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sabato 25 febbraio 2023

1945. La Guerra di Liberazione. Il Terzo Fronte IL fronte dell'Internamento

 APPROFONDIMENTI


                                                               Inizia il sognato rimpatrio

Massimo Coltrinari

4.Il Terzo Fronte. Il fronte dell’Internamento

Il 1945 trova gli Internati prostrati sotto il gioco dei nazisti. Qualche speranza che tutto finisca nasce da notizie che trapelano oltre il filo spinato. Da Oriente avanza l’Armata Rossa, mentre in Occidente, le Armate alleate avanzano verso i confini della Germania. La propaganda tedesca dà molta enfasi alla offensiva delle Ardenne da parte tedesca, ma presto tutto si esaurisce. In breve con la controffensiva alleata. Il 27 gennaio 1945 viene raggiunto e liberato dalla Armata Rossa il complesso dei campi di Auschwitz, che nel dopoguerra e ai nostri giorni assurgerà a data di che cosa è stato l’olocausto, e tutto l’internamento nazista. Per il Terzo fronte cala una volta per sempre il velo della scelta nazista di mascherare i propri crimini. Via via che le Armate sovietiche e alleate avanzano si scoprono i campi di internamento che i nazisti non fanno in tempo di cancellare e di sopprimere tutti i loro occupati. L’esempio di Chelmo, uno dei sei campi di sterminio, che fu letteralmente cancellato in tutte le sue componenti materiche; un campo dove furono uccise circa un milione di persone. La reazione nazista a questa situazione, l’avvinarci alla sconfitta definitiva sul campo e all’annientamento totale, fa sì che per gli Internati, come vedremo, gli ultimi mesi prima della liberazione, furono ancora più terribili. Mesi che si possono definire “l’inferno nell’inferno” che, purtroppo, fecero ulteriori vittime. La liberazione non significa la fine delle sofferenze. Gli Internati faticosamente iniziano ad assaporare la libertà, che significa recuperare una condizione che implica una presa di coscienza ulteriore di quello che si è subito e che spesso fa sì che tale peso è tale che per molti diventa fatale. Il rimpatrio del Terzo fronte è tumultuoso. Chi ha le forze e la possibilità cerca di raggiungere il confine italiano e rientra in Patria. Pescantina, vicino Verona, è il punto di riferimento per ogni Internato, come lo era stato Fossoli per il percorso inverso. Il rimpatrio si esaurisce in due-tre mesi e gli Internati riprendono la vita che avevano lasciato, nelle modalità le migliori possibili. Ma quasi tutti se non tutti, si chiudono in un mutismo, in un silenzio, quasi in un atteggiamento di colpevolezza e vergogna che fa sì che questa loro esperienza rimase per molti anni confinata in loro stessi.  L’Internamento, ovvero la resistenza del filo spinato, o la “resistenza del no” ancora oggi stenta ad essere considerato un fronte della Guerra di Liberazione, una esperienza estranea agli aventi della lotta alla coalizione antihitleriana, un negazionismo anche culturale oltre che materiale che rappresenta un ulteriore affronto per gli Internati.


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