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giovedì 4 giugno 2020

La Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica.

APPROFONDIMENTI
Nota sul sistema premiale italiano
 Riconoscimenti a chi si distingue
nel soccorre gli altri



di Tommaso Cherubini*

Durante i mesi di isolamento imposti da un letale virus che ha sconvolto la nostra quotidianità, nei numerosi momenti di riflessione il pensiero è andato spesso a tutti coloro che con sacrificio e con valore hanno affrontato quella che può definirsi una guerra virica globale. In tale doloroso frangente sono nate numerose iniziative popolari che hanno trovato eco soprattutto sui social media. Tra queste, come cultore della materia faleristica, ricordo la proposta di insignire con la Medaglia dei Benemeriti alla Salute Pubblica coloro che, con professionalità e spiccato senso del dovere hanno permesso di alleviare le sofferenze causate da una drammatica emergenza sanitaria: dottori, infermieri, appartenenti alle Forze Armate, Forze di Polizia dello Stato e Polizie Locali, Protezione Civile, volontari civili.

La Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica, una delle più longeve onorificenze del sistema premiale italiano, relazionata nei principi istituzionali con le emergenze sanitarie di carattere epidemico, fu creata da S.M. Re Vittorio Emanuele II con Regio Decreto del 28 agosto 1867 n. 3872. Già negli stati preunitari si era riscontrata la necessità di premiare coloro che si fossero distinti durante le numerose epidemie che flagellavano la penisola italiana nel XIX secolo. A mero titolo esemplificativo si ricorda la medaglia del Ducato di Parma e Piacenza creata con tale finalità da Maria Luigia[1], imperatrice dei Francesi e sposa di Napoleone, poi Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla. In oro o argento ed appesa a un nastro verde, fu creata il 2 novembre 1836 con il fine di premiare coloro che si fossero distinti durante l’epidemia di colera del 1836. La medesima decorazione, con le stesse motivazioni, venne rinnovata dalla Duchessa reggente Luisa Maria Borbone-Francia[2] con Decreto n. 482 del 12 novembre 1855. Coniata nelle tre classi, oro argento e bronzo, e appesa a un nastro turchino listato di rosso nei lembi reca al recto il profilo del Duca Roberto e della madre reggente e al verso la scritta ALLA CARITÀ CORAGGIOSA. (Fig. 1)




Anche il Regno di Sardegna creò nel 1854 una prima medaglia a favore di coloro che si resero benemeriti in occasione dell’epidemia di colera dello stesso anno. Tale medaglia fu istituita da Vittorio Emanuele II, su proposta di Urbano Rattazzi, all’epoca Ministro dell’Interno, con Regio Decreto del 13 settembre 1854. Il decreto non prevedeva né la portabilità, né la denominazione dell’insegna né tanto meno i criteri di concessione. Le medaglie erano incise nel rovescio con il nome e cognome del decorato e l’anno di concessione con in cerchio una corona di rami di alloro e quercia; al recto l’effigie di Vittorio Emanuele II guardante a destra con la scritta VITTORIO EMANULE II. La concessione e distribuzione di tale primo tipo di benemerenza continuó fino al 1861, quando con la proclamazione del Regno d’Italia, venne coniata una nuova medaglia. Secondo la consuetudine dell’epoca non fu emanato un decreto che avesse definito le nuove caratteristiche dell’insegna, pertanto non si conosce l’esatta datazione della nuova insegna; bisogna attendere il 1867 per la creazione di una nuova medaglia. Con Regio Decreto n. 3872, pubblicato sulla G. U. n. 235 del 28 agosto 1867 fu creata la denominata Medaglia ai Benemeriti della Salute Publica in tre classi, oro, argento e bronzo, per coloro che si erano contraddistinti nel combattere il colera, riapparso nel frattempo nella penisola nello stesso 1867. Infatti l’art. 1 del citato decreto stabiliva che la benemerenza fosse “destinata a premiare le persone che si rendono in modo eminente benemerite in occasione di qualche morbo epidemico pericoloso, sia prodigando personalmente cure ed assistenze agli infermi, sia provvedendo ai servigi igienici ed amministrativi, ovvero ai bisogni materiali o morali delle popolazioni travagliate dal morbo, e massimamente quando non ne correva loro per ragione d'ufficio o di professione un obbligo assoluto e speciale”. La medaglia, di 35 mm. di diametro, finalmente prevedeva per la sua portabilità un nastro largo 36 mm di colore celeste orlato di nero su entrambi i lati, l’uso del quale fu autorizzato con Regio decreto n. 4394 del 1868, anche per coloro che furono insigniti della medaglia preunitaria del 1854[3]




