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sabato 27 giugno 2020

Sulle pendici del Montello

DIBATTITI
Nota a margine
 dell'ultima battaglia di
 Francesco Baracca






 di Maria Luisa Suprani Querzoli

Durante i giorni della Seconda Battaglia del Piave, una delle più aspre fra quelle che interessarono il fronte italiano nel corso della Grande Guerra, ebbe luogo l’estrema offensiva delle forze austroungariche. Il disegno nemico, articolato in tre azioni disgiunte di cui due avrebbero dovuto confluire in un’ambiziosa[1] operazione a tenaglia, mirava a conseguire lo sfondamento decisivo della fronte:  «“[c]ome risultato di questa operazione, che ci deve portare sino all’Adige, mi riprometto lo sfacelo militare dell’Italia”. Così scriveva, nel marzo del 1918 il generale Arz von Straussenburg, capo di stato maggiore dell’esercito, al maresciallo von Hindenburg, capo si stato maggiore dell’esercito germanico»[2].

Gli Austriaci trascurarono di valutare l’entità della ripresa morale del Regio Esercito e nulla sospettarono circa la piena attendibilità delle informazioni di cui il nemico era entrato in possesso. Rimasero quindi sorpresi dall’ assetto maturato dagli Italiani, capace di rivelare la rapidità con la quale avevano appreso la dura lezione della XII Battaglia dell’Isonzo, giungendo ad adottare sia un assetto  difensivo condotto con sorprendente tempestività, sia una dislocazione delle forze improntata all’aumento progressivo in profondità[3]: «[d]a dietro verso l’avanti»[4], nella sintesi essenziale del Generale Diaz. La risposta italiana riuscì pertanto a recidere sul nascere l’impianto offensivistico nemico: «[l]a reazione prontissima delle nostre artiglierie […] ebbe un successo immediato. In qualche punto il nostro tiro prevenne l’azione avversaria, disorganizzandola fin dall’inizio. Il nemico aveva perduto il primo importante coefficiente del successo: la sorpresa; anzi, dove il nostro fuoco era riuscito a colpire i centri vitali del nemico, si può dire che la sorpresa avvenne a suo svantaggio»[5].
Il Montello, contrariamente alle previsioni[6],  divenne parte decisiva  del teatro di battaglia dell’operazione Albrecht, intesa a guadagnare la piana di Treviso: «la sera del 14 giugno il fronte era tranquillissimo; il nemico non dava segni di vita. […] Mai come in quella notte su questo settore vi fu calma assoluta. […] In tale situazione apparentemente normale alle ore 3 si scatenò l’inferno»[7]. Fin dal giorno 15 giugno, sulle pendici del Montello la situazione italiana si mostrò critica per la massiccia avanzata nemica (guidata dal Generale Goiginger, incurante delle condizioni idriche non favorevoli del Piave[8]), capace di abbattersi anche sulle ultime linee[9] e di palesare così gli elementi di fragilità insiti nella sistemazione difensiva di cui era responsabile il Comando dell’VIII Armata[10].  La severità della situazione si protrasse nei giorni seguenti nonostante il sopraggiungere di divisioni di rinforzo[11], «tanto che il generale Giardino vedeva molto minacciata alle spalle la sua [IV] Armata [del Grappa]»[12]. 
Le condizioni del Piave[13] e i ponti sotto il tiro congiunto di Artiglieria e Aviazione resero al nemico assai arduo il passaggio del fiume. Le truppe già approdate alla riva italiana, d’altro canto, si trovarono nelle condizioni peggiori per pregressa carenza di viveri, di munizioni e per lo spazio angusto costantemente minacciato dal fuoco e dall’opera deterrente dei velivoli[14]. Sul Montello, nonostante le asprezze incontrate[15] e l’impegno strenuo delle forze italiane che si opponeva ad essa, la resistenza nemica continuava a dimostrarsi tenace, contendendo il terreno palmo a palmo[16]. Il 19 giugno il Comando Supremo inviò sul luogo tre nuove divisioni[17] e nella notte entrarono in linea altre riserve (che trassero beneficio dall’alleggerimento delle  prime linee)  per  sostenere i difensori a Nervesa.
Al termine del pomeriggio dello stesso 19 giugno, in un clima di estrema tensione dettato dall’incertezza a lungo protrattasi circa gli esiti del combattimento, si era alzato in volo per la quarta volta  nell’arco della giornata il Comandante della valorosissima 91ª Squadriglia, Maggiore Francesco Baracca, impegnato nell’operazione Rettile di mitragliamento delle truppe nemiche a bassissima quota[18]. L’operazione, peraltro  di rischio molto elevato per i piloti (pressoché totalmente esposti al fuoco nemico, vicinissimo), aveva dimostrato la propria efficacia incidendo pesantemente sul morale degli Austriaci e, dall’altro lato, infondendo rinnovata  fiducia nei Fanti italiani. Il Maggiore Baracca non fece rientro al campo di Quinto di Treviso: la notizia, grave e inaspettata, provò molto l’intero Paese in un periodo già di per sé duro.
A partire dalla notte fra il 21 e il 22 giugno, il Montello assistette al contenimento e alla successiva rarefazione delle forze nemiche. L’Esercito imperiale, stremato oltre i limiti della sussistenza, si vide costretto alla ritirata definitiva  alle prime luci dell’alba del 23 giugno:

