APPROFONDIMENTI
Richiesta di risarcimento da
parte di ex prigionieri di guerra italiani
La posizione del Governo britannico in
merito alle richieste di risarcimento da parte di ex prigionieri di guerra
italiani
Premessa.
In seguito all'annuncio da parte del
Governo tedesco di un programma di risarcimento a favore delle vittime del
nazismo, comprese le persone che furono sottoposte a lavori forzati per il
regime nazista in condizioni disumane di schiavitù, i media italiani si sono
interessati alla questione del risarcimento non solo per tali persone ma anche
per i militari italiani che, dopo essere stati catturati dagli Alleati, hanno
lavorato per loro con lo status di prigionieri di guerra. La risonanza data
alla questione dai media ha portato molti ex combattenti italiani, detenuti
come prigionieri di guerra delle Autorità britanniche durante la guerra, a
presentare richieste di indennizzo per il loro periodo di prigionia. Qui di
seguito si spiega la posizione del Governo britannico a tale proposito.
Programma di risarcimento del Governo
tedesco.
Il programma di risarcimento tedesco è
destinato a quelle persone - di varie nazionalità e quasi tutte civili - che
furono sottoposte a lavori forzati dal regime nazista, spesso dopo essere state
deportate dai propri Paesi in Germania o in regioni da essa occupate. Queste
persone lavorarono senza alcuna rimunerazione e vissero in condizioni di
schiavitù particolarmente dure e disumane; fra di loro il tasso di mortalità fu
altissimo a causa della malnutrizione, della totale mancanza di assistenza
medica, dell'esaurimento fisico e dei maltrattamenti. Non avendo lo status di
prigionieri di guerra, non erano protette dalla Convenzione di Ginevra,
l’accordo internazionale del 1929 che regola il trattamento dei prigionieri di
guerra, né beneficiavano della protezione e dell'assistenza della Croce Rossa
Internazionale o della "Potenza Protettrice" neutrale (la Svizzera).
E’ opportuno sottolineare che il programma di risarcimento tedesco non prevede
alcun indennizzo per i militari detenuti dalle Autorità tedesche con lo status
di prigionieri di guerra.
Militari italiani detenuti dal Regno
Unito come prigionieri di guerra
Generalità.
Durante la seconda guerra mondiale, le
Autorità britanniche osservarono la Convenzione di Ginevra nel loro trattamento
dei militari nemici catturati e detenuti come prigionieri di guerra. Essi
ricevevano razioni alimentari, capi di vestiario e una piccola "paga"
la cui entità variava a seconda che il prigioniero lavorasse o meno. I campi
britannici erano soggetti ad ispezioni da parte della Croce Rossa
Internazionale e della "Potenza Protettrice" neutrale (la Svizzera).
Tali ispezioni servivano a fare in modo che trattamenti scorretti o strutture
inadatte non sfuggissero all'attenzione e alla censura delle Autorità e che vi
si ponesse rimedio ove possibile. Il Governo britannico non ritiene che il
trattamento riservato ai militari detenuti nei campi britannici con lo status
di prigionieri di guerra nel pieno rispetto della Convenzione di Ginevra possa
essere assimilato in alcun modo al trattamento riservato ai civili sottoposti a
lavori forzati e tenuti in condizioni di schiavitù dal regime nazista, né
ritiene che le condizioni di vita nei campi britannici possano essere
paragonate a quelle esistenti nei campi tedeschi.
Rimunerazione da parte del proprio
Governo.
I prigionieri di guerra di tutte le
nazionalità accumulavano la loro paga presso il proprio Governo come membri
delle proprie Forze Armate durante il periodo di tempo trascorso nei campi di
prigionia nemici; al loro rilascio, avrebbero dovuto ricevere dal loro Governo
gli arretrati di paga accumulati negli anni di prigionia, meno eventuali
versamenti ricevuti in quegli anni (vedere paragrafo c qui sotto). Tutti i
prigionieri di guerra italiani avrebbero dovuto ricevere gli arretrati di paga
loro dovuti dalle Autorità italiane alla fine del conflitto e avrebbero dovuto
risolvere qualsiasi questione rimasta in sospeso allora, con le Autorità
italiane. Il Regno Unito non ha alcuna responsabilità per quanto riguarda la
rimunerazione dei militari italiani da parte del loro Governo nel caso in cui
questa non fosse avvenuta.
