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mercoledì 23 dicembre 2015

Rapporti tra Russia e Turchia nel dicembre 2015

UNA FINESTRA SUL MONDO

 Alessio Pecce*
 (alessio-p89@libero.it)

Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, il presidente Vladimir Putin risponde quasi a braccio alle domande dei circa 1400 giornalisti presenti in sala, presenze record secondo le statistiche. Il presidente russo esordisce parlando del tema del petrolio, sottolineando la sua contrarietà al crollo dei prezzi del barile e spiegando che quest'ultima è stata la causa principale della rivisitazione delle proprie strategie economiche. A tal proposito il governo russo sta studiando eventuali azioni strategiche in grado di “assorbire” ogni legge di mercato, anche se lo stesso presidente afferma di essere troppo dipendente rispetto alle decisioni esterne. In ogni caso il Cremlino spera che tra il 2016 e il 2018 l'economia possa tornare a crescere. Tema altrettanto delicato è stato quello relativo all'odierno rapporto con la Turchia, per il quale Putin parla di atto ostile, facendo chiaramente riferimento all'abbattimento del caccia russo avvenuto il 24 novembre: a tal proposito l'ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, afferma che per risolvere questa tensione, delicata sotto ogni punto di vista, occorrono delle scuse ufficiali provenienti da Ankara . Il presidente ipotizza che dietro l'attacco turco ci sia l'impronta americana, grazie alla quale le truppe turche possono accedere liberamente in terra irachena: in questo passaggio si nota un approccio non certo diplomatico davanti ai giornalisti da parte del capo del Cremlino. L'immediata risposta da parte della Russia, dopo l'abbattimento del caccia, è stata quella di disporre impianti missilistici di difesa in Siria e la loro intenzione non è certo quella di riallacciare nuovi rapporti attraverso il dialogo con l'odierna leadership turca, colpevole tra l'altro di una forte islamizzazione, secondo il presidente russo.
Non si è fatta di certo attendere la risposta da parte del premier turco Davutoglu, secondo il quale Putin crede di essere ancora ai tempi del Kgb (principale agenzia di sicurezza dell'Unione Sovietica, attiva dal 1954 al 1991), sottolineando come il governo turco non risponderà agli insulti della controparte con lo stesso tono, tutt'altro che diplomatico. A tal proposito Davutoglu evidenzia come la propaganda fatta da Putin ai giornalisti sia una cosa appartenente alle strategie del passato, aggiungendo che le dichiarazioni sono accolte con sarcasmo, in riferimento alla minaccia russa di violare lo spazio aereo siriano.
Le tensioni tra Russia e Turchia vanno oltre le dichiarazioni rilasciate dai rispettivi presidenti, poiché il 14 dicembre 2015 una nave militare russa ha costretto un mercantile commerciale, battente bandiera turca, a cambiare rotta nei pressi del Mar Nero. Secondo le prime notizie, la nave turca avrebbe ostacolato un rimorchiatore della compagnia Chernomorneftegaz, del valore di 354 milioni di dollari, durante il trasferimento che va da Odessa alle acque russe; informazione puntualmente smentita dai servizi segreti russi. Inoltre pochi giorni dopo questa diatriba, una nave militare russa impiegata per le operazioni militari sulla Siria, la Smetlivy, ha minacciato un peschereccio turco nel Mar Egeo, attraverso l'esplosione di alcuni colpi di avvertimento, poiché le impediva il passaggio. In seguito a tale provvedimento, il Cremlino ha immediatamente disposto una riunione con l'ambasciata turca con sede a Mosca, sottolineando le eventuali conseguenze dovute all'impedimento della Turchia riguardo le azioni di contrasto contro il terrorismo internazionale in Siria. Il diplomatico russo Karlov, come precedentemente anticipato, afferma come le relazioni tra Russia e Turchia siano ai minimi storici, con un livello elevato di crisi, smentendo categoricamente le accuse provenienti da Ankara, secondo cui i russi siano implicati in un'azione di pulizia etnica in terra siriana.
