APPROFONDIMENTI
Nota sul sistema premiale italiano
Riconoscimenti a chi si distingue
nel soccorre gli altri
di Tommaso Cherubini*
Durante i mesi di isolamento imposti da un letale
virus che ha sconvolto la nostra quotidianità, nei numerosi momenti di
riflessione il pensiero è andato spesso a tutti coloro che con sacrificio e con
valore hanno affrontato quella che può definirsi una guerra virica globale. In
tale doloroso frangente sono nate numerose iniziative popolari che hanno
trovato eco soprattutto sui social media. Tra queste, come cultore della
materia faleristica, ricordo la proposta di insignire con la Medaglia dei
Benemeriti alla Salute Pubblica coloro che, con professionalità e spiccato
senso del dovere hanno permesso di alleviare le sofferenze causate da una
drammatica emergenza sanitaria: dottori, infermieri, appartenenti alle Forze
Armate, Forze di Polizia dello Stato e Polizie Locali, Protezione Civile,
volontari civili.
La Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica, una
delle più longeve onorificenze del sistema premiale italiano, relazionata nei
principi istituzionali con le emergenze sanitarie di carattere epidemico, fu
creata da S.M. Re Vittorio Emanuele II con Regio Decreto del 28 agosto 1867 n.
3872. Già negli stati preunitari si era riscontrata la necessità di premiare
coloro che si fossero distinti durante le numerose epidemie che flagellavano la
penisola italiana nel XIX secolo. A mero titolo esemplificativo si ricorda la
medaglia del Ducato di Parma e Piacenza creata con tale finalità da Maria
Luigia[1], imperatrice
dei Francesi e sposa di Napoleone, poi Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla.
In oro o argento ed appesa a un nastro verde, fu creata il 2 novembre 1836 con
il fine di premiare coloro che si fossero distinti durante l’epidemia di colera
del 1836. La medesima decorazione, con le stesse motivazioni, venne rinnovata
dalla Duchessa reggente Luisa Maria Borbone-Francia[2]
con Decreto n. 482 del 12 novembre 1855. Coniata nelle tre classi, oro argento e
bronzo, e appesa a un nastro turchino listato di rosso nei lembi reca al recto il
profilo del Duca Roberto e della madre reggente e al verso la scritta ALLA
CARITÀ CORAGGIOSA. (Fig. 1)
Anche il Regno di Sardegna creò nel 1854 una prima
medaglia a favore di coloro che si resero benemeriti in occasione dell’epidemia
di colera dello stesso anno. Tale medaglia fu istituita da Vittorio Emanuele II,
su proposta di Urbano Rattazzi, all’epoca Ministro dell’Interno, con Regio
Decreto del 13 settembre 1854. Il decreto non prevedeva né la portabilità, né
la denominazione dell’insegna né tanto meno i criteri di concessione. Le
medaglie erano incise nel rovescio con il nome e cognome del decorato e l’anno
di concessione con in cerchio una corona di rami di alloro e quercia; al recto
l’effigie di Vittorio Emanuele II guardante a destra con la scritta VITTORIO
EMANULE II. La concessione e distribuzione di tale primo tipo di
benemerenza continuó fino al 1861, quando con la proclamazione del Regno
d’Italia, venne coniata una nuova medaglia. Secondo la consuetudine dell’epoca
non fu emanato un decreto che avesse definito le nuove caratteristiche
dell’insegna, pertanto non si conosce l’esatta datazione della nuova insegna; bisogna
attendere il 1867 per la creazione di una nuova medaglia. Con Regio Decreto n.
3872, pubblicato sulla G. U. n. 235 del 28 agosto 1867 fu creata la denominata
Medaglia ai Benemeriti della Salute Publica in tre classi, oro, argento e
bronzo, per coloro che si erano contraddistinti nel combattere il colera,
riapparso nel frattempo nella penisola nello stesso 1867. Infatti l’art. 1 del
citato decreto stabiliva che la benemerenza fosse “destinata a premiare le
persone che si rendono in modo eminente benemerite in occasione di qualche
morbo epidemico pericoloso, sia prodigando personalmente cure ed assistenze
agli infermi, sia provvedendo ai servigi igienici ed amministrativi, ovvero ai
bisogni materiali o morali delle popolazioni travagliate dal morbo, e
massimamente quando non ne correva loro per ragione d'ufficio o di professione
un obbligo assoluto e speciale”. La medaglia, di 35 mm. di diametro,
finalmente prevedeva per la sua portabilità un nastro largo 36 mm di colore celeste orlato di nero su entrambi i lati, l’uso del
quale fu autorizzato con Regio decreto n. 4394 del 1868, anche per coloro che
furono insigniti della medaglia preunitaria del 1854[3].
