DIBATTITI
Ten. cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto
Sabetta
Le osservazioni che seguono vengono ad investire anche
il diritto internazionale sia in tempo di pace che di guerra, ma si possono
intendere essere estese all’intero agire dell’essere umano superando il puro
formalismo in cui molte volte si cade, sebbene involontariamente.
Vi è quindi una difficoltà nel valutare
le singole azioni se non nel contesto e nel loro insieme, una osservazione solo
apparentemente semplice, in quanto si tende a semplificare il giudizio per la
difficoltà di trovare gli elementi su cui appoggiarlo, una osservazione che
richiama i problemi derivanti dalla comunicazione, sia in guerra che in pace, e
dai nostri limiti fisiologici.
Partendo dall’osservazione
che la trasformazione delle informazioni in conoscenza è soggetta ad una serie
di limitazioni dovute alla ridotta potenzialità cognitiva degli operatori, si
che questi procedono in forma euristica nell’affrontare la complessità
ambientale semplificando l’informazione da elaborare, si può affermare che
l’agente non opera mai in termini di razionalità assoluta bensì in termini di
razionalità limitata.
L’agire razionale
dell’agente è inoltre condizionato da informazioni provenienti dall’esterno, le
quali operano non solo sulla cognizione del momento in esame ma anche sulla
formazione del primo livello di stati conativi.
Il
comportamento non è altro che conseguenza di un determinato stato mentale, in
cui l’evoluzione ha introdotto l’emotività e l’intuizione al fine di una rapida
risposta adattiva ai cambiamenti, questo tuttavia comporta una certa
imprecisione quale contraltare alla rapidità.
La
ragione si inserisce pertanto su informazioni ambientali già elaborate in
termini inconsci, raffinandole ulteriormente per meglio adattarle alla realtà,
consegue la presenza probabilistica dell’errore che diventerà con il
trascorrere del tempo necessariamente presente.
Sartor
introduce il concetto di ragionamento defeasible che fornisce la possibilità
di decidere provvisoriamente in presenza di informazioni parziali e in attesa
di nuove informazioni, senza necessariamente giungere alle conclusioni
definitive, si procede con una serie di conclusioni progressive fino ad
ottenere delle conclusioni stabili.
Questo non esclude, anzi
potenzia, gli aspetti intuitivi ed emotivi propri del ragionamento umano senza
per questo negare le premesse del processo logico, si ottiene peraltro una
sintesi nel ragionamento deduttivo della metodologia propria del ragionamento
induttivo.
L’agente
ha un proprio desiderio o fine nato dalle proprie preferenze, ma questo entra
in conflitto con il dover volere determinato da terzi, il mondo interno con i
limiti e le esigenze imposte dal mondo esterno, ed ecco l’importanza di passare
da un ragionamento conclusivo, in cui non interferiscono ulteriori informazioni
esterne, ad un ragionamento defeasible che tenga conto delle ulteriori e
frammentarie informazioni provenienti progressivamente dall’esterno.
Anche
in un sistema giuridico l’interpretazione – applicazione della norma assume un
carattere progressivo, non più quale discendenza immediata dalla volontà di un
legislatore astratto ma quale conseguenza di un intero sistema giuridico, su
cui interviene la capacità limitata di conoscenza dell’operatore, nonché le sue
pulsioni e i suoi credo.
La
norma assume una propria autonoma volontà e significato all’interno del sistema
giuridico influenzato dal vissuto e dall’ambito culturale dell’interprete,
ossia dai giudizi di valore del decisore, quale sintesi in divenire di
motivazioni interne e informazioni esterne, nonché dalla sua capacità di
elaborazione.
Questo
ancor più in presenza di alcune normative che, nella necessità di procedere per
analogia, aumenta la discrezionalità del giudizio di valore, nel tessuto logico
giuridico assumono pertanto particolare valore le disposizioni generali
normative, d’altronde la norma è interpretata secondo il valore culturale
prevalentemente condiviso ed accettato dalla maggioranza.
E
stato fatto osservare che la conformità alla legge si basa prevalentemente
sulle aspettative e sulle inibizioni degli individui, fino a giungere quale
ipotesi estrema ad affermare che le decisioni prese sul diritto non sono altro
che costruzioni ex post per giudizi già presi (modello sociale intuizionista
– Haidt).
