UNA FINESTRA SUL MONDO
di Alessia Biasiolo
Quest’anno prende il via, nel vero senso della parola, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, programma d’azione per persone e governi sottoscritto da 193 Paesi membri dell’ONU. L’emergenza sanitaria che ha colpito il mondo con una pandemia inaspettata, ha messo in secondo piano i target che ci si era dati già per quest’anno. Si chiamano Goals e sono diciassette; al numero sei troviamo “Acqua pulita e servizi igienico-sanitari”. Gli obiettivi sono comuni, cioè riguardano tutto il mondo, perché si è arrivati alla (felice) conclusione che, se si lascia indietro qualcuno, non si arriva alla piena condivisione della nostra esistenza, in quanto il singolo fa parte dell’unitarietà. Senza una vera solidarietà e un vero avanzamento comune, non si può pensare ad un futuro per nessuno. La lezione complessiva dell’Agenda è molto bella e, al punto sei argomento di questa riflessione, ci si prefigge di “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”. Argomento di estrema importanza, perché spesso nelle politiche generali non si tiene conto delle risorse a disposizione. Fatto salvo il diritto delle persone di spostarsi e di cercare una migliore condizione di vita, anche gli obiettivi dell’Agenda considerano che si deve promuovere il benessere ovunque, perché altrimenti si generano spostamenti in massa di persone verso zone che possono non poter sostenere il numero aumentato di abitanti. Per quanto riguarda la disponibilità di acqua, non è illimitata e, di fronte al continuo desertificarsi del nostro pianeta, ci si deve convincere che l’acqua va tutelata di più e meglio e che non è a disposizione di tutti, dappertutto. Pertanto, per prevenire ribellioni e guerre, si deve incentivare ogni forma che possa portare alla tutela dell’acqua e alla sua messa a disposizione. Non si può solo fare affidamento sulle falde acquifere, perché l’intensivo utilizzo può portare ad un ulteriore peggioramento del problema mondiale. La mancanza d’acqua e di piogge è sotto gli occhi di tutti, quindi si devono investire sforzi a favore di progetti come quello, per fare solo un esempio, denominato “WaterHouse” e realizzato in Africa. Il progetto pilota è partito in Namibia ed ora è giunto in Mozambico. Si tratta di utilizzare una tecnologia innovativa che sfrutta l’umidità del luogo e che porta a produrre circa mille litri di acqua al giorno. “Air to Water” è stato progettato dalla società svizzera “Seas Water Solution provider” in collaborazione con Humacoo, organizzazione non governativa d’ispirazione cattolica, impegnata nella fornitura di soluzioni umanitarie. Questa tipologia di aiuti è vincente, perché, anche seguendo il percorso tracciato dall’Agenda 2030, permette di risolvere i problemi dove sono, aiutando le aree a non spopolarsi e a non desertificarsi, riducendo la distanza per il reperimento dell’acqua e il suo costo, creando un beneficio locale e planetario, nel corso del tempo. La tecnologia “Air to Water”, da poco installata a Maputo, converte il vapore acqueo dell’aria in acqua, che viene venduta ad un prezzo più basso rispetto a quella fornita in rete e l’eccedenza viene distribuita gratis alle persone non abbienti. In Namibia, nel 2018, il primo progetto sperimentale ha permesso di riqualificare una vecchia scuola ed ora fornisce 2500 litri di acqua potabile al giorno. Naturalmente pensare all’Africa rende semplicistico il discorso: ci si immagina aree sub-sahariane svantaggiate, ma non si deve dimenticare che le “guerre dell’acqua” sono in atto in tutto il mondo da tempo. Infatti, ben 39 Stati hanno il 90% del proprio territorio compreso tra fiumi transfrontalieri che attraversano ben 148 Stati e, di questi, 21 hanno il proprio territorio interamente delimitato da fiumi transfrontalieri. Il fiume Colorado ha creato tensione tra Stati Uniti e Messico: la costruzione della diga di Hoover, tra Arizona e Nevada, ha ridotto la quantità di acqua che può arrivare in Messico. Dopo avere attraversato gli stati americani del Nord, infatti, non solo l’acqua è in minore quantità, ma è anche inquinata e questo porta continui conflitti politici sullo sfruttamento del corso del fiume. Tra Ecuador e Perù è esistita un’altra contesa, perché le sorgenti del fiume Cenepa hanno portato ad un intervento armato nel 1995, fino al trattato di pace del 1998. Il fiume Giordano è conteso tra Giordania, Israele, Siria e Libano, però è Israele a sfruttarlo di più. Il Nilo è motivo di dissidi perché attraversa dieci Stati prima di arrivare in Egitto; anche in questo caso, quindi, la quantità d’acqua risulta ridotta a seconda del consumo dei Paesi di primo transito. Il conflitto tra Egitto e Sudan si è concluso nel 1959, ma tra Egitto ed Etiopia l’accordo è stato siglato nel 2015. Anche il fiume Mekong, che nasce in Cina e attraversa sei Paesi asiatici, non è scevro di problematiche. La Cina vi ha costruito la diga Manwan che ha modificato il corso del fiume e questo ha causato problemi agli altri Stati, soprattutto all’Indocina che lo utilizza per la produzione di riso. Altro problema tra Turchia, Siria e Iraq per il corso dei fiumi Tigri ed Eufrate: i fiumi nascono in Turchia che con la Siria ne ha sfruttato il corso a proprio vantaggio, sempre costruendo dighe lungo il loro percorso. L’acqua arriva alla fine in Iraq ma con livelli sempre più bassi, e ciò acutizza le tensioni esistenti per altri motivi. Infine, il fiume Indo e il fiume Gange creano contrasti tra India e Pakistan e India e Bangladesh. Il consumo egiziano di acqua del Nilo, ad esempio, è dedicato per il 70% all’agricoltura, perché nel Paese non piove quasi mai, quindi ricevere meno acqua comporta un sacrificio per le produzioni o per le persone. L’ONU calcola che siano almeno venti i Paesi a rischio di conflitto armato per l’acqua potabile. Il discorso si fa ancor più complicato in caso di privatizzazione dell’acqua che interessa molti Paesi sia delle aree industrializzate che di quelle meno sviluppate: alcune multinazionali si spartiscono circa l’80% del mercato, cancellando spesso l’ottimistica visione iniziale che aveva fatto pensare ad un miglioramento dei servizi risparmiando. Il dibattito è molto acceso, ma indubbiamente l’attenzione deve andare sulle risorse, forse prima che sul discorso economico tout court. L’acqua è indispensabile e un tempo, infatti, veniva tutelata da Sovrintendenti o Magistrati delle Acque che, anche in Italia dove i corsi dei fiumi sono oggi nazionali, ma un tempo erano tra Stati diversi nel territorio nazionale, avevano giurisdizione sul corso del fiume nella sua interezza. Oggi che possiamo utilizzare i droni, forse non siamo così accorti nel prenderci cura di un bene così prezioso del quale ci accorgiamo soltanto quando manca.
Alessia
Biasiolo, associata al CESVAM
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