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mercoledì 20 dicembre 2023

Complessità dell’interpretazione giuridica e dell’agire

 DIBATTITI

Ten. cpl. Art. Pe. Sergio  Benedetto  Sabetta

 


            Le osservazioni che seguono vengono ad investire anche il diritto internazionale sia in tempo di pace che di guerra, ma si possono intendere essere estese all’intero agire dell’essere umano superando il puro formalismo in cui molte volte si cade, sebbene involontariamente.

         Vi è quindi una difficoltà nel valutare le singole azioni se non nel contesto e nel loro insieme, una osservazione solo apparentemente semplice, in quanto si tende a semplificare il giudizio per la difficoltà di trovare gli elementi su cui appoggiarlo, una osservazione che richiama i problemi derivanti dalla comunicazione, sia in guerra che in pace, e dai nostri limiti fisiologici.

            Partendo dall’osservazione che la trasformazione delle informazioni in conoscenza è soggetta ad una serie di limitazioni dovute alla ridotta potenzialità cognitiva degli operatori, si che questi procedono in forma euristica nell’affrontare la complessità ambientale semplificando l’informazione da elaborare, si può affermare che l’agente non opera mai in termini di razionalità assoluta bensì in termini di razionalità limitata.

L’agire razionale dell’agente è inoltre condizionato da informazioni provenienti dall’esterno, le quali operano non solo sulla cognizione del momento in esame ma anche sulla formazione del primo livello di stati conativi.

         Il comportamento non è altro che conseguenza di un determinato stato mentale, in cui l’evoluzione ha introdotto l’emotività e l’intuizione al fine di una rapida risposta adattiva ai cambiamenti, questo tuttavia comporta una certa imprecisione quale contraltare alla rapidità.

         La ragione si inserisce pertanto su informazioni ambientali già elaborate in termini inconsci, raffinandole ulteriormente per meglio adattarle alla realtà, consegue la presenza probabilistica dell’errore che diventerà con il trascorrere del tempo necessariamente presente.

         Sartor introduce il concetto di ragionamento defeasible che fornisce la possibilità di decidere provvisoriamente in presenza di informazioni parziali e in attesa di nuove informazioni, senza necessariamente giungere alle conclusioni definitive, si procede con una serie di conclusioni progressive fino ad ottenere delle conclusioni stabili.

Questo non esclude, anzi potenzia, gli aspetti intuitivi ed emotivi propri del ragionamento umano senza per questo negare le premesse del processo logico, si ottiene peraltro una sintesi nel ragionamento deduttivo della metodologia propria del ragionamento induttivo.

         L’agente ha un proprio desiderio o fine nato dalle proprie preferenze, ma questo entra in conflitto con il dover volere determinato da terzi, il mondo interno con i limiti e le esigenze imposte dal mondo esterno, ed ecco l’importanza di passare da un ragionamento conclusivo, in cui non interferiscono ulteriori informazioni esterne, ad un ragionamento defeasible che tenga conto delle ulteriori e frammentarie informazioni provenienti progressivamente dall’esterno.

         Anche in un sistema giuridico l’interpretazione – applicazione della norma assume un carattere progressivo, non più quale discendenza immediata dalla volontà di un legislatore astratto ma quale conseguenza di un intero sistema giuridico, su cui interviene la capacità limitata di conoscenza dell’operatore, nonché le sue pulsioni e i suoi credo.

         La norma assume una propria autonoma volontà e significato all’interno del sistema giuridico influenzato dal vissuto e dall’ambito culturale dell’interprete, ossia dai giudizi di valore del decisore, quale sintesi in divenire di motivazioni interne e informazioni esterne, nonché dalla sua capacità di elaborazione.

         Questo ancor più in presenza di alcune normative che, nella necessità di procedere per analogia, aumenta la discrezionalità del giudizio di valore, nel tessuto logico giuridico assumono pertanto particolare valore le disposizioni generali normative, d’altronde la norma è interpretata secondo il valore culturale prevalentemente condiviso ed accettato dalla maggioranza.

         E stato fatto osservare che la conformità alla legge si basa prevalentemente sulle aspettative e sulle inibizioni degli individui, fino a giungere quale ipotesi estrema ad affermare che le decisioni prese sul diritto non sono altro che costruzioni ex post per giudizi già presi (modello sociale intuizionista – Haidt).