Al recto la medaglia portava l’effigie del Re guardante a sinistra e al verso una corona di quercia, talmente grande da non permettere l’incisione del nome dell’insignito, con la legenda posta in giro AI BENEMERITI DELLA SALUTE PUBBLICA (Fig. 2). Nonostante non fosse contemplato nel decreto del 1867, è utile ricordare che la Medaglia contava già all’epoca con una variante, coniata dalla ditta Johnson di Milano, nella quale la scritta al rovescio era in latino anziché in italiano (SALUTIS PUBLICAE BENEMERENTIBUS). Non esiste una spiegazione ufficiale a tale variante: forse la medaglia sarebbe stata destinata a cittadini stranieri o forse la legenda si giustifica con il fatto che il latino nel XIX secolo era ancora la lingua d’uso nella terminlogia della scienza medica; certo è che si trattava di un’iniziativa privata fosse anche scaturita da una prestigiosa ditta come la Johnson di Milano. Nonostante non esistesse alcun decreto per modificare le caratteristiche della medaglia, con la proclamazione di Umberto I il recto della stessa cambiò con l’effigie del nuovo Re (Fig. 3). Con l’ennesima epidemia di colera, che colpì l’Italia centro-meridionale nel 1884, fu coniata un nuovo tipo di medaglia che prevedeva al verso all’interno della corona di quercia l’iscrizione ANNO 1884




Il Regio Decreto n. 2773 dello stesso anno introdusse la possibilità delle commissioni circondariali, adibite allo studio delle proposte di conferimento, di concedere un’attestazione di benemerenza a favore di quelle persone i cui titoli di merito non erano sufficienti a raggiungere quelli previsti per una delle tre classi della medaglia. Tale attestazione di benemerenza fu ufficialmente sancita come quarto grado della benemerenza con Regio Decreto n.  3706 del 25 febbraio 1886.  Giova ricordare che anche il Re Umberto I si fregiava della Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica nella classe oro, per aver accorso in aiuto alla popolazione di Napoli, colpita da un’epidemia di colera. Il Consiglio dei Ministri, con procedura inusuale, il 18 novembre 1884, deliberava “pregare la Maestà del Re perché accolga la medaglia d’oro dal Grande Suo genitore istituita col R.Decreto del XXI agosto MDCCCLXVII pei Benemeriti della salute publica…”. L’insegna gli fu consegnata il 14 marzo del 1885, in occasione del 60º genetliaco del Re. Come con Umberto I, con il suo successore Vittorio Emanuele III si cambiò il recto della medaglia con il profilo del nuovo Re, senza che tale variante fosse sancita da alcun atto ufficiale. (Fig. 4).



Con la proclamazione della Repubblica il Decreto Provvisorio del Capo dello Stato n. 344 del 25 ottobre 1946 confermò la vigenza dei Regi Decreti n. 3872 del 28 agosto 1867 e il n. 3706 del 25 febbraio 1886 istitutivi della Medaglia e delle sue classi. Secondo il citato Decreto presidenziale le medaglie e l'attestazione di benemerenza sono conferite con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri all’epoca, oggi dal Ministro della Salute, sentito il parere di una Commissione centrale permanente incaricata di esaminare le motivazioni di merito che costituiscono il presupposto del conferimento stesso previa istruttoria svolta, di norma, dalle competenti prefetture. Ancora oggi i candidati per il conferimento sono quelli previsti dal decreto istituzionale: le persone fisiche che si siano particolarmente distinte durante gravi epidemie o gravi calamità. La Commissione, che si riunisce presso la sede del Ministero della Salute ed è nominata dallo stesso Ministro della Salute per un triennio, è composta da: un consigliere di Stato che la presiede; il segretario generale del Ministero della Salute; il direttore generale dell'Istituto Superiore di Sanità; il direttore generale dei servizi medici ed il direttore generale dei servizi veterinari del Ministero della Salute; un ufficiale generale medico dell'Esercito; un ufficiale generale medico della Marina; un ufficiale generale medico dell'Aeronautica; un funzionario del Ministero della Salute in qualità di secretario.

