DIBATTITI
Il CESVAM ha in corso la pubblicazione del "Quadro di Battaglia dell'Esercito Italiano" nel 1940, lavoro di ricerca che è stato presentato nell'Incontro con l'Autore il 10 giugno 2016 presso la Sede Nazionale del Nastro Azzurro
Nella data anniversaria di uno degli eventi più tragici della nostra storia recente, si riporta la nota introduttiva del Gen. Luigi Marsibilio, uno dei coautori di questo lavoro
IL QUADRO DI
BATTAGLIA DELL’ESERCITO ITALIANO NEL 1940
Esaminiamo brevemente il quadro della situazione
riguardante il Regio Esercito nel 1940 che, come noto,
era inteso come l’esercito del Regno d’Italia, denominazione mantenuta dal
maggio 1861 al giugno 1946. Tale struttura è stata impiegata
in tutte le vicende belliche che hanno coinvolto il nostro Paese, in
particolare nella prima e nella seconda Guerra Mondiale. Il Regio
Esercito è stato inoltre protagonista del colonialismo
italiano. Assunse il nome di Esercito Italiano con la fine del regno dei Savoia.
Nel settembre
del 1939, quando la Germania invase
la Polonia, l'Italia dichiarò la
propria "non belligeranza". Benito
Mussolini, conscio del fatto che i conflitti di Etiopia e Spagna avevano
pesantemente intaccato le scorte dell'esercito e bloccato il suo
ammodernamento, decise dunque di non intervenire.
A fronte di tale
sensata scelta, il Duce, impressionato dai folgoranti successi tedeschi e
persuaso che il conflitto sarebbe durato poco, fece il possibile per accelerare
i tempi per l’entrata in guerra dell’Italia, che avvenne il 10 giugno 1940.
L’aspetto non
trascurabile era che il Regio Esercito, pur
avendo il consistente organico di 75
divisioni, presentava gravi carenze nei
settori dell'armamento e dei materiali. In particolare:
▪
i pezzi di artiglieria erano
ancora quelli impiegati nel
primo conflitto Mondiale;
▪
i carri armati erano leggeri con corazza ed armamento inadeguati;
▪
le mitragliatrici erano quantitativamente
insufficienti;
▪
i reparti erano carenti di automezzi,
▪
le uniformi erano
di pessima qualità, mancavano gli equipaggiamenti e le attrezzature adatte alle aree dove si sarebbe
operato (cioè in Libia, Unione Sovietica,
Albania, Grecia).
Secondo lo
storico Giorgio Spini, una delle cause di tale situazione deficitaria era da
attribuirsi al fatto che la cosiddetta “sbirrocrazia di Mussolini”, come egli
definì il fascismo, rivelò la propria
debolezza proprio nelle Forze Armate, in quella realtà che la retorica del
regime avrebbe voluto organica al proprio disegno totalitario.
Contrariamente a
quello che era avvenuto negli anni
trenta nel settore degli armamenti, allorquando
le ricerche nel campo militare avevano dato buoni frutti. Infatti,
l'Italia possedeva bocche da fuoco di ottima qualità, inserite tra le migliori
del conflitto, ma pochissimi esemplari furono prodotti e distribuiti. Anche
l'armamento individuale era degno di nota con il moschetto automatico Beretta
(usato da truppe speciali come la 185ª
Divisione Paracadutisti Folgore), la mitragliatrice Breda mod. 37 o la pistola Beretta M34 per ufficiali.
All'entrata in guerra i carri armati disponibili erano di tipo leggero e con
armamento fisso, il carro medio era decisamente inferiore a quelli avversari.
Per quello che riguarda i carri pesanti, praticamente ne fu prodotto un solo
esemplare prima dell'8 settembre 1943.
Vennero invece prodotti molti esemplari di un semovente, il 75/18 che dimostrò
potenza e affidabilità anche dopo il 1943, nonostante l'arrivo di nuovi carri
da parte dell'Asse e degli Alleati.
Veniamo ora alla situazione dei reparti. Il Regio Esercito, nella seconda guerra mondiale utilizzò diversi tipologie di Divisioni, per la maggior parte di
fanteria.
La divisione era
l'unità di base del Regio Esercito.
Il 10 giugno 1940, le 75 divisioni erano
così ripartite:
59 di fanteria, 3
della milizia, 2 coloniali
libiche, 5 di alpini, 3 celeri,
3 corazzate e 2 motorizzate.
La gran parte di
queste grandi unità erano dislocate nel territorio metropolitano o in Libia, e
solo due erano in Africa Orientale
Italiana (la cui guarnigione era composta in gran parte da unità di
Camicie Nere e da brigate coloniali).
La
riorganizzazione del 1938 aveva
portato alla costituzione di divisioni di fanteria cosiddette binarie,
poiché erano composti da 2 reggimenti di fanteria (invece dei precedenti tre),
oltre ad uno di artiglieria.
Alla maggior parte di queste unità, successivamente,
venne aggregata una Legione d'Assalto di Camicie Nere. A queste, occorre poi
aggiungere un battaglione di mortai da 81,
una compagnia con artiglieria anticarro, una compagnia del genio, una mista con
telegrafisti e marconisti, oltre a diverse sezioni (fotoelettricisti, sanità,
sussistenza e pesante).
Al 10 giugno 1940, una divisione di questo tipo risultava
composta da circa 13 mila uomini, equipaggiati con 60 pezzi di artiglieria,
156 mortai e 350
mitragliatrici. Per il trasporto erano disponibili circa tremila cinquecento animali, 154 carri, 153 biciclette, 71 motocicli e 131
mezzi di vario tipo. L'effettiva assegnazione avvenne abbastanza a
rilento per problemi addestrativi e per la limitata disponibilità di materiali,
ed era ancora largamente incompleta al momento dell'entrata in guerra.
Numerose sulla
carta, in realtà al momento della
dichiarazione di guerra la maggior parte delle divisioni italiane era incompleta sia in termini di uomini
che di materiali, difatti su 75
divisioni appena 35 potevano dirsi complete in termini di organico e materiali.
Questa situazione non venne mai interamente rettificata durante il corso della
guerra, e una parte considerevole delle divisioni sul territorio metropolitano
o impegnate in compiti di guarnigione in Francia e nei Balcani, rimasero
incomplete dal punto di vista dei materiali, dovendo anzi spesso cedere parte
delle proprie dotazioni per sostenere le divisioni impegnate nelle zone di
operazioni. Successivamente all'ingresso in guerra, verranno costituite
numerose altre unità di livello Divisionale. Tra queste, vi erano anche Divisioni
di paracadutisti (due, con
una terza mai completata) ed oltre 20 divisioni costiere. Queste ultime erano
essenzialmente di reparti di seconda linea, di consistenza variabile a seconda
della zona di impiego.
Gen. Luigi
Marsibilio.
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