI: Buying into the Global
Economy,” 34.
[3] Au Loong Yu and Kevin Li, “Preliminary Report on China‟s Going Global
Strategy,” Globalization Monitor
Limited, February 2009, 27-28
[4] Andrews-Speed and Vinogradov, “China ’s
Involvement in Central Asian Petroleum,” 389.
[5] Schuler-Zhou, Schueller, and Brod, “Chinas
Going Global – Finanzmarktkrise bietet Chancen fuer chinesische Investoren im
Ausland,” 3.
[6] Bill Powell, “Buying Binge,” Time, March 16, 2009 , 26-27.
[7] Wood and Brown, “China ODI: Buying into the Global
Economy,” 34.
[8] Andy Rothman, “China
Eats the World: The Sustainability of Chinese Commodities Demand,” Credit Lyonnais Securities Asia ,
March 2005.
[9] Pete Engardio, “A New
World Economy,” Business
Week, August
22, 2005 , 43.
[10] Johannes Heinritzi, “Noch Viel Aufzuholen,” Focus-Money, November 2007, 77
[11] Powell, “Buying Binge,” 26.
[12] Schueler-Zhou, Schueller, and Brod, “Chinas
Going Global – Finanzmarktkrise bietet Chancen fuer chinesische Investoren im
Ausland,” 3.
[13] Wood and Brown, “China ODI: Buying into the Global
Economy,” 34
[15] Powell, “Buying Binge,” 27.
[16] Dexter Roberts and Frederik Balfour, “China ’s
Shopping Spree,” BusinessWeek, July 27, 2009
[17] FACC website,
http://www.facc.at/en/ueberuns/index.asp?dat=history.
[18] Ken Davies, “While Global FDI Falls , China ’s
Outward FDI Doubles,” Columbia FDI
Perspectives, www.vcc.columbia.edu/documents/DaviesPerspectives-final.pdf.
[19] “The World’s Biggest Public Companies,” Forbes Asia, April 27, 2009 , 35.
[20] “2000
World Leaders,” Forbes, April 16, 2007 ,
135.
[21] Zhang, “Going Global: The Why, When, Where, and How of Chinese Companies’ Outward Investment
intentions,” 35.
[22] “China Spreads its Wings – Chinese Companies
Go Global,” http://www.accenture.com//.
[23] Zhang, “Going Global: The Why, When, Where, and How of Chinese
Companies’ Outward Investment intentions,” 35-36.
[24] “China Spreads its Wings – Chinese Companies
Go Global,” http://www.accenture.com//.
[26] “ZTE Corp Wins €41M Contract,” South China Morning Post, September 13, 2009 , B2.
[28] “ZTE Corp Wins €41M Contract,” B2.
[29] “Going Global; Prospects and Challenges for
Chinese Companies on the World Stage,” IBM Institute for Business Value, 2006,
10.
[30] “Going Global Poses New Challenges for Chinese
Companies,” Singapore
Management University ,
http://knowledge.smu.edu.sg/article.cfm?articleid=1159.
[32] Jane Spencer, “Lenovo Will Shed IBM Name Early,” The Wall Street Journal Asia , November 2, 2007 ,
4.
[33] “Going Global Poses New Challenges for Chinese
Companies,” Singapore
Management University ,
http://knowledge.smu.edu.sg/article.cfm?articleid=1159.
[34] Zhou Yang, “Haier’s Chairman on His Quest for
a Global Brand,” The Wall Street Journal,
March 12,
2007 , 31.
[35] Yibing Wu, “China ’s Refrigerator Magnate,” pg.
108.
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