Dino Parri, Marizio Parri, Il Giuramento. Generale ad El Alamein. Prigionieri in America
(1942-1945), Milano, Mursia, 2009, 400 ppEuro 22.00,
“Un generale di brigata del regio esercito partecipa, sempre in prima
linea, all’ultima offensiva italo-tedesca in Africa Settentrionale nell’estate
del 1942 ed è fatto prigioniero ad El Alamein. Privato di ogni autorità,
continua a combattere contro le armi della guerra psicologica americana che
cercano di costringerlo a smettere di essere quello che sempre è stato: un
soldato italiano. L’8 settembre 1943 è posto davanti a scelte impegnative.
Rifiuta l’idea che la Patria sia morta. Cerca invece di salvarla nell’unico
modo che gli è possibile continuano a
crederci. Riafferma la propria lealtà ad un giuramento dal quale nessuno lo
aveva sciolto. Entra in urto con superiori e colleghi più inclini ad adattarsi
alla nuova realtà e che, una volta rientrato in Italia, gli faranno pagare il
conto in modo subdolo”. Una presentazione forte in un volume che è di
estremo interesse per comprendere aspetti importati della prigionia in mano
agli Stati Uniti, che non è stata tutto rose e fiori; ed ancora più
interessante per avere luce e spunti di quegli anni terribili che furono quelli
del secondo dopoguerra, dove accanto a volontà di rinnovamento apprezzabili, vi
era la lotta nascosta per nascondere il proprio passato e presentarsi nella
luce più idonea per essere accettati. Il volume è corredato da una importante
appendice in cui si mostra come sono stati organizzati i prigionieri italiani
in mano agli Stati Uniti, un contributo molto interessante sulla prigionia a
stele e strisce; altro dato apprezzabile le ricchissime note ai corposi
capitoli, che permetto di penetrare la situazione reale di quegli anni
terribili; interessante anche la parte iconografica, che riporta la situazione
del campo di Monticello nei dettagli. Un'altra interessante caratteristica di
questo volume, ed è per questo che è valido nell’ottica della conoscenza della prigionia
italiana in mano statunitense, che senza mai affrontarlo in modo diretto, fa
emergere chiaramente la scelta americana dell’uso dei prigionieri come mano
d’opera (tutte le Nazioni in guerra erano “affamate di mano d’opera); per
questo tutta l’attenzione era focalizzata sulla truppa e sui sottufficiali; gli
ufficiali, soprattutto di grado elevato, erano, agli occhi degli americani
“inutili” e quindi lasciati in disparte e poco considerati. Un atteggiamento
psicologico rilevante che incise non poco in questa prigionia. L bibliografia è
essenziale, curata e mirata. Un volume scritto con il cuore, esempio veramente
degno di nota come, pur in un ambito famigliare ed affettivo, si preserva la
Memoria.
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