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martedì 24 gennaio 2017

Lanzarotto Malocello. Ulteriori ricerche

DIBATTITI
RIFLESSIONI
SU UN VOLTO IGNOTO

ALFONSO LICATA e FERNANDO ACITELLI

Che da un volto non si possa risalire ad un’identità, lascia l’animo in tormento. Vorremmo che ogni busto, anche scheggiato, almeno di quel tempo antico che è a noi più familiare, ovvero il greco-romano, mostrasse, nel cartiglio, un nome. Di quel volto non chiederemmo gli antenati e neppure i nomi dei genitori ma ci accontenteremmo di quel nome. Se questo accade, sembra tutto in ordine e la nostra inquietudine subito si placa: dunque quel busto possiede un nome e questo fatto, subito, ci infonde coraggio. Quei tratti, di uomo o di donna, così egregiamente esposti nel marmo – pario o pentelico – ci parlano proprio in virtù di quel nome che è alla base del busto. Allora la nostra memoria, entrando in azione, elabora immagini e noi diveniamo, non proprio inconsapevolmente, custodi di nomi o, per meglio dire, di esistenze. Le possiamo ripetere a noi stessi o anche citarle a chi condivide il nostro tempo, magari svelando il luogo dove abbiamo visto quei busti con tanto di nome sotto, nel cartiglio. L’identità svelata si fa amicizia. Basta un nome e così, tra noi ed il busto, è l’amicizia ad imporsi. Il busto diviene uno di famiglia, e possiamo citarlo ad ogni momento. Quale differenza quando da un busto con cartiglio e nome, magari di Germanico o di Agrippina minore, passiamo alla semplice rappresentazione di tipi umani, come ad esempio volto di pugile, volto di rétore, volto di giovinetto, volto di filosofo. Manca in essi più di qualcosa, manca il nome, ovvero l’esile elemento dell’identità che in molti casi ci aiuta a vivere e smuove subito la mente per archiviare quell’esistenza. La storia ci riserva molte sorprese e questo non soltanto da un punto di vista archeologico con nuovi tesori ad emergere in punti ritenuti impensabili, ma anche come mancanza di dati su alcune figure che hanno indubbiamente detto la loro quando ne fu tempo. E’ il caso del navigatore Lanzarotto Malocello il cui volto non è neppure accennato. Per lui non avremmo preteso un busto ma almeno un disegno dei suoi tratti. E com’è possibile che di un navigatore, anzi, di colui che nel 1312 a bordo d’una nave – o più navi – superò le Colonne d’Ercole raggiungendo le isole Canarie, non si possegga un riferimento, sia pure minimo, del suo volto? Nessuno s’occupò di lui oppure fu proprio lui che non lo ritenne necessario. E così, quando arriviamo dinanzi al suo nome, il silenzio si fa fragore. Avendo perlustrato, per quello che era possibile, la traiettoria della sua vita, ebbene, nulla è uscito fuori del suo volto e così il Malocello è un pensiero forte ma trova la sua fragilità proprio nella mancanza d’un busto o d’un disegno che possa svelarci i tratti. Egli rappresenta esattamente il contrario di quanto abbiamo detto in precedenza a proposito di quei volti anonimi bene allineati nelle sale di museo, cioè volto di vecchio, volto di filosofo, volto di giovinetto. In questo caso c’è il busto e a mancare è il nome, ovvero l’identità. Nel caso di Lanzarotto Malocello il nome storicamente brilla ma i tratti del viso sono in quell’altrove che spesso osiamo definire nulla. Se torniamo nel nostro museo abituale, quello che ci conforta, cioè quello che è riferibile al mondo romano, possiamo imbatterci in statue di Cicerone, di Caligola, di Nerone, di Ottavia, di Adriano e di sua moglie Lavinia (e addirittura dell’amante dell’imperatore, Antinoo). Ma dentro di noi, sebbene lontani, ci urlano anche i busti di Omero, di Pericle, di Demostene, di Aristotele, di Alessandro Magno, di Plotino… Ebbene, passano mille e più anni e invece di quietarci con una ritrattistica certa, ecco che i volti che c’interessano e per i quali abbiamo speso con gioia molto del nostro tempo, sono assenti, non rintracciabili, mai scolpiti né disegnati. Il nostro stupore è al sommo e non sappiamo rassegnarci e allora mettiamo in campo tutte operazioni di supporto, di sostegno per Malocello e innanzitutto lavoriamo di fantasia dipingendone noi i tratti interiormente e donandogli quanto era della sua epoca avendo visto e incontrato molti tipi umani. Ecco allora che è stata nostra l’idea di una medaglia, d’un flash medievale in bronzo su cui aggrapparci. E ciò per colmare questa lacuna e dare ad ognuno la possibilità di riconoscerlo tra la folla della Storia. E’ nostra l’unica immagine, più sognata che vera, ma non per questo meno attendibile. Sapevamo di capigliature e abbigliamento in giovani uomini di quei secoli – il XIII e il XIV – e allora ci siamo lasciati andare, per così dire, ovvero abbiamo “inciso” quanto ci sembrava giusto, corretto e bene addentro in quel tempo storico. Poi la traiettoria: Genova-Isole Canarie. E’ questa la nostra salvezza a proposito di Lanzarotto Malocello. In mancanza del suo volto non possiamo che rivolgerci alla sua splendida azione personale, quella che, di fatto lo storicizza. Di questa traiettoria che poi, metafisicamente, è quella di ognuno di noi, sappiamo abbastanza per poter sentire amicizia nei suoi confronti, proprio quel sentimento che avvertiamo quando in un museo, il cartiglio sotto un volto di marmo ci avvisa essere quello il busto dell’imperatore Nerva, Traiano, Caracalla e suo fratello Geta. Che gioia con Caracalla! Esistono addirittura i volti dei suoi genitori, Settimio Severo e Giulia Domna ed essi sono visibili e sicuramente li toccheremmo se non vi fosse il sistema d’allarme…! Il poeta, il filosofo pongono continuamente domande ed una in particolare nel caso di specie: e se oltre al volto di Lanzarotto Malocello vi fossero anche quelli dei suoi genitori, di quanto aumenterebbe la nostra gioia? Non rispondiamo per non abusare di aggettivi e superlativi. Contentiamoci di sapere che Malocello si mise per mare perché la vita di tutti i giorni non gli bastava e di sicuro cercava in quell’ignoto del mare qualcos’altro, cioè il luogo dove l’orizzonte coincideva con il cielo e lì, forse, sarebbe stato possibile poter, se non scovare, almeno sentire l’odore (la sostanza) di Dio.


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