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martedì 21 febbraio 2023

1945. La Guerra di Liberazione. Secondo Fronte. Il fronte ribellistico o partigiano

 APPROFONDIMENTI


donne in sciopero a Cesena contro l'autorità della RSI

 Massimo Coltrinari


3.Il II Fronte. Il fronte ribellistico o partigiano

Il 1945 si apre con l’eco ancora non sopito del proclama di Alexander del 20 novembre 1944, con il quale si invitava i partigiani in montagna e nelle città a deporre le armi e a ritornare alle proprie case. Le interpretazioni di questa iniziativa sono variegate. L’Italia era ormai diventata di influenza britannica, mentre gli statunitensi erano più orientati verso la Germania e verso il Giappone. In più la malattia di Roosevelt si aggravava. Londra ed i capi militari in italia temevano fortemente il movimento partigiano che sapevano dominato dalle forze di sinistra, principalmente comunisti e socialisti ed anche quelle gielliste, che non erano per nulla teneri con le linee politiche britanniche. Dal punto di vista militare l’apporto che i partigiani potevano dare alla battaglia finale era certamente notevole, con l’azione alle spalle delle difese tedesche sulla gotica. Si temeva però che il collasso tedesco lasciasse una quantità di armi e materiali in mano alle formazioni partigiane tanto grande da farle diventare una forza incontrollabile. I Contrasti all’interno del CLNAI erano sotto controllo ed i capi della resistenza ben sapevano che il vero nemico non solo era il tedesco ed il fascista, ma anche una riedizione aggiornata del vecchio potere, che sicuramente avrebbe approfittato di ogni divisione. L’afflato morale del rinnovamento del dopoguerra non poteva essere disperso da lotte intestine. Le formazioni in montagna rimasero compatte. Il proclama Alexander non ebbe effetti immediati, ma rinforzò ancor più la determinazione dei nazifascisti a non cedere e a non venire a compromessi. Sempre rimaneva in loro la speranza che prima o poi un accordo si sarebbe trovato e quindi il paventato tragico dopoguerra si sarebbe evitato.

Nei mesi invernali del 1945, gennaio e febbraio, l’azione delle formazioni partigiane fu quella di preservare gli impianti e le infrastrutture e le fabbrica, per evitare le devastazioni dell’ultimo momento. In tante parti l’azione ebbe successo.

Le formazioni partigiane entrarono in azione il 25 aprile 1945, quando Radio Milano proclamò l’insurrezione generale. Tutte le città del nord, Milano Genova, Venezia, Torino per citarne le principali, furono, liberate ed occupate dalle forze del CVL, prima che le forze alleate arrivassero. Fu una azione di grande respiro che accelerò non di poco il termine delle ostilità. Inoltre impedì, con l’immediato controllo del territorio che si scatenassero forme di violenza e di rappresaglia incontrollata che sarebbe stato devastante per il tessuto sociale italiano già ampiamente devastato da anni di guerra e di miseria.

I Prefetti nominati dai CNL assunsero il potere e la transizione tra la guerra e la pace, pur nella tragicità del momento, si attuò con modi accettabili.

Passati i giorni dell’euforia e della vittoria, ogni formazione si presentò nei posti indicati, per la cerimonia di consegna delle armi e per il riconoscimento del dovere compiuto. Si assistette come ogni cosa in Italia allo spuntare di innumerevoli partigiani dell’ultima ora, moltissimi dei quali provenienti dall’attendismo, oppure vogliosi di rifarsi un profilo politico altamente compromesso. Questa corsa all’essere tra i vincitori fu agevolata dai Partiti Politici, o almeno non ostacolata, in quanto si vedeva in essa la formazione della base di quel consenso al partito che sarebbe stato essenziale nel futuro immediato quando il volto popolare avrebbe dato il potere ai partiti.


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