I tedeschi nel
1944, su input dell’infaticabile ministero della propaganda, Goebbels, avevano
aderito in massa a portare la guerra al limite estremo. Fu la scelta della
guerra totale, quella che per molti storici è stata definita “l’ora
dell’idiozia”, che va ascritta ad un popolo che non ha la forza e la capacità
di fermarsi e cambiare nel momento in cui appare quanto mai evidente che ogni
sforzo ed ogni sacrificio non solo è vano, ma anche inutile. Sulla scia di
questa scelta tra i tanti decreti e disposizioni occorre citare il
“Katastrophenerlass”, ovvero il “Decreto in caso di catastrofi”.
Scrive Gerhard
Scriber:
“Detto decreto trae origine dall’estate 1943.
Nel corso dei violenti bombardamenti subiti dalla città di Amburgo il “Hohere
SS- un Polizeifuhrer, la più alta autorità delle SS e della polizia, aveva
ordinato di propria iniziativa di fucilare
“senza sottoporli ad un qualsiasi giudizio, dei saccheggiatori stranieri
colti sul fatto”. Himmler approvò questa procedura a posteriori dandone
comunicazione a quanto pare con una circolare a tutti gli Hohere ss-un
Polizizeifuhrer. E nell’autunno del 1943 lo stesso Himmler decise di sostituire
detta circolare con un decreto speciale per attribuire un “sicuro fondamento
giuridico” a quelle condizioni che si sarebbero dovute d’ora in avanti
applicare a casi simili. Non si deve infatti ignorare che nel corso e in
seguito ai succitati bombardamenti, detenuti evasi dal carcere ed elementi
stranieri avevano saccheggiato la città anseatica commettendo gravissimi
crimini. Come “Geheime Reichssache (documento segretissimo di interesse del
Reich) questo decreto doveva essere “portato a conoscenza di tutti gli uffici
esecutivi interessati.” Le autorità del Reich non pubblicarono mai in forma
ufficiale detto Katastrophenerlass, ma anche dopo il 1945 alcuni giuristi hanno
sostenuto che malgrado ciò il decreto fu giuridicamente vincolante.”[1]
[1]
Schreiber G., Gli Italiani internati nei
campi di concentramento del III Reich. 1943 -1945.Roma, Ministeero della
Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1992. Pag. 744 e segg.
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