M. O. V. M. ALDO GASTALDI
“BISAGNO”
Sergio Benedetto
Sabetta
La figura
genovese di “Bisagno”, comandante della Divisione garibaldina “Cichero” ed
attualmente in corso di beatificazione, è emblematica delle contraddizioni e
dei conflitti che attraversarono la resistenza.
Nato a
Granarolo (GE) il 17.09.1921 da Paolo Gastaldi e Maria Lunetti, cresce nella
fede cattolica con un forte senso di responsabilità, perito elettrotecnico e
studente alla Facoltà di Economia e Commercio, viene chiamato alle armi nel
1941.
Sottotenente
nel 15° Reggimento Genio presso la caserma di Chiavari, l’8 settembre 1943
nasconde le armi e con pochi uomini si stabilisce alle pendici del monte
Ramaceto, in località Cichero da cui il nome dell’unità.
Eletto
comandante assume il nome di “Bisagno”, dal torrente che attraversa Genova, nei
mesi seguenti si imposta il reparto secondo ben precise regole militari e
morali, dando vita alla celebre “scuola di Cichero”.
L’unità si
accresce con nuove leve a partire dalle diserzioni a seguito dei bando di
reclutamento della R.S.I. nel 1944, ma cresce anche nella stima delle
popolazioni contadine per la correttezza nei rapporti imposta da Bisagno.
Il comando
non viene interpretato come potere o a finalità partitiche, ma quale dovere
morale e si fonda prevalentemente sull’esempio, esponendosi ai pericoli con i
propri uomini e vivendo con loro tutte le difficoltà.
La sua
capacità di comando e correttezza morale è riconosciuta anche dai nemici,
evitando sempre inutili massacri o atti di giustizia sommaria, riconoscendo la
sua capacità di mantenere la parola data e non piegarsi alla ferocia degli
ideologismi imperanti.
Si giunge
così nel novembre 1944, a seguito di ripetuti colloqui con il Maggiore Paroldo, comandante del battaglione
Vestone della Divisione “Monterosa”, al passaggio del reparto alpino tra le
file partigiane.
Nel 1945,
con l’avvicinarsi della fine della guerra, vengono a prevalere gli aspetti
partitici e vi è un continuo tentativo di politicizzazione delle formazioni
messo in atto dal Partito Comunista.
Bisagno si
oppone a questa ideologizzazione partitica delle formazioni partigiane da lui
comandate, circostanza che lo pone ben presto in urto con parte del CLN, fino
ad arrivare allo scontro avvenuto nel marzo 1945 nella riunione sul Monte
Fascia.
Il Comando
militare unico della Liguria chiede a Bisagno di cedere il comando della
“Cichero” e di trasferirsi dalla Sesta Zona alla Quarta Zona, i sui uomini
venuto a saperlo fanno irruzione con le armi nella sede della riunione. Lo scontro
viene evitato grazie anche alla mediazione dello stesso Bisagno che raffredda
gli animi, si giunge a dividere indebolendola la Divisione “Cichero”.
Durante la
liberazione di Genova vi sono innumerevoli regolamenti di conti che Bisagno,
sceso in città con le formazioni di montagna, disapprova pubblicamente.
Rifiuta
eventuali incarichi di governo a lui offerti, per questo entra in ulteriore
conflitto con i settori più ideologizzati del CLN, viene consigliato dai propri
uomini di ritirarsi in montagna dove è più facile proteggerlo da eventuali
attentati.
A maggio
decide di accompagnare gli alpini del Vestone nelle loro case in Lombardia e
Veneto, al fine di evitare possibili rappresaglie.
Nel ritorno,
a Desenzano del Garda, dopo che tutti i suoi uomini sono tornati a casa, il 21
maggio cade in viaggio dal tetto del camion e rimane ucciso. L’incidente viene
attribuito a disgrazia nella relazione del commissario politico della
Divisione, restano tuttavia molti dubbi.
A Bisagno è
attribuito il titolo di “primo partigiano d’Italia” e recentemente viene
iniziato il processo di beatificazione, su impulso del Cardinale Angelo
Bagnasco, già Arcivescovo di Genova.
La figura di
Bisagno e la sua tragica fine rientra a pieno titolo nei conflitti e nelle
tensioni che sconvolsero l’Italia nel 1945 con la fine della guerra, basti
pensare i tragici avvenimenti di Porzus nel Friuli e alle vicissitudini dei
confini orientali.
Bibliografia
·
AA.VV.,
a cura di Marco Gandolfo, Bisagno. La Resistenza di Aldo Gastaldi, edizione
Itaca 2018;
·
E.
A. Rossi, L’Italia tra le grandi potenze, Il Mulino 2019.
Nessun commento:
Posta un commento