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Convegno 16 ottobre 2021
Nel centenario della traslazione del
Milite Ignoto, il Valore Militare, la storia e la memoria quali percorsi di
identità e consapevolezza per guardare al futuro. La realizzazione del
Memoriale nel Viale della Rimembranza della Città di Iglesias.
Giorgio Madeddu
Con la commemorazione del
centenario della traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, si
avvia a conclusione il periodo dedicato alle cerimonie e riflessioni sulla
Grande Guerra e si potranno iniziare a trarre le prime somme delle diverse
attività realizzate in questi anni.
L’associazionismo
combattentistico e d’arma, il mondo della ricerca, gli storici contemporaneisti
e militari, le Istituzioni della Repubblica cosa hanno realizzato? Cosa
lasciano e tramandano alle giovani generazioni e a quanti, in futuro, si spera,
continueranno a commemorare questi eventi anche con la ricerca storica?
E’ da evidenziarsi, innanzitutto,
che il periodo dedicato alle diverse attività non è trascorso senza lasciare
tracce: molti luoghi legati alla Grande Guerra sono stati recuperati, così come
molti monumenti e sacrari sono stati oggetto di manutenzione e resi decorosi e
nuovamente usufruibili, numerose sono state le ricerche e le pubblicazioni.
Ma tutte queste attività che
ricaduta hanno avuto per l’immediato e cosa lasciano agli anni a venire? Hanno
riguardato ristretti ambiti di “addetti ai lavori” oppure si è seminato su nuovi
campi? La scuola è stata raggiunta? In estrema sintesi: Vi erano obiettivi da
raggiungere? Sono stati raggiunti?
In un contesto ampio e
differenziato come quello nazionale è ancora troppo presto per misurare gli
effetti, ma ciascuno di noi dovrebbe essere buon osservatore della quotidianità
che ci circonda. Partendo da questo assunto si possono iniziare a raccogliere e
ordinare contenuti ed esperienze di microstorie locali.
Pertanto, in questo mio breve
contributo porterò l’esperienza di una città distante dalle fronti di
combattimento ma comunque coinvolta, sin dai primi giorni, dalla conflagrazione
europea.
In quel 28 giugno 1914 ad
Iglesias, città della Sardegna sud occidentale posta a circa 55 km dal
capoluogo regionale, è una Città divisa che vede una parte maggioritaria
impegnata a festeggiare la prima vittoria della lista del Partito Socialista,
che tante nuove aspettative di riscatto sociale aveva creato in un territorio
interessato, sin dal periodo fenicio – punico, allo sfruttamento delle ingenti
risorse minerarie costituite principalmente da minerali metalliferi ad alte
concentrazioni di piombo, zinco e argento e dall’altra, il padronato minerario
e la borghesia che intorno alle miniere gravitava, e gli studenti, in
particolar modo quelli della Scuola Mineraria.
La dichiarazione di guerra alla
Serbia e l’attivazione delle rispettive alleanze, estendono il conflitto in Europa
e gli effetti si riverberano nel bacino minerario dell’iglesiente con il conseguente
blocco delle esportazioni dei minerali sardi nei mercati europei ed in
particolare verso gli stabilimenti metallurgici della Francia e del Belgio. Le
ripercussioni locali sono immediate: numerose miniere chiudono, altre riducono
gli organici, improvvisamente migliaia di uomini si trovano senza lavoro e le
loro famiglie prive di sostentamento. La situazione si aggrava ancor di più con
il rientro in Città degli emigrati all’estero, tanto che il sindaco Angelo Corsi
è costretto a scrivere al sottoprefetto “invocando immediati soccorsi onde
evitare gravi e luttuosi avvenimenti che potranno far certamente piangere molte
famiglie”[1].
Furono attivati quelli che potremmo definire i primi lavori socialmente utili
necessari a dare lavoro agli operai disoccupati, vennero inoltre allestire,
nella Città e nelle frazioni minerarie, cucine economiche in grado di
somministrare un piatto di minestrone e una razione di pane. Per renderci conto
delle dimensioni del dramma, in una Città che nel censimento del 1911 contava
21.531 abitanti, persero il lavoro oltre 6.000 operai.
