Medio Oriente Mar Rosso: asse egiziano-saudita-israeliano Fabio Caffio 24/06/2017
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Da mesi si sente dire che l'Egitto sta per trasferire all’Arabia Saudita, con il consenso di Israele, il possesso di due isolotti nello Stretto di Tiran. Problemi politici interni all'Egitto avrebbero sinora impedito il perfezionamento di un accordo volto anche a proteggere la sicurezza israeliana e a contrastare le minacce addebitabili all’Iran.
La posta in gioco è, per l’Arabia Saudita, ambiziosa poiché le sarà consentito di controllare le rotte del Golfo di Aqaba dopo quarant’anni dagli Accordi di Camp David.
Ma un effetto dell'iniziativa potrebbe essere quello di indurre a riconfigurare la missione, svolta dalla Multinational Force and Observers, (MFO) mediante Unità della nostra Marina, di garantire la libertà di navigazione nello Stretto. In questo caso ci sarebbero controindicazioni da considerare.
Area settentrionale Mar Rosso, Stretto di Tiran e Golfo di Aqaba (Fonte IBRU).
Alleanza strategica Il Parlamento egiziano ha dato il via libera, il 14 giugno, all’accordo con l’Arabia Saudita di delimitazione delle acque dello stretto e di retrocessione delle Isole di Tiran e Sanafir. Resta da superare il contrasto tra Parlamento e Corte Suprema amministrativa sulla legittimità di tale accordo, ma tutto lascia presagire che presto, anche se alcuni settori politici manifestano un profondo dissenso, il Cairo potrà rinunciare alla giurisdizione sulle due isole del Mar Rosso. In cambio, Riad promette cospicui aiuti finanziari.
Il Golfo di Aqaba dovrebbe così essere sottratto ad ogni rivalità interna, essendosi raggiunta piena intesa tra Egitto ed Arabia Saudita, con la Giordania in posizione defilata - grazie all’Accordo di Pace del 1994 che garantisce accesso al porto di Aqaba - e con Israele e Stati Uniti nel ruolo di sponsor.
L’Arabia Saudita intende evidentemente consolidare la sua immagine di potenza regionale attivamente impegnata sul fronte marittimo, come dimostrato con il blocco navale contro le milizie sciite yemenite.
Israele confida invece sul fatto che si pongano le basi per la soluzione, auspici Stati Uniti ed Arabia Saudita, della questione palestinese (il cui stallo ha sinora impedito a Tel Aviv di stabilire relazioni diplomatiche con la monarchia saudita).
Isole (non) contese Un aspetto da ponderare - e che potrebbe portare presto al risultato sperato da Arabia Saudita ed Israele - è se, per le due isole, non si tratti di cessione di sovranità.
L’Egitto acquisì di fatto il loro possesso nel 1906, togliendole all’Impero Ottomano per difendere gli interessi britannici nel Mar Rosso. Questo possesso fu poi confermato dall’Arabia Saudita nel 1949,dopo la prima guerra con Israele, e si rivelò vitale nelle guerre successive e nella crisi di Suez del 1956, quando l’Egitto bloccò la navigazione nello stretto.
Il controllo egiziano sulle due isole non mutò con gli Accordi di Camp David del 1978; il regime di libertà di transito nello stretto fu tuttavia garantito, in favore di Israele, dalla previsione che “lo stretto di Tiran ed il Golfo di Aqaba sono vie d’acqua internazionali aperte al diritto di navigazione, non impedito e non sospendibile, di tutte le Nazioni”.
L’area di attività della MFO.
Il ruolo della MFO e il coinvolgimento dell’Italia Israele era (ed è) quindi il primo beneficiario di tale regime di transito che altrimenti le sarebbe stato negato, poiché la Convenzione del Diritto del Mare non lo prevede per gli stretti che, come Tiran, non sono “internazionali”.
Per garantire la supervisione delle clausole relative al passaggio nello stretto e alla smilitarizzazione del Sinai, Egitto, Israele e Stati Uniti dettero vita nel 1982 alla MFO, organizzazione che nacque per il veto di Unione Sovietica e Cina a impiegare forze d’interposizione Onu.
L’Italia fu presto coinvolta nella sua struttura: sin dall'origine, ne ospita a Roma la sede e fornisce un contingente navale di tre pattugliatori della Marina dedicati alla sorveglianza della libertà di navigazione nello Stretto.
Equilibri geopolitici Apparentemente, la riconsegna delle due isole all’Arabia Saudita sembra un’operazione a somma zero. In realtà, poiché Tiran (e le zone adiacenti del Mar Rosso) sono da decenni aree sensibili, anche un semplice cambiamento del loro status quo può provocare effetti non voluti.
Il transito nello stretto domani avverrà, ad esempio, in acque saudite, ma Riad potrebbe interpretare i propri obblighi in modo diverso dall'Egitto, non essendo vincolata, sul piano formale, al rispetto degli accordi del 1978 e del seguente trattato del 1979.
Per evitare simili incognite, occorrerebbe procedere con cautela, per quanto riguarda il settore navale, nel modificare l'assetto della MFO relativo alla sua funzione di supervisione in mare.
La scelta fatta 35 anni fa di coinvolgere il nostro Paese nella MFO è frutto di equilibri geopolitici che, per quanto datati, vanno considerati attentamente. La libertà di navigazione riguarda, infatti, non solo gli Stati rivieraschi del Golfo di Aqaba, ma anche l’intera comunità internazionale.
Fabio Caffio è Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto in diritto marittimo
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