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mercoledì 10 maggio 2023

Riflessioni sulla Grande Guerra. Nota dell'Autore

          


La preparazione del Dizionario minimo della Grande Guerra, con la sua raccolta di materiali, predisposizione e interpretazione svolto secondo il Metodo Storico, ha portato come conseguenza ad un ulteriore progetto che raccogliesse gli studi, le interpretazioni e gli scritti che si sono sviluppati come presentazione e come esposizione del predetto Dizionario. Si sono così create le premesse per queste “Riflessioni sulla Grande Guerra” che sono state strutturate in tre volumi, in cui nel primo si è dibattuto della posizione politica dell’Italia nel 1914, in cui la linea di riflessione è stata quella incentrata sul dato che l’Austria, come naturale prosecuzione della sua linea antitaliana dovuta alle vicende risorgimentali e la Germania per valutazione oggettiva della propria potenza, escludessero  l’Italia nella loro azione di assalto agli equilibri europei. Di contro, nella ipotesi che sia stata la Gran Bretagna, in concerto con la Russia, a provocare il conflitto generale, l’Italia era separata per indebolire il fronte nemico. In pratica la posizione dell’Italia fu determinata da altri, non fu scelta da Roma.

Nel secondo volume sono riportate riflessioni sulla condotta della guerra, in cui entrammo impreparati proprio per volontà altrui, e in cui adottammo criteri operativi e di impiego adottati da tutti, ovvero la guerra di logoramento. Non ci si è perduti dietro le valutazioni di maniera per Caporetto, che è una semplice battaglia perduta e basta, ma si sono sottolineate le azioni che permisero a rimediare a questa sconfitta soprattutto con la Battaglia di Arresto del novembre 1917, che è la chiave di volta per comprendere tutta la nostra guerra ed il dopoguerra. Abbiamo voluto focalizzare il dato che è stata l’Italia, sulla base dei dati oggettivi e dal punto di vista militare, che ha determinato la fine della Grande Guerra e la sconfitta, per “debellatio” dell’Austria, ovvero la vittoria sul campo, e quindi la resa della Germania evitando un altro anno di guerra, e rendendo inutile l’intervento americano. Una realizzazione elaborata dai nostri generali che, se accettata nel 1917, avrebbe posto fine alla guerra, con i medesimi risultati, un anno prima, progetto strategico che non fu preso in nessuna considerazione dagli Alleati, soprattutto francesi. Da qui la asserzione che i generali italiani della Grande Guerra siano stati all’altezza dei solo colleghi degli altri eserciti e che. in qualche caso, anche migliori.

Una cosa occorre sottolineare: il fascismo si è appropriato, in maniera indebita e senza pudore, dei simboli, delle gesta e dei contenuti militari della Grande Guerra, per accreditarsi, in quanto come movimento, era vuoto di idee e contenuti. Questa appropriazione fa sì che, crollato il fascismo, tutto quello di cui si è appropriato è stato bollato negativamente e rigettato. In realtà le gesta, i significati, i contenuti della Grande Guerra è patrimonio della tradizione militare italiana, e di tutti gli italiani. Un esempio per tutti: la costituzione degli Arditi, dovuta al fatto che l’Italia povera di industrie ed energia, l’aveva escogita lì dove le vere Potenze avevano scelto il carro armato, oggi è negata. Il fascismo si è appropriato di tutto. Ora parlare di Arditi significa parlare di fascismo, con quello che ne consegue. Molte riflessioni che si possono fare possono essere male interpretate in quando in varia misura fatte proprie nel primo dopoguerra dal fascismo stesso. Gli autori avvertono già nell’aria il giudizio degli ippopotami culturali, una parte che esalta ed una parte che condanna.

Peraltro lo stesso processo è presente nella Guerra di Liberazione, condotta da tutti gli italiani, ma che una parte sé ne è appropriata, quella comunista. La Resistenza è stata fatta dai comunisti. Scomparsi questi, scompare la resistenza. È noto che quanto una parte si appropria del tutto, il tutto scompare. Oggi quei due anni 1943-1945 fondanti della nostra Repubblica e del raccordo con i valori del primo risorgimento stanno scomparendo, con evidenti risultati politico ma soprattutto etico-morali che tutti abbiamo sotto gli occhi. Possiamo dire questo in quanto vediamo queste cose nella preparazione del Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione in cui si ripresentano le stesse situazioni e derive, pur nella contestualizzazione storica diversa.

 

Faremo molta cura, nel sentire le critiche che accettiamo sulle nostre riflessioni sulla Grande Guerra, nella speranza che siano critiche pregne di queste due ideologie, falliste la prova della storia entrambe, che hanno segnato il secolo scorso e che sarebbe ora di superare.

Infine nel terzo volume si è voluto dare spazio alle figure dei Capi di Stato Maggiore della Grande Guerra, Luigi Cadorna e Armando Diaz, il primo solo ultimamente in parte rivalutato, e si è voluto riportare in modo antologico i generali italiani, i veri artifici della Vittoria, ed i loro incarichi ricoperti nei Comandi a livello di Armata e di Corpo d’Armata.           (Massimo Coltrinari)                                                                                           

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