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mercoledì 9 dicembre 2015

Implicazioni Strategiche della presenza delle aziende cinesi all'estero. I settori dell'ODI cinese ed i relativi attori

di Heino Klinck
I parte. I settori dell'ODI cinese ed i relativi attori.

I dati 2009 indicano che, nell’ultimo decennio, il valore delle acquisizioni cinesi all'estero (fusioni e acquisizioni internazionali) ha toccato i 187 miliardi di dollari, proiettando il paese al 3° posto nella classifica mondiale degli investitori, dopo USA e Francia. E’un incremento notevole rispetto al 12° posto del 2000. Il 52% dell’ODI cinese è concentrato nella regione Asia-Pacifico, ma la Cina risulta anche il 2° investitore in Australia e Canada, nonché 1° al mondo nel settore energetico e 2° nelle materie prime.[1]
Secondo il MOFCOM, all’estero sono presenti circa 14,400 aziende cinesi, in gran parte a partecipazione statale  e focalizzate sul settore energetico e delle risorse naturali sin dall’avvio della campagna  going global.
Le risorse naturali hanno un ruolo centrale nell’ODI cinese. Pechino già soffre di una grave carenza per molte di esse e non è affatto disposta a basare la sua crescita economica sulla capacità dei mercati di garantire la regolarità di flusso delle risorse di cui ha bisogno, poiché teme che l'offerta non sia in grado di tenere il passo con la sua crescente domanda e che la concorrenza mondiale per accaparrarsi risorse sempre più limitate possa soltanto ulteriormente aggravare la situazione. Negli anni ‘90, il governo cinese iniziò a spingere le imprese petrolifere statali ad effettuare significativi investimenti oltremare in risorse petrolifere e gas, nonché nelle reti di trasporto necessarie per l’approvvigionamento cinese.
La Cina ha iniziato a importare petrolio nel 1993, con un 6% del fabbisogno poi salito al 42% nel 2005, al 49% nel 2008 e al 50% nel 2009 (tab. 2). La previsione di dipendenza dall’estero indica il 70% nel 2020. [2] Nel 2007, la Cina annunciò che le compagnie petrolifere nazionali avrebbero investito in nove paesi: Ecuador, Kuwait, Libia, Marocco, Niger, Norvegia, Oman, Qatar, e Bolivia.[3] Gli investimenti iniziali furono devoluti a progetti poco rischiosi di riabilitazione e sviluppo dei giacimenti. Poi le attività sono state ampliate. La Sinopec si è concentrata sulla raffinazione; la CNPC e la CNOOC si sono dedicate all’esplorazione e alla produzione (tab. 3).[4] 