Nei primi mesi del 1915, con l’avvio
della mobilitazione, buona parte degli operai fu avviata alle armi. La Brigata
Reggio, ordinata nel 45° e 46° Reggimento dell’Esercito Permanente, vide il completamento
degli organici con militari provenienti dal reclutamento sardo e dai distretti
militari di Genova, Pinerolo, Venezia, Avellino, Roma e Messina. Il 1 marzo
1915 a Sinnai (Cagliari) e Tempio Pausania (Sassari) si costituivano
rispettivamente il 151° e il 152° Reggimento della Brigata Sassari, brigata di
Milizia Mobile alimentata da uomini provenienti dalla Sardegna e dai depositi
della Brigata Reggio. Questo nuovo contesto muta lo scenario economico del
bacino minerario dell’iglesiente, la prospettiva dell’imminente ingresso in
guerra dell’Italia rianima le miniere sia metallifere che carbonifere che, con
l’effettivo ingresso in guerra, saranno spesso chiamate ad aumentare le
produzioni necessarie agli scopi bellici. La Città nel giro di sei mesi passa
dalla disoccupazione di massa alla mancanza di manodopera, uomini non idonei
alla guerra, donne e persino bambini contribuiranno alle produzioni minerarie.
La necessità di ulteriore aumento delle produzioni porterà all’impiego in
miniera dei prigionieri di guerra austroungarici. Le miniere e gli stabilimenti
di trasformazione, dichiarati nel frattempo Stabilimenti Militari Ausiliari
videro inoltre l’impiego di uomini della Milizia Territoriale quale ulteriore
quota di forza lavoro.
Dalla Rivista del Servizio
Minerario per l’anno 1915 si evince che al 31 dicembre 1916 la popolazione
della Città era di 22.700 abitanti di cui circa 3.000 assenti perché chiamati
alle armi[2].
Precedentemente si è riferito
della mobilitazione dei militari sardi in quelli che sono comunemente ritenuti
i reggimenti “sardi”, il 45° e 46° della Reggio nonché il 151° e 152° della
Sassari. Da un mio recente studio sui caduti della Città emerge che 230 di essi
appartenevano a 64 brigate di fanteria distribuiti in 89 reggimenti, 50 caduti
vanno attribuiti alla Sassari, 32 alla Reggio, 14 alla Bisagno, 11 alla Verona,
8 alla Aosta, 6 alla Arezzo, 5 a ciascuna alla Cremona e Calabria, con numeri
inferiori per le altre. Il genio annovera 15 caduti, 12 sono i bersaglieri, 12 caduti
conta l’artiglieria, 11 alle compagnie mitraglieri, 5 ai reparti d’assalto,
Milizia Territoriale 8 caduti e Compagnie Presidiarie 3, alla Guardia di Finanza
2, 4 risultano gli operai militarizzati caduti. Granatieri, aereonautica,
marina e sezioni carreggio e salmerie 1 caduto ciascuno. Sommando le diverse
armi arriviamo a 321 tra caduti in battaglia, morti in prigionia e morti
comunque per causa di guerra, ai quali vanno aggiunti 11 caduti per i quali non
si sono reperiti documenti e per tanto, al momento, risultano non ascrivibili
alle diverse armi.
Anche in questa Città, all’arrivo
dei telegrammi con le comunicazioni di morte o dispersione dei suoi combattenti,
non seguirono gli arrivi delle salme. La Città visse son intenso dolore e
sincera commozione i lutti che colpirono le tante famiglie.
Con la conclusione della guerra,
si costituirono diverse associazioni di reduci e furono molto sentite e
partecipate le commemorazioni dei caduti. Nonostante gli eventi sociali del
biennio 1920 – 21 la Città partecipò intensamente alla vicenda del Milite Ignoto.
