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lunedì 17 luglio 2023

La concezione napoleonica della gestione strategica

 DIBATTITI

I principi dell’equilibrio nella flessibilità e variabilità

Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta

Introduzione

          Non vi è in realtà una formulazione originale dei principi strategici napoleonici, né un corpus dottrinale da lui elaborato, egli piuttosto perfezionò e applicò principi da altri creati si che la sua genialità si esplicò nelle modalità di attuazione e nella capacità di sviluppare e usare elementi altrui, la mancanza di una dottrina fu in parte dovuta dalla necessità di non svelare ad altri i principi della sua azione.

          Maestri ispiratori furono senz’altro in primis Federico II di Prussia  con le sue campagne contro Francesi, Austriaci e Russi codificate nelle famose “Istruzioni segrete” del 1748, ma anche Eugenio di Savoia, Turenne, Luxemburg, Maurizio di Sassonia oltre ai classici dell’antichità.

          Dal punto di vista teorico lesse e rilesse tra gli altri l’ “Essai General de taticque” e il “Defense du systéme de guerre moderne” entrambi di  Jacques Antoine Hyppolite, conte di Guibert, oltre ai “Principes de la guerre des montagnes” di Pierre de Bourcet, mentre per gli aspetti più tecnici della propria arma ebbe, in particolare ad Auxonne, la guida del barone Du Teil fratello del celebre cavaliere Jean du Teil, teorico dell’uso dell’artiglieria e discepolo di De Gribeauvael.

          Vi è in lui una notevole capacità organizzativa che si esplica sia in termini macro, con la completa visione d’insieme, che in termini micro, curando i vari particolari del quadro, in un continuo rimando coordinativo fra i vari piani.

          La caratteristica principale risulta pertanto l’illimitata flessibilità e variabilità sia dell’organizzazione che della concezione operativa.

  Caratteristiche

          Se la caratteristica principale risulta essere la flessibilità e la variabilità unite ad una concezione dinamica ed audace dell’azione ma non temeraria, secondo un freddo realismo delle forze in campo, punto centrale è la ricerca di un attento equilibrio di mezzi e risultati, di sforzi ed ostacoli nel tentativo di mantenere il proprio equilibrio spezzando l’equilibrio altrui, come giustamente osserva Lidell Hart.

          Nella programmazione vi è una attenta informazione e valutazione sulle forze contrapposte, ma il piano o meglio i vari piani così accuratamente preparati non costituiscono vincolo all’azione ma piuttosto mezzo o pietra di paragone per misurare tutti i successivi avvenimenti e possibilmente anticiparne le conseguenze.

          Vi è sempre un piano alternativo quale conseguenza della necessità di un piano poliedrico impostato secondo molteplici probabili sviluppi. Il caso per quanto previsto e limitato non può essere sottovalutato, circostanza che impone un continuo ripensamento dei vantaggi e svantaggi durante lo svolgersi dell’azione man mano che si presentano gli imprevisti, senza  per questo deviare dall’obiettivo finale.

          Il variare in corso d’azione dell’organizzazione della macchina bellica in un’apparente caos in realtà viene a confondere le osservazioni avversarie, in quanto l’unità di comando è sempre mantenuta e le varie unità rimangono comunque tra loro a distanza utile, pronte al concentramento nonostante un’apparente dispersione. Elemento essenziale di tale tecnica operativa è la rapidità di esecuzione quale complemento alla velocità e mobilità imposte dall’inizio alla fine alle operazioni, velocità che può trasformare un imminente pericolo in un successo.

          Tre i fattori che permettono una tale stupenda dimostrazione di efficienza:

 

·       L’autodisciplina e la relativa indipendenza operativa del sistema francese;

·       La leggerezza delle singole unità, fornite della caratteristica divisionale di un forte autosostentamento;

·       Il ferreo controllo dell’insieme.

 

Vitale risulta l’accurato rapporto fra tempo e distanza, scegliendo i percorsi più facilmente praticabili in una autentica “economia dello sforzo” al fine di ridurre il logorio delle unità.

Questa adattabilità e mobilità strategica confluiscono, verso un graduale concentramento, si che il decentramento o dispersione apparente favorisce in realtà la manovra e il combattimento secondo precisi ordini con la conseguente sorpresa e demoralizzazione avversaria.

Viene riconosciuta l’importanza sia del morale che dell’unità di comando in una influenza reciproca, deve tuttavia ammettersi che la crescita organizzativa mediante incorporazione, come avvenne nella “Grande Armée”, può condurre all’indebolimento dell’unità morale e di manovra.

Fondamentale per ottenere  una obbedienza economica sono l’attaccamento ed il rispetto dei subordinati verso la dirigenza, la quale d’altra parte deve essere fondata sulla perseveranza e il coraggio dell’azione dei superiori, costante la prima nel tempo circostanziata in precisi momenti la seconda.

