DIBATTITI
A margine del convegno
tenuto a La Maddalena il 12 settembre 2019
sulla crisi armistiziale
Salvatore Sanna
Propongo
una questione poco nota delle complesse vicende della crisi armistiziale del
settembre 1943 che coinvolsero La Maddalena oltre i più noti fatti d’arme. Si
tratta di un tema sensibile, che qualifica gli avvenimenti maddalenini di quei
giorni nel più vasto dibattito sulla ricollocazione della squadra navale di
battaglia, e soprattutto sull’allontanamento da Roma del re, della corte, e di
parte del governo, che invece di avvenire come previsto sino all’ultimo per La
Maddalena, avvenne per Pescara, poi Ortona e quindi Brindisi.
La forte pressione delle armi tedesche rese
necessario l’allontanamento dalla capitale, ma le modalità con cui avvenne, con
improvvisazione e confusione, lo qualificò nel giudizio diffuso come una
“fuga”. Il dibattito storico, politico e giuridico che s’è svolto su
quest’argomento ha registrato un atteggiamento fermo da parte di tutti i
protagonisti a negare la premeditazione dell’allontanamento dalla capitale e la
rimozione di qualsiasi riferimento ai progetti e addirittura alle sole ipotesi
fatte in tale direzione.
La ragione di stato ha richiesto di ignorare
l’ipotesi maddalenina, che è stata espunta dai documenti ufficiali anche delle
commissioni d’inchiesta sia amministrative che giudiziarie per coprire la
corona. Se ne trova, però, traccia in pochi testi già dai primi giorni
successivi il 25 luglio 1943.
Il primo riferimento alla destinazione
maddalenina si trova nel diario del generale Puntoni, primo aiutante del re. Il
generale alla fine dell’appunto del giorno 2 agosto annotò che il re gli aveva
riproposto l’ipotesi del suo allontanamento da Roma col governo, e che gli
aveva chiesto di predisporre il trasferimento a La Maddalena via mare. A tal
proposito riferì pure che contattato l’ammiraglio De Courten questi aveva disposto
che due cacciatorpediniere sostassero a Civitavecchia a disposizione. De
Courten, Capo di Stato Maggiore della Marina e Ministro della Marina stessa nel
gabinetto Badoglio, ha confermato nelle sue memorie la circostanza
dell’incontro con Puntoni su tale argomento.
I primi contatti segreti con gli Alleati, dopo
il 25 luglio, si tennero tra diplomatici. Il più noto, e interessante per noi,
è stato quello del consigliere diplomatico italiano, Lanza D’Ajeta, che
il 4 agosto a Lisbona su mandato del nuovo ministro degli esteri Guariglia
incontrò l’ambasciatore britannico. Nel rapporto del consigliere si legge tra
l’altro che, secondo le istruzioni ricevute, aveva informato il suo
interlocutore che in caso di occupazione tedesca di Roma il re con il governo si
sarebbe “trasportato all’isola della
Maddalena”.
Negli stessi giorni la nostra isola era in cima
ai pensieri di Badoglio che doveva spostare la sede di prigionia di Mussolini.
Scelse La Maddalena che ospiterà l’ex duce dal 7 al 27 agosto. Intanto della nostra
piazzaforte si parlava anche a Lisbona, poi a Termini Imerese e infine a
Cassibile nel negoziato avviato con gli anglo-americani sul terreno militare,
che portò all’armistizio.
Il gen.
Castellano, delegato italiano alle trattative, sia prima della firma del
cosiddetto “armistizio corto”, sia nei tentativi di mediazione che seguirono,
ripropose insistentemente la questione del trasferimento del re e del governo a
La Maddalena, abbinandovi quasi sempre anche la ricollocazione nella stessa
isola della squadra di battaglia. Solo un biglietto autografo di Badoglio
affidato a Castellano per il suo contatto del 31 agosto divideva le due
questioni. Al 4° punto si leggeva, infatti,: “La flotta va alla Maddalena”, e al 6°:“Restano a Roma re, principe ereditario, governo e corpo
diplomatico”. A quel momento la
parte italiana era tutta tesa ad assicurarsi un massiccio sbarco Alleato a nord
di Roma, per cui nell’ipotesi di una tale situazione non pareva più adeguato
riproporre anche il trasferimento del re.
Quando
risultò sempre più rigida la richiesta Alleata del trasferimento della flotta
italiana a Malta e a Bona, e mentre
contemporaneamente cresceva la probabilità di uno sbarco a sud di Roma,
le due questioni ripresero a marciare insieme sino alle fatidiche prime ore del
9 settembre. In particolare l’abbinamento re e flotta alla Maddalena riprese a
essere proposto sia per rafforzare la richiesta di mantenere la flotta sotto la
piena sovranità nazionale, a disposizione e garanzia del re e del suo governo,
sia per tacitare la Marina che, tagliata fuori dalle trattative, dai suoi
risultati subiva il trattamento peggiore.
Significativo
appare lo scambio di pro-memorie e relative risposte avvenuto nei giorni 6 e 7
settembre tra i vari protagonisti italiani. Nel primo promemoria, inviato dal
Comando supremo a Castellano, al punto 1 era scritto che si insisteva sulla
soluzione del trasferimento della flotta nei porti di Cagliari e La Maddalena
perché vi era la possibilità di un rifiuto a consegnarsi agli Alleati. La risposta
di Castellano riportò ancora una volta la rigidità Alleata su quest’argomento.