Fonte: BP Statistical Review of World Energy, dati storici -  www.bp.com.
Tabella 3: Paesi in cui le imprese cinesi operano una o più concessioni
Società
Paesi
CNPC
Algeria, Azerbaijan, Ciad, Ecuador, Guinea Equatoriale, Indonesia, Irak, Kazakistan, Mauritania, Niger, Nigeria, Perù, Sudan, Siria, Thailandia, Turkmenistan, Venezuela
CNOOC
Guinea Equatoriale, Indonesia, Kenya, Birmania, Filippine
Sinopec
Australia, Arabia Saudita, Ecuador
Sinochem
Emirati Arabi Uniti
Fonti: Siti web delle Società e US Energy Information Administration
Il 2009 ha visto un livello particolarmente elevato di attività nel settore petrolifero. La SINOPEC ha comprato la svizzera Addax Petroleum per 7,56 miliardi di dollari.[5] A marzo, la CNPC ha acquistato per 390 milioni la canadese Verenex Energy, proprietaria al 50% di un importante giacimento libico. Un mese prima, la China Development Bank e la China Petroleum and Oil Company hanno investito 10 miliardi nella brasiliana Petrobras,  operatrice di uno dei più grandi giacimenti di petrolio sottomarini al mondo, scoperto di recente. Solo due giorni prima dell'affare Petrobras, la Cina ha prestato 15 miliardi alla Rosneft e 10 miliardi alla Transneft, le principali ditte russe nel settore degli oleodotti.[6] Questi contratti prevedono che i prestiti vengano restituiti non in contanti, ma sottoforma di  greggio a prezzi di gran lunga inferiori rispetto a quelli di mercato.
In termini di risorse minerarie, la Cina possiede solo il 58% della media mondiale di ciò che è necessario per soddisfare le sue esigenze.[7] La grande crescita e lo sviluppo negli ultimi trent’anni sono illustrati dalla percentuale di consumo delle risorse globali. Poiché la Cina fabbrica molti dei beni di consumo mondiali, essa si affida alle materie prime per alimentare la crescita delle industrie esportatrici. Diverse fonti citano la necessità cinese di materie prime. Un articolo opportunamente intitolato La Cina mangia il mondo sottolineava molto bene questo fenomeno storico e affermava che la quota cinese nel consumo mondiale di alluminio, rame, minerali ferrosi e nichel era raddoppiata dal 7% del 1990 al 15% del 2000, sino a raggiungere il 20% nel 2004.[8] Un altro rapporto del 2005 riportava i seguenti consumi: cemento: 47%; cotone: 37%; riso: 32%; carbone: 30%: acciaio grezzo: 26%: alluminio:21%: rame:20%; grano:16%; petrolio:8%.[9] Un terzo rapporto affermava che il consumo di rame era passato dal 10% del ‘97 al 23% del 2007, con un tasso di incremento annuo della domanda pari al 12,5%per la Cina, mentre il resto del mondo si ferma all’1,5%.[10]
Negli ultimi anni, i funzionari cinesi hanno visto la crisi finanziaria globale come un'opportunità per  acquisire partecipazioni nelle forniture internazionali di risorse naturali strategiche (tab. 4). La leadership di Pechino si rende perfettamente conto che in futuro il paese avrà bisogno di tali risorse e quindi sta orientando gli investimenti in questi settori, per sfruttare il momento di riduzione dei prezzi. E’ eloquente in proposito l’attenzione che la Cina ha riservato negli ultimi due anni all’Australia, sottolineata dagli sforzi compiuti dall’Alluminum Corporation of China (Chinalco), dalla China Minmetals e dallo Hunan Valin Iron and Steel Group of China per acquisire, rispettivamente, rilevanti partecipazioni nelle australiane Rio Tinto, Oz Metals e Fortescue Metals Group.[11] Nonostante le grandi riserve cinesi di carbone, la Yanzhou Coal Mining Company ha acquistato per 2,9 miliardi la miniera di carbone operata dall’australiana Felix Resources Limited,[12]
Tabella 4: Profilo delle società minerarie cinesi operanti all'estero
Società
Aluminum Corporation of China (Chinalco)
Bauxite e  alluminio
SOE
Baosteel Group Corporation
Ferro e acciaio
SOE
Nanchuan / Bosai
Bauxite
Privata
China Machinery and Electrical Equipment Export and Import Company (CMEC)
Progettazione, costruzione, centrali elettriche, energia, estrazione mineraria
SOE
China Metallurgical Group Corporation (MCC)
Progettazione, costruzione, estrazione mineraria
SOE
China Minmetals Corporation
Estrazione e commercializzazione metallifera
SOE
China National Geological and Mining Corp (CGM)
Produzione e commercializzazione metallifera
SOE
China Non-Ferrous Metals Mining Group (CNMC)
Progettazione, costruzione, estrazione mineraria
SOE
Jinchuan
Nichel e platino
SOE
Luanhe Industrial Group
Acciaio e minerario
Privata
Shenhua Group Corporation
Carbone e produzione di energia
SOE
Shougang Group
Ferro e acciaio
SOE
Sinosteel
Acciaio e minerario