Al
recto la medaglia portava l’effigie del Re guardante a sinistra e al verso una
corona di quercia, talmente grande da non permettere l’incisione del nome
dell’insignito, con la legenda posta in giro AI BENEMERITI DELLA SALUTE
PUBBLICA (Fig. 2). Nonostante non fosse contemplato nel decreto del
1867, è utile ricordare che la Medaglia contava già all’epoca con una variante,
coniata dalla ditta Johnson di Milano, nella quale la scritta al rovescio era
in latino anziché in italiano (SALUTIS PUBLICAE BENEMERENTIBUS). Non
esiste una spiegazione ufficiale a tale variante: forse la medaglia sarebbe
stata destinata a cittadini stranieri o forse la legenda si giustifica con il
fatto che il latino nel XIX secolo era ancora la lingua d’uso nella terminlogia
della scienza medica; certo è che si trattava di un’iniziativa privata fosse
anche scaturita da una prestigiosa ditta come la Johnson di Milano. Nonostante
non esistesse alcun decreto per modificare le caratteristiche della medaglia,
con la proclamazione di Umberto I il recto della stessa cambiò con l’effigie
del nuovo Re (Fig. 3). Con l’ennesima epidemia di colera, che colpì l’Italia
centro-meridionale nel 1884, fu coniata un nuovo tipo di medaglia che prevedeva
al verso all’interno della corona di quercia l’iscrizione ANNO 1884.
Il
Regio Decreto n. 2773 dello stesso anno introdusse la possibilità delle
commissioni circondariali, adibite allo studio delle proposte di conferimento,
di concedere un’attestazione di benemerenza a favore di quelle persone i cui
titoli di merito non erano sufficienti a raggiungere quelli previsti per una
delle tre classi della medaglia. Tale attestazione di benemerenza fu
ufficialmente sancita come quarto grado della benemerenza con Regio Decreto n. 3706 del 25 febbraio 1886. Giova ricordare che anche il Re Umberto I si
fregiava della Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica nella classe oro,
per aver accorso in aiuto alla popolazione di Napoli, colpita da un’epidemia di
colera. Il Consiglio dei Ministri, con procedura inusuale, il 18 novembre 1884,
deliberava “pregare la Maestà del Re perché accolga la medaglia d’oro dal
Grande Suo genitore istituita col R.Decreto del XXI agosto MDCCCLXVII pei Benemeriti
della salute publica…”. L’insegna gli fu consegnata il 14 marzo del 1885, in
occasione del 60º genetliaco del Re. Come con Umberto I, con il suo successore
Vittorio Emanuele III si cambiò il recto della medaglia con il profilo del
nuovo Re, senza che tale variante fosse sancita da alcun atto ufficiale. (Fig. 4).
Con la proclamazione della Repubblica il Decreto
Provvisorio del Capo dello Stato n. 344 del 25 ottobre 1946 confermò la vigenza
dei Regi Decreti n. 3872 del 28 agosto 1867 e il n. 3706 del 25 febbraio 1886
istitutivi della Medaglia e delle sue classi. Secondo il citato Decreto
presidenziale le medaglie e l'attestazione di benemerenza sono conferite con
decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri all’epoca, oggi dal Ministro della Salute, sentito il
parere di una Commissione centrale permanente incaricata di esaminare le
motivazioni di merito che costituiscono il presupposto del conferimento stesso
previa istruttoria svolta, di norma, dalle competenti prefetture. Ancora oggi i
candidati per il conferimento sono quelli previsti dal decreto istituzionale:
le persone fisiche che si siano particolarmente distinte durante gravi epidemie
o gravi calamità. La Commissione, che si riunisce presso la sede del Ministero
della Salute ed è nominata dallo stesso Ministro della Salute per un triennio,
è composta da: un consigliere di Stato che la presiede; il segretario generale del
Ministero della Salute; il direttore generale dell'Istituto Superiore di Sanità;
il direttore generale dei servizi medici ed il direttore generale dei servizi
veterinari del Ministero della Salute; un ufficiale generale medico
dell'Esercito; un ufficiale generale medico della Marina; un ufficiale generale
medico dell'Aeronautica; un funzionario del Ministero della Salute in qualità
di secretario.