         Il diritto quale complesso in cui rientrano emozioni, intuizioni, ragionamenti e regole scritte è qualcosa di poliedrico che permette l’esistenza delle odierne società complesse, pertanto un mix dei due processi di giudizio propri di ogni agente.

 Il primo sistema più lento e faticoso è governato dal ragionamento, il secondo intuitivo ed associativo acquista una valenza automatica con il minimo sforzo, i due sistemi agendo insieme potenziano le capacità di giudizio riducendo gli errori, infatti il sistema logico corregge il veloce sistema intuitivo in questo aiutato dalla formalizzazione delle procedure (Kaheneman e Frederick).

         Quanto finora detto si ricollega al sistema di reti neuronali evidenziato da Lieberman e colleghi nelle loro ricerche presso l’Università della California, in cui nella ricerca del sé sono state individuate due reti chiamate rispettivamente sistema C e sistema X. Mentre nel sistema C veniamo a trovarci in contesti nuovi per i quali è necessaria una riflessione esplicita sulle nostre esperienze, nel sistema X non vengono codificati ricordi ma intuizioni, producendo rapide risposte emozionali basate su associazioni statistiche e non su ragionamenti espliciti.

         Si introduce quindi un elemento statistico e non probabilistico, da affiancarsi al concetto di ragionamento per progressiva approssimazione (defasible) previsto da Sartor.

         Alcune teorie estreme affermano che nulla garantisce che ogni individuo non dia un proprio significato allo stesso enunciato normativo (scetticismo linguistico), si che lo studio del diritto deve limitarsi alla definizione degli enunciati normativi e alla loro interpretazione ma non al significato delle norme, criticando per tale via il normativismo e la sicurezza del c.d. formalismo interpretativo di poter adattare mediante interpretazione a ciascun caso concreto l’enunciato giuridico. Vi è in realtà un confine incerto tra enunciati normativi definiti e proposizioni vaghe su cui interviene l’opera interpretativa dell’agente.

         Si deve rinunciare ad una prevedibilità matematica degli atti e delle loro conseguenze, per passare alla prevedibilità dei possibili risultati, l’aumentare della dinamicità ridurrà la prevedibilità dei possibili risultati fino a giungere ad una inconoscibilità (principio di Heinsenberg ).

         Necessitano pertanto elementi coordinatori nella possibile comprensione dei sistemi complessi auto-organizzanti, mediante relazioni interne, secondo strutture frattali e loro attrattori, resta fermo che la comprensione e quindi la conoscibilità del sistema non è comunque sinonimo di prevedibilità.

         Per determinare una stabilità caotica occorre quindi agire sugli attrattori caotici, ossia su quei punti in cui emergono comportamenti tipici del sistema stabilizzanti la sua dinamicità.

         In recenti studi è emersa la funzione primaria in tal senso dei concetti giuridici generali quali nodi della rete relativa alla trasmissione delle informazioni normative (Alf Ross), tanto che Lothar Philipps afferma esplicitamente che tali “concetti – nodo” non sono liberamente manipolabili dalla giurisprudenza dei concetti pena la disarticolazione normativa.

         Le reti di associazione relative ai concetti permettono l’interpretazione adattiva del modello giuridico e la trasmissione dei valori etici nella soluzione dei problemi quotidiani di relazione sociale.

         L’interpretazione giuridica ha a sua volta una importanza fondamentale nel dare vita al diritto positivo superando i contrasti con le intuizioni di valore fissate dalla selezione naturale (Rawls), dobbiamo tuttavia considerare che l’interprete è anch’esso un portatore di valori culturali ed interessi che limiteranno inevitabilmente le possibilità di giudizio.

         Più l’interpretazione si allontana dall’aspetto letterale e più deve essere conforme ai valori dell’ambiente sociale in cui deve essere calata, pena il rigetto e i problemi di comunicazione per l’impossibile rapporto tra valori etici espressi dalla norma e i valori sociali del contesto ambientale, ma i problemi comunicativi aumentano con la complessità del sistema sociale frutto di un espandersi del benessere economico.

                   Da quanto finora detto si possono definire come esempi di attrattori caotici sia i concetti giuridici generali che l’interpretazione fornita da un organo centrale supremo come la Cassazione o il Consiglio di Stato, il mal funzionamento di tali organi  possono essere individuati non solo nella lunghezza dei tempi delle decisioni, ma anche nelle onde interpretative interne che portano all’abbassamento della “soglia del caos”.