Ufficiali e Personale Protetto
(Personale medico/cappellani).
Secondo la Convenzione di Ginevra, gli
Ufficiali e le cosiddette Persone Protette (ossia personale medico e
cappellani) detenuti nei campi di prigionia non erano tenuti a lavorare per le
Autorità che li detenevano; inoltre, tali Autorità dovevano fornire loro delle
piccole somme di denaro per permettere loro di sostenere eventuali oneri
imposti nei campi come quelli della mensa (che gli Ufficiali erano tenuti a
pagare), nonché di acquistare i piccoli articoli disponibili negli spacci dei
campi. Le Autorità britanniche osservarono tali disposizioni. L'importo delle
somme versate agli Ufficiali/Persone Protette italiani era definito da accordi
fra le Autorità britanniche e quelle italiane in modo che il Governo italiano
potesse calcolare le somme versate loro dalle Autorità britanniche ed apportare
le necessarie modifiche agli arretrati di paga dovuti loro in patria.
Militari di grado inferiore ad
Ufficiale.
Secondo la Convenzione di Ginevra, i
militari che non erano né Ufficiali né Persone Protette avevano l’obbligo di
lavorare per la Potenza che li deteneva. Quasi tutti i Paesi belligeranti della
seconda guerra mondiale - compreso il Regno Unito - impiegarono i loro
prigionieri in questo modo. Tutti i prigionieri di guerra italiani detenuti
dalle Autorità britanniche ricevettero un compenso per il lavoro svolto (in
denaro o in buoni utilizzabili nei campi); l’entità del compenso dipendeva dal
tipo di lavoro svolto e dal numero di ore lavorate. Tali compensi furono
versati in aggiunta alla paga dovuta ai militari da parte del proprio Governo come
membri delle proprie Forze Armate.
Cooperatori.
Dopo la resa dell'Italia nell'autunno
del 1943 e la sua adesione alla causa Alleata come cobelligerante, le Autorità
britanniche offrirono ai prigionieri italiani la possibilità di diventare
"Cooperatori". Anche se formalmente erano sempre dei prigionieri di
guerra, ai Cooperatori furono riservati privilegi sostanziali in termini di
paga e di libertà di movimento al di fuori dei campi di prigionia. Circa il 60%
dei prigionieri decise di diventare "Cooperatore" e lavorò fino al
suo rimpatrio dopo la fine del conflitto.
Liquidazione alla fine della guerra.
Al momento del congedo dalle Forze
Armate italiane, i militari italiani avrebbero dovuto ricevere dal proprio
Governo gli arretrati di paga accumulati negli anni di servizio, compresi anche
i periodi trascorsi come prigionieri di guerra. Secondo accordi fra il Governo
italiano e quello britannico, qualsiasi problema in merito a saldi o arretrati
- anche relativamente al lavoro svolto durante la prigionia - avrebbe dovuto
essere risolto subito dopo il congedo, con le Autorità italiane. E’ opportuno
ricordare inoltre che, secondo le condizioni del Trattato di Pace firmato dagli
Alleati e dall’Italia nel 1947, l’Italia ha rinunciato a qualsiasi reclamo o
richiesta di indennizzo di qualsiasi natura da parte del Governo o dei singoli
cittadini italiani nei confronti dei Paesi Alleati. Tale rinuncia comprende
qualsiasi richiesta di indennizzo da parte dei prigionieri di guerra italiani
detenuti nei campi alleati secondo la Convenzione di Ginevra.
Conclusione.
In base alle considerazioni di cui
sopra, il Governo britannico non ritiene fondata nessuna richiesta di
risarcimento ad esso presentata da parte dei prigionieri di guerra.
centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
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