Costituitosi un comitato per le onoranze al Milite Ignoto, sotto la presidenza
dell’Avv. Carlo Angius, questi, secondo le cronache del tempo, riuscì “… a
fondere gli animi, a formare una massa unica, compatta e reverente che ha
portato omaggio di fiori e di lacrime sulle tombe dei nostri gloriosi caduti.”[3]
Un corteo di oltre seimila persone percorse la Città raggiungendo il cimitero
dove il Vescovo con tutto il Capitolo della Cattedrale celebrò la Messa.
Conclusa la Messa, “… il corteo sfilò lentamente, innanzi alla bella targa
commemorativa, fatta apporre dal Comune di Iglesias;…”[4]
. Della targa oggi non si hanno più notizie.
Il 1921 vide sorgere ben due nuovi
comitati finalizzati alla raccolta fondi. Il primo intendeva dedicare una
lapide agli studenti della scuola Mineraria caduti in guerra, il secondo invece
intendeva partecipare alla iniziativa, avviata a livello nazionale, per la
realizzazione di Parchi e Viali della Rimembranza.
Entrambi i comitati portarono a
termine i loro propositi: la lapide in onore degli studenti minerari fu
inaugurata il 4 Novembre 1922 alla presenza di autorità militari, civili e
religiose convenute persino dal capoluogo. Il maggiore Rombi portò i saluti
della Divisione di Cagliari mentre il perito minerario, già tenente del 151°
reggimento della Brigata Sassari, decorato di Croce di Guerra al Valore
Militare, pronunciò l’orazione ufficiale. Conclusasi la cerimonia nella Scuola
Mineraria, si formò il corteo che raggiunse il cimitero e rese omaggio alla
lapide che ricordava i caduti della Città.[5]
Il comitato per la realizzazione
del Parco e del Viale della Rimembranza riuscì ad inaugurare l’opera il 3
dicembre del 1923 alla presenza del sottosegretario all’Istruzione Pubblica
Dario Lupi.
Il Parco, realizzato in un’area
posta di fronte al cimitero comunale, si sviluppa parallelamente alla via
Cappuccini, lungo il limite opposto sussiste il Viale della Rimembranza, largo
circa 4 metri è delimitato da due filari di circa 350 metri ciascuno di
Cupressus sempervirens. Come da disposizioni ministeriali a ciascun cipresso
era associata una targhetta dedicata alla memoria del caduto con incisi il
grado militare, il nome e il cognome, la data di morte e la battaglia in qui
questa avvenne. Il Viale era originariamente racchiuso da due cancelli che ne delimitavano
gli ingressi, cancelli che successivamente furono rimossi.
Per molti anni il Viale della
Rimembranza divenne il luogo della memoria collettiva e della consolazione
delle madri e delle vedove che, non avendo un sepolcro su cui piangere,
ricordavano i propri cari nella preghiera chine dinanzi al relativo cipresso.
Anche le cerimonie patriotiche e
di commemorazione dei caduti vedevano i cortei sfilare lungo il Viale.
Questa funzione di perpetuazione
della memoria nel corso del tempo è andata sempre più affievolendosi sino ad
escludere il Viale dalle cerimonie ufficiali. Il tempo, l’incuria e gli atti
vandalici hanno privato i cipressi delle targhette relegando l’area ad una zona
periferica della Città, gli stessi cipressi hanno sofferto lo stato di
abbandono che in alcuni casi ne ha provocato la morte.
Un primo intervento di manutenzione
e recupero dell’area avvenne negli anni Ottanta ma, il pur lodevole sforzo non
mutò le sorti del sito che continuava a permanere un’area distante dagli
interessi e attività socio culturali della Città.
Con l’avvicinarsi delle attività
di commemorazione del centenario della Grande Guerra, nell’area del Parco si
sono susseguiti alcuni interventi di riqualificazione con lo scopo di renderlo usufruibile
ed attrattivo per il pubblico. Tra il 2015 e il 2017 furono installati dei
giochi per bambini mentre le aree a verde furono manutenzionate e in parte rinnovate.