Un successivo Decreto presidenziale, il n. 637 del 1952 stabilì le caratteristiche definitive della Medaglia adeguandole ai simboli repubblicani. Coniata in oro, argento e bronzo secondo le classi di merito, oggi ha un diametro di 30 mm con al recto l’emblema della Repubblica e al verso una corona di quercia con la legenda AI BENEMERITI DELLA SALUTE PUBBLICA posta in giro (Fig. 5). Il nastro su cui è appesa la medaglia non ha subito alcuna modifica rispetto al nastro di matrice monarchica, pertanto è ancora celeste orlato di nero su entrambi i lati. Tale benemerenza non va confusa con la Medaglia al Merito della Sanità Pubblica, altro segno d’onore concesso dal Ministero della Salute con maggiore generosità e istituita successivamente alla Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica, con Decreto Luogotenziale n. 1048 del 7 luglio 1918.
Desidero finalmente dedicare questo breve articolo su una medaglia poco conosciuta nel panorama onorifico della Repubblica a tutti gli appartenenti alle FF.AA e FF.OO., che hanno pagato con la vita, la dedizione e il senso del dovere con cui hanno affrontato la drammatica pandemia che ha colpito così violentemente il nostro Paese.

Bibliografía
A.Brambilla, Le medaglie italiane negli ultimi 200 anni, Parte prima seconda edizione, Milano, 2012.
E. Ercoli, Le medaglie al valore, al merito e commemorative militari e civili nei Regni di Sardegna, d’Italia en ella Repubblica Italiana 1793-1976, I.D.L., Milano, 1976.
*Socio della Federazione di Latina

[1] Maria Luigia d’Asburgo Lorena figlia primogenita dell’imperatore Francesco I d’Austria e di Maria Teresa Borbone Napoli. Il padre la concesse in sposa per procura a Napoleone l’11 marzo del 1810. Caduto Napoleone, grazie alla protezione del padre, le fu concesso, con il trattato di Fontainbleau dell’11 aprile 1814, il diritto alla sovranità del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, senza tener conto della legittima aspirazione dei Borbone Parma a tornare sul proprio trono. Lavori pubblici, beneficenza, opere caritative furono gli ambiti nei quali Maria Luigia intervenne con sensibilità e proficuamente, tanto da essere ricordata benevolmente dai suoi sudditi. Morì a Parma il 17 dic. 1847 di pleurite reumatica.

[2] Luisa Maria Borbone-Francia (1819-1864) era la figlia maggiore di Carlo Ferdinando, duca di Berry (figlio di Carlo, conte d'Artois, poi re di Francia con il nome di Carlo X), e di sua moglie, la Principessa Carolina di Napoli e Sicilia, figlia di Francesco I delle Due Sicilie. Dopo la morte di Maria Luisa d'Austria, due anni dopo, i Borbone di Parma riottennero i loro ducati, ma il suocero di Luisa, il duca Carlo II di Parma, legittimo sovrano dovette abdicare di fronte alla pressione popolare in favore del marito di Luisa, Carlo III, che a sua volta fu assassinato nel 1854. Gli succedette Luisa come reggente del figlio Roberto fino al 1859, quando le truppe di Vittorio Emanuele II esiliarono definitivamente i Borbone-Parma.

[3] Fino al 1868 gli insigniti della Medaglia per l’epidemie coleriche, dal 1854 fino all’istituzione della Medaglia ai Benemeriti della Salute Pubblica, per fregiarsi della medaglia dovevano munirla di appiccagnolo.

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