APPROFONDIMENTI
SEBASTOPOLI E TOBRUK
– 1942
Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta
( Prima parte)
SEBASTOPOLI
Giugno 1942
Nel novembre
1941 Sebastopoli è accerchiata dai tedeschi, l’assedio durerà fino al 3 giugno
1942 quando il generale Manstein sferrerà l’offensiva finale.
Anche un
reparto della marina italiana partecipa all’assedio con un gruppo di mezzi
d’assalto al comando del capitano di corvetta Salvatore Todaro.
La nostra
partecipazione al blocco navale è richiesta espressamente dal quartiere
generale tedesco, preoccupato dai rifornimenti portati alla piazza dalla marina
sovietica e di cui solo un’azione diretta avrebbe permesso un efficace
contrasto.
L’azione
svolta risulta molto efficace e contribuirà in modo determinante alla caduta
della piazza, destando l’entusiasmo e il manifesto apprezzamento dello stesso
ammiraglio Donitz.
La
situazione della popolazione e dei difensori all’interno della piazza,
nonostante gli sforzi della marina sovietica tanto nel rifornire che
nell’evacuare gli ammalati, i feriti e la popolazione civile inabile, diviene
sempre più tragica, come testimoniato anche dal giornalista russo B. Voyetekhov
nel suo libro “the last days of Sevastopol”, New York 1943.
Il 3 giugno
1943 Manstein dirige l’assalto definitivo alla piazza, questo è preceduto dalla
pianificazione di un terribile bombardamento aereo e terrestre della durata di
cinque giorni destinato ad aprire delle brecce per la fanteria nelle
fortificazioni scavate nella roccia, oltre che stordire i difensori.
Con
l’artiglieria aprono il fuoco anche la contraerea, i mortai e i pezzi più
leggeri, tutto quello che poteva sparare, i mortai pesanti del primo reggimento
mortai arrivano ad una cadenza di 324 granate in media al minuto, gli effetti
per la concentrazione del tiro sono devastanti.
Al
bombardamento partecipano anche i giganteschi mortai “Gamma” e “Thor” e il
cannone “Dora”, posto su rotaie, pezzi studiati apposta per gli assedi e lo
sgretolamento delle strutture di cemento armato, in previsione di un attacco
diretto alla Linea Maginot e ai forti belgi.
Il mortaio
“Gamma” con una canna di metri 6,75 tira oltre 14 Km. granate del diametro di
427 mm. e del peso di 923 Kg., lo servono 235 artiglieri.
Il mortaio
“Thor” o “Karl” con una canna di m. 5 del diametro di 615 mm., tira granate da
2.200 Kg..
Infine vi è
“Dora”, il più grande, detto affettuosamente dai soldati “Gustavone”, con una
canna di m. 32,50 e del calibro di 800 mm., può tirare granate del peso di
4.500 Kg. a 47 Km. , oppure da 7.000 Kg. a 38 Km., cadenza di tiro 3 granate
l’ora, 1.500 uomini diretti da un generale di brigata e un colonnello
provvedono al puntamento e tiro, mentre per la protezione sono impegnati due
battaglioni della contraerea, il tutto per un totale di circa 4.200 uomini.
La potenza
dell’esplosione è tale che riesce ad arrivare fino a 30 m. di profondità, come
avviene a Sebastopoli dove fa saltare un deposito di munizioni interrato nella
roccia a tale profondità.
L’8° Corpo
aerea del generale Von Richthofen svolge a sua volta dai 1.000 ai 1.500, 2.000
voli quotidiani su Sebastopoli, tempestando con tutte le armi le difese e la
città nell’insieme.
Il sistema
difensivo è costituito da 3 linee successive, la prima profonda da 2 a 3 Km.,
composta da una serie successiva di trincee intervallate da reti di filo
spinato e fiancheggiate da casematte di tronchi di legno e cemento, a cui si
aggiungono vasti campi minati.
La seconda
linea, profonda 1,5 Km., è costituita da una serie di opere fortificate
costituenti una cintura, che copre prevalentemente il settore settentrionale
tra la valle di Belbek e il golfo di Severnja, nella parte orientale il terreno
è particolarmente disagevole con profonde valli e altura fortificate.
La terza
linea è nella periferia della città ed è costituita da un intreccio labirintico
di trincee, nidi di mitragliatrici, lanciabombe e batterie di cannoni.
La città è
difesa secondo fonti sovietiche, da oltre 100.000 uomini, 600 cannoni e 2.000
mortai, inquadrati in 7 divisioni di fucilieri,
1 divisione di cavalleria appiedata, 2 brigate di fanteria, 3 brigate di
fucilieri di marina, 2 reggimenti di fanteria di marina, numerosi battaglioni
corazzati, 10 reggimenti di artiglieria, 2 battaglioni lanciabombe, 1
reggimento anticarro e 45 unità d’artiglieria pesante di marina.
Manstein
dispone di 7 divisioni tedesche e 2 divisioni rumene, alla mattina del 7 giugno
alle ore 3.50 inizia l’assalto lungo tutto il fronte con lo forzo principale
concentrato al nord, solo dopo qualche giorno la 170° Divisione leggera, la 72°
Divisione di fanteria e la 2 divisioni rumene avrebbero sferrato l’attacco
decisivo.
Mentre nella
valle di Belbek e nella gola di Kamisly i genieri aprono il passaggio
attraverso i campo minati ai cannoni d’assalto del 190° e del 249° gruppo per
l’appoggio ravvicinato alla fanteria, la 22^ Divisione di fanteria assale il
forte “Stalin”, già attaccato infruttuosamente nell’inverno precedente dal 16°
Fanteria.
