SCENARI REGIONI QUADRANTI
di Filippo Romeo
Contrariamente alle aspettative di quei
teorici che al tramonto dell’impero sovietico avevano decretato la “fine della
storia” e la realizzazione dell’unipolarismo perfetto a guida statunitense,
oggi si va delineando un quadro del tutto differente. Tale nuova architettura,
efficacemente riassunta nella espressione “uni-multipolarismo”,
ha rimescolato gli equilibri geopolitici su scala mondiale consentendo al
continente latinoamericano di riemergere, ritagliandosi un ruolo da
protagonista in chiara rottura con quella tradizione colonialista che faceva
dell’America Latina una costola geopolitica del gigante statunitense. Lontana
è, ormai, l’immagine da “cortile di casa” figlia di quella “dottrina Monroe”
che, adottata nel 1823 per difendere il continente dall’aggressività europea,
ha gettato le basi della futura politica di intervento e di influenza degli
Stati Uniti verso l’America Indiolatina «considerata
da tutelare e al tempo stesso da dominare».
Il continente latinoamericano, ormai polo vitale del pianeta, sta assaporando
una stagione di profondo rinnovamento e di incontrollabile desiderio di libertà,
traendo una maggiore forza e senso di indipendenza, un rinnovato spirito
integrazionista ed una consapevolezza della propria potenzialità e posizione,
sempre meno periferica. A tal proposito, è stato fondamentale il ruolo giocato
da alcuni Stati e l’abilità di quei Presidenti che hanno saputo cogliere
l’occasione per scompaginare la geografia politica della regione, creandole
un’opportunità di decollo. Tra questi si annoverano da un lato i “bolivariani”
Hugo Chávez, Evo Morales e Rafael Correa, nonché i sopravvissuti del passato
Castro e Daniel Ortega; dall’altro i moderati Lula Da Silva (sostituito da
Dilma Roussef), Nestor e Cristina Kirchner.
La nuova epoca, inaugurata nei primi anni
del XXI secolo e attraversata da una forte ondata di cambiamento capace di
spezzare quella asimmetria che caratterizzava il rapporto tra Stati Uniti e i
paesi latinoamericani frutto della drammaticità della crisi democratica
generata dal “Consenso di Washington”, ha rappresentato l’incipit di un
processo di autonomia e di creazione di spazi comuni. Tuttavia, nel procedere
verso una maggiore integrazione, il continente dovrà affrontare alcune cruciali
sfide interne, tra le quali quella della criminalità che si insinua in modo
sempre più pernicioso nelle economie in crescita, corrompendole e
destabilizzandole.
Riciclaggio di denaro sporco e
traffico internazionale di droga sono i crimini più ricorrenti nel continente.
A tal proposito è fondamentale evidenziare come le attività connesse a questi
reati contribuiscano ad accrescere in modo esponenziale la liquidità in mano ai
cartelli criminali autoctoni fattore, questo, che può compromettere l’economia
degli stati e, di conseguenza, avere ripercussioni geopolitiche sia regionali
che internazionali.
L’interconnessione che questi
gruppi hanno a livello internazionale dimostra la loro forza su scala globale.
Un esempio su tutti è il rapporto sussistente con la ‘ndrangheta che,
soppiantando le cosce sicule, è riuscita nell’arco di un breve tempo, a
regolare il traffico di droga internazionale tra America latina ed Europa,
passando per l’Africa.
Gli Stati latinoamericani non
devono assolutamente trascurare questo fenomeno in crescita anzi, al contrario
devono organizzarsi al fine di combatterlo utilizzando strutture regionali –
quali, per esempio, il Consiglio di Difesa Sudamericano recentemente istituito
all’interno dell’UNASUR – escludendo attori esterni che potrebbero approfittare
della situazione per acquisire delle postazioni strategiche nella regione (si
pensi, a tal proposito all’equivocità e la fallacia del Plan Merida
e del Plan Colombia sponsorizzati dagli Stati Uniti) e minare il tentativo di
unificazione in atto.
(2014)
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