Tonghua Iron and Steel
Ferro e acciaio
SOE
Wuhan Iron and Steel
Ferro e acciaio
SOE
Yankuang
Carbone
SOE

Si può affermare che le acquisizioni cinesi nei settori del petrolio e di altre risorse naturali sono state guidate da Pechino per diversi motivi. In primo luogo, il governo cinese ha chiaramente individuato il bisogno, se non addirittura la dipendenza da  risorse naturali indisponibili in patria in quantità adeguate, tant’è vero che questa dipendenza è aumentata negli ultimi anni. Una relazione complementare riporta che la dipendenza della Cina dall’importazione di petrolio è cresciuta dal 31% del 2000 al 41% nel 2010 e dovrebbe raggiungere il 58% entro il 2020. La percentuale di dipendenza dall’importazione di rame è cresciuta dal 48% del 2000 al 72% del 2010 e dovrebbe attestarsi all’82% nel 2020. La necessità di importare zinco è passata dallo 0% del 2000 al 53% del 2010 e dovrebbe collocarsi al 69% nel 2020.[13]  Queste risorse sono necessarie per sostenere la crescita economica complessiva.
Le imprese cinesi hanno concentrato gli sforzi anche sulle acquisizioni di aziende ad alta tecnologia all'estero che, come visto in precedenza, costituiscono tema fondamentale della strategia going global, mentre altri imperativi sono da ricercare nell’affermazione del marchio, nel  capitale umano e nella possibilità di compiere balzi in avanti nella catena del valore.  Il caso più evidente che incorpora tutte le motivazioni appena elencate, è rappresentato dalla Lenovo che, tra il 2004 e il 2005, ha acquistato, al prezzo di 1,75 miliardi di dollari, la Divisione Personal Computer dell’IBM, ivi compresi la produzione, la ricerca e lo sviluppo. La Legend, come si chiamava la società prima di essere ribattezzata Lenovo, aveva raggiunto il suo picco nel 2002, toccando il 30% della quota di mercato cinese relativo ai PC. L'acquisizione dell’IBM è stata poi in parte dettata dalla constatazione che la compagnia cinese stava progressivamente perdendo quote di mercato interno a causa dell’arrivo  in Cina di nuovi attori quali le società americane Dell e Hewlett-Packard.
L'accordo ha immediatamente fornito alla Lenovo le tecnologie e le capacità supplementari necessarie per trasformarsi in un attore globale nell’industria dei PC. Ciò ha comportato l'acquisizione di talenti gestionali di livello internazionale, un marchio di valore, l'accesso a canali e clienti globali, nonché un consolidato sistema di gestione e una presenza operativa a livelli planetari.  L'accordo prevedeva lo sfruttamento quinquennale della licenza del marchio, l'acquisizione di marchi riconosciuti a livello mondiale come il ThinkPad, un’alleanza strategica con la quale la IBM vende prodotti Lenovo ad aziende nel mondo e un accordo per la fornitura di servizi di supporto IBM alla Lenovo a livello mondiale. Il presidente della Lenovo, Yang Yuanging, ha annunciato che l'acquisizione ha permesso all'azienda di accelerare i suoi piani di espansione globale di 10 o 20 anni, mentre la crescita organica sarebbe costata più di 2 miliardi di dollari.[14]
Anche il fattore tempo ha svolto un ruolo significativo nell’ODI cinese.  La recente recessione globale ha fornito alla maggior parte degli investitori cinesi l'opportunità di investire in risorse per il futuro, bloccando i prezzi ai valori attuali e talvolta anche a soglie più competitive. Ad esempio, l’accordo precedentemente citato con le russe Rosneft e Transneft ha permesso alla Cina di bloccare per 20 anni i prezzi del petrolio a circa 20 dollari al barile, ovvero ad un valore  di gran lunga inferiore rispetto ai tassi prevalenti.[15]  Ampie prove si riscontrano anche tra quelle imprese americane ed europee che hanno vissuto gravi difficoltà finanziarie e si sono trovate a dipendere da iniezioni di capitale governativo per garantirsi la sopravvivenza commerciale.  Anche queste imprese sono diventate oggetto di investimenti cinesi che stanno sfruttando la possibilità di “pesca in profondità".[16]  Il 3 dicembre 2009 la Xian Aircraft Industry Group  (XAC) ha acquistato la quota di controllo della società austriaca di componenti aerei Fischer Advanced Composite Components (FACC).  Dopo un aumento di capitale da 40 a 80 milioni di euro, la XAC detiene il 95,625% di tutte le azioni FACC,[17]   una società sottoposta ad un notevole stress finanziario che non sarebbe mai stata in grado di sostenersi senza un’assistenza esterna.  Di conseguenza, a fronte di una diminuzione del 20% dell’ODI mondiale verificatasi nel 2008 , nello stesso periodo l’ODI cinese e’ giunto addirittura a raddoppiarsi.[18] 

