UNA FINESTRA SUL MONDO
Alessio Pecce*
(alessio-p89@libero.it)
Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, il
presidente Vladimir Putin risponde quasi a braccio alle domande dei circa 1400 giornalisti
presenti in sala, presenze record secondo le statistiche. Il presidente russo
esordisce parlando del tema del petrolio, sottolineando la sua contrarietà al
crollo dei prezzi del barile e spiegando che quest'ultima è stata la causa
principale della rivisitazione delle proprie strategie economiche. A tal
proposito il governo russo sta studiando eventuali azioni strategiche in grado
di “assorbire” ogni legge di mercato, anche se lo stesso presidente afferma di
essere troppo dipendente rispetto alle decisioni esterne. In ogni caso il
Cremlino spera che tra il 2016 e il 2018 l'economia possa tornare a crescere.
Tema altrettanto delicato è stato quello relativo all'odierno rapporto con la
Turchia, per il quale Putin parla di atto ostile, facendo chiaramente
riferimento all'abbattimento del caccia russo avvenuto il 24 novembre: a tal
proposito l'ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, afferma che per
risolvere questa tensione, delicata sotto ogni punto di vista, occorrono delle
scuse ufficiali provenienti da Ankara . Il presidente ipotizza che dietro
l'attacco turco ci sia l'impronta americana, grazie alla quale le truppe turche
possono accedere liberamente in terra irachena: in questo passaggio si nota un
approccio non certo diplomatico davanti ai giornalisti da parte del capo del
Cremlino. L'immediata risposta da parte della Russia, dopo l'abbattimento del
caccia, è stata quella di disporre impianti missilistici di difesa in Siria e
la loro intenzione non è certo quella di riallacciare nuovi rapporti attraverso
il dialogo con l'odierna leadership turca, colpevole tra l'altro di una forte
islamizzazione, secondo il presidente russo.
Non si è fatta di certo attendere la risposta da parte del
premier turco Davutoglu, secondo il quale Putin crede di essere ancora ai tempi
del Kgb (principale agenzia di sicurezza dell'Unione Sovietica, attiva dal 1954
al 1991), sottolineando come il governo turco non risponderà agli insulti della
controparte con lo stesso tono, tutt'altro che diplomatico. A tal proposito Davutoglu
evidenzia come la propaganda fatta da Putin ai giornalisti sia una cosa
appartenente alle strategie del passato, aggiungendo che le dichiarazioni sono
accolte con sarcasmo, in riferimento alla minaccia russa di violare lo spazio
aereo siriano.
Le tensioni tra Russia e Turchia vanno oltre le dichiarazioni
rilasciate dai rispettivi presidenti, poiché il 14 dicembre 2015 una nave
militare russa ha costretto un mercantile commerciale, battente bandiera turca,
a cambiare rotta nei pressi del Mar Nero. Secondo le prime notizie, la nave
turca avrebbe ostacolato un rimorchiatore della compagnia Chernomorneftegaz,
del valore di 354 milioni di dollari, durante il trasferimento che va da Odessa
alle acque russe; informazione puntualmente smentita dai servizi segreti russi.
Inoltre pochi giorni dopo questa diatriba, una nave militare russa impiegata
per le operazioni militari sulla Siria, la Smetlivy, ha minacciato un
peschereccio turco nel Mar Egeo, attraverso l'esplosione di alcuni colpi di
avvertimento, poiché le impediva il passaggio. In seguito a tale provvedimento,
il Cremlino ha immediatamente disposto una riunione con l'ambasciata turca con
sede a Mosca, sottolineando le eventuali conseguenze dovute all'impedimento
della Turchia riguardo le azioni di contrasto contro il terrorismo
internazionale in Siria. Il diplomatico russo Karlov, come precedentemente
anticipato, afferma come le relazioni tra Russia e Turchia siano ai minimi
storici, con un livello elevato di crisi, smentendo categoricamente le accuse provenienti
da Ankara, secondo cui i russi siano implicati in un'azione di pulizia etnica
in terra siriana.
