Cerca nel blog

martedì 21 dicembre 2021

Giorgio Madeddu. Memoriale del Viale della Rimembranza della Città di Iglesias

 ARCHIVIO

Convegno 16 ottobre 2021

Nel centenario della traslazione del Milite Ignoto, il Valore Militare, la storia e la memoria quali percorsi di identità e consapevolezza per guardare al futuro. La realizzazione del Memoriale nel Viale della Rimembranza della Città di Iglesias.

Giorgio Madeddu

Con la commemorazione del centenario della traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, si avvia a conclusione il periodo dedicato alle cerimonie e riflessioni sulla Grande Guerra e si potranno iniziare a trarre le prime somme delle diverse attività realizzate in questi anni.

L’associazionismo combattentistico e d’arma, il mondo della ricerca, gli storici contemporaneisti e militari, le Istituzioni della Repubblica cosa hanno realizzato? Cosa lasciano e tramandano alle giovani generazioni e a quanti, in futuro, si spera, continueranno a commemorare questi eventi anche con la ricerca storica?

E’ da evidenziarsi, innanzitutto, che il periodo dedicato alle diverse attività non è trascorso senza lasciare tracce: molti luoghi legati alla Grande Guerra sono stati recuperati, così come molti monumenti e sacrari sono stati oggetto di manutenzione e resi decorosi e nuovamente usufruibili, numerose sono state le ricerche e le pubblicazioni.

Ma tutte queste attività che ricaduta hanno avuto per l’immediato e cosa lasciano agli anni a venire? Hanno riguardato ristretti ambiti di “addetti ai lavori” oppure si è seminato su nuovi campi? La scuola è stata raggiunta? In estrema sintesi: Vi erano obiettivi da raggiungere? Sono stati raggiunti?

In un contesto ampio e differenziato come quello nazionale è ancora troppo presto per misurare gli effetti, ma ciascuno di noi dovrebbe essere buon osservatore della quotidianità che ci circonda. Partendo da questo assunto si possono iniziare a raccogliere e ordinare contenuti ed esperienze di microstorie locali.

Pertanto, in questo mio breve contributo porterò l’esperienza di una città distante dalle fronti di combattimento ma comunque coinvolta, sin dai primi giorni, dalla conflagrazione europea.

In quel 28 giugno 1914 ad Iglesias, città della Sardegna sud occidentale posta a circa 55 km dal capoluogo regionale, è una Città divisa che vede una parte maggioritaria impegnata a festeggiare la prima vittoria della lista del Partito Socialista, che tante nuove aspettative di riscatto sociale aveva creato in un territorio interessato, sin dal periodo fenicio – punico, allo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie costituite principalmente da minerali metalliferi ad alte concentrazioni di piombo, zinco e argento e dall’altra, il padronato minerario e la borghesia che intorno alle miniere gravitava, e gli studenti, in particolar modo quelli della Scuola Mineraria.

La dichiarazione di guerra alla Serbia e l’attivazione delle rispettive alleanze, estendono il conflitto in Europa e gli effetti si riverberano nel bacino minerario dell’iglesiente con il conseguente blocco delle esportazioni dei minerali sardi nei mercati europei ed in particolare verso gli stabilimenti metallurgici della Francia e del Belgio. Le ripercussioni locali sono immediate: numerose miniere chiudono, altre riducono gli organici, improvvisamente migliaia di uomini si trovano senza lavoro e le loro famiglie prive di sostentamento. La situazione si aggrava ancor di più con il rientro in Città degli emigrati all’estero, tanto che il sindaco Angelo Corsi è costretto a scrivere al sottoprefetto “invocando immediati soccorsi onde evitare gravi e luttuosi avvenimenti che potranno far certamente piangere molte famiglie”[1]. Furono attivati quelli che potremmo definire i primi lavori socialmente utili necessari a dare lavoro agli operai disoccupati, vennero inoltre allestire, nella Città e nelle frazioni minerarie, cucine economiche in grado di somministrare un piatto di minestrone e una razione di pane. Per renderci conto delle dimensioni del dramma, in una Città che nel censimento del 1911 contava 21.531 abitanti, persero il lavoro oltre 6.000 operai.

