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lunedì 8 agosto 2022

Volodya e la sua propaganda. Un film già visto.

 DIBATTITI


MASSIMO COLTRINARI

 


Volodya, come i Russi di una certa importanza e lignaggio chiamano nelle loro conversazioni riservate ed intime, Vladimir Putin, nel loro giudizi0 era e rimane un uomo mediocre. E come tutti i mediocri che riescono ad arrivare a gestire un potere immenso, incontrollato, ed illimitato per via della mediocrità generale (come i vari Mussolini, Hitler, Stalin, questo era detestato perfino da Lenin) sono padroni duri e spietati. Volodya ha tessuto la sua rete e chi ci è cascato, siano politici (chi non ricordo la frase “ il mio amico Putin”), industriali, diplomatici, militari, preti e via dicendo, non hanno scampo: o eseguono le direttive, o meglio gli ordini, che lui emana oppure sono destinati ad una triste fine, sia essa politica, economica, finanziaria, e perfino fisica (il veleno non  è disdegnato da Volodya); molti di questi accalappiati vivono nel terrore di perdere tutto o ancora non hanno altra scelta che inseguire le promesse a cui avevano creduto nel passato. Ma oggi ogni nodo sta venendo al pettine; sono finite le “happy hours” e i conti si devono saldare.

Volodya non ammette critiche. Quella che è la sua ultima versione dei fatti è quella vera e definitiva e va accettata senza riserve. Le espressioni “bombardamento di Charkiv”, “fuoco d’artiglieria su Kiev e su Odessa” che tutti i russi della mia generazione e quelle successive hanno conosciuto fin dall’infanzia nel secondo dopoguerra dai libri e dai film sulla Germania Nazista “sono tornate ad imporsi in un contesto completamente diverso. La Grande Guerra Patriottica è scomparsa. La serie di cliché sovietici con i quali siamo cresciti, da manuale,  come “pace nel mondo”, “no alla guerra”, “la colomba di Picasso” e la straziante cronaca del ritorno dei soldati alla stazione Belorusskij, sono diventati a Mosca e in tutta la Russia un atto sovversivo, antipatriottico.”[1] Volodya non li tollera. Come i suoi predecessori mediocri, Volodya percorre gli stessi sentieri propagandistici, sperando che tutti credano a quello che dice. Nell’ottobre 1941, dopo tre mesi di guerra, ed aver fatto 5 milioni di prigionieri, e conquistato 2/3 della Russia europea, i Tedeschi comunicarono al mondo che la guerra alla URSS era sostanzialmente vinta, che l’Armata Rossa non esisteva più ed erano in corso le operazioni finali di annientamento delle ultime sacche minori di resistenza. Tutti sappiamo come è andata a finire. Venerdì 17 giugno 2022 a San Pietroburgo in un discorso di 72 minuti e due ore di dibattito “libero e democratico” pilotato dai suoi uomini e donne, Volodya ha imitato il suo omonimo mediocre Hitler nel discorso del 18 luglio 1940 al Palazzo dello Sport di Berlino. Uno diceva, L’UE non ha futuro e presto scomparirà, l’altro affermava che offriva la pace alla Gran Bretagna “che era rimasta sola” e non aveva futuro. Senza andare a paragoni ulteriori tristemente noti, il nostro Volodya ha snocciolato gli stessi criteri: “vince chi sta con noi”, “le sanzioni fanno male a voi”, “l’economia russa è più florida più che mai”, “morirete di fame senza il gas russo”, “la Cina è con noi”, “una ondata migratoria dall’Africa di travolgerà”, tutte frasi accolte, come a Berlino, da un deliro di applausi, risate di scherno e motti da una platea di orientati, folgorati dalla parola del “Capo”.

IL discorso è per l’interno ma sono anche ordini per coloro che sono sulla lista paga all’estero, i suddetti politici, industriali, economisti ecc. Il disegno di Volodya  è chiaro: utilizzando i sistemi delle democrazie occidentali, spargere a piene mani il verbo della propaganda volodyana, per creare paura e panico, fiaccare ogni resistenza psichica, impossessarsi dei messi di comunicazioni di massa “detti liberi” ma anche statali se possibile e creare conflittualità e incertezza. Convincere tutti di stare dalla parte del vincitore, per stare dalla parte giusta quando l’Europa sarà disintegrata, la Nato a pezzi, gli Stati Uniti versione trumpiana, umiliati, e l’Italia un paese in delirio di odio e contrapposizioni come la Siria o la Georgia. Parole chiave di queste azioni sono slogan come “ Putin è da comprendere”, “Putin è stato provocato”, “non più armi all’Ucraina”, “fuori l’Italia dalla Nato”. Quello che sorprende è che non si evochi il Patto di Monaco del 1 settembre 1939 quando davanti ad Hitler ed al nostro Benito, che se ne assunse pomposamente tutto il merito dell’effimero successo, le democrazie occidentali accolsero tutte le richieste di Berlino smembrando la Cecoslovacchia in nome della pace. Hitler promise al mondo che le sue richieste erano terminate. Nel marzo 1939 occupò Praga ed il resto della Cecoslovacchia, e poi rivendicò Danzica. Un anno dopo scoppiava, proprio per via di Monaco, la II Guerra Mondiale. Molti sognano un’altra Monaco, per la pace con Putin. E la giostra ricomincerebbe un altro giro.

L’Italia è uno dei prossimi obiettivi di Putin. I motivi sono sotto gli occhi di tutti. È il paese in Europa più debole; ha fragilità intrinseche (debito estero smisurato, dipendenza strategica dall’estero, ecc.) e del resto siamo stati sempre il ventre molle di qualsiasi coalizione. Ma vi è una ragione ulteriore forse la più importante. È la sede della Chiesa di Roma, che a Mosca è considerato il peggiore dei mali. Quando i preti litigano, il gioco diventa durissimo e nessuno sul pianeta sa manovrare come loro i mediocri di tutto il mondo. Nelle prossime note cercheremo di capire qualche cosa di più dei roventi rapporti, negli ultimi cinquanta anni, tra la Chiesa Cattolica Apostolica Romana e la Chiesa Ortodossa Russa, che è il “frame work” di tutta l’azione putiniana degli ultimi dieci anni. (Continua)



[1] Sergej Gandlevskij, “Putin ha tradito il suo popolo”, in Robinson, 18 giugno 2022, pag. 29


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