APPROFONDIMENTI
Giuseppe Alabastro
La situazione tattico-operativa: una occasione non colta.
Il II Corpo d’Armata Polacco, che sostituisce nel versante adriatico il I Corpo d’Armata Britannico, è duramente provato a Cassino ed ha bisogno di organizzarsi, tantochè il gen. Anders, per non usurarlo troppo ed andare incontro a spiacevoli sorprese, impiega una sola divisione, la Karpatica, lungo la litoranea, tenendo praticamente in riserva il resto del Corpo.
All’interno la
manovra è affidata al Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.). Inizialmente,
oltre Pescara, del Corpo Italiano di Liberazione è operativa solo la 184a
compagna motociclisti della Nembo, che
si dirige prima verso l’Aquila e poi verso Teramo. Sono zone praticamente
sgombre di Tedeschi, tranne qualche elemento ritardatore. I soldati della Nembo invitano la popolazione a dare un
contributo sostanziale al ripristino delle strade. Quando il grosso del Corpo
Italiano di Liberazione si mette in marcia, questa funzione risulterà essere
ben assolta.
Il fronte
adriatico, quindi, vede lungo la litoranea l’avanzare della divisione Karpatica, ed all’interno il Corpo
Italiano di Liberazione. Questi, nell’avanzata, mostra tutti i suoi limiti
oggettivi, il principale del quale è il fatto che non è motorizzato, per cui in
realtà su mezzi, autotrasportata, si muove solo la Nembo, scaglionata in profondità.
Questo dello
scaglionamento in profondità delle truppe è una caratteristica dell’impiego del
Corpo Italiano di Liberazione in quanto il pericolo sul fianco da parte dei
Tedeschi è praticamente inesistente.
Scrive Massimo
Mazzetti:
“…..per cui abbiamo sempre una forza
rilevante a sinistra non si sa bene perche. Comunque è chiaro, che la forza
d’urto di queste unità, l’una scarsamente motorizzata e l’altra duramente
provata, non poteva essere trascinante, anche se l’avanzata procede bene in
effetti, però, la prima resistenza, è nell’area di Filottrano, rappresenta per
gli Italiani l’unico grande combattimento che hanno sostenuto. Per quanto
riguarda i Polacchi, le cose sono un po’ diverse...”[1]
I Polacchi
combattono in Italia, pensando alla Polonia; devono conseguire vittorie sul
terreno da far pesare poi sul piano politico a vittoria ottenuta. Questo si
sposa con l’interesse britannico a non dare per contro agli Italiani
opportunità atte a conseguire sul terreno vittorie che poi sarebbero
imbarazzanti sul piano politico. Su questo interesse di fondo si basa il piano
generale dell’azione su Ancona, che prevedeva l’azione sostanzialmente
sviluppata solo dai Polacchi nei tratti principali, lasciando agli Italiani, di
cui non si può fare a meno, quelli secondari.
L’azione
principale, quella di rottura, viene svolta dai Polacchi stessi; agli Italiani
vengono affidati compiti di copertura e sicurezza del solo fianco sinistro d’attacco; quello destro non
esiste in quanto vi è il mare, ove si è costretti a sostenere solo piccoli
scontri, ma in cui - come vedremo - verranno svolti compiti di inganno ed
occultazione.
Scrive ancora
Massimo Mazzetti:
“Non mi sembra che il comando del Corpo di
Liberazione Italiano si sia reso conto, preoccupato come era solo di limitare
le perdite, che in realtà c’erano dei problemi più gravi, i tempi d’arresto
imposto dai Tedeschi avevano un motivo ben preciso, cioè di far perdere tempo.
Quando gli Americani sono arrivati ormai all’Arno, quando gli Inglesi si sono
avvicinati
In questa
situazione, l’errore di Alexander è di non aver compreso che la direttrice
adriatica era la più redditizia, attirati come sono i Comandanti alleati
abbagliati dal miraggio di arrivare a liberare Roma per primi, come accadde al
gen. Clark, ed allo stesso Alexander, Firenze, per trovarsi poi ai piedi degli
Appennini al termine della stagione estiva.
Mazzetti - e non si può non concordare con lui
- muove una critica al Comando del Corpo di Liberazione Italiano attribuendo ad
Utili ed a tutto il suo Stato Maggiore il demerito non solo di non aver
afferrato l’importanza di non subire perdite e di non esporsi a rischi come
quello dal quale è derivata la disfatta di Montelungo, ma anche il non aver
saputo cogliere l’importante occasione di intervento operativo venutasi a
creare a seguito sia degli errori strategico-decisionali di Alexander che dall’assenza
di presidio nemico sul territorio, determinatesi con il ritiro tedesco dal
settore adriatico.
Nel sopra
descritto contesto, estremamente importante e vantaggioso per gli Italiani si
palesava un eventuale accreditamento a
punta di diamante dell’offensiva, dapprima su Ancona e poi verso
La mancata
comprensione ed attuazione di tale circostanza ha condizionato tutto l’operato
del Corpo Italiano di Liberazione nell’estate del 1944.
Utili, dopo la
battaglia di Filottrano, avrebbe potuto e dovuto con fermezza tentare di convincere
Anders all’utilizzo del Corpo Italiano di Liberazione, al fine di poter
svolgere un ruolo attivo e fondamentale nella conquista di Ancona. Le posizioni
tedesche sul Monte della Crescia, perno della difesa tedesca, potevano essere
attaccate e la partecipazione a ciò, insieme ai Polacchi, avrebbe dato ampio
lustro sia al Corpo Italiano di Liberazione che all’Italia.
Queste
riflessioni, naturalmente, non cambiano il corso della Storia, ma sottolineano
come il Corpo Italiano di Liberazione,
dopo Filottrano, abbia perso una concreta occasione per essere protagonista
dell’attacco diretto su Ancona. Per contro, tuttavia, troppo debole era il
tessuto tattico-operativo di provenienza, troppo labile il potere del Capo di Stato
Maggiore Generale maresciallo Messe e ancora più fragile il potere politico.
Non si poteva rischiare quel poco che Filottrano aveva dato in termini di
prestigio, investendolo in azioni certamente di ampia redditività
politico-strategica, ma tali da andare ben al di là delle risorse con le quali
il Corpo Italiano di Liberazione stava già affrontando la difficile situazione
tattica nella quale era venuto a trovarsi.
Il Corpo
Italiano di Liberazione partecipò, dunque, all’attacco di Ancona, accontentandosi
tuttavia di un ruolo subalterno nel quadro delle operazioni, con una
partecipazione di bassissimo profilo, al fine di evitare il rischio di un'altra
Montelungo.
[1]
Mazzetti M.,
Aspetti operativi della campagna
primavera-estate
[2] Mazzetti M., Aspetti operativi della campagna
primavera-estate 1944, cit.. Secondo Mazzetti, …”la mancata comprensione dell’utilità della direttrice adriatica, ha
provocato il prolungamento di alcuni mesi, quelli invernali 1944-1945,
della guerra in Italia. Questo perché, se la gravitazione sulla linea adriatica
fosse stata operata fin dall’inizio, avrebbe dato la possibilità alle truppe
alleate di trovarsi al di là della linea degli Appennini, prima che le piogge
bloccassero ogni cosa, avrebbe permesso di muovere senza troppe difficoltà come
avverrà, in fondo, nell’aprile dell’anno dopo”.
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