APPROFONDIMENTI
Relazione sulla Forza di
Spedizione brasiliana
nella seconda guerra
mondiale
Parlare del Brasile nella 2ª guerra mondiale può suonare
strano, ma si tratta di un argomento ad oggi sconosciuto ai più, anche alcuni
storici ne sanno poco e, spesso, in maniera errata.
Partiamo dal coinvolgimento del Brasile nella guerra e di
come questo è avvenuto.
Le cronache e la storiografia evidenziano come sia stato
l’affondamento di 32 navi mercantili sulle coste del Brasile a scatenare la
rivolta popolare che indusse il governo di Vargas a dichiarare guerra il 22
agosto 1942.
Bisogna però fare un passo indietro nel tempo di quasi un
decennio e considerare come nel paese sudamericano esistesse un partito nazista
tra i piu forti del globo, e colonie italiane e tedesche radicate sul
territorio con tradizioni e legami con la patria molto forti.
Questo portava anche a scambi economici e relazioni
diplomatiche intense, tanto che il vice- presidente brasiliano Francisco Campos
era in stretta relazione con Karl Ritter, Ambasciatore della Germania in
Brasile, con cui stava lavorando al Patto Anticomintern per la soppressione del
comunismo.
Il passaggio da Campos ad Osvaldo Aranha nelle simpatie di
Vargas nei primi anni 40 fece cambiare la direzione e la posizione del Brasile
riguardo al conflitto, anche alimentato dal fatto che gli Stati Uniti vedevano
nel promontorio del nordest del Brasile, la punta di Natal, una base di
partenza ottima per sorvolare l’atlantico, ed anche una possibile minaccia come
punto di invasione delle americhe da parte delle forze naziste, supportate
dalle colonie di immigrati già citate.
Da considerare che sono state trovate le prove di un attacco
alla baia di todos os Santos, a Salvador, proprio da parte dei sommergibili del
Fuhrer e che l’operazione non si è
concretizzata per piccoli dettagli.
Dunque il Brasile si vede costretto ad entrare in guerra,
pressato dal popolo e da Roosvelt che praticamente intimò a Vargas la
collaborazione, fosse forzata o meno, e quindi il Paese si trovò catapultato nel
conflitto.
Quale poteva essere l’apporto di un paese agricolo,
totalmente fuori da dinamiche espansionistiche dove, già allora la convivenza pacifica di
innumerevoli razze regnava in una popolazione pacifica e tollerante.
Sicuramente, oltre alla posizione strategica di Natal,
c’erano l’apporto di uomi, di cereali, di carne, prodotti in larga scala in
Brasile e soprattutto della gomma, che sarebbe servita ad equipaggiare grande
parte dei veicoli alleati.
L’America aveva richiesto 3 divisioni, circa centomila
uomini, ad un paese che aveva un esercito di 60.000 unità, quindi dopo varie
diatribe interne, il rifiuto di 4 generali dell’esercito a mettersi al comando
di tale operazione che pareva a tutti come un preannunciato insuccesso il
Generale Mascarenhas de Moraes prese le redini della 1ª Divisione di fanteria
spedizionaria, la 1^DIE.
Vennero formati i reggimenti 1º 6º e 11º provenienti dalla
Capitale (allora Rio de Janeiro), da São Paulo e dallo stato di Minas Gerais.
Oltre a questi vennero reclutati il 9º battaglione di ingegneria, dal Mato
Grosso do Sul, il battaglione del
servizio medico e infermieristico da Valença, Stato di Rio de Janeiro. Tutti
questi reggimenti furono addestrati con tecniche di guerra alla francese, dalla
scuola di Saint Cyr che predominava nell’esercito.
Il primi a partire nel luglio del 44 furono i soldati del 6º
comandati dal Generale Zenobio da Costa
ed i primi combattimenti avvennero in Toscana nelle citta di Massarosa,
Camaiore, monte prano e poi la valle del Serchio fino a Barga.
Dall’inizio di novembre, dopo la conferenza della Futa, le
truppe brasiliane vennero spostate sul settore centro-occidentale della Linea
Gotica, tra le città di Lizzano in Belvedere e Vergato.
In questa area i soldati brasiliani combatterono le grandi
battaglie che hanno lasciato un segno indelebile nella storia: Monte Castello,
Castelnuovo, Montese sono state tra le pagine più fulgide della storia militare
del Brasile.
Dopo una iniziale fase di difficoltà in cui i brasiliani
collezionarono una serie di insuccessi nell’attacco al Monte castello, che
passò ad essere soprannominato montagna maledatta, e dove anche i soldati
americani avevano fallito, i brasiliani presero confidenza con le armi e le
tattiche di guerra molto diverse da quelle apprese in Brasile. L’inclemenza
dell’inverno fece comunque slittare le operazioni al febbraio del 45 quando la
5 armata, di cui la FEB faceva parte, scatenò il piano encore ed i brasiliani
ebbero finalmente la migliore sul famigerato monte Castello.
Poi vennero le vittorie di Castelnuovo, ancora in valle di
Reno, e poi la conquista di Montese aprì la strada dell’ultima linea del
sistema di fortificazioni noto come linea gotica.
