DIBATTITI
Si riporta il paragrafo relativo
al concetto di Storia Militare cosi come inteso nella sinossi
per il Master di 1° Livello al punto in cui si espone
la Teoria e la Tecnica procedurale
del Metodo Storico
La storia militare è una storia
speciale perché suo oggetto sono eventi militari del passato che essa tende a
ricostruire nel loro svolgimento e a narrare esprimendo un giudizio.
Essa è innescata primariamente
dagli specifici bisogni di una particolare categoria - i militari – al pari di altre categorie –
diplomatici, economisti, scienziati,
ecc.- ed attuata mediante la selezione dei fatti e l’utilizzazione di
specifiche competenze.
L’enucleazione degli eventi
militari dal contesto dello sviluppo storico appare in contraddizione con la
già asserita sostanziale unitarietà della storia. Infatti anche se si è soliti
parlare di storia civile, storia economica, storia diplomatica, storia delle scienze, storia militare, nella realtà
la storia è una e il suddividerla in classi costituisce soltanto un artifizio
pratico ed una esigenza della mente.
Dato per acquisito che esiste
una sola storia, si evidenzia che non sarà mai possibile interpretare
rettamente le vicende militari di una data epoca senza riferirsi alle
condizioni spirituali e materiali della
società contemporanea così come per
converso non si potrà mai comprendere l’evoluzione di quest’ultima qualora non
si tenga contro dell’influsso esercitato sulla vita dagli avvenimenti militari.
Per evitare visioni falsate,
conclusioni deformate, occorre porre il particolare in relazione con il
generale; i fatti militari non vanno considerati in sé, ma sono da porsi in
relazione con la vita politica, economica, sociale, culturale di una Nazione e
dell’epoca in cui si verificarono.
E’ il concetto di relazione, che
distingue ma non separa, a consentirci di superare l’intrinseca contraddizione
esistente fra storia militare e storia senza specificazioni.[1]
Il concetto fu chiaramente
espresso dal Marselli, già titolare della Cattedra di Storia Militare della
Scuola di Guerra dell’Esercito tra il 1880 e il 1890, il quale affermò che
nell’indagine sui fatti militari del passato, che naturalmente devono essere di
una certa consistenza, occorre aggiungere un di più. “questo di più consiste nel porre la storia militare in relazione alla
generale, la milizia alla civiltà….”[2]
Da ciò si può affermare il carattere non primario ma complementare che nella
storiografia militare deve avere l’esposizione degli aspetti non militari della
questione esaminata. In caso diverso si avrebbe la distorsione della sua
fisionomia e l’annullamento della sua autonomia.[3]
Si arriva quindi a dimostrare che la storia
militare non può porre a propria materia soltanto gli eventi bellici. Infatti
acquisito il concetto di svolgimento; dalla conquistata verità che la guerra è
la continuazione della politica, pur se con altri mezzi, anche con tutte le
riserve che possiamo avanzare su questo punto; dalla constatazione che la
politica militare seguita e la preparazione in ogni campo cui un Paese è
assoggettato in tempo cosiddetto di pace sono determinanti per la condotta di
una guerra classica, è evidente che la storia militare non può, come detto,
porre a propria materia soltanto gli eventi bellici, come comunemente si crede
o si vuol credere. Deve propria attenzione anche a quei fatti e a quei
problemi, meno drammatici ma ugualmente importanti che in tempo di pace
interessato e comunque coinvolgono la sfera militare. La storia militare viene
ad assumere la fisionomia di indagine dei vari aspetti di una società in una
determinata epoca, condotti da un punto di vista militare e tutti confluenti in
una prospettiva militare. Essa è solo un modo per scrivere la storia.
Ma vi sono nel nostro paese
problemi vastissimi, quasi insormontabili su questo specifico argomento (basta
vedere quanto è successo in seno alla Società di Storia Militare a cavallo del
2004 per avere una idea in qual situazione ci si dibatte) che quì non vi è lo
spazio nemmeno per accennare agli aspetti introduttivi.[4]
Massimo Coltrinari
[1] Il
concetto è esemplificato quando a proposito della 12ma battaglia dell’Isonzo,
detta di Caporetto, una questione ancora aperta per noi Italiani, la Relazione Ufficiale
Italiana testualmente scrive “Una storia,
per essere degna del suo nome e per rispondere ai dettami scientifici che la
qualificano tale non può prescindere nell’esame di Caporetto da un approfondito
studio di tutto il complesso delle condizioni del nostro Paese dopo due anni e
mezzo di guerra. Deve considerare lo stato economico dell’Italia, penetrarne la
situazione sociale; tener conto di tutti i numerosi fattori di natura politica,
con particolare riguardo al campo della politica interna ed a quello degli
sviluppi della politica estera. Deve poter inquadrare la condotta operativa di
guerra in un epoca, nella sua epoca, intesa essenzialmente come: costume,
carattere, spiritualità, concezioni morali, mentalità, forza delle tradizioni,
preparazione professionale, basi educative, senso della disciplina, principi
dottrinali d’impiego delle truppe e dei mezzi bellici” Cfr. Ministero della
Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, L’Esercito Italiano nella grande Guerra (1915-1918), Roma, Vol. IV,
Tomo 3°, pag. 17.
[2]
Marselli E., La Guerra e la sua storia, Ministero della Difesa,
Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1985.
[3] Del
Marselli è interessante anche i suoi ripetuti interventi in merito a come deve
essere insegnata la
Storia Militare negli Istituti militari. Cfr., tra i tanti
interventi, Marselli E., Intorno al corso
di storia generale inaugurato alla Scuola superiore di guerra il 9 gennaio
1968,Prelazione. Torino-Firenze, tipografia G. Cassone e comp. 1868.
[4]L’argomento
è di una vastità che supera i limiti di questo lavoro. Per sintetizzare il
problema, citiamo quanto scriveva Piero Pieri nella prefazione alla prima
edizione del suo volume “Il rinascimento
e la crisi militare italiana” Torino, Einaudi, 1952 “La storia militare ha vantato e vanta a tutt’oggi fra i militari di
professione, nomi insigni e lavori di molto pregio; ma essi si volgono in
generale alla storia degli ultimi due secoli o della prima guerra mondiale, o
sono limitati a un campo strettamente tecnico, come quelli del gen. Rocchi
sull’architettura militare italiana e quella
del gen. Maggiorotti sopra gli architetti militari italiani all’estero o
nel medio Evo e nel Rinascimento” D’altra parte “in Italia, di fronte a problemi guerreschi in genere ( e fatta
eccezione per la storia militare navale che vanta i nomi del Guglielmotti e del
Manfroni) i non militari hanno sempre oscillato, fino a non pochi anni, tra il
parlare con quella deplorevole leggerezza che è propria degli incompetenti, e
l’arretrare come pervasi da sacro terrore, quasi si trattasse di cosa da
lasciare unicamente a una eletta piccola schiera d’iniziati”. Utile al
ricordo anche dello stesso autore, “La
storia militare. La storiografia italiana negli ultimi venti anni. II,
Milano, Marzorati, 1970.
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