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E' stato dato in data odierna il visto si stampi
del volume
1866. Le Quattro Battaglie per il Veneto.
La III Guerra di indipendenza e il Valore Militare
edito dall'Istituto del Nastro Azzurro/CESVAM
Partenza dei volontari da Firenze il 20 giugnp 1866 |
La Dichiarazione di guerra del 1866
Finalmente
il dì 20 furono pubblicati i due proclami del Re alla nazione ed alla guardia
nazionale, e fu spedita a Mantova, quartier generale dell'arciduca Alberto,
comandante l'esercito austriaco meridionale, la dichiarazione di guerra.
Entrambi questi documenti sono stati riferiti al principio di questa
pubblicazione.
Lo
stesso giorno, il barone Bettino Ricasoli, nominato presidente del gabinetto in
sostituzione del generale Lamarmora, sedeva nella Camera de'Deputati al banco
de'ministri, e parlava in questi termini ai rappresentanti della nazione:
"Il
re d'Italia ha dichiarato la guerra all'Austria (triplice e prolungato
applauso).
"Il
re d'Italia parte e va a prendere il supremo comando dell'esercito (nuovi e
fragorosi applausi).
"S.
A. il principe di Carignano assume la reggenza del regno.
"Il
ministero, davanti a questo grande avvenimento, credette doversi modificare nel
modo seguente:
"Barone
Bettino Ricasoli, presidente del gabinetto o ministro dell'interno,
"Generale
Alfonso Lamarmora, ministro senza portafogli allato a S. M. il re,
"Commendatore
Antonio Scialoja, ministro delle finanze.
"Generale
Ignazio Genova di Pettinengo, ministro della guerra,
"Depretis,
ministro della marina,
"Francesco
Còrdova, ministro d'agricoltura e commercio,
"Commendatore
Silvio Borgatti, ministro di grazia, giustizia e culti,
"Commendatore
Domenico Berti, ministro della pubblica istruzione,
"Commendatore
Jacini, ministro de'lavori pubblici.
"Le
provocazioni dell'Austria al nostro confine vi sono note. V'è noto con che
calore ed alacrità si rispose da parte nostra agli armamenti.
"Le
potenze, ad impedire un grave perturbamento, tanto più che l'Austria provocava
la Germania come l'Italia, invitarono le parti a una conferenza.
"Il
governo del re rispose premuroso all'invito. L'Austria all'ultimo mandò a monte
tutto. E il governo del re, ritornando padrone della sua libertà d'azione,
credette venuta l'ora di compiere il programma che rimase interrotto a
Villafranca (applausi). Esso doveva porsi nemico di fronte ad una
nazione che rendeva incerta la sicurezza dell'Italia, e la teneva in un
incomportabile stato di pace armata. Addietro non si torna più (applausi).
Il re prima di partire ha diretto alla nazione il seguente manifesto."
(In
mezzo ad un silenzio profondo legge il manifesto, che alla fine è salutato da
uno scoppio di prolungatissimi applausi).
"Il
generale Lamarmora, dopo avere condotto con tanta saggezza le cose del paese,
del che bisogna rendergli piena giustizia tornando ad onore del paese le cose
operate da un suo cittadino, ha prescelto il posto del pericolo, recandosi al
campo come capo del quartier generale (applausi).
"Io
volli che il Lamarmora non si dividesse completamente da noi, e perciò ottenni
ch'egli rimanesse ministro senza portafogli.
"Il
ministero si presenta a chiedere dei poteri straordinari, che adopreremo
prudentemente per raggiungere la nostra indipendenza.
"Noi
vi chiediamo anche poteri eccezionali amministrativi, perchè sentiamo esser
questa una occasione propizia per operare quelle riforme organiche da tutti
invocate.
"Il
governo confida di contare sull'appoggio di tutti i partiti, a'quali è
dischiuso un campo comune, perchè la indipendenza è aspirazione di tutti, sia che
seggasi a destra, al centro o a sinistra. La concordia compirà la nostra unità
e la nostra indipendenza (applausi). Mentre migliaia di cittadini
versano il loro sangue, noi non possiamo esser divisi.
"Questa
cospirazione di voleri e di forze, ch'è da per tutto, sia nel Parlamento e nel
Governo.
"Il
generale Lamarmora, come capo del quartier generale, ha diretto al quartier
generale austriaco la seguente dichiarazione di guerra.
(Legge
la dichiarazione di guerra all'Austria in mezzo a fragorosi applausi).
Firenze 20 giugno 1866,
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