Un successivo Decreto presidenziale, il n. 637 del
1952 stabilì le caratteristiche definitive della Medaglia adeguandole ai
simboli repubblicani. Coniata in oro, argento e bronzo secondo le classi di
merito, oggi ha un diametro di 30 mm con al recto l’emblema della Repubblica e
al verso una corona di quercia con la legenda AI BENEMERITI DELLA SALUTE
PUBBLICA posta in giro (Fig. 5). Il nastro su cui è appesa la medaglia non ha
subito alcuna modifica rispetto al nastro di matrice monarchica, pertanto è
ancora celeste orlato di nero su entrambi i lati. Tale benemerenza non va
confusa con la Medaglia al Merito della Sanità Pubblica, altro segno d’onore
concesso dal Ministero della Salute con maggiore generosità e istituita
successivamente alla Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica, con Decreto
Luogotenziale n. 1048 del 7 luglio 1918.
Desidero finalmente
dedicare questo breve articolo su una medaglia poco conosciuta nel panorama onorifico
della Repubblica a tutti gli appartenenti alle FF.AA e FF.OO., che hanno pagato
con la vita, la dedizione e il senso del dovere con cui hanno affrontato la drammatica
pandemia che ha colpito così violentemente il nostro Paese.
Bibliografía
A.Brambilla, Le
medaglie italiane negli ultimi 200 anni, Parte prima seconda
edizione, Milano, 2012.
E. Ercoli, Le
medaglie al valore, al merito e commemorative militari e civili nei Regni di
Sardegna, d’Italia en ella Repubblica Italiana 1793-1976, I.D.L., Milano,
1976.
*Socio della Federazione di Latina
[1] Maria Luigia d’Asburgo
Lorena figlia primogenita dell’imperatore Francesco I d’Austria e di Maria
Teresa Borbone Napoli. Il padre la concesse in sposa per procura a Napoleone
l’11 marzo del 1810. Caduto Napoleone, grazie alla protezione del padre, le fu
concesso, con il trattato di Fontainbleau dell’11 aprile 1814, il diritto alla
sovranità del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, senza tener conto della
legittima aspirazione dei Borbone Parma a tornare sul proprio trono. Lavori
pubblici, beneficenza, opere caritative furono gli ambiti nei quali Maria
Luigia intervenne con sensibilità e proficuamente, tanto da essere ricordata
benevolmente dai suoi sudditi. Morì a Parma il 17 dic. 1847 di pleurite reumatica.
[2] Luisa Maria
Borbone-Francia (1819-1864) era la figlia maggiore di Carlo Ferdinando, duca di
Berry (figlio di Carlo, conte d'Artois, poi re di Francia con il nome di Carlo
X), e di sua moglie, la Principessa Carolina di Napoli e Sicilia, figlia di
Francesco I delle Due Sicilie. Dopo la morte di Maria Luisa d'Austria, due anni
dopo, i Borbone di Parma riottennero i loro ducati, ma il suocero di Luisa, il
duca Carlo II di Parma, legittimo sovrano dovette abdicare di fronte alla
pressione popolare in favore del marito di Luisa, Carlo III, che a sua volta fu
assassinato nel 1854. Gli succedette Luisa come reggente del figlio Roberto
fino al 1859, quando le truppe di Vittorio Emanuele II esiliarono
definitivamente i Borbone-Parma.
[3] Fino al 1868 gli insigniti
della Medaglia per l’epidemie coleriche, dal 1854 fino all’istituzione della
Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica, per fregiarsi della medaglia
dovevano munirla di appiccagnolo.
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