DIBATTITI
MASSIMO COLTRINARI
SCONTRO TRA MOSCA ED UCRAINA. IL
RUOLO DELLA CHIESA ORTODOSSA. LA PAURA DEL PROSELITISMO.
Continuando il tema dello scontro tra Chiesa Cattolica e
Chiesa Ortodossa, altre parole devono essere dette in merito al dissidio
principale che le divide: il principio di “territorio canonico”. Si era detto
nella nota scorsa che la prima non lo riconosce, e si sente libera di operare
su di esso, mentre la seconda ne fa un baluardo della propria esistenza, non
ammettendo ingerenze di sorta. Le interpretazioni su questo principio
determinano sul piano politico, per i cittadini, il versante tra democrazia e
libertà e dittatura ed imposizione.
La Chiesa Cattolica è organizzata su base territoriale, se si
prescinde da istituzioni personali quali Ordini religiosi, le prelature
personali, la pastorale di varia natura, tra cui quella per le Forze Armate. Al
suo interno vale la regola che un Vescovo non deve interferire negli affari
esterni della sua Diocesi. Tuttavia la Chiesa cattolica è una Chiesa universale,
a cui è affidato un compito universale. Anche la Chiesa ortodossa disegna se
stessa come una Chiesa, Una, Santa ed Apostolica, che ha una natura universale
al di là delle razze, delle lingue, e delle distinzioni sociali. Al tempo
stesso però non rinuncia al suo ruolo di “Chiesa particolare” nel senso di
“Chiese nazionali autoacefale”. Queste Chiese nazionali autoacefale posseggono
un loro territorio che resta circoscritto entro i confini della nazione e che
diviene spesso oggetto di contestazione soprattutto quando si verificano
capovolgimenti politici. In questo radicarsi nella propria nazione e nella
propria cultura sta la loro forza, ma, come ammettono diversi teologi
ortodossi, ciò costituisce al tempo stesso la loro debolezza del mondo ortodosso,
e spesso è motivo di tensione tra le varie Chiese ortodosse. Nonostante tutte
queste tensioni le Chiese ortodosse autoacefale sono legate da vincoli di comunione
spirituale e sacramentale. Perciò una
Chiesa autoacefala non avverte la necessita di esercitare una qualche attività
nell’ambito di un'altra Chiesa e di istituire, all’interno di questa ultima,
una gerarchia propria. Ogni Chiesa autocefala ha il dovere di rispettare
l’integrità territoriale delle altre: esse sono infatti legate tra loro da un rapporto
di piena comunione ma questa relazione non sussiste tra le Chiese non
ortodosse.
Questo vale non solo nei confronti della Chiesa cattolica ma
anche delle antiche Chiese orientali. Per questo motivo a Gerusalemme e Costantinopoli
c’è non solo un Patriarca greco-orotdosso ma anche un Patriarca siro-ortodosso,
uno malchita, ed uno maronita. Le Chiese ortodosse è evidente, non sono ancora
riuscite a trovare una soluzione a questo problema, nonostante da tempo esse
sia all’ordine del giorno del Concilio pan-ortodosso.
Nel tempo il problema della rivendicazione del principio del “territorio
canonico” ha avuto picchi di radicalizzazione che hanno conosciuto il loro acme
l’11 febbraio 2002 quando dalla prima pagina dell’Osservatore Romano” la Santa
Sede (Roma) ha reso noto che, per finalità pastorali, elevava al grado di
diocesi le quattro amministrazioni apostoliche della Chiesa cattolica già
esistenti nell’immenso territorio russo. Nella sostanza, rispetto alla
struttura precedente non cambiava nulla: si era soltanto passati
dall’organizzazione provvisoria e straordinaria propria dell’amministrazione
apostolica a quella ordinaria, richiesta dalle esigenze di una migliore
assistenza pastorale e di una più adeguata cura dei fedeli. Il cambiamento,
dunque, è stato puramente formale, non sostanziale. Di questo cambiamento
vennero regolarmente informati a Mosca sia la Chiesa ortodossa che il Ministero degli Esteri della Federazione
russa.
Immediatamente però ci furono le reazioni negative del
Patriarcato della Chiesa ortodossa russa. Alessio II, allora Patriarca a Mosca,
e del Santo Sinodo della stessa chiesa. Costoro hanno giudica la decisione
vaticana un “atto non amichevole” , “un serio ostacolo allo sviluppo del
dialogo tra Chiesa ortodossa e Chiesa
cattolica”. Il Patriarcato di Mosca rinnovando contro i cattolici le accuse di
proselitismo e rivendicando per se l’esclusività della giurisdizione ecclesiale
sul territorio canonico della Russia.
Ma perché, ci si chiese allora ed anche adesso, la Santa Sede
sempre così cauta e prudente nelle sue decisioni, ha optato per un cambio
formale della sua presenza nella Federazione Russa nonostante potesse prevedere
il non gradimento di Mosca? La risposta va cercata nel contesto storico del
tempo e pertanto appare necessario tenere presente la documentazione che ha
accompagnato l’annuncio vaticano dell’11 febbraio 2002, ma in sostanza si
reputò giunto il momento in relazione alla “debolezza” sia della Chiesa
ortodossa che dello Stato russo.
