APPROFONDIMENTI
3.Il II Fronte. Il fronte ribellistico o partigiano
Il 1945 si apre con
l’eco ancora non sopito del proclama di Alexander del 20 novembre 1944, con il
quale si invitava i partigiani in montagna e nelle città a deporre le armi e a
ritornare alle proprie case. Le interpretazioni di questa iniziativa sono
variegate. L’Italia era ormai diventata di influenza britannica, mentre gli
statunitensi erano più orientati verso la Germania e verso il Giappone. In più
la malattia di Roosevelt si aggravava. Londra ed i capi militari in italia
temevano fortemente il movimento partigiano che sapevano dominato dalle forze
di sinistra, principalmente comunisti e socialisti ed anche quelle gielliste,
che non erano per nulla teneri con le linee politiche britanniche. Dal punto di
vista militare l’apporto che i partigiani potevano dare alla battaglia finale
era certamente notevole, con l’azione alle spalle delle difese tedesche sulla
gotica. Si temeva però che il collasso tedesco lasciasse una quantità di armi e
materiali in mano alle formazioni partigiane tanto grande da farle diventare
una forza incontrollabile. I Contrasti all’interno del CLNAI erano sotto
controllo ed i capi della resistenza ben sapevano che il vero nemico non solo
era il tedesco ed il fascista, ma anche una riedizione aggiornata del vecchio
potere, che sicuramente avrebbe approfittato di ogni divisione. L’afflato
morale del rinnovamento del dopoguerra non poteva essere disperso da lotte
intestine. Le formazioni in montagna rimasero compatte. Il proclama Alexander
non ebbe effetti immediati, ma rinforzò ancor più la determinazione dei
nazifascisti a non cedere e a non venire a compromessi. Sempre rimaneva in loro
la speranza che prima o poi un accordo si sarebbe trovato e quindi il paventato
tragico dopoguerra si sarebbe evitato.
Nei mesi invernali del 1945, gennaio
e febbraio, l’azione delle formazioni partigiane fu quella di preservare gli
impianti e le infrastrutture e le fabbrica, per evitare le devastazioni
dell’ultimo momento. In tante parti l’azione ebbe successo.
Le formazioni partigiane entrarono in
azione il 25 aprile 1945, quando Radio Milano proclamò l’insurrezione generale.
Tutte le città del nord, Milano Genova, Venezia, Torino per citarne le
principali, furono, liberate ed occupate dalle forze del CVL, prima che le
forze alleate arrivassero. Fu una azione di grande respiro che accelerò non di
poco il termine delle ostilità. Inoltre impedì, con l’immediato controllo del
territorio che si scatenassero forme di violenza e di rappresaglia incontrollata
che sarebbe stato devastante per il tessuto sociale italiano già ampiamente
devastato da anni di guerra e di miseria.
I Prefetti nominati dai CNL assunsero
il potere e la transizione tra la guerra e la pace, pur nella tragicità del
momento, si attuò con modi accettabili.
Passati i giorni dell’euforia e della
vittoria, ogni formazione si presentò nei posti indicati, per la cerimonia di
consegna delle armi e per il riconoscimento del dovere compiuto. Si assistette
come ogni cosa in Italia allo spuntare di innumerevoli partigiani dell’ultima
ora, moltissimi dei quali provenienti dall’attendismo, oppure vogliosi di
rifarsi un profilo politico altamente compromesso. Questa corsa all’essere tra
i vincitori fu agevolata dai Partiti Politici, o almeno non ostacolata, in
quanto si vedeva in essa la formazione della base di quel consenso al partito
che sarebbe stato essenziale nel futuro immediato quando il volto popolare
avrebbe dato il potere ai partiti.
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