4.1  Profili delle imprese cinesi all'estero

La capacità aziendale della Cina è cresciuta a livello internazionale nel corso degli ultimi decenni (tab. 5). Nel 2009, quando Forbes ha pubblicato la lista delle più grandi aziende del mondo in base a vendite, profitti, risorse e valore di mercato, la Cina era presente con ben 91 membri [19],  mentre due anni prima compariva soltanto con 44 unita’.[20]
1
2
3
4
China Ocean Shipping (Group) Company (COSCO)
5
China Resources (Holdings) Co., Ltd (CRC)
6
7
8
9
China Merchants Group (China Merchants)
Fonte: C-ODI XRG Report (ottobre 2009)

4.2  Aziende Petrolifere

In Cina, il più grande produttore e fornitore di petrolio greggio e gas naturale è la China National Petroleum Corporation (CNPC), che è anche uno dei principali  fornitori e produttori di petrolio raffinato e di prodotti petrolchimici, nonche’ uno dei maggiori operatori internazionali del settore. La CNPC ha decine di progetti di sviluppo e di produzione di gas e petrolio in Medio Oriente, Nord Africa, Asia centrale, Russia e Sud America.  Nel 2003 la produzione annuale di petrolio greggio ha superato i 122 milioni di tonnellate e quella di gas naturale ha oltrepassato i 26 miliardi di metri cubi, portando il totale degli investimenti all'estero della CNPC ad oltre 4 miliardi di dollari in 19 paesi.[21] Nel 2005, ha acquistato per 4,2 miliardi la Petro-Kazakistan, ha investito 400 milioni in 15 giacimenti venezuelani ed è entrata in joint venture 50:50 in Uzbekistan, per lo  sviluppo di 23 campi petroliferi [22].
La China National Offshore Oil Corporation (CNOOC) è una compagnia petrolifera di stato costituita nel 1982, che  il governo cinese ha individuato quale attore primario nell’esplorazione e nello sfruttamento di gas e riserve di petrolio in Cina e in mare aperto, in collaborazione con partners stranieri. I principali settori di attività della CNOOC riguardano l'esplorazione e lo sviluppo petrolifero e gassoso, i servizi tecnici e logistici, la chimica e la produzione di fertilizzanti, la produzione di energia elettrica con l’utilizzo di gas naturale e, infine, i servizi finanziari.
Nel 2002, la CNOOC ha pagato 585 milioni per le operazioni petrolifere dell’indonesiana Repsol, divenendo il più grande produttore di petrolio offshore del paese.  L'accordo prevedeva l'acquisto dell'equivalente di circa 360 milioni di barili di petrolio per aumentare la produzione della CNOOC di circa il 17%.  Successivamente, nel 2003, ha  acquistato una quota del 12,5% nel vasto campo di gas naturale di Gorgon, al largo della costa occidentale dell'Australia, e ha investito 347 milioni di dollari nel North West Shelf Gas Project australiano.
Probabilmente, tuttavia, l’evento piu’ noto non e’ un’acquisizione coronata dal successo, bensi’ un fallimento, in particolare quello del tentativo andato a monte nel 2005 di acquistare la società americana UNOCAL. La CNOOC offri’ infatti 18.5 miliardi di dollari ma, a causa di forti pressioni politiche esercitate dal Congresso degli Stati Uniti, ritiro’ la sua proposta.[23]
La Sinopec è la principale società cinese di raffinazione e produce il 25% circa del greggio nazionale. Nel 2004, con entrate che ammontavano a 72,8 miliardi dollari, ha acquistato per 153 milioni l’americana First International Oil Corporation, che svolgeva attività in Kazakhstan,  e a maggio del 2005  ha sborsato 84 milioni per una partecipazione nel progetto canadese Northern Lights.[24]