Bollettino del 23 giugno, sera

DAL MONTELLO AL MARE IL NEMICO, SCONFITTO E INCALZATO DALLE NOSTRE VALOROSE TRUPPE, RIPASSA IN DISORDINE IL PIAVE. 
Firmato: Diaz.[19]

Le ricerche volte a ritrovare l’Asso italiano erano intanto proseguite dalla sera stessa del mancato ritorno senza interruzione, ad onta delle condizioni estremamente rischiose. In data 24 giugno il corpo del Maggiore Baracca e i resti dello SPAD vennero rinvenuti sulle pendici del Montello, in località Busa delle rane, dal Tenente Ambrogio Gobbi, Vicecomandante  dell’188ª batteria del III Reggimento Artiglieria da Montagna[20]. Il cordoglio che ne seguì fu grande: si riconobbe nel valore alto delle sue gesta, essenziale nei momenti più ingrati del conflitto, l’impulso che permise di mantenere costante e viva la fede nella vittoria.
L’obbiettivo strategico austroungarico era mancato: «[l]a sera del 24 le nostre truppe rioccupavano le loro vecchie gloriose trincee lungo il Piave»[21] che allo sguardo degli Aviatori  appariva ora  libero da ponti e passerelle, costruiti febbrilmente e invano dalle forze nemiche nei precedenti giorni convulsi[22].


Maria Luisa Suprani Querzoli


[1] L’estensione della fronte  raggiungeva i 120 chilometri lungo i quali vennero diluite le forze, prive di un unico obiettivo di sfondamento. Le due azioni principali (Radetzky e Albrecht, precedute dall’operazione Lawine) che sarebbero dovute confluire in un’operazione sinergica a tenaglia apparivano sostanzialmente disgiunte, riflettenti le divergenze di vedute fra i due Comandanti che le avrebbero condotte.
[2] La battaglia del Piave o del Solstizio (15 – 23 giugno 1918) in www.lagrandeguerra.net.
[3] Cfr. F. Vignola, Grande Guerra: 15 giugno 1918, quando l’Artiglieria disse no al nemico. Storia della Battaglia del Solstizio (www.reportdifesa.it).
[4] Ibidem.
[5] L. Capello, Note di guerra, vol. II, Milano: Fratelli Treves, 1920,  p. 276.
[6] Cfr. P. Pieri, L’Italia nella Prima Guerra Mondiale, Torino: Einaudi, 1968, p. 190. Il Montello era stato interpretato dagli Italiani come un ostacolo deterrente per il nemico che tendeva alla conquista di Treviso (cfr. La Battaglia del Solstizio – Il Montello in www.guerra-allorizzonte.it).
[7] Dal Diario di Oreste Battistella (ibidem).
[8] Il 13 giugno il Piave era in crescenza rapida. Nei giorni seguenti decrebbe e divenne stazionario il 16 per poi ricrescere alla sera del giorno 17. Proseguì la crescenza il 18 e tornò a decrescere, seppur lievissimamente nei giorni 19 e 20 (cfr. Commemorazione del VI Annuale della Battaglia del Montello, pubblicazione storica a cura di O. Battistella, Treviso: Soc. An. Longo & Zoppelli, ristampa nel 75° Anniversario, Amministrazione Comunale di Nervesa della Battaglia, p. 33).
[9] Cfr. 15 giugno 1918  (www.battagliadelsolstizio.it).
[10] Cfr. Commemorazione del VI Annuale della Battaglia del Montello, cit., p. 11. In data 24 giugno, subentrò al Comando dell’VIII Armata, per decisione del Generale Diaz, il Generale Caviglia che  non esitò a riconoscere lealmente i meriti della vittoria conclusiva al suo predecessore, Generale Pennella (cfr. Considerazioni finali sulla battaglia del Montello in www.battagliadelsolstizio.it).
[11] Cfr. La Battaglia del Solstizio – Il Montello (www.guerra-allorizzonte.it), citato.
[12] P. Pieri, L’Italia nella Prima Guerra Mondiale, cit., p. 190.
[13] Il 18 giugno, dopo giorni di pioggia, il livello del fiume aumentò (cfr. La fase di stallo della battaglia  in www.battagliadelsolstizio.it). Cfr. anche nota 9.
[14] Cfr. P. Pieri, L’Italia nella Prima Guerra Mondiale, cit., p. 191.
[15] La piena del fiume era in costante aumento (cfr. ibidem).
[16] Cfr. ibidem.
[17] Cfr. ibidem.
[18] Cfr. S. Gambarotto, S. Callegari, G. Piccolo, Francesco Baracca. Indagine sulla morte di un eroe italiano, Treviso: Editrice Storica, 2013, p. 20.
[19] Il Bollettino è riportato in Commemorazione del VI Annuale della Battaglia del Montello, cit., p.  39.
[20] Cfr. ivi, p. 61.
[21] L. Capello, Note di guerra, cit.,  p. 278.
[22] Cfr. I ponti sul Piave (www.battagliadelsolstizio.it).

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