Il
diritto quale complesso in cui rientrano emozioni, intuizioni, ragionamenti e
regole scritte è qualcosa di poliedrico che permette l’esistenza delle odierne
società complesse, pertanto un mix dei due processi di giudizio propri di ogni
agente.
Il primo sistema più lento e faticoso è
governato dal ragionamento, il secondo intuitivo ed associativo acquista una
valenza automatica con il minimo sforzo, i due sistemi agendo insieme
potenziano le capacità di giudizio riducendo gli errori, infatti il sistema
logico corregge il veloce sistema intuitivo in questo aiutato dalla
formalizzazione delle procedure (Kaheneman e Frederick).
Quanto
finora detto si ricollega al sistema di reti neuronali evidenziato da Lieberman
e colleghi nelle loro ricerche presso l’Università della California, in cui
nella ricerca del sé sono state individuate due reti chiamate rispettivamente
sistema C e sistema X. Mentre nel sistema C veniamo a trovarci in contesti
nuovi per i quali è necessaria una riflessione esplicita sulle nostre
esperienze, nel sistema X non vengono codificati ricordi ma intuizioni,
producendo rapide risposte emozionali basate su associazioni statistiche e non
su ragionamenti espliciti.
Si
introduce quindi un elemento statistico e non probabilistico, da affiancarsi al
concetto di ragionamento per progressiva approssimazione (defasible)
previsto da Sartor.
Alcune
teorie estreme affermano che nulla garantisce che ogni individuo non dia un
proprio significato allo stesso enunciato normativo (scetticismo linguistico),
si che lo studio del diritto deve limitarsi alla definizione degli enunciati
normativi e alla loro interpretazione ma non al significato delle norme,
criticando per tale via il normativismo e la sicurezza del c.d. formalismo
interpretativo di poter adattare mediante interpretazione a ciascun caso
concreto l’enunciato giuridico. Vi è in realtà un confine incerto tra enunciati
normativi definiti e proposizioni vaghe su cui interviene l’opera interpretativa
dell’agente.
Si
deve rinunciare ad una prevedibilità matematica degli atti e delle loro
conseguenze, per passare alla prevedibilità dei possibili risultati,
l’aumentare della dinamicità ridurrà la prevedibilità dei possibili risultati
fino a giungere ad una inconoscibilità (principio di Heinsenberg ).
Necessitano
pertanto elementi coordinatori nella possibile comprensione dei sistemi
complessi auto-organizzanti, mediante relazioni interne, secondo strutture
frattali e loro attrattori, resta fermo che la comprensione e quindi
la conoscibilità del sistema non è comunque sinonimo di prevedibilità.
Per
determinare una stabilità caotica occorre quindi agire sugli attrattori
caotici, ossia su quei punti in cui emergono comportamenti tipici del
sistema stabilizzanti la sua dinamicità.
In
recenti studi è emersa la funzione primaria in tal senso dei concetti giuridici
generali quali nodi della rete relativa alla trasmissione delle informazioni
normative (Alf Ross), tanto che Lothar Philipps afferma
esplicitamente che tali “concetti – nodo” non sono liberamente manipolabili
dalla giurisprudenza dei concetti pena la disarticolazione normativa.
Le
reti di associazione relative ai concetti permettono l’interpretazione adattiva
del modello giuridico e la trasmissione dei valori etici nella soluzione dei
problemi quotidiani di relazione sociale.
L’interpretazione
giuridica ha a sua volta una importanza fondamentale nel dare vita al diritto
positivo superando i contrasti con le intuizioni di valore fissate dalla selezione
naturale (Rawls), dobbiamo tuttavia considerare che l’interprete è
anch’esso un portatore di valori culturali ed interessi che limiteranno
inevitabilmente le possibilità di giudizio.
Più
l’interpretazione si allontana dall’aspetto letterale e più deve essere
conforme ai valori dell’ambiente sociale in cui deve essere calata, pena il
rigetto e i problemi di comunicazione per l’impossibile rapporto tra valori
etici espressi dalla norma e i valori sociali del contesto ambientale, ma i
problemi comunicativi aumentano con la complessità del sistema sociale frutto
di un espandersi del benessere economico.