Il sistema premiante deve essere accuratamente ordinato per gradi e favorire l’atmosfera collaborativa fra i vari livelli secondo una precisa e controllata trasparente lealtà riconosciuta in tutta l’organizzazione, inoltre deve essere favorito il feedback tra la base e il vertice con precise testimonianze sui risultati delle richieste avanzate e degli interventi effettuati.

E’stata più volte sottolineata l’apparente ambiguità dell’unità di comando in presenza di un forte decentramento operativo, ma il contrasto è più apparente che reale, come già sopra chiarito, se solo si consideri la necessità della dispersione in presenza di repentini aggiustamenti prima dello scontro.

Infine deve richiamarsi l’attenzione sull’individuazione dell’esatto obiettivo comune da perseguire e quindi della parallela necessità di una unica linea di azione evitando, per quanto possibile, un inutile dispersione di uomini e risorse.

 

Riflessi attuali

Luttwak  parla di rischio organizzativo proprio nel momento in cui aumentano la segretezza, le unità in gioco e la complessità delle manovre poste in atto, tale rischio deriva dall’attrito che ostacola il funzionamento di qualsiasi organizzazione, tanto più se complessa. Il concetto di attrito era stato già rilevato dal Clausewitz quando, nel raccomandare di non semplificare eccessivamente, osservava le difficoltà che si accumulano e si producono nel loro complesso durante l’azione.

La ricerca della sorpresa derivante dalla scelta paradossale, al fine di ottenere un vantaggio competitivo, ha comunque un proprio costo che si manifesta nella perdita di forze e nel possibile aumento del rischio di confusione nell’organizzazione, a cui solo una maggiore preparazione ed una più efficiente comunicazione, quale impalcatura di un saldo controllo direzionale, può mettere rimedio. Dobbiamo tenere presente che ciò che è paradossale col tempo diventa prevedibile, mentre il prevedibile può essere al contrario imprevedibile se a lungo non applicato.

Ciò che è logico con il tempo diventa illogico, evolvendo nel suo opposto, tranne che non intervengano mutamenti esogeni nelle condizioni dei partecipanti, si che non vi è di peggio della baldanza derivante dal successo che può trasformare questi nelle premesse di un disastro.

Si recupera un concetto di flessibilità e manovrabilità non rigido, quale fosse un canone, ma adattabile sia nell’imprevisto quanto in termini programmatori del passaggio da logica a illogica, interviene in questo l’importanza mai sufficientemente ricordata della gestione dei canali di comunicazione in rapporto ad un saldo controllo dell’insieme, in cui il decentramento non è premessa di disarticolazione ma adattabilità e velocità di manovra.

Dobbiamo considerare che ciò che in apparenza può sembrare un’azione definitiva e sistematicamente cumulativa a cascata di successi, può produrre in realtà reazioni che non solo la disattivino ma addirittura siano strategicamente controproducenti.

Peraltro anche le innovazioni tecniche non sono di per sé sinonimo di successo se non adeguatamente supportate e metabolizzate dall’organizzazione che dovrà utilizzarle, magari superando vecchi schemi che tenderanno a ridurne l’impatto sia per mancanza di fantasia che per difesa dei ruoli acquisiti.

Von Clausewitz richiama nella sua opera l’importanza della forza d’animo e dell’orgoglio quali elementi che forgiando il carattere del singolo e dell’organizzazione nell’insieme possano creare una cultura che conduca alla fermezza e costanza, senza peraltro precipitare verso la testardaggine.

Si parla oggi giorno di vantaggi chiave e della creazione di informazioni organizzative adattabili alla strategia,  superando eventuali blocchi di sistema. Si pone inoltre attenzione alla dispersione dell’attenzione dirigenziale nella gestione della quotidianità che, facendo perdere il contatto con la cultura dell’organizzazione, impedisca il concentrarsi sulla formazione di una salda cultura organizzativa diffusa, diretta verso i fini strategici.

Altro elemento è la riconosciuta difficoltà di una equilibrata e complementare crescita organica, che permetta di allineare in modo efficiente su un unico obiettivo organizzativo risorse e uomini.

Comunque concludendo quello che emerge è la necessità che una adattabilità e flessibilità organizzativa non si trasformi in disarticolazione e sfiducia nel sistema, per mancata chiarezza di mezzi ed obiettivi, a seguito della perdita della capacità comunicativa e di coordinamento.

 

 

Bibliografia

 

·       D. G. Chandler, Le campagne di Napoleone, Milano 1972 ;

·       B. H. Liddell Hart, The Strategy of the Indirect Approach, Londra 1954;

·       E. N. Luttwark, Strategia. Le logiche della guerra e della pace nel confronta tra le grandi potenze, Milano 1989;

·       K. Von Clausewitz,Pensieri sulla guerra, Milano 1970;

 

 

 

 


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