Un esperto russo, a proposito di questa crisi che sembra non
avere fine, parla di possibili scenari futuri: escalation, status quo,
avvicinamento, ripristino. La prima opzione di cui ci parla non è
del tutto da escludere, poiché il rischio di ulteriori tensioni tra i due paesi
è costante al confine con la Siria, con la possibilità di incrementare la
diatriba, qualora la Russia continuasse a contrastare i turcomanni, alleati dei
turchi contro l'esercito siriano: qualsiasi incidente andrebbe a capovolgere
ogni tipo di rapporto politico-economico, anche se in gran parte compromessi da
tempo. Per quanto riguarda la seconda opzione, permanenza dello status quo, la
Russia vieta momentaneamente i voli sul confine turco e al contempo la Turchia
evita di sostenere i turcomanni, chiudendo il confine, onde evitare l'ingresso
di soggetti appartenenti all'ISIS: il tutto con l'obiettivo di evitare sanzioni
reciproche. Per ciò che concerne invece l'avvicinamento, grazie anche alla
mediazione di paesi come l'Azerbaijan e il Kazakistan, la Russia e la Turchia
potrebbero tornare, in modo graduale, al dialogo per quanto riguarda le azioni
diplomatiche e militari. In tal modo le sanzioni verrebbero ridotte per
entrambi, anche se alla Turchia spetta il primo passo da compiere, quello delle
scuse ufficiali, affinché ciò si possa realizzare. Infine l'opzione ripristino,
necessita di un incontro tra Putin ed Erdogan e qualora avvenisse, Mosca
ritirerebbe le sanzioni preannunciate alla Turchia, gettando di conseguenza le
basi per un lavoro congiunto riguardante la Siria su questioni
politico-militari. L'ipotesi escalation è sconsigliata sia per la Russia, sia
per la Turchia: infatti a Mosca, vista anche l'attuale crisi economica,
ulteriori sanzioni andrebbero a gravare pesantemente sul bilancio economico,
col rischio di scontri aerei con forze straniere; lo stesso vale per Ankara,
visto e considerato che non gode di ottima considerazione in Europa e un
eventuale escalation aggraverebbe la sua attuale condizione. Ad oggi, l'ipotesi
avvicinamento è irrealizzabile, poiché un eventuale passo indietro da parte di
uno dei due paesi verrebbe visto come fattore di debolezza. D'altronde le sanzioni
nei confronti della Turchia sono contenute e la priorità andrebbe nel trovare
un accordo sulle rotte aeree in Siria, mentre per la Russia è controproducente
portare avanti due guerre (contro l'ISIS e la Turchia). Alla luce di tutto ciò,
l'unica opzione attualmente realizzabile è quella dello status quo.
È bene ricordare come l'attuale scontro tra Russia e Turchia
potrebbe segnare i futuri scenari socio-politici-economici per entrambi, poiché
le relazioni energetiche tra i due paesi, sono costituiti da altissimi livelli
di interdipendenza. Infatti la Turchia rappresenta il secondo paese, dietro
alla Germania e davanti all'Italia, per fornitura di gas proveniente dalla
Russia: basti pensare che la multinazionale Gazprom ha esportato nel paese
turco il 19% delle risorse totali e la costante crescita del paese, aveva
indotto gli esperti del settore a ipotizzare un incremento di fornitura per i
prossimi mesi. È evidente quindi come la Turchia sia un partner prezioso per i
russi, ma al contempo dipendente, viste le importazioni di petrolio da Mosca
pari al 55% e quelle di gas equivalenti al 30%, senza dimenticare il progetto Turkish
Stream presentato ai russi come chiave di volta per lo snodo energetico, in
grado di sostituire l'Ucraina per quanto riguarda le forniture destinate in
Europa.
Dopo gli attentati di Parigi causati da soggetti appartenenti
allo Stato Islamico, l'Europa ha bisogno di tutti gli aiuti possibili, in grado
di eliminare questa organizzazione terroristica, e le tensioni tra Russia e
Turchia non aiutano di certo nell'intento occidentale, anzi incrementano il
caos alimentato dall'ISIS.
Alessio Pecce (alessio-p89@libero.it)
*Dottore magistrale in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale. Specialista nella progettazione, gestione, valutazione e ricerca per conto di istituzioni politiche e sociali,organizzazioni economiche, imprese ed enti internazionali.
Fattibilita' del commento psw
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