4.3  Aziende delle comunicazioni

Fondata nel 1988 da un ex ufficiale dell'esercito cinese, nel giro di 20 anni la Huawei è riuscita a diventare la piu’ grande azienda cinese di telecomunicazioni wireless e di apparecchiature di rete e il quarto produttore mondiale della categoria. La sua attività all'estero iniziò nel ’96, puntando ai mercati emergenti dell’Africa, dell’Asia e dellIndia, dove riuscì ad espandersi rapidamente grazie a una politica di sconti massicci che giungevano sino  al 50% rispetto ai  concorrenti occidentali. Nel 2005 ha registrato un fatturato di oltre 8,2 miliardi di dollari: più della metà dei ricavi proveniva da mercati esterni alla Cina. La Huawei ha gareggiato con successo contro i concorrenti europei e statunitensi per la fornitura di attrezzature a grandi operatori come British Telecom, T-Mobile, Vodafone, Telefonica e Cox Communications.[25]  Nel 2009 l'impresa libica Sirte ha aggiudicato a Huawei un contratto di 12 milioni di euro per  realizzare a Tripoli linee in fibra ottica per i servizi di rete di prossima generazione.[26] La riuscita combinazione di bassi prezzi, marketing aggressivo e qualità del servizio le hanno aperto le porte di tutto il globo e in  particolare del mondo in via di sviluppo.
Il concorrente principale di Huawei è la ZTE Corporation, fondata nel 1985 a Shenzhen (dove ha sede anche la Huawei). Nella classifica mondiale del 2008, la ZTE si è classificata ottava tra i  produttori di apparecchiature di rete e sesta tra quelli di apparecchi telefonici. La ZTE fa parte del programma China Torch Program che rappresenta un’iniziativa strategica lanciata dal Consiglio di Stato per sviluppare le capacità indigene nel settore high tech  e favorirne l’espansione all’estero.  La ZTE è quotata a Hong Kong.  L'offerta pubblica è parte di una strategia per consentire alla società di avere una forte piattaforma finanziaria per operare all'estero. Anche i primi tentativi oltreconfine di questa società riguardavano le economie emergenti. La  ZTE offre servizi di telecomunicazione in Egitto, Indonesia, India, Pakistan e Russia con vari tipi di apparecchiature.[27]  Nel 2009 si e’ aggiudicata un contratto di 41 milioni di euro per ampliare la rete della  società di telecomunicazioni libica Libyana.[28] 
La Legend, il più grande produttore di computer cinese, ha lanciato la Lenovo come marchio globale per espandersi all'estero, dopo la storica acquisizione della Divisione PC dell’IBM tra il 2004 e il 2005. Prima di quest'acquisizione, la Legend Group era basata a Hong Kong, ancorché fosse controllata da cinesi, ed era per il 54% di proprietà della Legend Holdings, con sede a Pechino, e per il 46% di altri azionisti.  Di contro, la Legend Holdings era per il 65% di proprietà del governo e per il 35% di proprietà del personale. Associandosi ad una marca molto rinomata, l'azienda cinese ha rapidamente elevato il suo profilo internazionale e ha ottenuto un immediato accesso a nuovi mercati. Da una condizione di società a malapena conosciuta al di fuori della Cina, con l’acquisto dell’IBM PC la Lenovo è balzata al 3° posto tra i produttori mondiali di PC, preceduta solo da Dell e Hewlett-Packard, e ha accumulato un fatturato di 13 miliardi di dollari. Il prezzo delle azioni Lenovo aumentò di oltre il 60% nel periodo luglio-dicembre 2005, chiaro segnale del vasto consenso degli investitori all’operazione.[29] Nel 2007-2008, le vendite della Lenovo raggiunsero i 16,4 miliardi, con un aumento del 17% rispetto all'anno precedente, mentre il conseguimento di un utile ante imposte di 560 milioni fece registrare un incremento del 237%, mantenendo riserve di liquidità per 1,6 miliardi.[30]
La strategia di globalizzazione a lungo termine della Lenovo è esemplificata dal suo doppio quartier generale in Cina, a Pechino, e negli Stati Uniti a Raleigh (North Carolina), nonché dalla decisione di stabilire il proprio hub di comunicazione e commercializzazione globale in India, segno evidente di crescenti ambizioni internazionali.[31]  Nel 2007 la Lenovo annunciò che non avrebbe più usato il marchio IBM sui suoi prodotti, a dimostrazione  della fiducia che la società nutriva nell’appeal del proprio  marchio, nonostante fosse pienamente titolata a farlo. Il ThinkPad IBM fu invece immediatamente ridenominato Lenovo Thinkpad, senza alcun logo IBM, subito dopo l'acquisizione del 2004-2005 e molto prima del previsto.[32]

