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venerdì 26 agosto 2022

Il Papa a Mosca?

 DIBATTITI

SCONTRO TRA MOSCA ED UCRAINA. NESSUN PAPA ROMANO E STATO MAI A MOSCA.

IL DESIDERIO DI PAPA FRANCESCO DI ANDARE A KIEV

 

Continuando il tema dello scontro tra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa, nel quadro della guerra in corso tra Russia ed Ucraina, un eventuale viaggio del papa romano a Kiev sicuramente aggraverebbe il quadro politico-strategio della guerra in Ucraina ed allontanerebbe ogni prospettiva di cessate il fuoco a breve termine.

In questa nota esamineremo le ragioni per cui il beato Giovanni Paolo II non è potuto andare a Mosca, quando la situazione internazionale era quanto mai favorevole e le relazioni tra la Russia ed il mondo occidentale più che buone.

All’inizio di questo secolo l’atteso incontro tra il beato Giovanni Paolo II ed il patriarca di Mosca, Alessio II, poteva rappresentare un eventi ecumenico di portata storica. Fino alla prima decade di giugno tutto sembrava convergere verso una effettiva realizzazione del progetto; fin nei minimi particolari erano stati definiti luogo, data e modalità dell’incontro, che si sarebbe dovuto svolgere il 21 giugno 1997 presso l’antica Abbazia cistercense di Heiligenkreuz vicino a Vienna. Nella storia del Cristianesimo quello sarebbe stato il primo incontro tra il Romano pontefice ed il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. L’11 giugno 1997 le agenzie di stampa di tutto il mondo lanciarono improvvisamente la notizia secondo cui il Santo Sino del Patriarcato russo “all’unanimità” aveva deliberato di “annullare” l’incontro programmato.

Ad aggravare il clima giungeva poi la notizia che il Parlamento russi avesse approvato  una legge sulla “libertà di coscienza e le associazioni religiose. la quale riconosceva come “religiosi tradizionali” soltanto quattro confessioni religiose: l’ortodossia, l’ebraismo, l’islam ed il buddismo. Di conseguenza veniva operata una pesante discriminazione verso le altre religioni. Di conseguenza veniva operata una pesante discriminazione verso le altre religioni, ad iniziare da quella Cattolica Romana, equiparata praticamente ad una setta. Ciò che più ha lasciato disorientati è stata la sconcertante coincidenza fra Patriarcato e Duma, in particolare l’atteggiamento quantomeno singolare sul concetto di libertà religiosa. In questo contesto sono risuonate piuttosto dure le parole che il Patriarca di Mosca ha pronunciato a Graz durante una conferenza stampa con i giornalisti: egli accusava  la Chiesa Cattolica Roma, e indirettamente l’Occidente, di aver inviato in Russia “in modo massiccio missionari” che si sarebbero lanciati in un “proselitismo sfrenato” operando  “una vera e propria invasione”, “Una aggressione spirituale”  al fine di convertire “credenti battezzati ortodossi e radicati storicamente  all’ortodossia”. Firno parole durissime che rilevavano come la Chiesa Ortodfossa russa nutriva ancora forti timori, che evidentemente non erano mai sopiti, di invasione e proselitismo a tutto campo nei confronti della Chiesa Romana. Si ebbe al riguardo  la cponsapevolezza di un vero e proprio risentimento e quindi occorreva andare ad analizzare quelli che sia tradizionalmente sia quelli in prospettiva futura hanno ingluisto non solo sul fallimento dell’incontro del 1997 in Austria ma anche gli ostacoli che ancora si frappongono ad ogni possibilità di intesa tra le due Chiese.

In sostanza i motivi del fallimento dell’incontro del 1997 si possono racchiudere in una frase: i provlemi dell’Ucraina.