Da
quanto finora detto si possono definire come esempi di attrattori caotici sia
i concetti giuridici generali che l’interpretazione fornita da un organo
centrale supremo come la Cassazione o il Consiglio di Stato, il mal
funzionamento di tali organi possono
essere individuati non solo nella lunghezza dei tempi delle decisioni, ma anche
nelle onde interpretative interne che portano all’abbassamento della “soglia del caos”.
Si
evidenzia la particolare funzione del linguaggio quale competenza linguistica
nel creare e trasferire informazioni e i relativi valori.
Le
organizzazioni hanno bisogno di un senso per generare identità e obiettivi
comuni, creando un ordine prevedibile per le proprie azioni, Weick parla
della realtà come di una costruzione continua che acquista forma quando le
persone guardano alle situazioni create in modo retrospettivo.
La
necessità di una “costruzione del
significato” avviene quando tra previsioni o aspettative e gli accadimenti
vi siano differenze che mettano in atto il bisogno di generare un significato
degli eventi imprevisti e quindi incomprensibili attraverso una lettura
retrospettiva, questo viene di fatto a modificare la lettura di tutto il
vissuto concatenato agli eventi considerati, i diritti acquistano pertanto
significato diverso per ognuno di noi se non si creano delle cornici.
Si
tratta di creare cornici entro cui tracciare delle trame su cui fissare gli
eventi dandone un senso, la cornice è costituita dai valori, dalle credenze e
dalle immagini simboliche originate nel passato, mentre le informazioni sono le
esperienze attuali, fra queste e la cornice devono scoprirsi le connessioni che
danno un significato alla situazione presente.
La
globalizzazione e l’interagire fra culture e mondi diversi crea a sua volta una
rete elastica di giochi linguistici e di sensi del narrare (Lyotard ),
in un continuo integrare e respingere si
che la società che ne risulta è sempre più flessibile ma anche incerta nel
narrare i propri valori.
Greimas
nella sua teoria generativa afferma che il senso di un testo non
avviene a livello della sua manifestazione espressiva bensì nei modi in cui si
genera, attraverso il gioco delle significazioni soggiacenti (Floch ).
Quindi
il piano di manifestazione dato dalle varie forme di comunicazione
poggia su un piano di immanenza costituito dalle scelte organizzative
che ne realizzano il discorso e la “messa
in scena”( Floch).
Da
quanto finora detto emerge la probabilità che l’ordinamento giuridico nei suoi
vari istituti acquisti in realtà senso nuovo con letture o narrazioni
posteriori che rileggano gli accadimenti
secondo nuove logiche di adattamento, si ha una rilettura simbolica
dell’accaduto creando nuove prospettive narrative e nuovi sensi, in ultima
analisi la nascita di nuove possibilità
creative relative agli eventi futuri, in un frattale narrativo dalle
infinite variabili tese alla ricerca di attrattori caotici, allontanandosi inavvertitamente dalla presunta
volontà del legislatore fino a creare nuovi scenari restando i riferimenti
iniziali valori puramente storici.
L’analisi
logica, nel tentativo ad opera di Russell e Wittgenstein, di costituire una specie di schema generale di
un “linguaggio ideale” su cui
strutturare le varie discipline, ha in realtà dimostrato attraverso l’opera
degli “analisti dell’uso” di Oxford
che non vi è un linguaggio perfetto, essendo il linguaggio giuridico uno dei
tanti possibili linguaggi fondato su regole di formazione e trasformazione (
derivazione ) proprie della sola forma
del discorso stesso, ossia la logica dell’interpretazione giuridica come pura
deduzione di proposizioni in sé ( Husserl ) non comporta l’esclusione
dell’errore nel momento della definizione e della comunicazione.
Il
diritto, come qualsiasi altra attività umana, è quindi fondato sulla
comunicazione e sulle implicazioni che questa comporta, dalla capacità di
comprendere e interpretare correttamente il messaggio, agli aspetti culturali che
influenzano la ricezione dello stesso.