Quest’ultima tagliava l’Italia in senso trasvesale, da esta
ad ovest e sfruttava le alture dell’appennino Tosco-Emiliano che offrono un
ottimo sbarramento; era formata da un sistema difensivo con 3.604 trincee,
2.375 postazioni per mitragliatrice, 479 piazzole per cannone 16.606 postazioni
per tiratori scelti, il tutto difeso con 8.944 km di fossati anticarro 117 km
di reticolati e quasi 100.000 mine antiuomo e anticarro. Venne realizzata a
partire dalla data dell’armistizio successivo all’invasione da parte delle
truppe alleate della Sicilia.
La vittoria di Montese avrebbe aperto le porte della valle
del Panaro e da li a pochi giorni la pianura padana venne invasa dagli alleati
con i tedeschi in fuga e tentando di riorganizzare una nuova linea difensava
sulle rive del Po.
I brasiliani, che invece di puntare verso Bologna vennero
direzionati, dopo Montese, su Zocca e Modena, proseguirono sulla pedemontana,
liberando da Vignola a Collecchio una serie interminabile di cittadine e vittà,
tra le quali spicca Maranello, Sassuolo, Formigine, Quattro Castella.
Ma fu tra Collecchio e Fornovo di Taro che le truppe
brasiliane scrissero una nuova pagina di gloria: trattarono ed ottennero la
resa incondizionata di una intera divisione di Tedeschi, la 148ª, e di quello
che rimaneva delle grandi divisioni italiane San Marco e Italia. Vennero
catturati circa 15mila soldati, oltre a 870 ufficiali e due Generali dell’asse:
Carloni, reduce dalla campagna di russia ed Otto Fretter Pico comandante della
Divisione tedesca.
L’azione della FEB si spinse poi verso Piacenza, Voghera,
Tortona, Alessandria, Torino fino ad arrivare nella val di Susa e ancora fino
al confine con la Francia, dove difesero i confini dell’Italia da un tentativo
di appropriazione da parte delle truppe francesi.
Dopo la vittoria, i brasiliani vennero rimpatriati nel giro
di pochi mesi e la loro permanenza nella Penisola durò mediamente poco meno di
un anno. Quando arrivarono in patria vennero sparpagliati nel vasto territorio
di un paese molto grande, dimenticati e, in parecchi casi, lasciati al proprio
destino che per alcuni fu veramente infausto.
Le vicende dei Veterani nel dopoguerra dovrebbero essere
oggetto di studio visto la totale mancanza di attenzione da parte dei vari
governi che si sono succeduti alla guida del Paese.
All’oblio quasi totale in patria si contrappone, soprattutto
dal 1995 fino ai nostri giorni, l’interesse in Italia verso questi soldati che
seppero entrare nei cuori delle persone con le quali vennero a contatto e che
ancora oggi ricordano quei soldati con molto affetto, rispetto e ammirazione.
Questi sentimenti si sono tradotti in un tributo visibile in loco sotto forma
di monumenti, lapidi, cippi e musei.
Di fatto i brasiliani seppero portare in quello scenario
tragico della linea gotica un sorriso, una stretta di mano, un po’ di musica,
la giovialità sconosciuta, purtroppo, ad altri eserciti concentrati così tanto
sul vincere le battaglie da dimenticarsi che stavano combattendo per la gente
ed in mezzo alla gente dell’appennino tosco-emiliano, affamata da 20 anni di
dittatura e ridotta in condizioni estreme dal passaggio della guerra vissuta
sulla pelle.
Non ho parlato di guerra e di quello che i brasiliani hanno
sofferto per adattarsi alle armi ed agli equipaggiamenti che erano totalmente
nuovi, rispetto a quelli usati in patria, e che molte volte l’apprendistato era
fatto sulla linea di fuoco del fronte, dinanzi al nemico in posizione
favorevole e dotato di tecnica ed armi nettamente superiori a quelle usate dai
brasiliani.
Ancora di più però i soldati carioca erano penalizzati sotto
l’aspetto climatico: ci possiamo solo immaginare lo stupore che questo causò
nei ragazzi venuti dal Sudamerica, catapultati in una situazione totalmente
disastrata e, termicamente, ostile e per molti di loro invivibile. Molti
Veterani che ho conosciuto ammettevano candidamente di aver avuto più paura del
freddo che dei nemici. Ed il freddo causò un grande numero di problemi alle vie
respiratorie ed innuerevoli furono le amputazioni a causa del congelamento,
sopratutto degli arti inferiori.
Il loro simbolo di guerra era particolare, e rispecchiava lo
spirito con il quale i brasiliani stavano affrontando il conflitto: un serpente
che fuma la pipa, in risposta a quanti dicevano che era piu facile che un cobra
(serpente in portoghese) fumasse la pipa, piuttosto che i soldati brasiliani si
imbarcassero per lottare contro la tirania che voleva soggiogare il mondo. E
quando i carioca arrivarono sulla linea gotica, A COBRA FUMOU (il serpente
fumò).
* Vice Presidente della Federazione Provinciale di Pistoia
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