La proposta di un incontro con il Papa in un monastero nei pressi di Vienna era stata avanzata dal Patriarcato di Mosca già nelle conversazioni bilaterali con la Santa Sede nel settembre 1996. Lo stesso Patriarcato aveva ribadito a fine gennaio 1997 l’orientamento di Alessio II verso tale ipotesi, indicando anche le date, 21 o 22 giugno,. Fin dall’inizio si era pensato di predisporre una dichiarazione comune in occasione dell’incontro. Una bozza di tale documento era stata esaminata nei giorni 7-8 maggio 1997 a Cassano delle Murge (Bari) vicino al luogo dove sono conservatel e reliquie di San Nicola, detto il Traumaturgo, arcivescovo di Mira. La scelta delle date per questa Commissione di studio non fu casuale: infatti nei giorni 7-8 giugno festeggia solennemente la traslazione delle reliquie di San Nicola. Santo popolarissimo in Oriente come in Occidente, dalla città di Mira, in Licia (attualmente in Turchia) a Bari. Le due delegazioni avevano emesso un comunicato-stampa dell’incontro di Bari nel corso del quale avevano enunciate alcune situazioni difficili pere le quali gli Ortodossi ritenevano di essere vittime in Ucraina: queste rappresentavano gli stessi argomenti ai quali il Sinodo russo fa riferimento nel proprio comunicato di giugno per motivare l’annullamento dell’incontro tra il Patriarca russo Alessio IIe Papa Giovanni II. In questa regione, l’Ucraina, è forte la presenza della Chiesa greco-latina, i cui fedeli sono detti anche “uniati”, termine usato in maniera spregiativa in quanto essi sono stati i primi ortodossi ad unisirsi alla Chiesa di Roma, nell’anno 1596. Essi seguono il rito bizantino e sono in pinea comunione con il Papa. L’unione con la sede apostolica di questa parte della cristianità orientale fu voluta dai vescovi della Metropolia della Ras’di Kiev, i quali nel compiere quel passo si riferiscono esplicitamente alle decisioni del Concilio di Firenze del 6 luglio 1439, ossia ad un concilio che aveva la partecipazione diretta fra gli altri dei rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli. In effetti la storia della Chiesa in Ucraina si è svolta tra persecuzioni e fioritura. Nel secolo XX il dramma ha toccato il suo apice, in quanto la Chiesa greco-cattolica è stata soppressa da Stalin, al tempo della URSS. Già nel marzo del 1946 il Governo sovietico aveva decretato l’unione della Chiesa greco-cattolica al Patriarcato di Mosca. Tutti i beni e le istituzioni dei cattolici vennero incamerati dalla Chiesa Ortodossa.

Ai sacerdoti cattolici fu Imposta la scelta tra l'adesione allo scisma o la deportazione. Negli anni ‘20 e ‘30 anche la comunità ortodossa in Ucraina è stata travagliata da una serie di lacerazioni interne tra spinte nazionalistiche ed autocefale e fedeltà all'Unione con la Chiesa di Mosca. Dopo la caduta del comunismo la chiesa Greco Cattolica è uscita dalla clandestinità ed è risorta dalle sue ceneri. Finora, però, solo una parte dei suoi beni espropriati in quel periodo sono stati restituiti.

Questo breve cenno storico era necessario per comprendere meglio le istante concrete che furono avanzate già nel testo del comunicato stampa redatto a Bari. In quell’occasione la delegazione del patriarcato di Mosca chiese che la Santa Sede intervenisse per risolvere  due questioni importanti  concernenti edifici contesi fra le due Chiese nelle ciottà di Ivano-Frankivsk  e Lviv, la cui soluzione avrebbe potuto giovare non poco  nell’imminenza  del previsto incontro  del giugno 1997 tra il Santo Padre  ed Alessio II.

Anche questo aspetto economico-risarcitorio non ebbe felice soluzione; le ragioni e le modalità di questa ulteriore mancata intesa e la sua ricostruzione la proporremo con la prossima nota.   (continua)


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