Alla scoperta di una Regione
che l'alzamento delle temperature
rende sempre più abitabile. L'approccio e la storia italiana
Giovanni
Cecini
Per quanto il
progresso scientifico ha reso l’uomo quasi padrone della Natura, viviamo ancora
in un’epoca in cui agenti atmosferici o mutamenti improvvisi della Terra ancora
condizionano in negativo la vita quotidiana delle genti e le relative scelte
politiche e sociali delle Nazioni. Questo vale per terremoti, tifoni, carestie
e solo da ultimo per la nefasta eruzione in Islanda che ha paralizzato il
traffico aereo (e non solo) di tutta Europa e i voli ad essa diretti.
In questa
logica, seppure lontane nel tempo, alcune imprese epiche di viaggiatori,
avventurieri o inventori ancora oggi sembrano suggestive, non fosse altro per
il coraggio e l’audacia di saper sperimentare e innovare mezzi e materiali a
proprio vantaggio anche in condizioni avverse o disagiate. Non va mai
dimenticato che, se oggi possiamo avvalersi di mezzi tecnologici, capaci di
trasportarci in poche ore da un capo all’altro del pianeta, è merito
soprattutto di coraggiosi uomini e donne, che hanno contribuito al
miglioramento del genere umano attraverso l’ingegno e l’esplorazione.
Proprio per
tutti questi motivi appare ancora attuale ricordare l’epopea di Umberto Nobile,
che oltre ottanta anni fa ha sfidato i ghiacci del Polo Nord in una serie di
sperimentali missioni verso l’ignoto. Egli non solo ha fatto una mirabile
impresa scientifica di carattere internazionale, ma ha contribuito a dare quel
lustro aviatorio afascista all’Italia, poi confermato dalle più propagandante
imprese oceaniche di Italo Balbo.
Nell’affascinante
cornice di Villa Celimontana, all’interno della deliziosa sede della Società
Geografica Italiana nel Palazzetto Mattei, ha avuto luogo nel pomeriggio del 12
aprile 2010 una ricorrenza molto speciale. Infatti in questa circostanza si è
voluto ricordare non solo la pirotecnica impresa di Nobile e dei suoi
collaboratori datata 1928, ma anche la ripetizione sullo stesso tracciato della
medesima, avvenuta nel maggio del 1997, ad opera del personale delle Forze
Armate italiane.
La cerimonia è
stata anche l’occasione per conferire al generale Vincenzo Camporini, capo di
Stato Maggiore della Difesa, una targa ricordo della missione del 1997 in cui proprio lui ha
rivestito il ruolo che fu di Nobile nell’impresa originale, a cui facevano
parte elementi della Regia Aeronautica, della Regia Marina e addirittura degli
Alpini. Difatti dopo l’introduzione di Franco Salvatori, presidente della
Società ospitante la manifestazione, proprio Camporini ha voluto inquadrare
l’attualità dello sforzo interforze nei contesti più disparati. Come nel
passato, la cooperazione tra diverse amministrazioni della Difesa italiana
permettono al Paese di garantire una credibilità internazionale d’eccellenza
sia in campo tecnico, che in quello operativo. Camporini, fautore assiduo della
cooperazione interforze, ne ha così voluto ribadire la validità, tra l’altro
ripresa anche dal successivo relatore, il generale di divisione Antonio De
Vita, comandante dell’Istituto Geografico Militare.
Il pomeriggio
si è concluso con il resoconto del prof. Carlo Barbieri, esperto nelle
tematiche legate alle esplorazioni e alle scoperte scientifiche. Egli ha
raccontato nel dettaglio, essendone stato membro, la genesi e lo sviluppo della
missione del 1997 in
cui il desiderio di recuperare lo spirito pionieristico d’un tempo non era
secondario al tentativo di voler ricercare la fedele rievocazione storica.
Sebbene il mezzo utilizzato fosse un innovativo BR 1150 Atlantic del 41° Stormo
dell’Aeronautica Italiana, non è mai mancata la ricerca e l’impegno profuso per
rendere il clima dell’equipaggio più simile possibile a quello del dirigibile
“Italia”.
Solo in questo
modo va intesa la tappa intermedia a Antoya, il passaggio sul pack del Polo e
il transito sul luogo dove si schiantò il dirigibile “Italia”. Come ovvio le
autorità norvegesi hanno garantito ampia collaborazione e rivolto largo plauso
per questa iniziativa, che ha così testimoniato la rinnovata attenzione verso
questo tipo di operazioni, molto spesso dimenticate dai media.
In effetti
Nobile, per quanto protagonista di primo piano dell’aviazione italiana, ha
sempre sofferto nell’ombra del ministro fascista Balbo. Per quanto promosso per
la prima spedizione del 1926 maggior generale del genio aeronautico, Nobile –
anche perché avverso al regime – non incarnava lo spirito innovatore che
Mussolini voleva rappresentare con l’Arma azzurra. L’interesse verso mezzi,
giudicati superati come il dirigibile, portarono Nobile ad essere
marginalizzato, tanto che al momento dell’invio dei soccorsi internazionali
verso la cosiddetta «Tenda rossa» la sola Italia rimase inattiva e disinteressata al
destino degli uomini della spedizione, tanto che una volta rientrati, lo stesso
comandante fu oggetto di inchieste per la sua negligenza tecnica e militare.
Oggi in modo sereno questa storia ormai è ampiamente
conosciuta, offrendo al meglio una figura genuina in cui se l’Italia è Patria
di navigatori, santi, poeti e trasmigratori, Umberto Nobile rappresenta la
quintessenza
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