4.4  Produttori di beni di consumo

Fondata nel 1984 come fabbrica di frigoriferi di Qingdao, le umili origini dell’Haier Group sono scarsamente visibili ora che è diventato il quarto produttore di elettrodomestici al mondo. Negli ultimi 20 anni, la Haier ha prodotto più di 100 milioni di apparecchi per i consumatori di tutto il pianeta. La ditta fornisce la sua vasta gamma di elettrodomestici e prodotti elettronici di consumo attraverso una rete mondiale di uffici vendita e marketing che coprono ben 168 paesi e nel 2007 ha raggiunto un fatturato di 16,2 miliardi dollari.[33] Il grande vantaggio dell’Haier Group risiede nella sua cultura di innovazione continua trasmessa all’azienda dal suo presidente, Zhang Ruimin. L’Haier gestisce 10 istituti di design e la sua vasta gamma di prodotti e’ venduta in tutti i mercati del Medio Oriente, del Sud e Sud-Est Asiatico, dell’Europa e degli USA. L’Haier è conosciuta in tutto il mondo per la sua capacità di soddisfare le specifiche esigenze di nicchia dei propri clienti. Ad esempio, ha creato un frigorifero appositamente progettato per l'ambiente desertico del Medio Oriente. Ha stabilimenti in più di una dozzina di paesi molto diversi tra loro, dagli Stati Uniti al Pakistan.  Il Gruppo Haier si considera un’entità  di proprietà collettiva dei lavoratori e non una Società di proprietà statale in senso stretto. Alcune sue attività sono quotate in borsa a Hong Kong e Shanghai, ma poco si sa circa i  suoi principali azionisti.[34] Nonostante la portata mondiale delle sue operazioni, infatti, la proprietà del Gruppo non è chiara, poiché la struttura di controllo e le attività che svolge non hanno niente in comune con le imprese delle economie sviluppate.[35]



