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venerdì 8 febbraio 2019

La Storia Militare. Il concetto adottato


DIBATTITI
Si riporta il paragrafo relativo 
al concetto di Storia Militare cosi come inteso nella sinossi
 per il Master di 1° Livello al punto in cui si espone
 la Teoria e la Tecnica procedurale 
 del Metodo Storico




La Storia Militare
La storia militare è una storia speciale perché suo oggetto sono eventi militari del passato che essa tende a ricostruire nel loro svolgimento e a narrare esprimendo un giudizio.
Essa è innescata primariamente dagli specifici bisogni di una particolare categoria  - i militari – al pari di altre categorie – diplomatici, economisti, scienziati,  ecc.- ed attuata mediante la selezione dei fatti e l’utilizzazione di specifiche competenze.

L’enucleazione degli eventi militari dal contesto dello sviluppo storico appare in contraddizione con la già asserita sostanziale unitarietà della storia. Infatti anche se si è soliti parlare di storia civile, storia economica, storia diplomatica, storia  delle scienze, storia militare, nella realtà la storia è una e il suddividerla in classi costituisce soltanto un artifizio pratico ed una esigenza della mente.

Dato per acquisito che esiste una sola storia, si evidenzia che non sarà mai possibile interpretare rettamente le vicende militari di una data epoca senza riferirsi alle condizioni spirituali e materiali  della società contemporanea  così come per converso non si potrà mai comprendere l’evoluzione di quest’ultima qualora non si tenga contro dell’influsso esercitato sulla vita dagli avvenimenti militari.

Per evitare visioni falsate, conclusioni deformate, occorre porre il particolare in relazione con il generale; i fatti militari non vanno considerati in sé, ma sono da porsi in relazione con la vita politica, economica, sociale, culturale di una Nazione e dell’epoca in cui si verificarono.
E’ il concetto di relazione, che distingue ma non separa, a consentirci di superare l’intrinseca contraddizione esistente fra storia militare e storia senza specificazioni.[1]
Il concetto fu chiaramente espresso dal Marselli, già titolare della Cattedra di Storia Militare della Scuola di Guerra dell’Esercito tra il 1880 e il 1890, il quale affermò che nell’indagine sui fatti militari del passato, che naturalmente devono essere di una certa consistenza, occorre aggiungere un di più. “questo di più consiste nel porre la storia militare in relazione alla generale, la milizia alla civiltà….”[2] Da ciò si può affermare il carattere non primario ma complementare che nella storiografia militare deve avere l’esposizione degli aspetti non militari della questione esaminata. In caso diverso si avrebbe la distorsione della sua fisionomia e l’annullamento della sua autonomia.[3]

 Si arriva quindi a dimostrare che la storia militare non può porre a propria materia soltanto gli eventi bellici. Infatti acquisito il concetto di svolgimento; dalla conquistata verità che la guerra è la continuazione della politica, pur se con altri mezzi, anche con tutte le riserve che possiamo avanzare su questo punto; dalla constatazione che la politica militare seguita e la preparazione in ogni campo cui un Paese è assoggettato in tempo cosiddetto di pace sono determinanti per la condotta di una guerra classica, è evidente che la storia militare non può, come detto, porre a propria materia soltanto gli eventi bellici, come comunemente si crede o si vuol credere. Deve propria attenzione anche a quei fatti e a quei problemi, meno drammatici ma ugualmente importanti che in tempo di pace interessato e comunque coinvolgono la sfera militare. La storia militare viene ad assumere la fisionomia di indagine dei vari aspetti di una società in una determinata epoca, condotti da un punto di vista militare e tutti confluenti in una prospettiva militare. Essa è solo un modo per scrivere la storia.
Ma vi sono nel nostro paese problemi vastissimi, quasi insormontabili su questo specifico argomento (basta vedere quanto è successo in seno alla Società di Storia Militare a cavallo del 2004 per avere una idea in qual situazione ci si dibatte) che quì non vi è lo spazio nemmeno per accennare agli aspetti introduttivi.[4]
  
Massimo Coltrinari                                                     


[1] Il concetto è esemplificato quando a proposito della 12ma battaglia dell’Isonzo, detta di Caporetto, una questione ancora aperta per noi Italiani, la Relazione Ufficiale Italiana testualmente scrive “Una storia, per essere degna del suo nome e per rispondere ai dettami scientifici che la qualificano tale non può prescindere nell’esame di Caporetto da un approfondito studio di tutto il complesso delle condizioni del nostro Paese dopo due anni e mezzo di guerra. Deve considerare lo stato economico dell’Italia, penetrarne la situazione sociale; tener conto di tutti i numerosi fattori di natura politica, con particolare riguardo al campo della politica interna ed a quello degli sviluppi della politica estera. Deve poter inquadrare la condotta operativa di guerra in un epoca, nella sua epoca, intesa essenzialmente come: costume, carattere, spiritualità, concezioni morali, mentalità, forza delle tradizioni, preparazione professionale, basi educative, senso della disciplina, principi dottrinali d’impiego delle truppe e dei mezzi bellici” Cfr. Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, L’Esercito Italiano nella grande Guerra (1915-1918), Roma, Vol. IV, Tomo 3°, pag. 17.
[2] Marselli E., La Guerra e la sua storia, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, 1985.
[3] Del Marselli è interessante anche i suoi ripetuti interventi in merito a come deve essere insegnata la Storia Militare negli Istituti militari. Cfr., tra i tanti interventi, Marselli E., Intorno al corso di storia generale inaugurato alla Scuola superiore di guerra il 9 gennaio 1968,Prelazione. Torino-Firenze, tipografia G. Cassone e comp. 1868.   
[4]L’argomento è di una vastità che supera i limiti di questo lavoro. Per sintetizzare il problema, citiamo quanto scriveva Piero Pieri nella prefazione alla prima edizione del suo volume “Il rinascimento e la crisi militare italiana” Torino, Einaudi, 1952 “La storia militare ha vantato e vanta a tutt’oggi fra i militari di professione, nomi insigni e lavori di molto pregio; ma essi si volgono in generale alla storia degli ultimi due secoli o della prima guerra mondiale, o sono limitati a un campo strettamente tecnico, come quelli del gen. Rocchi sull’architettura militare italiana e quella  del gen. Maggiorotti sopra gli architetti militari italiani all’estero o nel medio Evo e nel Rinascimento”  D’altra parte “in Italia, di fronte a problemi guerreschi in genere ( e fatta eccezione per la storia militare navale che vanta i nomi del Guglielmotti e del Manfroni) i non militari hanno sempre oscillato, fino a non pochi anni, tra il parlare con quella deplorevole leggerezza che è propria degli incompetenti, e l’arretrare come pervasi da sacro terrore, quasi si trattasse di cosa da lasciare unicamente a una eletta piccola schiera d’iniziati”. Utile al ricordo anche dello stesso autore, “La storia militare. La storiografia italiana negli ultimi venti anni. II, Milano, Marzorati, 1970.

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