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venerdì 15 febbraio 2019

1866. I Proclami del Re. 20 giugno 1866, La Dichiarazione di Guerra


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E' stato dato in data odierna il visto si stampi
del volume
1866. Le Quattro Battaglie per il Veneto.
La III Guerra di indipendenza e il Valore Militare
edito  dall'Istituto del Nastro Azzurro/CESVAM

Partenza dei volontari da Firenze il 20 giugnp 1866
La Dichiarazione di guerra del 1866

Finalmente il dì 20 furono pubblicati i due proclami del Re alla nazione ed alla guardia nazionale, e fu spedita a Mantova, quartier generale dell'arciduca Alberto, comandante l'esercito austriaco meridionale, la dichiarazione di guerra. Entrambi questi documenti sono stati riferiti al principio di questa pubblicazione.

Lo stesso giorno, il barone Bettino Ricasoli, nominato presidente del gabinetto in sostituzione del generale Lamarmora, sedeva nella Camera de'Deputati al banco de'ministri, e parlava in questi termini ai rappresentanti della nazione:

"Il re d'Italia ha dichiarato la guerra all'Austria (triplice e prolungato applauso).
"Il re d'Italia parte e va a prendere il supremo comando dell'esercito (nuovi e fragorosi applausi).
"S. A. il principe di Carignano assume la reggenza del regno.
"Il ministero, davanti a questo grande avvenimento, credette doversi modificare nel modo seguente:
"Barone Bettino Ricasoli, presidente del gabinetto o ministro dell'interno,
"Generale Alfonso Lamarmora, ministro senza portafogli allato a S. M. il re,
"Commendatore Antonio Scialoja, ministro delle finanze.
"Generale Ignazio Genova di Pettinengo, ministro della guerra,
"Depretis, ministro della marina,
"Francesco Còrdova, ministro d'agricoltura e commercio,
"Commendatore Silvio Borgatti, ministro di grazia, giustizia e culti,
"Commendatore Domenico Berti, ministro della pubblica istruzione,
"Commendatore Jacini, ministro de'lavori pubblici.
"Le provocazioni dell'Austria al nostro confine vi sono note. V'è noto con che calore ed alacrità si rispose da parte nostra agli armamenti.
"Le potenze, ad impedire un grave perturbamento, tanto più che l'Austria provocava la Germania come l'Italia, invitarono le parti a una conferenza.
"Il governo del re rispose premuroso all'invito. L'Austria all'ultimo mandò a monte tutto. E il governo del re, ritornando padrone della sua libertà d'azione, credette venuta l'ora di compiere il programma che rimase interrotto a Villafranca (applausi). Esso doveva porsi nemico di fronte ad una nazione che rendeva incerta la sicurezza dell'Italia, e la teneva in un incomportabile stato di pace armata. Addietro non si torna più (applausi). Il re prima di partire ha diretto alla nazione il seguente manifesto."

(In mezzo ad un silenzio profondo legge il manifesto, che alla fine è salutato da uno scoppio di prolungatissimi applausi).

"Il generale Lamarmora, dopo avere condotto con tanta saggezza le cose del paese, del che bisogna rendergli piena giustizia tornando ad onore del paese le cose operate da un suo cittadino, ha prescelto il posto del pericolo, recandosi al campo come capo del quartier generale (applausi).

"Io volli che il Lamarmora non si dividesse completamente da noi, e perciò ottenni ch'egli rimanesse ministro senza portafogli.
"Il ministero si presenta a chiedere dei poteri straordinari, che adopreremo prudentemente per raggiungere la nostra indipendenza.
"Noi vi chiediamo anche poteri eccezionali amministrativi, perchè sentiamo esser questa una occasione propizia per operare quelle riforme organiche da tutti invocate.
"Il governo confida di contare sull'appoggio di tutti i partiti, a'quali è dischiuso un campo comune, perchè la indipendenza è aspirazione di tutti, sia che seggasi a destra, al centro o a sinistra. La concordia compirà la nostra unità e la nostra indipendenza (applausi). Mentre migliaia di cittadini versano il loro sangue, noi non possiamo esser divisi.
"Questa cospirazione di voleri e di forze, ch'è da per tutto, sia nel Parlamento e nel Governo.
"Il generale Lamarmora, come capo del quartier generale, ha diretto al quartier generale austriaco la seguente dichiarazione di guerra.

(Legge la dichiarazione di guerra all'Austria in mezzo a fragorosi applausi).
Firenze 20 giugno 1866,

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