Intanto
il generale Ambrosio aveva quasi contemporaneamente inviato, sempre a
Castellano, un secondo promemoria che riprendeva l’argomento del trasferimento
del re e del governo, stavolta abbinandolo alla questione della flotta, ed
anche al tentativo maldestro di conoscere il giorno X con anticipo di 24 ore “onde
effettuare con più sicurezza - si leggeva - il viaggio di notte”. L’appunto concludeva che: “La squadra di Spezia proteggerà colà [alla
Maddalena] S.M. ed il governo”.
La
risposta di Castellano fu immediata ed esplicita: “Comandante in capo condivide intenzioni espresse alta personalità circa
trasferimento in Sardegna alt Concede un nostro incrociatore con scorta 4
cacciatorpediniere stop Prega tenersi subito pronto partire data imminenza
operazioni stop Non può aderire preavviso 24 ore stop”.
Ambrosio ha
sempre ritenuto che alla fine la squadra avrebbe seguito il re a La Maddalena,
e in tal senso assicurava a ogni incontro de Courten, sino allo stesso 8
settembre. Già il giorno 5 lo stesso Ambrosio aveva chiesto all’ammiraglio De Courten di organizzare il
trasferimento del re alla Maddalena. Il 6 l’ammiraglio emanò il piano operativo ordinando
che i cacciatorpediniere Vivaldi e Da Noli raggiungessero Civitavecchia e che due potenti motoscafi stessero pronti a
Fiumicino.
Per il
mattino del giorno 8 lo stesso De Courten convocò l’ammiraglio Bruno Brivonesi,
comandante di MARISARDEGNA, al quale, secondo quanto annotava lo stesso de
Courten nella sua relazione, impartì: “le
disposizioni relative all’eventuale ormeggio della flotta a La Maddalena ed
alla possibile presenza in quella sede della famiglia reale e di parte del
governo”. Brivonesi nelle sue relazioni e in tutti gli altri suoi scritti
parla sempre e solo del trasferimento delle forze navali, e non accenna mai a
quello del re e del governo.
Anche nei
documenti del gen. Basso, comandante delle FF.AA. in Sardegna e diretto superiore
di Brivonesi, non c’è traccia del previsto trasferimento alla Maddalena del re
e del governo ma si parla solo della flotta. Però negli allegati al diario
storico-militare del comando delle FF.AA della Sardegna si ritrovano i dispacci
delle disposizioni date da SUPERESERCITO già nel giorno 6 su La Maddalena, in
contemporanea con il piano di De Courten sul viaggio via mare del re e del
governo. Il comando in capo dell’esercito ordinò a Basso di predisporre il
rafforzamento della piazza maddalenina con un gruppo tattico di tre
battaglioni, composti totalmente o prevalentemente da sardi, specificando “purché ottimi”. A seguire si trovano gli
ordini impartiti da Basso nello stesso senso, a protezione di “altissimi
personaggi”.
Altrettanto
importante è l’allegato che riporta il testo del messaggio da Comando FF.AA
Sardegna at Comando Forze Navali (tramite Marina Cagliari), firmato Basso e
trasmesso alle ore 14.35 del 9 settembre. Il generale informava Bergamini del
colpo di mano tedesco su La Maddalena e aggiungeva che “qualora at arrivo delle forze navali sia constatato permanere tale
situazione urge provvedere concorso at eliminazione reparti attaccanti”.
E’ questo l’unico documento in cui Basso definisce i reparti tedeschi
“attaccanti”, e il “concorso” che richiedeva presupponeva che fosse “in corso”
un’azione delle truppe di Basso di contrasto agli “attaccanti”, che invece non
c’era e non era neppure prevista.
In quegli
stessi minuti la corazzata Roma e
tutta la squadra invertiva la rotta e andava incontro al suo tragico destino,
come anche i due cacciatorpediniere Vivaldi
e Da Noli. La 9° divisione navale da
battaglia era salpata da La Spezia alle ore 03 del 9 per La Maddalena. A
quell’ora i reali e i militari del governo stavano asserragliati nel palazzo
del ministero della guerra, attendendo di andare all’imbarco a Civitavecchia o
a Fiumicino. Intorno alle 04 si prese atto che solo la strada consolare
Tiburtina era ancora libera ma per lasciare Roma verso oriente. La parte navale
del piano di trasferimento del re e del governo alla Maddalena era attiva, la
parte terrestre che avrebbe dovuto tenere libero un corridoio per Civitavecchia
e Fiumicino non resse, forse perché neppure predisposta, e alle prime luci del
mattino la comitiva lasciò Roma in direzione est per destinazione incerta.
Il generale
Basso e l’ammiraglio Brivonesi, ignari del cambio di rotta del trasferimento,
pur attendendo per il mattino del 9, re, governo e squadra navale, hanno operato
indipendentemente da questa prospettiva. L’uno, Basso, la notte dello stesso 8
settembre ha concordato l’ammassamento delle truppe tedesche a Palau e S.
Teresa, per favorirne il passaggio in Corsica; e l’altro, Brivonesi, il
successivo mattino del 9 ha lasciato sopraffare di sorpresa la piazza
maddalenina da un manipolo di arditi della wehrmatch.
Rimase
emblematicamente ostaggio di questa situazione confusa e contraddittoria anche il
duca d’Aosta, cui il re aveva chiesto di raggiungerlo alla Maddalena. Da
Portoferraio, dove si trovava bloccato sulla torpediniera Indomito, fece diramare un messaggio alle ore 11.41 del giorno 10,
in tutte le direzioni: far sapere a S. M. che non riesco a raggiungere Roma per
via ordinaria e La Maddalena via mare. Attendo ordini. A quell’ora il re e il
governo stavano per giungere in salvo a Brindisi, e Aimone d’Aosta non era
l’unico che attendeva ordini.
Salvatore Sanna
La
Maddalena, 12 settembre 2019
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