DIBATTITI
di
Antonio Trogu
L’Ucraina è una vasta frontiera proprio al
centro del nostro continente, confina con la
Russia a est e nord-est, con la Bielorussia a nord, con la Moldavia a sud e con
quattro paesi dell’Unione Europea a ovest: Polonia, Slovacchia, Ungheria e
Romania. Si affaccia per un ampio tratto sul mar Nero e sul Mar d’Azov, tra i
quali si trova la penisola di Crimea, la regione
annessa con la forza dalla Russia con un’invasione nel 2014. A sud-ovest
dell’Ucraina c’è anche la Transnistria, un
territorio che si è autoproclamato indipendente dalla Moldavia nel 1990 e che è
governato da un regime filorusso non riconosciuto a livello internazionale.
Un grande territorio (il paese più esteso
d’Europa, dopo la Russia: 603.700 chilometri quadrati; il quinto per numero di
abitanti: 48 milioni) per lo più pianeggiante, se si escludono le verdi
montagne dei Carpazi a sud, e quindi senza grandi difese naturali: distese di
fertili campi; steppe che arrivano fino al mare; colline ondulate; immensi
boschi; molti laghi e gonfi fiumi; un sottosuolo ricco soprattutto di carbone.
Tra i nuovi Stati sorti dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica,
l’Ucraina è uno di quelli con le maggiori potenzialità, per ricchezza di
prodotti naturali e per diffusione di industrie e di infrastrutture. Ma è anche
tra quelli che più hanno risentito della separazione e sta affrontando una
difficile transizione.
Una pianura ondulata costituisce il territorio dell’Ucraina. A ovest, un
breve tratto dei Carpazi supera di poco i 2.000 m; tra il corso del
Dnestr e quello del Dnepr, la Podolia e la Volinia sono occupate da bassi
altipiani. Nel Nord si trovano foreste, mentre steppica è la vegetazione
spontanea nelle zone meridionali.
Il clima è continentale e poco piovoso, ma il suolo fertilissimo
(detto terra nera) consente notevoli produzioni di cereali e
patate, ortaggi e frutta sulle coste del Mar Nero. L’Ucraina però è soprattutto
paese di miniere (carbone, ferro e altri metalli) e di industrie
(metalmeccanica, chimica), oggi in via di riconversione.
Nell’882 dC, il principe scandinavo Oleg conquistò Kiev
(Kyiv), uccise i signori della città (appartenenti alla tribù slava dei
Poliani) e dichiarò: «Questa città sarà la madre di tutte le città dei Rus’». I
Rus’ erano il potente clan vichingo della città. In poco tempo, quella città
commerciale, attraversata dal grande fiume Dnepr (che i romani chiamavano
Danaper) divenne il centro di un grande e potente impero che andava dal Mar
Baltico al Mar Nero. Nel 988, il principe Vladimir convertì tutto il suo
popolo, che era pagano, alla religione cristiano ortodossa.
Sul fiorente regno della Rus’ si abbattè, nel 1240,
l’orda dei conquistatori mongoli guidati da Baty Khan. Kiev fu rasa al suolo e
i suoi abitanti sterminati. In seguito, il territorio della Rus’ fu diviso in
tre principati: Galizia, Volynia e Moscovia (che in seguito divennero: Polonia,
Lituania e Russia). Gli ebrei giocarono, loro malgrado, un ruolo assai
importante in Ucraina. Le prime testimonianze della loro presenza nella regione
di Kiev risalgono al 1018. Nella lotta sanguinosa tra contadini ucraini e
proprietari terrieri polacchi, gli ebrei furono sempre dalla parte dei polacchi
e quindi costantemente oggetto di manifestazioni ostili da parte dei contadini
e dei cosacchi. Il re Sigismondo I di Polonia e Lituania (1506-1548) e il suo
successore, Sigismondo Augusto (1548-1572), protessero gli ebrei, garantendo
loro eguali diritti e la possibilità di insediarsi liberamente in Polonia e in
Ucraina. La situazione peggiorò tragicamente in seguito alle rivolte dei servi
della gleba ucraini, guidati dall’atamano cosacco Bohdàn Chmel’nitskij
(1596-1657), e alla Guerra russo-polacca (1654-1667), detta Guerra di Ucraina,
che si concluse con una significativa espansione territoriale russa e segnò
l’inizio della grande potenza politica e militare russa nella regione.
Nel XVIII secolo, sorsero i più importanti movimenti di
rinascita mistica e risveglio devozionale, che mutarono la vita quotidiana, la
cultura e la filosofia delle comunità ebraiche dell’Ucraina. Con l’editto di
Caterina II del dicembre 1791 (che rimase in vigore fino al marzo 1917) le
autorità russe stabilirono delle “zone di residenza” per gli ebrei, al di fuori
delle quali non avevano il diritto di abitare e lavorare in maniera permanente.