         Si evidenzia la particolare funzione del linguaggio quale competenza linguistica nel creare e trasferire informazioni e i relativi valori.

         Le organizzazioni hanno bisogno di un senso per generare identità e obiettivi comuni, creando un ordine prevedibile per le proprie azioni, Weick parla della realtà come di una costruzione continua che acquista forma quando le persone guardano alle situazioni create in modo retrospettivo.

 La  necessità di una “costruzione del significato” avviene quando tra previsioni o aspettative e gli accadimenti vi siano differenze che mettano in atto il bisogno di generare un significato degli eventi imprevisti e quindi incomprensibili attraverso una lettura retrospettiva, questo viene di fatto a modificare la lettura di tutto il vissuto concatenato agli eventi considerati, i diritti acquistano pertanto significato diverso per ognuno di noi se non si creano delle cornici.

         Si tratta di creare cornici entro cui tracciare delle trame su cui fissare gli eventi dandone un senso, la cornice è costituita dai valori, dalle credenze e dalle immagini simboliche originate nel passato, mentre le informazioni sono le esperienze attuali, fra queste e la cornice devono scoprirsi le connessioni che danno un significato alla situazione presente.

         La globalizzazione e l’interagire fra culture e mondi diversi crea a sua volta una rete elastica di giochi linguistici e di sensi del narrare (Lyotard ), in un continuo integrare  e respingere si che la società che ne risulta è sempre più flessibile ma anche incerta nel narrare i propri valori.

                   Greimas nella sua teoria generativa afferma che il senso di un testo non avviene a livello della sua manifestazione espressiva bensì nei modi in cui si genera, attraverso il gioco delle significazioni soggiacenti (Floch ).

         Quindi il piano di manifestazione dato dalle varie forme di comunicazione poggia su un piano di immanenza costituito dalle scelte organizzative che ne realizzano il discorso e la “messa in scena”( Floch).

         Da quanto finora detto emerge la probabilità che l’ordinamento giuridico nei suoi vari istituti acquisti in realtà senso nuovo con letture o narrazioni posteriori  che rileggano gli accadimenti secondo nuove logiche di adattamento, si ha una rilettura simbolica dell’accaduto creando nuove prospettive narrative e nuovi sensi, in ultima analisi  la nascita di nuove possibilità creative relative agli eventi futuri, in un frattale narrativo dalle infinite variabili tese alla ricerca di attrattori caotici,   allontanandosi inavvertitamente dalla presunta volontà del legislatore fino a creare nuovi scenari restando i riferimenti iniziali valori puramente storici.

         L’analisi logica, nel tentativo ad opera di Russell e Wittgenstein,  di costituire una specie di schema generale di un “linguaggio ideale” su cui strutturare le varie discipline, ha in realtà dimostrato attraverso l’opera degli “analisti dell’uso” di Oxford che non vi è un linguaggio perfetto, essendo il linguaggio giuridico uno dei tanti possibili linguaggi fondato su regole di formazione e trasformazione ( derivazione )  proprie della sola forma del discorso stesso, ossia la logica dell’interpretazione giuridica come pura deduzione di proposizioni in sé ( Husserl ) non comporta l’esclusione dell’errore nel momento della definizione e della comunicazione.

         Il diritto, come qualsiasi altra attività umana, è quindi fondato sulla comunicazione e sulle implicazioni che questa comporta, dalla capacità di comprendere e interpretare correttamente il messaggio, agli aspetti culturali che influenzano la ricezione dello stesso.

         Analizzando il contesto, secondo il richiamo degli studiosi di psicologia sociale, tre sono le caratteristiche principali: ambiente, partecipanti e scopo ( Brown – Fraser).

         Il contesto generale presenterà al suo interno un contesto esplicito ed uno implicito, quello esplicito è costituito da una componente verbale e da una extralinguistica, mentre il contesto implicito contiene tutto quello che il ricevente conosce a proposito dell’emittente, il contesto implicito è a sua volta integrato in un contesto totale che consiste nel sistema di coordinate dell’emittente.