Nei primi mesi del 1915, con l’avvio della mobilitazione, buona parte degli operai fu avviata alle armi. La Brigata Reggio, ordinata nel 45° e 46° Reggimento dell’Esercito Permanente, vide il completamento degli organici con militari provenienti dal reclutamento sardo e dai distretti militari di Genova, Pinerolo, Venezia, Avellino, Roma e Messina. Il 1 marzo 1915 a Sinnai (Cagliari) e Tempio Pausania (Sassari) si costituivano rispettivamente il 151° e il 152° Reggimento della Brigata Sassari, brigata di Milizia Mobile alimentata da uomini provenienti dalla Sardegna e dai depositi della Brigata Reggio. Questo nuovo contesto muta lo scenario economico del bacino minerario dell’iglesiente, la prospettiva dell’imminente ingresso in guerra dell’Italia rianima le miniere sia metallifere che carbonifere che, con l’effettivo ingresso in guerra, saranno spesso chiamate ad aumentare le produzioni necessarie agli scopi bellici. La Città nel giro di sei mesi passa dalla disoccupazione di massa alla mancanza di manodopera, uomini non idonei alla guerra, donne e persino bambini contribuiranno alle produzioni minerarie. La necessità di ulteriore aumento delle produzioni porterà all’impiego in miniera dei prigionieri di guerra austroungarici. Le miniere e gli stabilimenti di trasformazione, dichiarati nel frattempo Stabilimenti Militari Ausiliari videro inoltre l’impiego di uomini della Milizia Territoriale quale ulteriore quota di forza lavoro.

Dalla Rivista del Servizio Minerario per l’anno 1915 si evince che al 31 dicembre 1916 la popolazione della Città era di 22.700 abitanti di cui circa 3.000 assenti perché chiamati alle armi[2].

Precedentemente si è riferito della mobilitazione dei militari sardi in quelli che sono comunemente ritenuti i reggimenti “sardi”, il 45° e 46° della Reggio nonché il 151° e 152° della Sassari. Da un mio recente studio sui caduti della Città emerge che 230 di essi appartenevano a 64 brigate di fanteria distribuiti in 89 reggimenti, 50 caduti vanno attribuiti alla Sassari, 32 alla Reggio, 14 alla Bisagno, 11 alla Verona, 8 alla Aosta, 6 alla Arezzo, 5 a ciascuna alla Cremona e Calabria, con numeri inferiori per le altre. Il genio annovera 15 caduti, 12 sono i bersaglieri, 12 caduti conta l’artiglieria, 11 alle compagnie mitraglieri, 5 ai reparti d’assalto, Milizia Territoriale 8 caduti e Compagnie Presidiarie 3, alla Guardia di Finanza 2, 4 risultano gli operai militarizzati caduti. Granatieri, aereonautica, marina e sezioni carreggio e salmerie 1 caduto ciascuno. Sommando le diverse armi arriviamo a 321 tra caduti in battaglia, morti in prigionia e morti comunque per causa di guerra, ai quali vanno aggiunti 11 caduti per i quali non si sono reperiti documenti e per tanto, al momento, risultano non ascrivibili alle diverse armi.

Anche in questa Città, all’arrivo dei telegrammi con le comunicazioni di morte o dispersione dei suoi combattenti, non seguirono gli arrivi delle salme. La Città visse son intenso dolore e sincera commozione i lutti che colpirono le tante famiglie.

Con la conclusione della guerra, si costituirono diverse associazioni di reduci e furono molto sentite e partecipate le commemorazioni dei caduti. Nonostante gli eventi sociali del biennio 1920 – 21 la Città partecipò intensamente alla vicenda del Milite Ignoto. Costituitosi un comitato per le onoranze al Milite Ignoto, sotto la presidenza dell’Avv. Carlo Angius, questi, secondo le cronache del tempo, riuscì “… a fondere gli animi, a formare una massa unica, compatta e reverente che ha portato omaggio di fiori e di lacrime sulle tombe dei nostri gloriosi caduti.”[3] Un corteo di oltre seimila persone percorse la Città raggiungendo il cimitero dove il Vescovo con tutto il Capitolo della Cattedrale celebrò la Messa. Conclusa la Messa, “… il corteo sfilò lentamente, innanzi alla bella targa commemorativa, fatta apporre dal Comune di Iglesias;…”[4] . Della targa oggi non si hanno più notizie.

Il 1921 vide sorgere ben due nuovi comitati finalizzati alla raccolta fondi. Il primo intendeva dedicare una lapide agli studenti della scuola Mineraria caduti in guerra, il secondo invece intendeva partecipare alla iniziativa, avviata a livello nazionale, per la realizzazione di Parchi e Viali della Rimembranza.

Entrambi i comitati portarono a termine i loro propositi: la lapide in onore degli studenti minerari fu inaugurata il 4 Novembre 1922 alla presenza di autorità militari, civili e religiose convenute persino dal capoluogo. Il maggiore Rombi portò i saluti della Divisione di Cagliari mentre il perito minerario, già tenente del 151° reggimento della Brigata Sassari, decorato di Croce di Guerra al Valore Militare, pronunciò l’orazione ufficiale. Conclusasi la cerimonia nella Scuola Mineraria, si formò il corteo che raggiunse il cimitero e rese omaggio alla lapide che ricordava i caduti della Città.[5]

Il comitato per la realizzazione del Parco e del Viale della Rimembranza riuscì ad inaugurare l’opera il 3 dicembre del 1923 alla presenza del sottosegretario all’Istruzione Pubblica Dario Lupi.

