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venerdì 19 gennaio 2024

La criminalità organizzata quale fattore di destabilizzazione geopolitica degli equilibri latinoamericani

 SCENARI REGIONI QUADRANTI


di Filippo Romeo

Contrariamente alle aspettative di quei teorici che al tramonto dell’impero sovietico avevano decretato la “fine della storia” e la realizzazione dell’unipolarismo perfetto a guida statunitense, oggi si va delineando un quadro del tutto differente. Tale nuova architettura, efficacemente riassunta nella espressione “uni-multipolarismo”, ha rimescolato gli equilibri geopolitici su scala mondiale consentendo al continente latinoamericano di riemergere, ritagliandosi un ruolo da protagonista in chiara rottura con quella tradizione colonialista che faceva dell’America Latina una costola geopolitica del gigante statunitense. Lontana è, ormai, l’immagine da “cortile di casa” figlia di quella “dottrina Monroe” che, adottata nel 1823 per difendere il continente dall’aggressività europea, ha gettato le basi della futura politica di intervento e di influenza degli Stati Uniti verso l’America Indiolatina «considerata da tutelare e al tempo stesso da dominare». Il continente latinoamericano, ormai polo vitale del pianeta, sta assaporando una stagione di profondo rinnovamento e di incontrollabile desiderio di libertà, traendo una maggiore forza e senso di indipendenza, un rinnovato spirito integrazionista ed una consapevolezza della propria potenzialità e posizione, sempre meno periferica. A tal proposito, è stato fondamentale il ruolo giocato da alcuni Stati e l’abilità di quei Presidenti che hanno saputo cogliere l’occasione per scompaginare la geografia politica della regione, creandole un’opportunità di decollo. Tra questi si annoverano da un lato i “bolivariani” Hugo Chávez, Evo Morales e Rafael Correa, nonché i sopravvissuti del passato Castro e Daniel Ortega; dall’altro i moderati Lula Da Silva (sostituito da Dilma Roussef), Nestor e Cristina Kirchner.

La nuova epoca, inaugurata nei primi anni del XXI secolo e attraversata da una forte ondata di cambiamento capace di spezzare quella asimmetria che caratterizzava il rapporto tra Stati Uniti e i paesi latinoamericani frutto della drammaticità della crisi democratica generata dal “Consenso di Washington”, ha rappresentato l’incipit di un processo di autonomia e di creazione di spazi comuni. Tuttavia, nel procedere verso una maggiore integrazione, il continente dovrà affrontare alcune cruciali sfide interne, tra le quali quella della criminalità che si insinua in modo sempre più pernicioso nelle economie in crescita, corrompendole e destabilizzandole.

Riciclaggio di denaro sporco e traffico internazionale di droga sono i crimini più ricorrenti nel continente. A tal proposito è fondamentale evidenziare come le attività connesse a questi reati contribuiscano ad accrescere in modo esponenziale la liquidità in mano ai cartelli criminali autoctoni fattore, questo, che può compromettere l’economia degli stati e, di conseguenza, avere ripercussioni geopolitiche sia regionali che internazionali.

L’interconnessione che questi gruppi hanno a livello internazionale dimostra la loro forza su scala globale. Un esempio su tutti è il rapporto sussistente con la ‘ndrangheta che, soppiantando le cosce sicule, è riuscita nell’arco di un breve tempo, a regolare il traffico di droga internazionale tra America latina ed Europa, passando per l’Africa.

Gli Stati latinoamericani non devono assolutamente trascurare questo fenomeno in crescita anzi, al contrario devono organizzarsi al fine di combatterlo utilizzando strutture regionali – quali, per esempio, il Consiglio di Difesa Sudamericano recentemente istituito all’interno dell’UNASUR – escludendo attori esterni che potrebbero approfittare della situazione per acquisire delle postazioni strategiche nella regione (si pensi, a tal proposito all’equivocità e la fallacia del Plan Merida e del Plan Colombia sponsorizzati dagli Stati Uniti) e minare il tentativo di unificazione in atto.


(2014)

 

 


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