         I contesti in definitiva possono non solo completare e limitare il senso, ma anche trasformare il significato orientando verso un senso sbagliato, il linguaggio è quindi un fenomeno dinamico, in continua evoluzione di cui necessita la contestualizzazione storico-sociale e a questo fenomeno non sfugge nemmeno il linguaggio giuridico, consegue che la codifica dei fatti avviene entro schemi concettuali predisposti all’interno dei vari modelli culturali umani.

         Qualsiasi sapere si accresce grazie all’interazione tra il corpo del sapere, le immagini del sapere socialmente determinate e i valori e norme incorporate in ideologie che non dipendono direttamente dalle immagini del sapere stesso.

         In ogni luogo esiste uno stato del sapere caratterizzato da propri metodi, soluzioni, problemi aperti e teorie che dipendono dalle immagini del sapere socialmente determinate dal sistema culturale del tempo, è in realtà il consenso sociale che decreta l’accettabilità di una teoria.

         Sul sistema culturale così contestualizzato vengono ad incidere le considerazioni politiche, le pressioni sociali e le ideologie, si che a fronte di una multilateralità delle fonti del sapere si forma una legittimazione in ordine gerarchico delle stesse di durata temporale limitata.

         Pertanto i concetti centrali di una qualsiasi teoria del sapere sono relativi al quadro culturale e al prodotto del consenso sociale di un tempo e di uno spazio determinati e come tali sono soggetti al cambiamento nel tempo.

         Se la cultura non è altro che un complesso di atteggiamenti, di istituzioni, di idee, di tecniche elaborate da una società per soddisfare i propri bisogni umani, la tradizione può definirsi come quel patrimonio di informazioni e conoscenze che vengono tramandate dall’una all’altra generazione per garantirne la continuità.

         Emerge chiaramente che nessun elemento culturale una volta entrato in contatto con un contesto culturale nuovo resta identico, ma viene reintegrato e adattato alla tradizione nel tentativo di mantenere un equilibrio di ordine e valori sociali, si che la tradizione e l’inculturazione risultano essere le due forze che si contrappongono all’interno di ogni cultura.

         Ogni universo culturale ha una propria identità costituita dalla percezione che si ha di se stessi all’interno di un sistema di conoscenze e valori che determinano una generale visione del mondo e della vita, questa è naturalmente collegata ad una contrapposizione tra “sé” e “l’altro”.

         Nella comunicazione di un gruppo con l’altro non si può pertanto prescindere dalla conoscenza del sistema di idee e di valori, nonché dalla prassi in cui una determinata terminologia viene concretamente usata.

Possiamo concludere che non esistono fenomeni oggettivi allo stato puro, ma essi sono leggibili solo attraverso la lente culturale, filtrati attraverso norme logiche ed emotive createsi in un determinato ambiente culturale, si che le stesse norme di diritto non sono universali.

         Se tutti gli operatori del diritto agiscono con i limiti sopra esposti, nel loro sforzo interpretativo la razionalità limitata con cui operano viene per una parte di essi ulteriormente modificata nei fini dall’utile esplicito in parte perseguito.

Nella dialettica che si crea il giudice non solo applica la norma integrandola, ma persegue consciamente o inconsciamente un proprio concetto di equità, archetipo delle proprie emozioni e risultato della propria cultura secondo una visione delle relazioni sociali quale suo ottimo da perseguire.

         La funzione, necessaria in un contesto complesso di rapporti, risulta dialetticamente inserita tra interessi di parte contrapposti e schemi legislativi prefissati, con una funzione cardiana di adattamento.

        

 

 

Bibliografia

 

·        N. Antonucci, Cosa sono la complessità e il caos…semplicemente ?, in www.complexLab.com ;

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·        S. Contesini, La produzione del senso nelle organizzazioni, in www.complexLab.com ;

·        S. Giansante, La teoria della razionalità limitata applicata alla scelte economico-giuridiche nell’ottica delle scienze cognitive, in www.i-lex.it , 1/2004;

·        A. J. Greimas, Del senso, Bompiani, 1974;

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·        J. M. Floch, Semiotica, marketing e comunicazione. Dietro i segni, le strategie, Franco Angeli 1997;

·        Y. Mèny – J. C. Thoenig, Le politiche pubbliche, Il Mulino, 1991 ;

·        J. F. Lyotard, La condizione postmoderna, Feltrinelli, 2001;

·        G. A. Almond – B. G. Powell, Politica comparata. Sistemi, processi e politiche, Il Mulino 1988;

K. Weick, Senso e significato dell’organizzaz

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