Nei primi mesi del 2020 mezzi
meccanici fecero improvvisa comparsa nel Viale della Rimembranza ed iniziarono
l’esecuzione di lavori per un intervento di riqualificazione il Parco delle
Rimembranze ed il suo Viale.
A seguito delle dimostranze delle Associazioni
Combattentistiche e d’Arma della Città, preoccupate per le sorti del bene
monumentale, l’Amministrazione civica convocò una riunione che si concluse con
l’impegno di un fattivo coinvolgimento delle Associazioni nella valorizzazione
del Parco ma soprattutto del Viale della Rimembranza. In questa occasione si
concretizzò l’idea di realizzare un “Memoriale dei caduti” sostitutivo delle
targhette sui cipressi, ormai ridotti ad un numero inadeguato al ripristino dei
nominativi originari.
La decisione di realizzare il
“Memoriale” lungo il percorso del Viale della Rimembranza è stata anche l’occasione
per sanare due storiche ingiustizie: la prima, relativa alla dedica delle piante
votive ai soli militari caduti per ragioni di guerra e non anche ai
morti per motivi diversi riconducibili, comunque, a causa di guerra; la
seconda, il mancato omaggio alla memoria dei prigionieri di guerra e degli
internati civili provenienti dall’impero austro ungarico deceduti in Città
durante la Grande Guerra.
Per la comprensione dei criteri
impiegati per la scelta dei nominativi dei combattenti morti durante il periodo
bellico a cui dedicare le piante votive è necessario far ricorso alla Circolare
del 27 gennaio 1923 inviata dal sottosegretario Lupi ai Regi Provveditori agli
Studi, circolare esplicitata dal Regio Provveditore di Cagliari con
comunicazione dell’8 febbraio successivo ai direttori scolastici:
“Quanto alla inclusione dei
militari morti per malattia, come anche dei morti in prigionia, preferisco
lasciare una lata possibilità di giudizio sulla opportunità di includerli ai
singoli comitati (e là dove ancora non ci sono, desidero che al più presto si
costituiscano) i quali, possedendo tutti gli elementi necessari, potranno caso
per caso decidere con cognizione piena. S’intende che il concetto a cui
dovranno inspirarsi sarà quello di una stretta e necessaria dipendenza delle
circostanze della morte dalle ragioni della guerra e della dignità del militare
di essere ricordato ai posteri come nobile vittima di una grande causa. E’
superfluo dire, che di un disertore morto in prigionia ovvero di un
autolesionista deceduto in seguito al suo delitto, sarebbe assurdo parlare a
proposito di queste piante votive.”[6]
La selezione operata dai comitati
locali spiega il perché a molti soldati deceduti durante il periodo di
convalescenza, magari nelle città di origine, per malattia contratta
chiaramente in trincea, non è stato riconosciuto il cipresso e neppure una
sepoltura perpetua. Analogo discorso può farsi per quanti, caduti in prigionia
e morti in mano al nemico, non è stata dimostrata, oltre ogni possibile dubbio,
l’involontarietà della cattura.
In merito alla vicenda dei
prigionieri di guerra austro ungari si deve attribuire la loro presenza in
Città alla necessità di manodopera essenziale per garantire le produzioni
minerarie e agricole. Delle centinaia di prigionieri di guerra presenti in
Città, 19 morirono e furono sepolti in terra comune per poi essere esumati e
destinati all’ossario del cimitero. Nessun ricordo è stato realizzato in
memoria di questi soldati.
Analogo discorso può essere fatto
per gli internati civili provenienti dall’impero asburgico, deportati in
Sardegna sin dall’inizio della guerra contro l’Austria Ungheria, decine di essi
furono inviati ad Iglesias dove 4 morirono e furono sepolti. Successivamente
esumati e anch’essi destinati all’ossario, anche la loro memoria fu consegnata
all’oblio della storia.