Un esperto russo, a proposito di questa crisi che sembra non avere fine, parla di possibili scenari futuri: escalation, status quo, avvicinamento, ripristino. La prima opzione di cui ci parla non è del tutto da escludere, poiché il rischio di ulteriori tensioni tra i due paesi è costante al confine con la Siria, con la possibilità di incrementare la diatriba, qualora la Russia continuasse a contrastare i turcomanni, alleati dei turchi contro l'esercito siriano: qualsiasi incidente andrebbe a capovolgere ogni tipo di rapporto politico-economico, anche se in gran parte compromessi da tempo. Per quanto riguarda la seconda opzione, permanenza dello status quo, la Russia vieta momentaneamente i voli sul confine turco e al contempo la Turchia evita di sostenere i turcomanni, chiudendo il confine, onde evitare l'ingresso di soggetti appartenenti all'ISIS: il tutto con l'obiettivo di evitare sanzioni reciproche. Per ciò che concerne invece l'avvicinamento, grazie anche alla mediazione di paesi come l'Azerbaijan e il Kazakistan, la Russia e la Turchia potrebbero tornare, in modo graduale, al dialogo per quanto riguarda le azioni diplomatiche e militari. In tal modo le sanzioni verrebbero ridotte per entrambi, anche se alla Turchia spetta il primo passo da compiere, quello delle scuse ufficiali, affinché ciò si possa realizzare. Infine l'opzione ripristino, necessita di un incontro tra Putin ed Erdogan e qualora avvenisse, Mosca ritirerebbe le sanzioni preannunciate alla Turchia, gettando di conseguenza le basi per un lavoro congiunto riguardante la Siria su questioni politico-militari. L'ipotesi escalation è sconsigliata sia per la Russia, sia per la Turchia: infatti a Mosca, vista anche l'attuale crisi economica, ulteriori sanzioni andrebbero a gravare pesantemente sul bilancio economico, col rischio di scontri aerei con forze straniere; lo stesso vale per Ankara, visto e considerato che non gode di ottima considerazione in Europa e un eventuale escalation aggraverebbe la sua attuale condizione. Ad oggi, l'ipotesi avvicinamento è irrealizzabile, poiché un eventuale passo indietro da parte di uno dei due paesi verrebbe visto come fattore di debolezza. D'altronde le sanzioni nei confronti della Turchia sono contenute e la priorità andrebbe nel trovare un accordo sulle rotte aeree in Siria, mentre per la Russia è controproducente portare avanti due guerre (contro l'ISIS e la Turchia). Alla luce di tutto ciò, l'unica opzione attualmente realizzabile è quella dello status quo.
È bene ricordare come l'attuale scontro tra Russia e Turchia potrebbe segnare i futuri scenari socio-politici-economici per entrambi, poiché le relazioni energetiche tra i due paesi, sono costituiti da altissimi livelli di interdipendenza. Infatti la Turchia rappresenta il secondo paese, dietro alla Germania e davanti all'Italia, per fornitura di gas proveniente dalla Russia: basti pensare che la multinazionale Gazprom ha esportato nel paese turco il 19% delle risorse totali e la costante crescita del paese, aveva indotto gli esperti del settore a ipotizzare un incremento di fornitura per i prossimi mesi. È evidente quindi come la Turchia sia un partner prezioso per i russi, ma al contempo dipendente, viste le importazioni di petrolio da Mosca pari al 55% e quelle di gas equivalenti al 30%, senza dimenticare il progetto Turkish Stream presentato ai russi come chiave di volta per lo snodo energetico, in grado di sostituire l'Ucraina per quanto riguarda le forniture destinate in Europa.
Dopo gli attentati di Parigi causati da soggetti appartenenti allo Stato Islamico, l'Europa ha bisogno di tutti gli aiuti possibili, in grado di eliminare questa organizzazione terroristica, e le tensioni tra Russia e Turchia non aiutano di certo nell'intento occidentale, anzi incrementano il caos alimentato dall'ISIS.


Alessio Pecce (alessio-p89@libero.it)
*Dottore magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale. Specialista nella progettazione, gestione, valutazione e ricerca per conto di istituzioni politiche e sociali,organizzazioni economiche, imprese ed enti internazionali.

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