La Provincia ecclesiastica
della Chiesa Cattolica in Russia
IL comunicato della Chiesa cattolica appena ricordato parte
dalla creazione di “una regolare provincia ecclesiastica” della Federazione
Russa. Secondo il diritto canonico , la provincia ecclesiastica è una aggregazione
di diocesi vicine e viene costituita per promuovere una azione pastorale comune
e favorire in modo più adeguato le relazioni tra i vescovi diocesani. La Provincia ecclesiastica è presieduta da un
Metropolita , ossia l’arcivescovo della diocesi, e la sua carica è legata alla
cattedra episcopale, determinata dal Sommo Pontefice. Quella delle provincie ecclesiastiche
è l’organizzazione normale della Chiesa cattolica di tutto il mondo, in
Occidente come in Oriente. Milano, Madrid, Tokyo, Praga, Waschington, Buenos
Aries, sono soltanto alcune delle moltissime sedi metropolitane cattoliche nel mondo. Anche nei attuali territori
ex-sovietici vi sono provincie ecclesiastiche con la relativa metropoli: Kiev,
Leopoli, Riga. Ecc.
Le quattro diocesi erette in Russia dall’autorità suprema
della Chiesa cattolica sono le seguenti:
L’arcidiocesi della Madre di Dio, a Mosca;
La diocesi di San Clemente a Saratov
La diocesi della Transfigurazione a Novosibirsk;
La diocesi di San Giuseppe a Irkutsk.
E’ importante notare come le quattro amministrazioni
apostoliche fossero già istituite negli anni 1990-1991. Le “ragioni speciali e
particolarmente gravi” che avevano
condotto la Santa sede a erigere nel decennio precedente le quattro
amministrazioni apostoliche derivano, ovviamente, dalla nuova situazione
politica e sociale creatasi in Russia dopo la caduta del comunismo, con la fine
della persecuzione dei credenti e la rinnovata libertà di culto. Di fatto
quindi, con la creazione delle quattro diocesi cattoliche nella Federazione
russa, non vennero introdotte nuove strutture ecclesiali, furono bensì ripristinate
quelle già preesistenti il regime sovietico, dando loro una configurazione
rispondente alle esigenze pastorali attuali e quindi alla domanda degli oltre
1.300.00 cattolici (tanto si stima siano presenti oggi in Russia, stima quanto
mai approssimata) che la Chiesa Cattolica , come ogni comunità cristiana, sente
il dovere primario di aver cura spirituale, nonché l’obbligo missionario
derivante dal comando del Signore dato ai suoi discepoli: andate dunque e
ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre del Figlio e
dello Spirto Santo (versione cattolica). Tale annuncio missionario fatto a
persone atee e non aderenti ad alcuna religione o Chiesa, e tutt’altra cosa che
proselitismo! (sempre secondo la versione di Roma). Il testo che accompagna
l’istituzione della diocesi cattoliche in Russia, mirando anche a tranquillizzare
la Gerarchia ortodossa russa da una temuta concorrenza cattolica dei fedeli,.
Peraltro l’istituzione di una provincia ecclesiastica non può
in alcun modo essere considerata come la creazione di una struttura cattolica
nuova, parallela alla Chiesa ortodossa russa: non viene infatti istituito un
Metropolita di Mosca, ma un Metropolita a Mosca. Infatti il titolo episcopale
dei quattro vescovi cattolici non deriva il proprio nome dalla città, ma dalla
chiesa cattedrale, propria di ogni diocesi. In ogni caso i cattolici presenti
in Russia, pur essendo appena lì1% della popolazione sono anche cittadini russi
e non stranieri. Come tali vivono e pensano in un clima religioso che ammette
principi che lo Stato Russo nega, pertanto il problema si sposta
automaticamente dal piano religioso a quello politico.
E’ evidente che tutta l’azione condotta da Roma nasce dall’azione
del Papa polacco, Giovanni Paolo II, a cui tutti al mondo riconoscono un ruolo
non marginale nel crollo della URSS. La istituzione delle diocesi nel 1990-1991
è vista a Mosca, sia sponda laica che sponda religiosa, come un atto susseguente
al crollo della URSS, dovuto alla
debolezza intrinseca dello Stato russo e quanto fatto dieci anni dopo un
rafforzamento di quella iniziativa. Putin prese il potere definitivo nel 31
dicembre 1999 e nel corso degli anni, come tutta la intellighenzia putiniana,
imputa anche all’azione di Roma una azione concorrente alla distruzione della
URSS. Pertanto il ravvicinamento e l’alleanza del potere politico e laico con la Chiesa Ortodossa
era “in re ipsa”, entrambi uniti per
difendersi dalla penetrazione occidentale. Tutti avevano di fronte l’essenza
del problema che li attanagliava, che era ed è il problema reale: la paura del
proselitismo, premessa all’assorbimento e liquefazione del mondo
russo-ortodosso nel mondo cattolico-occidentale. Questa paura spiega che il
principio del territorio canonico correttamente inteso non giustifica la dura
reazione di Mosca. Di questa paura tratteremo nella prossima nota. (continua)
Nessun commento:
Posta un commento