Analizzando
il contesto, secondo il richiamo degli studiosi di psicologia sociale, tre sono
le caratteristiche principali: ambiente, partecipanti e scopo ( Brown –
Fraser).
Il
contesto generale presenterà al suo interno un contesto esplicito ed uno
implicito, quello esplicito è costituito da una componente verbale e da una
extralinguistica, mentre il contesto implicito contiene tutto quello che il
ricevente conosce a proposito dell’emittente, il contesto implicito è a sua
volta integrato in un contesto totale che consiste nel sistema di coordinate
dell’emittente.
I
contesti in definitiva possono non solo completare e limitare il senso, ma
anche trasformare il significato orientando verso un senso sbagliato, il linguaggio
è quindi un fenomeno dinamico, in continua evoluzione di cui necessita la
contestualizzazione storico-sociale e a questo fenomeno non sfugge nemmeno il
linguaggio giuridico, consegue che la codifica dei fatti avviene entro schemi
concettuali predisposti all’interno dei vari modelli culturali umani.
Qualsiasi
sapere si accresce grazie all’interazione tra il corpo del sapere, le immagini
del sapere socialmente determinate e i valori e norme incorporate in ideologie
che non dipendono direttamente dalle immagini del sapere stesso.
In
ogni luogo esiste uno stato del sapere caratterizzato da propri metodi,
soluzioni, problemi aperti e teorie che dipendono dalle immagini del sapere
socialmente determinate dal sistema culturale del tempo, è in realtà il consenso
sociale che decreta l’accettabilità di una teoria.
Sul
sistema culturale così contestualizzato vengono ad incidere le considerazioni
politiche, le pressioni sociali e le ideologie, si che a fronte di una
multilateralità delle fonti del sapere si forma una legittimazione in ordine
gerarchico delle stesse di durata temporale limitata.
Pertanto
i concetti centrali di una qualsiasi teoria del sapere sono relativi al quadro
culturale e al prodotto del consenso sociale di un tempo e di uno spazio determinati
e come tali sono soggetti al cambiamento nel tempo.
Se la
cultura non è altro che un complesso di atteggiamenti, di istituzioni, di idee,
di tecniche elaborate da una società per soddisfare i propri bisogni umani, la
tradizione può definirsi come quel patrimonio di informazioni e conoscenze che
vengono tramandate dall’una all’altra generazione per garantirne la continuità.
Emerge
chiaramente che nessun elemento culturale una volta entrato in contatto con un
contesto culturale nuovo resta identico, ma viene reintegrato e adattato alla
tradizione nel tentativo di mantenere un equilibrio di ordine e valori sociali,
si che la tradizione e l’inculturazione risultano essere le due forze che si
contrappongono all’interno di ogni cultura.
Ogni
universo culturale ha una propria identità costituita dalla percezione che si
ha di se stessi all’interno di un sistema di conoscenze e valori che
determinano una generale visione del mondo e della vita, questa è naturalmente
collegata ad una contrapposizione tra “sé” e “l’altro”.
Nella
comunicazione di un gruppo con l’altro non si può pertanto prescindere dalla
conoscenza del sistema di idee e di valori, nonché dalla prassi in cui una
determinata terminologia viene concretamente usata.
Possiamo concludere che non
esistono fenomeni oggettivi allo stato puro, ma essi sono leggibili solo
attraverso la lente culturale, filtrati attraverso norme logiche ed emotive
createsi in un determinato ambiente culturale, si che le stesse norme di
diritto non sono universali.
Se tutti
gli operatori del diritto agiscono con i limiti sopra esposti, nel loro sforzo
interpretativo la razionalità limitata con cui operano viene per una parte di
essi ulteriormente modificata nei fini dall’utile esplicito in parte
perseguito.
Nella dialettica che si crea
il giudice non solo applica la norma integrandola, ma persegue consciamente o
inconsciamente un proprio concetto di equità, archetipo delle proprie emozioni
e risultato della propria cultura secondo una visione delle relazioni sociali
quale suo ottimo da perseguire.
La funzione, necessaria in un contesto
complesso di rapporti, risulta dialetticamente inserita tra interessi di parte
contrapposti e schemi legislativi prefissati, con una funzione cardiana di
adattamento.
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