Le autorità inoltre incoraggiarono i pogròmy (persecuzioni): linciaggi e
incendi delle case degli gli ebrei. In nessun’altra zona d’Europa, fino
all’avvento del nazismo, l’antisemitismo fu così spietato.
Per lingua e cultura gli Ucraini, detti anche piccoli Russi,
sono affini ai Russi con i quali per secoli hanno vissuto insieme. Dopo il 1990
i Russi in Ucraina sono diminuiti, salvo in Crimea e in alcune città dell’Est,
come Harkov (Kharkiv) e Doneck. Oltre alla capitale Kiev, sono importanti Dnipropetrovs´k, Odessa e Leopoli
(L´viv).
Nel corso dell’Ottocento si sviluppò nel paese un forte sentimento nazionale,
stimolato soprattutto dalla politica oppressiva degli zar. Le condizioni per
l’indipendenza maturarono tuttavia soltanto negli anni del primo conflitto
mondiale (1914-18), quando l’Impero russo fu travolto dalla rivoluzione
bolscevica del 1917 e l’Impero asburgico dalla sconfitta in guerra. Raggiunta
l’indipendenza tra il 1918 e il 1919, nel 1922 l’Ucraina divenne parte
dell’Unione Sovietica. Quando il Partito
comunista prese il controllo del paese tentò di imporre a una massa di
contadini la collettivizzazione delle terre. Interi villaggi contadini si
opposero al progetto di collettivizzazione delle campagne, previsto dal Primo
piano quinquennale del 1929. Perciò tutti i contadini (piccoli, grandi e medi)
che non accettarono di sottomettersi alla collettivizzazione, vennero bollati,
con una campagna di denigrazione molto violenta, come “kulaki” (proprietari), e
vennero trattati come dei veri e propri nemici: caricati a forza sui treni e
deportati lontano, con il risultato di impoverire ancor di più le campagne. La
politica di collettivizzazione forzata di Stalin non portò nessun risultato
economico, ma morte per fame ed eccidi di massa.
Holodomor”, deriva dall’espressione ucraina moryty
holodom, che significa “infliggere la morte attraverso la fame”, ed è il nome
attribuito alla carestia, non generata da cause naturali, che si abbatté sul
territorio dell’Ucraina negli anni dal 1929 al 1933 e che causò circa 7 milioni
di morti. Questo spiega perché quando i tedeschi, nel 1941, invasero l’Ucraina,
molte persone li accolsero salutandoli con il pane e il sale, come dei
“liberatori”. In realtà l’occupazione tedesca fu, in quella regione, di
una ferocia particolarmente spietata, non soltanto contro gli ebrei, ma contro
tutta la popolazione civile considerata complice di un movimento di resistenza
partigiana sempre più forte ed eroico. Dopo la guerra mondiale, si protrasse
fino al 1950 una strisciante, e violenta, guerra condotta dall’esercito e le
forze di sicurezza russe contro le formazioni clandestine dell’UPA, l’ala
militare dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, fondata il 14 ottobre
del 1942, guidata dal generale antisemita Roman Shukhevich. Dalla fine della
guerra alla morte di Stalin (1953) 500.000 ucraini vennero deporti in prigioni
o in campi di lavoro (Gulag).
Il 26 aprile del 1986 esplose il reattore 4 della
centrale atomica di Chernobyl con diecimila
morti come risultato diretto dell’incidente , ma quelli per le
conseguenze delle radiazioni sono milioni (anche se la Russia ha sempre contestato
i dati forniti da Greenpeace e dalle organizzazioni internazionali).
Nel 1996, l’ala riformatrice del Parlamento (Verhovna
Rada), impose una nuova Costituzione: nel dicembre del 2004 l’Ucraina divenne
una Repubblica parlamentare. L’Ucraina proclamò l’indipendenza dall’Unione Sovietica nell’agosto 1991,
nel contesto più generale della caduta dei regimi comunisti passando da “membro della famiglia delle nazioni
sovietiche” a stato sovrano e iniziando un lungo, e non privo di intoppi,
cammino verso la democrazia. L’Ucraina divenne così, nel bene e nel male, un
paese “normale e democratico”. Però, pochi individui, appartenenti per lo più
alla vecchia oligarchia del Partito Comunista, si impadronirono delle ricchezze
del paese e riuscirono in pochi anni, grazie anche alla dilagante corruzione,
ad accumulare enormi fortune economiche.
Da allora il paese ha dovuto affrontare complesse trattative con la
Russia e con gli Stati Uniti per lo smantellamento del suo enorme arsenale
nucleare risalente all’epoca sovietica, come anche l’avvio di una difficile
transizione alla democrazia e all’economia di mercato.
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