DIBATTITI
Un significativo gesto
per ricordare, nel mese della giornata delle memoria
il gen. Alberto Trionfi,
caduto come IMI nel trasferimento dallo Stafflag 64
verso occidente nel gennaio 19144
Una pietra d’inciampo a via della Lungara 61
di Giovanni Cecini
Il 15 gennaio 2019 è stata una mattina
fredda, ma soleggiata a Roma. Via della Lungara è notoriamente conosciuta per lo
storico carcere giudiziario di Regina
Coeli. I sanpietrini usurati e l’assenza di un marciapiedi ne rendono
difficile la percorrenza per i pedoni. Tuttavia poco prima delle ore 10 davanti
al civico 61, a pochi passi dall’ingresso del Centro Alti Studi della Difesa,
si è creata una piccola folla, composta anche da giornalisti armati di macchine
fotografiche e da telecamere. Il traffico è stato chiuso per l’occasione, ma le
auto incolonnate erano ancora molte e stavano diventando di difficile gestione.
Si è creato insomma un autentico imbottigliamento, come capita spesso a Roma.
Si sentivano clacson a ripetizione: la priorità dell’automobilista era quella
di scorrere, non certo quella di partecipare a un assembramento in mezzo a
quella stretta strada parallela al Lungotevere. Nonostante tutto questo frastuono
e il senso di stizza degli automobilisti, Via della Lungara si è comunque
fermata per circa mezz’ora quella mattina del 15 gennaio. Il motivo?
L’occasione è stata quella di ricordare il generale Alberto Trionfi, ufficiale
del Regio Esercito, già comandante della Scuola militare di Roma (l’adiacente
attuale CASD), che dopo lunghi mesi d’internamento bellico, fu brutalmente
ucciso per mano di un sottufficiale della Luftwaffe il 28 gennaio 1945 in
Polonia. La dirittura morale dell’uomo e del soldato comportò la fedeltà al
giuramento prestato al legittimo Stato italiano anche dopo l’8 settembre.
Questa dedizione ne ha comportato l’estremo sacrificio, dopo duri mesi
d’inumana reclusione. La storia di Alberto Trionfi è oggetto di almeno un paio
di volumi, scritti dalla figlia Maria, tra cui l’ultimo in collaborazione con
la storica Elena Albertini, da poco edito per le Edizioni Chillemi: Un crimine di guerra mai risolto.
L’assassinio del generale Trionfi e il carteggio Wiesenthal.
Scopriamo così che la vita di Alberto
Trionfi è stata dedicata tutta alla Patria; ciò è certificato dal fatto che
egli con consapevolezza e responsabilità il 7 settembre 1943 ebbe a lasciare
Roma, per tornare in Grecia al suo comando. Egli era cosciente che il commiato
alla famiglia e la partenza dall’Italia avrebbero comportato grandi rischi;
egli tuttavia non si sentì di fare altrimenti. Si trovò così insieme ai suoi
soldati vittima dell’armistizio prima e in seguito fermo sostenitore del
rifiuto contro ogni lusinga o minaccia operata dalle istituzioni nazi-fasciste,
volte a un’indotta adesione alla Repubblica Sociale Italiana. Trionfi rimase
sulle posizioni e dopo un lungo calvario fisico e psicologico fu brutalmente
giustiziato.
Tutto ciò è stato ricordato nella
cerimonia di Via della Lungara, che ha visto come motivazione principale
l’apposizione di una pietra d’inciampo in suo onore, davanti alla sua ultima
residenza italiana. Durante l’evento hanno preso la parola alcuni familiari –
erano presenti le tre generazioni successive del generale – e infine anche un
rappresentante dell’Associazione nazionale granatieri, che ha letto la
motivazione della medaglia d’argento al valor militare concessa allo stesso
Trionfi, per la propria composta condotta morale. Di fronte ai continui scempi
e oltraggi alla comune memoria del Paese, da oggi “andare a Via della Lungara”
potrebbe divenire l’occasione per onorare un uomo degno di onore e rispetto e
non solo il sinonimo per apostrofare criminali comuni.
(centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)
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