Il Memoriale, in via di ultimazione,
risulta costituito da 6 elementi in acciaio corten sui quali sono collocate
delle lastre, sempre in corten, dove sono incisi i nominativi dei combattenti,
sia nativi che residenti deceduti per causa di guerra e i nominativi dei
prigionieri e degli internati civili provenienti dall’impero austro ungarico.
Il primo supporto comprende i
nominativi delle 17 medaglie d’argento (5,28 ogni 100 caduti), delle 12
medaglie di bronzo (3,7 ogni 100) e della croce di guerra al Valore Militare,
ed una promozione per merito di guerra.
Complessivamente ai caduti della
Città furono assegnate 9,32 decorazioni al Valore Militare ogni 100.
Interessante notare che 4 medaglie d’argento e una di bronzo sono attribuite a
4 degli 11 caduti provenienti dalla Scuola Mineraria. Ricerche ancora in corso,
assegnano ai combattenti della Città ulteriori 11 medaglie d’argento, 26 di
bronzo e 15 croci di guerra al V.M.
Due totem, sempre in acciaio corten,
descrivono la storia e le finalità del luogo e successivamente verrà reso
disponibile un servizio di podcasting georeferenziato usufruibile con apposita
applicazione gratuita. In questo modo, sia residenti che turisti potranno
fruire di informazioni riguardanti la storia della Città e del luogo. Allo
stesso tempo, verrà restituita alla comunità, in anche forma visiva, la memoria
storica, rendendo perpetui i nomi di quei cittadini che hanno fatto omaggio
delle loro giovani vite all’idea di una Patria unita, nonché saldato il debito
di riconoscenza verso i prigionieri di guerra austro ungarici.
La notizia dell’inserimento dei
nominativi dei prigionieri di guerra austro ungarici nel Memoriale è stata
accolta favorevolmente dalla Croce Nera Austriaca che, dopo avere espresso
parole di vivo apprezzamento per l’operato dell’amministrazione Comunale di
Iglesias, ha deciso di donare alla Città un monumento rappresentante la Croce
di Leopoldo realizzato da un artista tirolese, da inserire nel contesto del
Parco, annunciando inoltre la presenza di una propria delegazione quando verrà
inaugurato il memoriale.
Questo piccolo esempio, lontano
dalle monumentali vestigia della Grande Guerra e dai sentimenti delle
popolazioni che la guerra hanno vissuto in prima persona, risponde comunque ad
uno dei quesiti posti in apertura dell’intervento: il centenario della Grande
Guerra in questo Comune ha consentito alla sua comunità di riappropriarsi di un
pezzo del suo passato, ogni volta che qualcuno, giovane o adulto percorrerà
quel Viale non potrà ignorare quei nomi incisi nell’acciaio più durevole affinché
durevole sia nel tempo, la memoria e il sacrificio di questi nostri illustri predecessori.
Naturalmente, il rinnovato aspetto
esteriore del luogo da solo non può assolvere alla funzione di trasmissione
della memoria storica della Grande Guerra e dei suoi caduti è necessario raccontate
questi uomini, le loro origini, le loro gesta e l’estremo sacrificio. L’Istituto
del Nastro Azzurro del territorio a questo compito intende dedicarsi.
[1]Archivio Storico
Comune di Iglesias , b. 863 fsc. 10 - 12
[2] Rivista
del Servizio Minerario del 1915, Ministero d’Agricoltura - Ispettorato delle
Miniere Tipografia Nazionale Berteno -
Roma Via Umbria – 1917;
[3] L’Unione Sarda, 09.11. 1921, cronaca da
Iglesias.
[4] L’Unione
Sarda, 09.11. 1921, cronaca da Iglesias.
[5] L’Unione
Sarda, 07.11. 1922, cronaca da Iglesias.
[6] Dario
Lupi, Parchi e Viali della Rimembranza. R. Bemporad e Figlio, Prato, ottobre
1923
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