Il Parco, realizzato in un’area posta di fronte al cimitero comunale, si sviluppa parallelamente alla via Cappuccini, lungo il limite opposto sussiste il Viale della Rimembranza, largo circa 4 metri è delimitato da due filari di circa 350 metri ciascuno di Cupressus sempervirens. Come da disposizioni ministeriali a ciascun cipresso era associata una targhetta dedicata alla memoria del caduto con incisi il grado militare, il nome e il cognome, la data di morte e la battaglia in qui questa avvenne. Il Viale era originariamente racchiuso da due cancelli che ne delimitavano gli ingressi, cancelli che successivamente furono rimossi.

Per molti anni il Viale della Rimembranza divenne il luogo della memoria collettiva e della consolazione delle madri e delle vedove che, non avendo un sepolcro su cui piangere, ricordavano i propri cari nella preghiera chine dinanzi al relativo cipresso.

Anche le cerimonie patriotiche e di commemorazione dei caduti vedevano i cortei sfilare lungo il Viale.

Questa funzione di perpetuazione della memoria nel corso del tempo è andata sempre più affievolendosi sino ad escludere il Viale dalle cerimonie ufficiali. Il tempo, l’incuria e gli atti vandalici hanno privato i cipressi delle targhette relegando l’area ad una zona periferica della Città, gli stessi cipressi hanno sofferto lo stato di abbandono che in alcuni casi ne ha provocato la morte.  

Un primo intervento di manutenzione e recupero dell’area avvenne negli anni Ottanta ma, il pur lodevole sforzo non mutò le sorti del sito che continuava a permanere un’area distante dagli interessi e attività socio culturali della Città.

Con l’avvicinarsi delle attività di commemorazione del centenario della Grande Guerra, nell’area del Parco si sono susseguiti alcuni interventi di riqualificazione con lo scopo di renderlo usufruibile ed attrattivo per il pubblico. Tra il 2015 e il 2017 furono installati dei giochi per bambini mentre le aree a verde furono manutenzionate e in parte rinnovate.

Nei primi mesi del 2020 mezzi meccanici fecero improvvisa comparsa nel Viale della Rimembranza ed iniziarono l’esecuzione di lavori per un intervento di riqualificazione il Parco delle Rimembranze ed il suo Viale.

 A seguito delle dimostranze delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma della Città, preoccupate per le sorti del bene monumentale, l’Amministrazione civica convocò una riunione che si concluse con l’impegno di un fattivo coinvolgimento delle Associazioni nella valorizzazione del Parco ma soprattutto del Viale della Rimembranza. In questa occasione si concretizzò l’idea di realizzare un “Memoriale dei caduti” sostitutivo delle targhette sui cipressi, ormai ridotti ad un numero inadeguato al ripristino dei nominativi originari.

La decisione di realizzare il “Memoriale” lungo il percorso del Viale della Rimembranza è stata anche l’occasione per sanare due storiche ingiustizie: la prima, relativa alla dedica delle piante votive ai soli militari caduti per ragioni di guerra e non anche ai morti per motivi diversi riconducibili, comunque, a causa di guerra; la seconda, il mancato omaggio alla memoria dei prigionieri di guerra e degli internati civili provenienti dall’impero austro ungarico deceduti in Città durante la Grande Guerra.

Per la comprensione dei criteri impiegati per la scelta dei nominativi dei combattenti morti durante il periodo bellico a cui dedicare le piante votive è necessario far ricorso alla Circolare del 27 gennaio 1923 inviata dal sottosegretario Lupi ai Regi Provveditori agli Studi, circolare esplicitata dal Regio Provveditore di Cagliari con comunicazione dell’8 febbraio successivo ai direttori scolastici:

“Quanto alla inclusione dei militari morti per malattia, come anche dei morti in prigionia, preferisco lasciare una lata possibilità di giudizio sulla opportunità di includerli ai singoli comitati (e là dove ancora non ci sono, desidero che al più presto si costituiscano) i quali, possedendo tutti gli elementi necessari, potranno caso per caso decidere con cognizione piena. S’intende che il concetto a cui dovranno inspirarsi sarà quello di una stretta e necessaria dipendenza delle circostanze della morte dalle ragioni della guerra e della dignità del militare di essere ricordato ai posteri come nobile vittima di una grande causa. E’ superfluo dire, che di un disertore morto in prigionia ovvero di un autolesionista deceduto in seguito al suo delitto, sarebbe assurdo parlare a proposito di queste piante votive.”[6]

La selezione operata dai comitati locali spiega il perché a molti soldati deceduti durante il periodo di convalescenza, magari nelle città di origine, per malattia contratta chiaramente in trincea, non è stato riconosciuto il cipresso e neppure una sepoltura perpetua. Analogo discorso può farsi per quanti, caduti in prigionia e morti in mano al nemico, non è stata dimostrata, oltre ogni possibile dubbio, l’involontarietà della cattura.