Il 9 giugno
un primo assalto fallisce, ma il 13 il 16° Fanteria dà l’assalto finale al
forte ridotto ad un cumulo di macerie, ma da cui i russi sparano ancora.
Sebbene
nello scontro il comando russo abbia impegnato i giovani del Komsomol, la
battaglia è tanto dura che al comando dei resti dei 2 battaglioni del 16°
Fanteria è messo un tenente della riserva, essendo tutti gli ufficiali morti.
Alla fine
della battaglia bisogna concentrarsi sulla seconda cinta di fortificazioni che
resistono fino al 17 giugno, si accumulano i corpi senza vita dei soldati che
nella calura estiva producono un odore insopportabile e su cui ronzano nugoli
di mosche.
La ferocia
dei combattimenti è tale che i russi utilizzano talvolta anche i corpi dei loro
compagni per barricare gli ingressi delle casematte, barricate che vengono
distrutte con i lanciafiamme dai guastatori, in un lezzo tale da provocare il
vomito tra i soldati.
Alcuni
comandanti in linea chiedono di sospendere momentaneamente l’azione, ma Manster
insiste nell’ordine di attacco sapendo che bisogna cogliere l’occasione dello
sbandamento in atto russo, non potendo contare su ulteriori rinforzi essendo in
corso l’offensiva sul fronte sud.
Nella valle
di Belbek le cupole blindate del forte “Massimo Gor’kij I” continuano a sparare
con i loro cannoni da 305 mm sulla valle e la strada costiera, rendendoli
impraticabili.
Vengono
messi in posizione due mortai da 355 mm del 641° Gruppo artiglieria pesante, le
normali granate perforanti non riescono a scalfire le cupole blindate, vengono
quindi utilizzate le granate speciali da una tonnellata.
La batteria
è messa a tacere alla seconda salva con lo scardinamento della base della
cupola blindata, tuttavia la guarnigione non si arrende e continua a fare
sortite.
La 2^
Compagnia del 24° battaglione di guastatori è incaricata di occupare il forte,
costringendo alla resa la guarnigione. A rifiuto della capitolazione si deve
procedere alla sua conquista metro per metro, demolendo le doppie porte
d’acciaio che ne difendono i singoli vani, si avanza lanciando bombe a mano in
ogni vano con le maschere antigas per il fumo ed il tanfo, tra i corpi
accatastati dai russi.
Dal comando
di Sebastopoli, vicino al porto, l’ammiraglio Oktjabrskj segue la battaglia in
corso ricevendo un resoconto ogni 30 minuti, dando ordine ai comandanti e ai
commissari politici di “Combattere fino all’ultimo uomo”, si susseguono i
suicidi al posto della resa, fino a che i tedeschi non raggiungono il cuore
della fortezza, la centrale comando, che viene fatta saltare, su un migliaio di
uomini che la difendono solo 40 feriti vengono fatti prigionieri.
Durante la
battaglia in corso per la conquista del forte, il 31° Fanteria e la 24^
Divisione conquistano i restanti forti, avanzando dalla costa alla città ai
lati della strada maestra.
Il 18 giugno
inizia l’assalto alla terza linea di difesa sulle alture di Zapun che dominano
la città, lo scontro è durissimo e i forti devono essere conquistati uno ad
uno, finché la 24^ Divisione occupa il 26 giugno il forte a nord e la batteria
sull’istmo di Savernaja che controllano l’ingresso al porto.
Tuttavia i
russi nella notte del 26 introducono in città la 142^ Brigata fucilieri, ma i
tedeschi la notte del 27 , in silenzio, attraversano il golfo e occupano la
centrale elettrica, si schierano ai limiti della città e al mattino, coperti
dagli “Stuka”, superano l’ultimo grande fossato anticarro.
La difesa
estrema della città sprofonda completamente nel caos e la resistenza perde
qualsiasi coesione, dando luogo a singoli episodi di resistenza estrema,
l’ultimo dramma il 2 luglio quando un migliaio di donne, bambini e soldati si
rifugiano in una galleria sotterranea chiudendo la porte blindate.
Alla
richiesta di resa il commissario politico si rifiuta, i guastatori tedeschi
preparano le mine per demolire le porte, ma il commissario politico fa saltare
la galleria seppellendo tutti i rifugiati, il 3 luglio Sebastopoli cade.
Due armate
sovietiche sono state distrutte, circa 90.000 soldati presi prigionieri e 407
cannoni, 758 mortai e 155 pezzi anticarro e antiaerei catturati .
Caduta
Sebastopoli, la più potente fortezza d’Europa, non vi
sono più fortezze degne di questo nome in Europa, il Gruppo di Armate tedesche
A, libero della minaccia presentata al fianco su da Sebastopoli, può avanzare
verso il Caucaso e i pozzi di petrolio del Caspio. (P. Carell, Operazione
Barbarossa, Longanesi, 1963).
Non si può
comunque non riconoscere che gli immensi costi materiali umani sostenuti dai
sovietici non potevano proiettarsi nel tempo se non con il sostegno economico e
industriale degli U.S.A., infatti questi già dal giugno 1941 previdero che i convogli
“affitti e prestiti” rifornissero anche la Russia passando sia per il Pacifico
e Vladivostok, che per l’Islanda e l’Oceano Artico, allargando a nord la
battaglia dell’Atlantico.
( Foto provenienti da archivio privato)
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