DIBATTITI
MASSIMO COLTRINARI
Volodya, come i Russi di una certa importanza e lignaggio chiamano
nelle loro conversazioni riservate ed intime, Vladimir Putin, nel loro giudizi0
era e rimane un uomo mediocre. E come tutti i mediocri che riescono ad arrivare
a gestire un potere immenso, incontrollato, ed illimitato per via della
mediocrità generale (come i vari Mussolini, Hitler, Stalin, questo era
detestato perfino da Lenin) sono padroni duri e spietati. Volodya ha tessuto la
sua rete e chi ci è cascato, siano politici (chi non ricordo la frase “ il mio
amico Putin”), industriali, diplomatici, militari, preti e via dicendo, non
hanno scampo: o eseguono le direttive, o meglio gli ordini, che lui emana
oppure sono destinati ad una triste fine, sia essa politica, economica,
finanziaria, e perfino fisica (il veleno non
è disdegnato da Volodya); molti di questi accalappiati vivono nel
terrore di perdere tutto o ancora non hanno altra scelta che inseguire le
promesse a cui avevano creduto nel passato. Ma oggi ogni nodo sta venendo al
pettine; sono finite le “happy hours” e i conti si devono saldare.
Volodya non ammette critiche. Quella che è la sua ultima versione
dei fatti è quella vera e definitiva e va accettata senza riserve. Le espressioni
“bombardamento di Charkiv”, “fuoco d’artiglieria su Kiev e su Odessa” che tutti
i russi della mia generazione e quelle successive hanno conosciuto fin
dall’infanzia nel secondo dopoguerra dai libri e dai film sulla Germania
Nazista “sono tornate ad imporsi in un contesto completamente diverso. La
Grande Guerra Patriottica è scomparsa. La serie di cliché sovietici con i quali
siamo cresciti, da manuale, come “pace
nel mondo”, “no alla guerra”, “la colomba di Picasso” e la straziante cronaca
del ritorno dei soldati alla stazione Belorusskij, sono diventati a Mosca e in
tutta la Russia un atto sovversivo, antipatriottico.”[1]
Volodya non li tollera. Come i suoi predecessori mediocri, Volodya percorre gli
stessi sentieri propagandistici, sperando che tutti credano a quello che dice.
Nell’ottobre 1941, dopo tre mesi di guerra, ed aver fatto 5 milioni di
prigionieri, e conquistato 2/3 della Russia europea, i Tedeschi comunicarono al
mondo che la guerra alla URSS era sostanzialmente vinta, che l’Armata Rossa non
esisteva più ed erano in corso le operazioni finali di annientamento delle
ultime sacche minori di resistenza. Tutti sappiamo come è andata a finire.
Venerdì 17 giugno 2022 a San Pietroburgo in un discorso di 72 minuti e due ore
di dibattito “libero e democratico” pilotato dai suoi uomini e donne, Volodya
ha imitato il suo omonimo mediocre Hitler nel discorso del 18 luglio 1940 al
Palazzo dello Sport di Berlino. Uno diceva, L’UE non ha futuro e presto
scomparirà, l’altro affermava che offriva la pace alla Gran Bretagna “che era
rimasta sola” e non aveva futuro. Senza andare a paragoni ulteriori tristemente
noti, il nostro Volodya ha snocciolato gli stessi criteri: “vince chi sta con
noi”, “le sanzioni fanno male a voi”, “l’economia russa è più florida più che
mai”, “morirete di fame senza il gas russo”, “la Cina è con noi”, “una ondata
migratoria dall’Africa di travolgerà”, tutte frasi accolte, come a Berlino, da
un deliro di applausi, risate di scherno e motti da una platea di orientati,
folgorati dalla parola del “Capo”.
IL discorso è per l’interno ma sono anche ordini per coloro
che sono sulla lista paga all’estero, i suddetti politici, industriali,
economisti ecc. Il disegno di Volodya è
chiaro: utilizzando i sistemi delle democrazie occidentali, spargere a piene
mani il verbo della propaganda volodyana, per creare paura e panico, fiaccare
ogni resistenza psichica, impossessarsi dei messi di comunicazioni di massa
“detti liberi” ma anche statali se possibile e creare conflittualità e
incertezza. Convincere tutti di stare dalla parte del vincitore, per stare
dalla parte giusta quando l’Europa sarà disintegrata, la Nato a pezzi, gli
Stati Uniti versione trumpiana, umiliati, e l’Italia un paese in delirio di
odio e contrapposizioni come la Siria o la Georgia. Parole chiave di queste
azioni sono slogan come “ Putin è da comprendere”, “Putin è stato provocato”,
“non più armi all’Ucraina”, “fuori l’Italia dalla Nato”. Quello che sorprende è
che non si evochi il Patto di Monaco del 1 settembre 1939 quando davanti ad
Hitler ed al nostro Benito, che se ne assunse pomposamente tutto il merito dell’effimero
successo, le democrazie occidentali accolsero tutte le richieste di Berlino
smembrando la Cecoslovacchia in nome della pace. Hitler promise al mondo che le
sue richieste erano terminate. Nel marzo 1939 occupò Praga ed il resto della
Cecoslovacchia, e poi rivendicò Danzica. Un anno dopo scoppiava, proprio per
via di Monaco, la II Guerra Mondiale. Molti sognano un’altra Monaco, per la
pace con Putin. E la giostra ricomincerebbe un altro giro.
L’Italia è uno dei prossimi obiettivi di Putin. I motivi sono
sotto gli occhi di tutti. È il paese in Europa più debole; ha fragilità intrinseche
(debito estero smisurato, dipendenza strategica dall’estero, ecc.) e del resto
siamo stati sempre il ventre molle di qualsiasi coalizione. Ma vi è una ragione
ulteriore forse la più importante. È la sede della Chiesa di Roma, che a Mosca
è considerato il peggiore dei mali. Quando i preti litigano, il gioco diventa
durissimo e nessuno sul pianeta sa manovrare come loro i mediocri di tutto il
mondo. Nelle prossime note cercheremo di capire qualche cosa di più dei roventi
rapporti, negli ultimi cinquanta anni, tra la Chiesa Cattolica Apostolica Romana
e la Chiesa Ortodossa Russa, che è il “frame work” di tutta l’azione putiniana
degli ultimi dieci anni. (Continua)
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