In merito alla vicenda dei prigionieri di guerra austro ungari si deve attribuire la loro presenza in Città alla necessità di manodopera essenziale per garantire le produzioni minerarie e agricole. Delle centinaia di prigionieri di guerra presenti in Città, 19 morirono e furono sepolti in terra comune per poi essere esumati e destinati all’ossario del cimitero. Nessun ricordo è stato realizzato in memoria di questi soldati.

Analogo discorso può essere fatto per gli internati civili provenienti dall’impero asburgico, deportati in Sardegna sin dall’inizio della guerra contro l’Austria Ungheria, decine di essi furono inviati ad Iglesias dove 4 morirono e furono sepolti. Successivamente esumati e anch’essi destinati all’ossario, anche la loro memoria fu consegnata all’oblio della storia.

Il Memoriale, in via di ultimazione, risulta costituito da 6 elementi in acciaio corten sui quali sono collocate delle lastre, sempre in corten, dove sono incisi i nominativi dei combattenti, sia nativi che residenti deceduti per causa di guerra e i nominativi dei prigionieri e degli internati civili provenienti dall’impero austro ungarico.

Il primo supporto comprende i nominativi delle 17 medaglie d’argento (5,28 ogni 100 caduti), delle 12 medaglie di bronzo (3,7 ogni 100) e della croce di guerra al Valore Militare, ed una promozione per merito di guerra.

Complessivamente ai caduti della Città furono assegnate 9,32 decorazioni al Valore Militare ogni 100. Interessante notare che 4 medaglie d’argento e una di bronzo sono attribuite a 4 degli 11 caduti provenienti dalla Scuola Mineraria. Ricerche ancora in corso, assegnano ai combattenti della Città ulteriori 11 medaglie d’argento, 26 di bronzo e 15 croci di guerra al V.M.

Due totem, sempre in acciaio corten, descrivono la storia e le finalità del luogo e successivamente verrà reso disponibile un servizio di podcasting georeferenziato usufruibile con apposita applicazione gratuita. In questo modo, sia residenti che turisti potranno fruire di informazioni riguardanti la storia della Città e del luogo. Allo stesso tempo, verrà restituita alla comunità, in anche forma visiva, la memoria storica, rendendo perpetui i nomi di quei cittadini che hanno fatto omaggio delle loro giovani vite all’idea di una Patria unita, nonché saldato il debito di riconoscenza verso i prigionieri di guerra austro ungarici.

La notizia dell’inserimento dei nominativi dei prigionieri di guerra austro ungarici nel Memoriale è stata accolta favorevolmente dalla Croce Nera Austriaca che, dopo avere espresso parole di vivo apprezzamento per l’operato dell’amministrazione Comunale di Iglesias, ha deciso di donare alla Città un monumento rappresentante la Croce di Leopoldo realizzato da un artista tirolese, da inserire nel contesto del Parco, annunciando inoltre la presenza di una propria delegazione quando verrà inaugurato il memoriale.

Questo piccolo esempio, lontano dalle monumentali vestigia della Grande Guerra e dai sentimenti delle popolazioni che la guerra hanno vissuto in prima persona, risponde comunque ad uno dei quesiti posti in apertura dell’intervento: il centenario della Grande Guerra in questo Comune ha consentito alla sua comunità di riappropriarsi di un pezzo del suo passato, ogni volta che qualcuno, giovane o adulto percorrerà quel Viale non potrà ignorare quei nomi incisi nell’acciaio più durevole affinché durevole sia nel tempo, la memoria e il sacrificio di questi nostri illustri predecessori.

Naturalmente, il rinnovato aspetto esteriore del luogo da solo non può assolvere alla funzione di trasmissione della memoria storica della Grande Guerra e dei suoi caduti è necessario raccontate questi uomini, le loro origini, le loro gesta e l’estremo sacrificio. L’Istituto del Nastro Azzurro del territorio a questo compito intende dedicarsi.

 

 

 

 

 



[1]Archivio Storico Comune di Iglesias , b. 863 fsc. 10 - 12

[2] Rivista del Servizio Minerario del 1915, Ministero d’Agricoltura - Ispettorato delle Miniere  Tipografia Nazionale Berteno - Roma Via Umbria – 1917;

[3]  L’Unione Sarda, 09.11. 1921, cronaca da Iglesias.

[4] L’Unione Sarda, 09.11. 1921, cronaca da Iglesias.

[5] L’Unione Sarda, 07.11. 1922, cronaca da Iglesias.

[6] Dario Lupi, Parchi e Viali della Rimembranza. R. Bemporad e Figlio, Prato, ottobre 1923

Nessun commento:

Posta un commento