[1] “FACTBOX:  China’s outbound M&A in 2009 and the past decade,” Thomson Reuters, January 20, 2010, http://in.reuters.com.
[2] Wood and Brown, “China ODI: Buying into the Global Economy,” 34.
[3] Au Loong Yu and Kevin Li, “Preliminary Report on China‟s Going Global Strategy,” Globalization Monitor Limited, February 2009, 27-28
[4] Andrews-Speed and Vinogradov, “China’s Involvement in Central Asian Petroleum,” 389.
[5] Schuler-Zhou, Schueller, and Brod, “Chinas Going Global – Finanzmarktkrise bietet Chancen fuer chinesische Investoren im Ausland,”  3.
[6] Bill Powell, “Buying Binge,” Time, March 16, 2009, 26-27.
[7] Wood and Brown, “China ODI: Buying into the Global Economy,” 34.
[8] Andy Rothman, “China Eats the World: The Sustainability of Chinese Commodities Demand,” Credit Lyonnais Securities Asia, March 2005.
[9] Pete Engardio, “A New World Economy,” Business Week, August 22, 2005, 43.
[10] Johannes Heinritzi, “Noch Viel Aufzuholen,” Focus-Money, November 2007, 77
[11] Powell, “Buying Binge,” 26.
[12] Schueler-Zhou, Schueller, and Brod, “Chinas Going Global – Finanzmarktkrise bietet Chancen fuer chinesische Investoren im Ausland,” 3.

[13] Wood and Brown, “China ODI: Buying into the Global Economy,” 34
[14] “Going Global Poses New Challenges for Chinese Companies,” Singapore Management   
[15] Powell, “Buying Binge,” 27.
[16] Dexter Roberts and Frederik Balfour, “China’s Shopping Spree,” BusinessWeek, July 27, 2009
[17] FACC website, http://www.facc.at/en/ueberuns/index.asp?dat=history.
[18] Ken Davies, “While Global FDI Falls, China’s Outward FDI Doubles,” Columbia FDI Perspectives, www.vcc.columbia.edu/documents/DaviesPerspectives-final.pdf.
[19] “The World’s Biggest Public Companies,” Forbes Asia, April 27, 2009, 35.
[20]  “2000 World Leaders,” Forbes, April 16, 2007, 135.
[21] Zhang, “Going Global:  The Why, When, Where, and How  of Chinese Companies’ Outward Investment intentions,”  35. 
[22] “China Spreads its Wings – Chinese Companies Go Global,” http://www.accenture.com//.  
[23] Zhang, “Going Global:  The Why, When, Where, and How of Chinese Companies’ Outward Investment intentions,” 35-36.
[24] “China Spreads its Wings – Chinese Companies Go Global,” http://www.accenture.com//. 
[25] “Up, Up, and Huawei,” The Economist, September 26, 2009, 12.
[26] “ZTE Corp Wins €41M Contract,” South China Morning Post, September 13, 2009,  B2.
[27] China Spreads its Wings – Chinese Companies Go Global,” http://www.accenture.com//. 
[28] “ZTE Corp Wins €41M Contract,” B2.
[29] “Going Global; Prospects and Challenges for Chinese Companies on the World Stage,” IBM Institute for Business Value, 2006, 10.
[30] “Going Global Poses New Challenges for Chinese Companies,” Singapore Management University, http://knowledge.smu.edu.sg/article.cfm?articleid=1159.
[31] “Top 10 Brands Likely to go Global,” Media, December 14, 2007, 51.
[32] Jane Spencer, “Lenovo Will Shed IBM Name Early,” The Wall Street Journal Asia, November 2, 2007,  4.
[33] “Going Global Poses New Challenges for Chinese Companies,” Singapore Management University, http://knowledge.smu.edu.sg/article.cfm?articleid=1159.
[34] Zhou Yang, “Haier’s Chairman on His Quest for a Global Brand,” The Wall Street Journal, March 12, 2007, 31.
[35] Yibing Wu, “China’s Refrigerator Magnate,” pg. 108.

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