Un interessante libro di Alfonso Licata sulla scoperta di Lanzarote 

da parte del (poco noto) navigatore genovese.

lanzarotto libro








Durante l’anno tanti italiani vanno alle Canarie. Con differenti motivazioni.
 Chi va per turismo, culturale e balneare. Chi va d’inverno in quell’arcipelago di isole, anticamente 
dette Fortunate, per fuggire dall’umido freddo padano (e meno male che da un po’ non appaiono
 i nebiùn). Ed esistono poi cittadini del Belpaese che vanno alle Canarie per godersi una pensione
 un po’ più grassottella (meno tasse ma devono risiedereìvi almeno 6 mesi all’anno –e vabbè, molto
 meglio lì che a Sesto San Giovanni o Quarto Oggiaro-).
E una delle Sette Canarie è Lanzarote. Forse la più nota, non tanto perché la più vicina all’Europa
 (per navigatori provenienti dalle ex Colonne d’Ercole) quanto per la morfologia del suo territorio,
 una meraviglia quei fenomeni vulcanici, da cui le spiagge, di sabbia che più nera non si può, e
 quell’affascinante (non meno che cromaticamente suggestivo, la cupa lava facente risaltare le varie
 tonalità verdi della vite) vicenda dell’uva coltivata nelle buche (piove poco eppertanto la rugiada
 notturna meglio s’accomoda in uno spazio ristretto). Se poi a far bella Lanzarote non è stato
 sufficiente l’intervento di madre natura, l’inventivo artista Cesar Manrique ha arricchito la capitale, 
Arrecife, e non solo, di opere tanto belle quanto moderne.
Già, Lanzarote, e ritenendo (a ragione) che il toponimo possa derivare da un nome proprio, il turista
 si chiederà lodevolmente (perché chi viaggia deve abbondare di curiosità) non meno che
 donabbondianamente “Chi era costui?”. E qui giunti, ecco queste righe arricchirsi di pessimismo
 in quanto quasi certe che ben pochi conoscono, appunto, Chi Era Costui, che nel nel XIV secolo
 “scoprì” Lanzarote (virgolette per uso improprio del verbo: le Canarie erano già note nell’antichità
 e volendo metterla sullo storico/mitico “dicunt” che da quelle parti fiorì l’Atlantide).
Lanzarote
Lanzarote

















Fortunatamente, a porre fine alla suesposta, ignorante (aggettivo da molti ritenuto insultante ma

 in realtà non lo è: si riferisce solo a chi non sa, appunto ignora) domanda ha pensato Alfonso Licata

 con un libro “Lanzarotto Malocello” (Commissione Italiana Storia Militare, Comitato promotore per le celebrazioni del VII centenario della scopert di Lanzarote e delle isole Canarie da parte del navigatore Lanzarotto

 Malocello, importante prefazione di Franco Cardini e Francesco Surdich). Un corposo

 (ma non … pesante) volume, sia per a completezza e l’accuratezza della descrizione della vicenda

 “malocelliana”, sia per la versione inglese a fronte di ciascuna pagina (un dettaglio importante per

 i … curiosi che amano migliorare la conoscenza di questa lingua procedendo a utili raffronti).
Grazie all’opera di Licata (profondo studioso di vicende storiche, avvocato romano, così dimostrando

 viepiù che i migliori esperti di un settore sono i dilettanti ancorchè fortemente vocati e

 intelligentemente dedicati) le tre suesposte categorie di residenti più o meno provvisori a Lanzarote

 (viaggiatori, turisti e pensionati) potranno finalmente saperne di più sulle vicende storiche dell’isola

 canaria e ancor di più su chi le diede nome. Dopodichè, letto “Lazzarotto Malocello” si … scoprirà 

pure che quei balossi dei Genovesi (pardòn, la Serenissima Repubblica di Genova –in lingua indigena

 Repubrica de Zena- alias La Dominante e ancor più nota come La Superba) già allora parlavano

 poco (più il fisco sa, più ti frega le palanche) ma combinavano tanto. Ecco allora, dal XIII secolo,

 i navigatori genovesi scorrazzare nel misterioso Atlantico, per far soldi con i commerci nonché alla 

ricerca di una (quasi) certa via di comunicazione tra i due oceani. Un’impresa resa viepiù difficile per

 la concorrenza (oltre che dei Venexian, peraltro impegnati a oriente, laddove, comunque i Genovesi

 fecero loro grande concorrenza con ricchi fondaci financo sul mar Mero) dei navigatori portoghesi,

lazzarotto malocello nave medioevale 






che oltretutto, per dirla calcisticamente, giocavano in casa grazie alla gloriosa scuola di esplorazioni 

marittime creata a Sagres dal principe Enrico il Navigatore.
Appunto, le Canarie e Lazzarotto (o Lancellotto o Lanzarotus) Malocello (o, precisa Licata, Maroxello), una famiglia tra le più nobili di Genova ancorchè si tramandi che Lanzarotto nacque a Varazze (laddove una via del centro storico –precisa Alfonso Licata in un dèpliant dedicato all’impresa marittima- porta il suo nome). L’arcipelago il cui nome compare per la prima volta nel 1339 (Lanzarotto approdò nella “sua” isola nel 1312) in una carta di Angelino Dulcert laddove la terra più settentrionale è denominata “Insula de lanzarotus Marocellus”. Un gruppo di isole (originariamente abitate dai selvatici Guanci, ahiloro destinati a scomparire man mano che arrivavano genti a torto o a ragione dette ‘civili’) le cui vie marittime risultavano da tempo abbastanza trafficate, con quel viavai

 di navigatori alla ricerca della Via delle Indie. Tra questi, i fratelli Vadino

 e Ugolino Vivaldi, salpati da Genova nel 1291 e a lungo cercati senza successo (e con questa

 motivazione si spiega l’approdo di Lanzarotto alle Canarie).

Lanzarote, Vite coltivata nel terreno vulcanico
Lanzarote, Vite coltivata nel terreno vulcanico










Il libro di Alfonso Licata oltre che documentatissimo è estremamente valido, sia per saperne di più

 di un’epoca storica poco conosciuta, non a caso detta dei Secoli Bui, sia per la vasta platea dei suoi

 potenziali lettori comprendente gli appassionati di storia e geografia, di navigazione, non parliamo 

poi se liguri. Perché Colombo, fu, sì, il Navigatore per eccellenza, ma –soprattutto in terre rivierasche

- qualche altro eroe del mare non guasta mai. Eppoi, sono tante le patrie attribuite allo Scopritore del

 continente americano (e come se non bastasse Lisbona, più recentemente s’è aggiunto pure il 

Monferrato) mentre Lanzarotto Malocello è ligure 100% doc